testo di Germano Celant pubblicato sul numero 5 di "Flash Art", novembre-dicembre 1967
Prima viene l'uomo poi il sistema, anticamente era così. Oggi è la società a produrre e l'uomo a consumare. Ognuno può criticare, violentare, demistificare e proporre riforme, deve rimanere però nel sistema, non gli è permesso di essere libero. Creato un oggetto vi si accompagna. Il sistema ordina così. L'aspettativa non può
essere frustrata, acquisita una parte, l'uomo, sino alla morte, deve continuare a recitare. Ogni suo gesto deve essere assolutamente coerente col suo atteggiamento passato e deve anticipare il futuro. Uscire dal sistema vuol dire rivoluzione. Così l'artista, novello giullare, soddisfa i consumi raffinati, produce oggetti per i palati colti. Avuta un'idea vive per e su essa. La produzione in serie lo costringe a produrre un unico oggetto che soddisfi, sino all'assuefazione, il mercato. Non gli è permesso creare ed abbandonare l'oggetto al suo cammino, deve seguirlo, giustificarlo, immetterlo nei canali. L'artista si sostituisce così alla catena di montaggio. Da stimolo propulsore, da tecnico e specialista della scoperta diventa ingranaggio del meccanismo. Il suo atteggiamento è condizionato ad offrire solo una "correptio" del mondo, a perfezionare la struttura sociale, mai a modificarla e a rivoluzionarla. Pur rifiutando il mondo dei consumi, si trova ad essere un produttore. La libertà è una vuota parola. L'artista si lega alla storia, o meglio al programma, ed esce dal presente. Non si progetta mai, ma si integra. Per "inventare" è costretto ad agire da cleptomane e ad attingere agli altri sistemi linguistici. Ma cosa faceva Duchamp? Certamente non era teso a soddisfare il sistema. Per lui esserci e vivere significava e significa giocare a scacchi (la mossa del cavallo non è mai rettilinea) e scegliere. Più volte cercato dal sistema, non si è mai fatto trovare dove si pensava di reperirlo.
Così, in un contesto dominato dalle invenzioni e dalle imitazioni tecnologiche, due sono le scelte: o l'assunzione (la cleptomania) del sistema, dei linguaggi codificati ed artificiali, nel comodo dialogo con le strutture esistenti, siano esse sociali o private, l'accettazione e la pseudoanalisi ideologica, l'osmosi con ogni "rivoluzione", apparente e subito integrata, la sistemazione della propria produzione o nel microcosmo astratto (op) o nel macrocosmo socioculturale (pop) e formale (strutture primarie), oppure, all'opposto, il libero progettarsi dell'uomo.
Là un'arte complessa, qui un'arte povera, impegnata con la contingenza, con l' evento, con l'astorico, col presente ("non siamo mai completamente contemporaneinel nostro presente"- Derbay), con la concezione antropologica, con l'uomo "reale" ( Marx), la speranza, diventata sicurezza, di gettare alle ortiche ogni discorso visualmente univoco e coerente (la coerenza èun dogma che bisogna infrangere!), l'uni-vocità appartiene all'individuo e non alla 'sua" immagine e ai suoi prodotti. Un nuovo atteggiamento per possedere un "reale" dominio del nostro essere, che conduce l'artista a continui spostamenti dal suo luogo deputato, dal cliché che la società gli ha stampato sul polso. L'artista da sfruttato diventa guerrigliero, vuole scegliere il luogo del combattimento, possedere i vantaggi della mobilità, sorprendere e colpire, non l'opposto.
Da un lato, quindi, un atteggiamento ricco, perché legato osmoticamente alle altissime possibilità strumentali e informazionali che il sistema offre, un atteggiamento che imita e media il reale, che crea la dicotomia tra arte e vita, comportamento pubblico e vita privata, dall'altro una ricerca "povera", tesa all'identificazione azione-uomo, comportamento-uomo, che elimina così i due piani di esistenza. Un esserci, quest'ultimo, che predilige l'essenzialità informazionale, che non dialoga né col sistema sociale, né con quello culturale, che aspira a presentarsi improvviso, inatteso rispetto alle aspettative convenzionali, un vivere asistematico, in un mondo in cui il sistema è tutto. Un atteggiamento (che evidentemente non vuol contrapporsi ad alcuna ricerca particolare, risultando non una corrente, ma un modo di comportarsi, che evita persino la concorrenza, proprio per non cadere nuovamente nell'integrazione alle leggi del sistema e nel dialogo con lo stesso) teso al reperimento del significato fattuale del senso emergente dal vivere dell'uomo. Un'identificazione uomo-natura, che non ha più il fine teologico del narrator-narratum medioevale, ma un intento pragmatico, di liberazione e non di aggiunzione di oggetti e idee al mondo, quale oggi si presenta. Di qui l'abolizione di ogni posizione categoriale (o pop od op o struttura primaria) per una focalizzazione di gesti che non aggiungono nulla alla nostra colta percezione, che non si contrappongono come arte rispetto alla vita, che non portano alla frattura e alla creazione del doppio piano io e mondo, ma che vivono come gesti sociali a sé stanti, quali liberazioni formative e compositive antisistematiche, tese all'identificazione uomo-mondo.
L'avvicendamento da compiersi è dunque quello del ritorno alla progettazione limitata ed ancillare, in cui l'uomo è il fulcro e il fuoco della ricerca, non più il mezzo e lo strumento. L'uomo è il messaggio, per parafrasare Mac Luhan. Nelle arti visive la libertà è un germe che contamina ogni produzione. L'artista rifiuta ogni etichetta e si identifica solo con sè stcsso.
Così Pistoletto (come Warhol, Mari e Grotowsky) si è posto, sin dal 1964, il problema della libertà del linguaggio non più legato al sistema, alla coerenza visiva, ma alla coerenza "interiore", ed ha realizzato nel 1966 opere estremamente "povere", un presepe, un pozzo di cartone con tele spaccate al centro, una bacheca per vestiti, una struttura per parlare in piedi e una struttura per parlare seduti, un tavolo fatto di cornici e di quadri, una foto gigante di Jasper Johns, una lampada a luce di mercurio. Un lavoro teso alla registrazione "dell'irripetibilità di ogni istante" (Pistoletto), che presuppone il rifiuto di ogni sistema e di ogni aspettativa codificata. Un libero agire svincolato ed imprevedibile (nel 1967 un sarcofago, una casa dipinta con estrema libertà cromatica, una sfera di carta di giornali pressata, un corpo ricoperto di mica), un frustrare l'aspettativa, che permette a Pistoletto di rimanere sempre al confine tra arte e vita.
Un esistere rivoluzionario che si fa Terrore con Boetti, Zorio, Fabro, Anselmo, Piacentino, Gilardi, Prini, Merz, Kounellis, Paolini e Pascali, artisti che già nel loro agire si sono posti questo recupero del libero progettarsi.
Così Paolini esalta il carattere empirico e non speculativo del suo lavoro, sottolinea il dato di fatto. La presenza fisica dell'oggetto e il comportamento del soggetto in rapporto al sistema "pittura". La sua sovrapposizione fra idea e immagine lo porta alla "prise de pouvoir" degli elementi strumentali, non ancora direzionati e sistematicizzati, quali la tela, il colore, lo spazio (diventato ora lo spazio del mondo). Le componenti linguistiche ritornano così in campo quali paradigmi, primigeni, aniconici, liberi da ogni sistema di collocazione iconologica. Elementi di un farsi, che non si vincolano all'immagine da realizzare, ma si presentano per "fingere" se stessi.
Il sensismo comportamentistico sale ull'altare con Pascali e Kounellis. La realizzazione immediata di una sensaeione conduce in pochi anni Pascali a passare dai busti di donna, ai muri, ai cannoni, agli animali mitici, alla barca, al mare, alle pozzanghere, ai cubi di terra, al campo arato. Il suo libero atteggiamento si evidenzia: perché vincolarsi ad un solo prodotto? Ogni elemento è infatti sineddoche naturale del suo vivere e del suo esistere percettivo e plastico: perché diventare paradigma? Così Kounellis, colpito dalla ricchezza del suo esserci, recupera il suo gesto artistico col dare il becchime agli uccelli, con lo staccare le rose dal quadro, ama circondarsi di elementi banali ma naturali, quali il carbone, il cotone, un pappagallo. Tutto si riduce ad un conoscere concreto che lotta con ogni riduzione concettuale: l'importanza è focalizzare, per Kounellis, che Kounellis vive, il mondo vada in malora.
Un'urgenza all'esserci che ha condotto Gilardi, soffocato dai suoi tappeti-natura e dal poliuretano, a realizzare nel 1966 (mostra Arte Abitabile, Sperone) degli oggetti che sono la concretizzazione, non più mediata e mimetica, del suo agire strumentale e funzionale, ed ecco il bastone, la carriola, la sega, la scala. Per chi conosce "l'operoso" Gilardi, questi sono i suoi "simboli".
La tautologia è il primo strumento di possesso sul reale, eliminando le sovrastrutture, si riinizia a conoscere il presente e il mondo. Così Fabro concretizza, in un anno, due o tre atti di possesso sul reale. La difficoltà di conoscere, come possesso, è enorme, i condizionamenti non permettono di vedere un pavimento, un angolo, uno spazio quotidiano e Fabro ripropone la scoperta del pavimento, dell'angolo, dell'asse che unisce soffitto e pavimento di una stanza, non si preoccupa di soddisfare il sistema, vuole sviscerarlo.
Parimenti Boetti reinventa le invenzioni dell'uomo. I suoi gesti non sono più un accumulo, un incastro di segni, ma i segni dell'accumulo e dell'incastro. Si pongono come apprendimento di ogni archetipo gestico, di ogni invenzione primitiva. Sono gesti univoci che portano con sé "tutti i possibili processi formativi ed organizzati-vi", liberati da ogni contingenza storica e mondana. Dalle annotazioni gestiche di Boetti alle annotazioni perimetrali e spaziali di Prini, il passo è breve. Una stanza è e risuona di quattro angoli, un uomo si blocca in un passo da un metro, il pavimento diventa scalino, La sedia è un'immagine piatta sorretta da una sedia, ogni gesto di Prini si conclude nel presentarsi. Il dominio passa all'uomo dagli n sensi.
L'autonomia domina incontrastata in Piacentino. Le sue monumentali composizioni si impongono, sono un'aperta sfida alle convenzioni di spazio. di ambiente: impossibile organizzarle, collocarle, piegarle al codice spaziale abituale; seppur cromaticamente possedibili, al punto da lusingare la percezione colta dello spettatore, esse sfuggono. Come la luce fugge, cosi il mondo. Per possederli bisogna bloccarli nell'attimo in cui si incontrano. Così Merz violenta gli oggetti e il reale con il neon. Il suo è un inchiodare drammatico, che atterrisce. E un continuo sacrificio dell'oggetto banale e quotidiano quasi novello cristo (il culto dell'oggetto è una nuova "religio"). Trovato il chiodo, Merz, da buon filisteo del sistema, crocifigge il mondo.
Più sottilmente "povera" l'azione di Anselmo. Qui la precarietà si esalta. Gli oggetti vivono nel momento di essere composti e montati, non esistono come oggetti immutabili, si ricompongono di volta in volta, la loro esistenza dipende dal nostro intervento. Non sono prodotti autonomi, ma instabili, vivi, in rapporto al nostro vivere.
Infine le "entità espressive" di Zorio, enfatizzazioni visuali di un avvenimento instabile. Così la violenza dei tubi dalmine, dei colori, dei cementi, dialoga con la precarietà del tempo, con la sottile instabilità del maglio, che sta per cadere sulla "sedia", con il graduale cristallizzarsi dell'acqua salata, con la incredibile resistenza dell'elemento elastico rispetto alla struttura d'acciaio. Un'imprevedibile coesistenza tra forza e precarietà esistenziale che sconcerta, pone in crisi ogni affermazione, per ricordarci che ogni "cosa" è precaria, basta infrangere il punto di rottura ed essa salterà. Perché non proviamo col mondo?
Incontro, il 23 novembre, Icaro e Ceroli che mi confermano che questo atteggiamento è ormai di molti artisti. Alviani, Scheggi, Bonalumi, Colombo, Simonetti, Castellani, Bignardi, Marotta, De Vecchi, Tacchi, Boriani, Mondino, Nespolo. Questo testo nel suo farsi è già lacunoso. Siamo infatti già alla guerriglia.
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30/10/10
28/10/10
25/10/10
Tout le monde a Paris
Dopo l’immersione londinese queste giornate parigine sono un proseguimento gioioso e variegato. Anche qui un clima nordico ci accompagna nelle diverse esposizioni e come il tempo anche l’esposizioni sono molto diverse.
Se la sezione giovanile della Fiac nella Cour Carré del Louvre non è proprio al massimo, molto viene compensata dalla sezione del Gran Palais dove la qualità delle grandi gallerie si vede. Colpisce tutti la grande opera di Anish Kapoor proposta da Kamel Mennour e lo stupendo intervento cromatico di Michael Craig-Martin nello stand di Claudine Papillon.
Particolarmente bella la sezione delle sculture nei giardini delle Tuileries.
Per quello che riguardano le altre fiere posso dire che la piccola ma elegante Silk proprio davanti alla Tour Eiffel si conferma come un interessante evento più avvolgente e sereno.
Come sempre da Art Élysées l’esposizione a corridoio pare confusa, troppa roba e molto ammasso, meglio sicuramente da Show Off con una selezione più minimale e curata.
Slick gioca la carta dell’oriente che però non mi affascina molto. Cutlog ha una stupenda posizione che però penalizza molto la fruizione delle opere.
La sorpresa maggiore viene da Chic ben curata e in una location adatta a questo mix di elementi. Colpisce notare che comunque è costante ovunque un folto pubblico
Le proposte museali sono molto ampie e diversificate. Le mostre di Arman e di Nancy Spero al Pompidou non mi piacciono molto, meglio Carol Bove premio Lafayette 2010 al Palais de Tokyo.
Nittis al Petit Palais e Monet al Gran Palais sono proprio meravigliose, assolutamente da non perdere.
Ora guardiamo alla prossima fiera, che si svolgerà in Italia, e cioè Artissima a Torino.
Modernikon - ikoni
In anticipo sul 2011, che sarà all’insegna dello scambio fra l’Italia e la Russia, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, in collaborazione con la Fondazione Victoria - The Art of being Contemporary di Mosca, ha in corso una grande esposizione dedicata all'arte contemporanea russa.
Dopo gli anni della Pereistroika che crearono una forte polarizzazione sull’arte russa, ritorna ora con più pacatezza una mostra che perlustra la variegata realtà di un paese sempre così contemporaneamente apparentemente prossimo ma realmente lontano.
Il titolo Modernikon, pare così volutamente datato fra un romantico spirito rivoluzionario e una presa di coscienza di una modernità che forse non è mai arrivata in questo mondo così feudale, costruito ancora su concetti di libertà e democrazia molto labili.
A tal motivo si nota una particolare attenzione alle singole identità che solo in qualche accenno tentano posizioni più sociali, forse segno di un ripensamento globale del sistema culturale sociale di questa nazione molto complessa.
Fra i lavori che più mi hanno interessato l’archivio di Arseny Zhilyaev che racconta di un mondo molto sommerso e che comunque tenta una sua esistenza.
L’opera Rot Front Remains che Osmolovsky crea ingigantendo il vuoto di un pugno chiuso.
L’elegante serie di video di Olga Chernsheva dal titolo Clippings in cui un dialogo fra testi ed immagini ci immerge in attimi di poetica vita.
Divertente anche se un poco banali il gruppo di pannelli di recinzioni degli orti illegali che Dmitri Gutov, posizionandoli abilmente li trasforma in disegni di Rembrandt.
In generale una piacevole mostra, che però evidenzia sempre di più come l’omologazione culturale si stia appiattendo in una forma espressiva che non distingue più le singole culture o tradizioni, portandoci in una modernità sempre più monotona.
Nuovi eventi al Castello di Rivoli.
Il Castello di Rivoli con la nuova gestione dei curatori Beatrice Merz e Andrea Bellino sta lentamente risvegliandosi, dopo anni di un’ annoiata sonnolenza.
Forse qualche incantesimo ha rianimato questo moloch sulla collina, che dall’alto domina la pianura sottostante, dimora architettonico stupenda, promessa di una grandezza dimezzata, classica favola italiana.
Exibithion/exibithion mostra a cura di Adam Carr, in corso fino al 9 Gennaio.
Riflessioni che sdoppiano le idee e la memoria.
Esercizi di forme e sostanze che lasciano tracce non sempre identificabili.
Spostamenti fisici e temporali che trasformano le nostre capacità di ricordare.
Questi piccoli spunti cresco e si ampliano lasciando il dubbio che non sia la duplicità il fulcro della mostra, che è allestita nella mancata metà del castello dove sorge ora questo strano spazio chiamato Manica lunga, ma la complessità del riconosce nel tempo le cose amate e la sua originalità.
E quindi il titolo Exibition/exibition non pare un doppio ma una inizio di duplicazione, di molteplicità.
Infatti certe opere più che duplici sono multipli, la realtà oggettiva così si svela nelle mani degli artisti più artistica.
In un susseguirsi di prodotti, molto quotidiani, il curatore Adam Carr ha tentato quasi un riflesso del grande quadro che all’ultimo piano della permanente ricorda i tempi della sperimentazione di Gilber&George.
Segnate da due colori le due aree di specularità, rossa e blu, lasciano aperte le possibili nostre aspettative di definire che oltre all’unità esiste una molteplicità che dal doppio ci porta verso l’infinito.
Unico fuori percorso, intenso e storico, quello di Paolini che propone la sua prima e la sua ultima opera, qui più che duplicità è vita, che continua a mutarsi.
“Tutto è connesso” rinnovamento nella collezione permanente del Castello di Rivoli.
Col titolo “Tutto è connesso” la curatrice Beatrice Merz ha riallestito l’intera collezione permanete, riproponendo stupende opere e risvegliandone di assopite, come le stanze di Nicola De Maria, l’opera sonora di Mario Airò o quella dei coniugi Merz.
Con intelligenza ha coinvolto artisti di cui erano in giacenza opere e ne ha riattivati nuovi percorsi e attuali posizioni.
Unico neo l’opera stupenda di Olafur Eliasson che mi ricordavo più quieta e che pare per la sostituzione dei motorini si è purtroppo accelerata, ma forse è volutamente un segno dei tempi.
Fra i prossimi eventi Borsa per Giovani Artisti Italiani degli Amici Sostenitori del Castello di Rivoli. Edizione 2009 a Massimo Grimaldi per il progetto “Emergency’s Paediatric Centre in Goderich”, a cura di Marcella Beccaria. La presentazione dell’opera sarà al Castello di Rivoli nella sala 7, venerdì 5 novembre 2010, ore 10.00. Si svolgerà poi l’incontro con l’artista, gli Amici Sostenitori e il curatore ad ARTISSIMA 17 - Meeting Point, domenica 7 novembre 2010, ore 12.30
Seguirà sempre il 5 Novembre alle ore 11,30 l’incontro con Philippe Parrenno per la presentazione della ristampa del testo “snow dancing – speech bubbles”, Per il lancio del libro, il Museo ospita nelle proprie sale auliche l'opera Speech Bubbles di Parreno, una grande installazione ambientale composta da innumerevoli palloncini specchianti a forma di fumetto che invadono le sale del secondo piano, in cui è allestita la rassegna tutto è connesso.
Il Castello di Rivoli in collaborazione col Museo Nazionale del Cinema organizza la rassegna “L’immagine allo specchio. Duplicità e simmetrie nel cinema” presso il Cinema Massimo nella Sala Tre, ecco il programma.
venerdì 12 novembre
h. 16.15 Lo zoo di Venere di Peter Greenaway (Gran Bretagna/Olanda 1986, 115’)
h. 18.30 La doppia vita di Veronica di Krzysztof Kieślowski (Francia 1991, 100’)
h. 20.30 Mulholland Drive di David Lynch (USA/Francia 2001, 145’)
sabato 13 novembre
h. 16.00 Il grande dittatore di Charles S. Chaplin (USA 1940, 126’)
h. 18.15 Inseparabili di David Cronenberg (Canada 1988, 116’)
h. 20.20 Lo zoo di Venere di Peter Greenaway (Gran Bretagna/Olanda 1986, 115’)
h. 22.30 La doppia vita di Veronica di Krzysztof Kieślowski (Francia 1991, 100’)
domenica 14 novembre
h. 16.00 Il dottor Jekyll di Rouben Mamoulian (USA 1931, 97’)
h. 18.00 Il grande dittatore di Charles S. Chaplin (USA 1940, 126’)
h. 20.45 Face/Off – Due facce di un assassino di John Woo (USA 1997, 137’)
lunedì 15 novembre
h. 16.30 Kagemusha di Akira Kurosawa (Giappone 1980, 160’)
martedì 16 novembre
h. 15.45 Mulholland Drive di David Lynch (USA/Francia 2001, 145’)
h. 18.30 Il dottor Jekyll di Rouben Mamoulian (USA 1931, 97’)
Biglietto intero € 5,50 ridotto € 4,00 – AIACE , militari, under 18 e studenti universitari (spettacoli serali); € 3,00 - over 60 e studenti universitari (spettacoli pomeridiani); € 30,00 abbonamento Sala Tre (10 ingressi)
Ricordo che esiste una convenzione fra il Castello di Rivoli, il Museo Nazionale del Cinema e quello di Venaria per un biglietto di sconto.
Il fuoco della danza
Il Victoria and Albert Museum ha in corso fino a 9 Gennaio la mostra «Diaghilev e l'epoca d'oro dei balletti russi dal 1909 al 1929»: un’esposizione di costumi di scena, tantissimi disegni, foto e video, tra cui rari filmati e dipinti che ripercorrono la fantastica carriera dell'impresario russo che portò in Europa la magia della danza orientale.
La mostra inizia in modo cronologico per poi affrontare alcuni interessanti aspetti della danza e di quel particolare gruppo che produsse affascinanti pulsioni e magie creative coordinati dal diretto artistico Sergej Diaghilev .
Sergej Pavlovic Diaghilev nacque nel 1872 al confine estremo dell’Europa, ai piedi dei Monti Urali, da una famiglia aristocratica ma senza più i capitali economici.
Affascinato dal mondo dello spettacolo creò un’impresa teatrale che grazie alla sua fantasia e capacità di cooperazione arrivò sulla scena europea realizzando grandi progetti con personaggi di grande ingegno come Jean Cocteau, Pablo Picasso, Henri Matisse e Giorgio De Chirico ma anche con i musicisti Claude Debussy, Maurice Ravel, Sergej Prokofiev, Igor Stravinskij e Ottorino Respighi.
Di tutte queste relazioni, scritti, immagini la mostra presenta interessanti campioni immergendoci in un mondo di continua passione e vita creativa.
Canaletto e i suoi rivali
Il successo di un pittore molte volte dipende dalle coincidenze, la bravura se trova il giusto canale e viene riconosciuta porta a risultati storici. Questo è sicuramente il caso del Canaletto, grande paesaggista che tramite Joseph Smith, console britannico a Venezia, trovò un grande estimatore e promotore in terra inglese, dove ebbe grande successo e fama.
Più che normale che ora la National Gallery di Londra gli dedichi una stupenda mostra confrontandolo con artisti del suo stesso periodo e stile. Questi “rivali” erano Bernardo Bellotto, Luca Carlevarijs, Francesco Guardi e Michele Marieschi, qui proposti in un diretto confronto.
La mostra curata da Charles Beddington è un piacevole percorso e confronto sulla pittura e sulla città di Venezia. I modi diversi con cui questa magica città viene vista, rivista e dipinta sono magnifici.
Dal Canal Grande, passando per Piazza San Marco, Rialto, il Molo, Santa Maria della Salute e tanti altri sestieri e piazze sono i soggetti di questa pinacoteca della bellezza raccolta da tutto il mondo e proposte in queste sale.
La mostra offre l’occasione unica di confrontare spesso medesimi soggetti e spazi della città lagunare messi a confronto diretto sulla stessa parete, rendendo così evidente il cambiare del tempo nella tecnica pittorica e nello spazio urbano della città. Ma anche il modo diverso di intendere e vedere i luoghi che i diversi vedutisti avevano.
Sponsor dell’evento e sostenitore della National Gallery è il Credit Suisse che il prossimo anno sosterrà anche una mostra dedicata a Leonardo da Vinci, nel periodo della corte milanese.
La mostra durerà fino al 16 Gennaio 2011
indicazioni per Fare Museo
Il Filatoio di Caraglio ha avviato la stagione espositiva autunnale, ideato dal gruppo curatoriale tutto femminile a.titolo, sotto l’insegna del progetto “Fare Museo”.
Il titolo dell’iniziativa pone in una nuova luce l’idea del luogo espositivo conosciuto come museo, trasformandone la connotazione statica in una forma dinamica e diretta.
L’azione quindi diventa lo spazio fisico ma anche spirituale di un presente a cui tutti partecipano e condividono una passione comune.
Risulta quindi poetico e piacevole l’intervento ideato da Olivier Grossetête, che lavorando sul tema delle architetture e sulla percezione di questi oggetti fisici, di realizzare con persone di ogni età del territorio caragliese l’idea di una torre dell’acqua che viene costruita anche fisicamente nella corte del Filatoio.
Parallelamente le sue opere sono proposte in un breve ma intenso percorso al primo piano, creando in tal modo un confronto e un approfondimento diretto fra chi visita e osserva il territorio e chi lo vive.
Anche l’opera di Cesare Viel, fatta di immateriali suoni entra in contatto diretto e dinamico col pubblico che percependoli incrementa con propri ricordi e sensazioni l’esperienza di uno spazio specifico ma che può anche aprirsi ad altri vissuti e percezioni.
Le project rooms con giovani artisti entrano in perfetta sintonia con questo intento socio-culturale.
Stupenda la sala di Alessandro Quaranta, realizzata nell’ambito di Viapac, a cui tutti gli eventi sono correlati, iniziativa di progetti che saranno realizzati tra il Filatoio di Caraglio e Musée Gassendi di Digne. L’artista presenta una doppia proiezione che concretizza un percorso di riflessi fra differenti punti della vallata, nodi di pulsione, costellazioni di messaggi che si trasmettono a tutti ma che solo in determinati punti trovano un suo codice.
Si prosegue poi con i ricami di Andras Calamandrei che ri-interpreta paure e spazialità in una fusione cromatica e floreale. Mentre Irina Novarese realizza una archivio di casuali memorie fantastiche interagendo con archivi di amici e persone sconosciute.
Particolarmente utile il nuovo bollettino del Cesac che diverrà sicuramente un valido punto di raccolta e riflessioni di questo nuovo modo di vivere l’arte contemporanea.
Ancora per alcune settimane sono visibili l’opera Poetic Justice di Tania Bruguera e la serie di Perruques-architecture di Meschac Gaba.
Lo spazio come sempre presenta sempre la possibilità di vedere la magnifica ricostruzione del setificio di fine ottocento.
22/10/10
19/10/10
Le Fiac e tout le monde ...
Dopo il tour de force londinese da domani inizia la settimana parigina, che quest’anno pare più dinamica della capitale inglese.
Sicuramente l’evento più importante è la 37 edizione de la Fiac che avrà luogo dal 21 al 24 Ottobre, come già per le scorse edizioni le più importanti gallerie saranno al Grand Palais, mentre la proposte più contemporanee saranno presentate alla Cour Carré del Louvre.
Fra le due parti nei bellissimi giardini des Tuileries ci saranno le sculture e le opere monumentali a cui si aggiunge il Cinéphémère proposto dalla Fondation d'entreprise Ricard dove saranno proposti 40 film d’artista.
Fra le nuove presenze a le Fiac segnaliamo la galleria Franco Noero di Torino, Silverman Gallery e Workplace Gallery.
Nei giorni dell’evento sarà anche consegnato il premio Marcel Duchamp, i selezionati di quest’anno sono: Céleste Boursier-Mougenot, (galerie Xippas), Cyprien Gaillard, (Bugada & Cargnel (Cosmic galerie), Spréth Magers), Camille Henrot, (galerie Kamel Mennour) e Anne-Marie Schneider, (galerie Nelson Freeman).
La sezione di nuove gallerie proposta presso il settore Lafayette, vede i seguenti nominativi: Bureau, New York, L. Corty, Paris, Gaga, Mexico City, Gaudel De Stampa, Paris, Hotel, Londres, Karma International, Zurich, Kock Oberhuber Wolff, Berlin, Labor, Mexico City, Marcelle Alix, Paris, Mother’s Tankstation, Dublin, Neue Alte Brucke, Frankfurt am Main, Take Ninagawa, Tokyo, Projectesd, Barcelone, Silverman, San Francisco, Sultana, Paris, Workplace, Gateshead,
In contemporanea ci sono altre piccole fiere che sono: Slick, in zona Palais de Tokyo, Show off alla Port des Champs Elysées, Salon Light #7 al Point Ephémère, Chic Art Fair a la Cité de la Mode et du Design e in fine Cutlog nella Bourse du Commerce.
Particolarmente interessante notare come il corredo di proposte che la città offre quest’anno è particolarmente ricco e variegato.
Iniziamo dagli spazi istituzionalizzati come il Palais de Tokyo dove ci sono una serie di mostre tra cui una collettiva di artisti affermati raccolti sotto il titolo Fresh Hell, un aereo intervento di Serge Spitzer, riflessioni architettoniche con Benjamin Valenza. Per il prossimo ampliamento dei nuovi spazi oltre 9’000 m2 è stata invitata Sophie Calle col progetto che si può già visitare prenotandosi sul web. Ricordo che si potrà ancora cenare col progetto di Laurent Grasso sul tetto del Palais de Tokyo nello spazio Nomiya.
Accanto al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris con titolo “Etats de l’Artifice” sono proposti le opere video e filmiche di Elena Sorokina. Contemporaneamente c’è una retrospettiva di Larry Clark, una su Basquiat e le sculture di Didier Marcel.
Al Petit Palais c’è una bella mostra su Giuseppe De Nittis.
Al Grand Palais grandissimo successo per la retrospettiva su Claude Monet.
Al Centre Pompidou sono in corso la presentazione della collezione permanente col titolo elles@centrepompidou, l’arte del novecento secondo una visione femminile. Una mostre di Gabriel Orozco, una del premio Marcel Duchamp 2009 Saâdane Afif, una retrospettiva su Arman e un omaggio espositivo a Nancy Spero.
Alla Galleria Lafayette per Antidote sono presentate le opere di Victor Man, Pietro Roccasalva, Markus Schinwald, Niels Trannois, Tatiana Trouvé, Ulla von Brandenburg e Andro Wekua.
L’offerta prosegue con la stupenda mostra sul disegnatore di fumetti Moebius alla Fondazione Cartier.
Assolutamente da non perdere poi il 21 Ottobre l’apertura di un nuovo spazio con la Collezione Rosenblum, nel 13 arrondissement, che presenterà sotto il titolo “Born in distopia” la sua raccolta più storica.
La Maison Rouge/Fondation Antoine de Galbert propone la mostra “Indagine su un cane”, che era recentemente alla Sandretto Re Rebaudengo, essendo parte dell’associazione FACE che porta questa mostra itineraria in diversi spazi europei associati.
Ma anche gli spazi privati paiono particolarmente attivi. Sicuramente l’apertura di un nuovo punto vendita di Gagosian sarà l’evento più mondano, come per Roma si inizia con Cy Twombly.
Ci saranno nuove gallerie tra cui Applicat-Prazan, Loevenbruck e GB Agency. Raddoppio per alcune gallerie come la Chantal Crousel e l’ampliamento della Emmanuel Perrotin.
Concludiamo con la collettiva di gallerie che si svolgerà alla Galleria Continua/Le Moulin Sabato 23 Ottobre.
Via anche qui non resta che armarsi di un buon paio di scarpe da ginnastica un sacco per la sporta e visitare visitare visitare!
Giornate londinese - spazi privati.
Fra le tante gallerie viste mi sono rimasti in mente i lavori intensamente colorati di Ludovica Gioscia alla The Agency, la confusione assemblativa di Jason Rhoades da Hauser & Wirth, mentre la medesima galleria presentava una oramai classica Louise Bourgeois, nella nuova sede di Saville Row.
Piacevoli i pannelli resinosi di Helene Appel alla The Approach, le sculture fisiche di Marilène Oliver da Beauxarts e l’installazioni di Kit Craig da Arcade.
Un poco perplesso sul lavoro di Paola Pivi che da Carlson prova con le pruderie gay a richiamare un poco di attenzione, mentre un naturalistico Stefano Arienti è proposto da Greengrassi.
Molto interessanti gli assemblaggi di Fernanda Fragateiro da Eastcentral.
Rigorosissima Marina Abramovic da Lisson, oltre ad un presenzialismo continuo fra la tate, la marathon etc..
Da Haunch of Venison un ovvio Tom Wesselmann e una collettiva composta da Adam Dix, Alex Hoda and Katie Paterson un poco noiosetta.
Più piacevole Hew Locke che propone un assemblaggio di fili perlinati da Hales Gallery, divertente anche se già un poco vista l’immensa scultura rosa di Michael Shaw da Schwartz Gallery.
Stupende le sculture floreali di Yayoi Kusama Da Victoria Miro mentre Gagosian propone un fantastico James Turrel in Brittan street, forse la cosa più interessante vista a Londra e un ovvio Damien Hirst in Davies Street.
Giornate londinese - spazi pubblici Serpentine, Art Angel e Whitechapel
Alla Serpentine Gallery fino al 7 Novembre è in corso la mostra di Klara Lidén, realizzata in cooperazione con Moderna Museet di Stoccolma.
L’esposizione presenta una serie di installazioni, film, realizzate nel contesto dello spazio ospitante. Usando materiale di scarto ha operato nello spazio della galleria creando un percorso di sensazioni spaziali e cromatiche che relazione con le dinamiche di questo particolare edificio posto nel centro del parco londinese.
Il risultato è molto giovanilistico per cui aspettiamo che cresca prima di formulare giudizi troppo critici.
Accanto c’è il suggestivo Padiglione estivo che quest’anno è stato ideato da J. Novel di un bel rosso fiammante.
Organizzato dallo staff della Serpentine, Sabato 16 e Domenica 17 si è svolto presso le eleganti saloni della Royal Geographical Society accanto alla Albert Hall una maratona artistica sul tema della mappatura.
Come oramai diventata consuetudine una due giorni di tante parole, forse troppe e poche realtà.
Ma chissà, alla fine qualcosa ne uscirà di questo autocelebrazione che i soliti invitati proposti da Obrist propongono oramai ogni anno per una visibilità troppo pubblicitaria e poco culturale.
Nello stesso parco sono esposte 4 opere di grandi dimensioni del classico Anish Kapoor che come sempre attraggono decine di persone, soprattutto divertite dal potersi fotografare.
Invece completamente sono e invisibile agli occhi i quattro interventi di Susan Philipsz ideati per Artangel nel centro della City di Londra, magicamente immerso nel mondo urbano si sentono sonorità elisabettiane.
Segnalo poi la mostra delle sculture di Claire Barclay alla Whitechapel, proposta dalla Bloomberg Commission.
Questo spazio rinnovato recentemente offre anche altre interessanti iniziative, tra cui una bella riedizione della documentazione della famosa mostra This is Tomorrow del 1956 che viene riproposta in diverse sezioni quella in corso in questi giorni: “Keeping it Real: An Exhibition in 4 Acts: Act 2: Subversive Abstraction”.
Giornate londinese - Frieze Art Fair 2010
E’ il terzo anno che vengo a Londra per Frieze Art Fair, che sicuramente si può considerare come la più frizzante fiera d’arte contemporanea.
Prima di entrare passeggio tra nella sezione Sculpture Park, posta accanto alla tensostruttura, fra le opere più interessanti selezionate dal curatore David Thorp, c’è quella di Jeppe Hein anche se nel complesso non hanno la forza degli anni passati, forse per le dimensioni e i materiali, spesso troppo fragili.
Entrando alla fiera si attraversa il corridoio d’ingresso e ci si immerge in questo universo parallelo, questo mondo, che nonostante il mondo pare sull’orlo di una crisi socio/econimica, è rarefatto ed elegante, curioso e affascinante.
Come sempre l’organizzazione è realizzata in modo impeccabile e di ampio respiro qualitativo e storico.
Il pubblico è variegato e tranquillo, l’atmosfera piacevole e rilassante.
I vari stand delle gallerie propongono un panorama molto articolato di espressioni artistiche, ci sono i nomi più noti ma anche tante opere ricercate. Le opere proposte, diverse per tematiche e forme estetiche, paiono tutte di ottima fattura e di valida qualità tecnica.
All’interno della fiera ogni anno è organizzata una serie di interventi realizzati da un gruppo di artisti, quest’anno sono stati invitati: Ei Arakawa and Karl Holmqvist con un progetto intitolato “pOEtry pArk”, un artistico rifugio poetico; Spartacus Chetwynd con una doppia performance giocosa, ‘The Oppressed Purée’ e ‘Women Who Refuse To Grow Old Gracefully’; Matthew Darbyshire che ridisegna il box office; Shannon Ebner & Dexter Sinister che agiscono su una sala di lettura; Gabriel Kuri che realizza una serie di oggetti metallici estetici/multifunzionali; Shahryar Nashat con un nuovo video; Nick Relph che ha invitato un gruppo di artisti a creare contenitori per donazioni; Annika Ström con una performativa mappa; Jeffrey Vallance che propone un discussione fra lo storico e il critico; concludono gli interventi EU Partner: Vector Association con un libro sperimentale.
Grandissimo successo ha riscontrato il progetto vincitore del Premio Cartier 2009 Simon Fujiwara, che ha allestito diversi scavi “archeologici” fra gli stand della fiera.
E’ stata doppia la sezione Frieze Music che si sono svolti la prima il 15 Ottobre con Hercules and Love Affair al Debut e la seconda il 16 Ottobre nella Shoreditch Church con Baby Dee.
Tante le occasioni di confronto all’interno della serie delle conferenze raccolte sotto il titolo Frieze Talks, molte della quali si sono subito esauriti i posti, che hanno visto la partecipazione di Julie Ault, Wolfgang Tillmans, Susan Hiller, Thomas Demand e tanti altri protagonisti dell’arte contemporanea ma non solo.
Particolarmente interessante la sezione Frieze Film curata da Sarah McCrory che ha commissionato a Jess Flood-Paddock, Linder, Elizabeth Prince e Stephen Sutcliffe dei film che sono stati trasmessi anche su Channel 4.
Giornate londinese - Royal Academy
La visita alla Royal Academy, che nel centro di Londra è uno stupendo rifugio di quiete e stile britannico, è stata un poco una delusione anche se l’afflusso di un pubblico è notevole e caratterizzato da una presenza soprattutto di persone mature e femminile. Per cui era molto interessante notare suggestive signore da thè affollano queste stanze ricche di storia e d’arte.
La mostra di punta “Tesori da Budapest: capolavori europei da Leonardo a Schiele” mantiene a metà le promesse. Sono presentati oltre 200 pezzi di grandi artisti europei provenienti dalle collezioni pubbliche ungheresi. La selezione delle opere include lavori di Leonardo da Vinci, Raffaello, El Greco, Rubens, Goya, Manet, Monet, Schiele, Gauguin e Picasso. Molti di queste opere sono per la prima volta esposte in Gran Bretagna. Per cui parte delle promesse sono giustamente coperte, mancano però i capolavori, tolto un disegno di Leonardo e una ritratto di Goya il resto è buona pittura ma mai eccelsa.
Comunque essendo la mostra organizzata in modo cronologico, è sicuramente una piacevole passeggiata nella storia dell’arte.
Contemporaneamente l’accademia propone, come fa anche orgogliosamente la Tate Britan, tantissima arte inglese (chissà come mai in Italia raramente si è orgogliosi dei propri artisti ?).
Una sala è dedicata a Sauerbruch Hutton con una piccola mostra sul rinnovamento della Brandhorst Collection a Monaco.
In un’altra Ian McKeever realizza per questa realtà un confronto artistico fra una sua produzione pittorica e una serie di fotografie in bianco e nero, primo progetto di una serie di occasioni di laboratori artistici, occasioni di accrescere per i membri del circolo, la loro conoscenza dell’arte.
Giornate londinese - Tate Modern
Sulla riva opposto un poco più a est la Tate Modern si sta ingrandendo, accanto al noto edificio si intravedono già i lavori del futuro ampliamento. Intanto il pubblico copiosamente fruisce delle tante occasioni culturali proposte.
Fra le tante cose viste segnalo l’intervento “London – An Imagery” di Martin Karlsson sulla Holland Street in una chiave ispirata a Gustave Doré.
Appena si entra si rimarrebbe affascinati dal progetto di Ai Weiwei commissionato ogni anno per dalla Unilever per la Turbine Hall.
Si tratta di una marea di semi fatti in ceramica e dipinti a mano uno per uno.
Uso il condizionale perché questo lavoro doveva essere fruito direttamente dal pubblico ma a causa del polverone che questi semi producono si è bloccato l’accesso rendendo l’opera assolutamente noiosa.
Il primo giorno in cui si poteva camminare, si vedevano le persone immerse in questo mare di semi ed era molto più bello.
Al secondo piano è in corso la mostra “Alejandro Cesarco. Present Memory” che agisce in modo analitico sul testo, catalogandolo, classificandolo, appropriandosene e rinterpretandolo. L’artista uruguaiano ha un atteggiamento concettuale che include diversi media, tra cui video, libri, stampe e installazioni.
Il recente video “Present Memory” è un delicato omaggio al padre dell’artista, medico a cui hanno diagnosticato un tumore.
Mostra di grande effetto e folto pubblico quella su Gauguin che durerà fino a metà Gennaio del 2011.
Si tratta della prima grande mostra dedicata a questo grande artista che da oltre cinquant’anni mancava sul suolo inglese.
L’evento presenta una folta varietà di opere e di manufatti esposti in una ricercata proposta visiva e un’attenta chiave educativa raggruppate in stanze tematiche.
L’artista post-impressionista é presentato in modo completo e ricco, con una particolare attenzione alla sua esperienza di ultimo viaggiatore in terre ancora incontaminate dalla cultura europea. Interessante la chiave mistica e interpretativa sulle relazioni religiose e l’uso quasi iconico dei personaggi.
Stupendi i disegni e i paesaggi naturalistici, l’attenzione alla rigogliosa flora e alla lussuregianza della natura.
Personalmente ho trovato tanti rimandi a Bacon, diciamo meglio tanti spunti che Bacon forse deve aver visto e sviluppato nella sua pittura.
Concludiamo con la Tate Modern parlando di Rosa Barba che in una sala laterale presente una serie di opere tra cui film, sculture, installazioni con testi. In questa occasione l’artista vuole crea un rapporto fra il progetto immaginato e il progettatore, ponendo l’accento fra la narrazione e il narratore. Lavorando con le luci e col suono ha realizzato un’opera articolata che però non mi affascina tantissimo.
Giornate londinesi - Tate Britan
Alla Tate Britan sono in corso diverse mostre che abbracciano la storia di questo paese nelle sue più diverse espressioni e temporalità. Mi piace molto questo modo di proporre tanti piccole occasioni artistiche per palati diversi e con un continuo confronto di forme artistiche storiche e contemporanee, con una qualità espositiva e curatoriale sempre molto qualificata.
Io ho iniziato dalla mostra su Eadweard Muybridge, che voleva far volare i cavalli, secondo teorie scientificamente fantasiose. La mostra è molto ben articolata, un percorso artistico rigoroso ci guida nei pensieri di questo creativo fotografo inglese ma americano di adozione. Che ha realizzato reportages fotografici in posti incontaminati e di cui sono particolarmente famose le sue ricerche sul movimento umano, fonte d’ispirazione per altri artisti quali Duchamp, Bacon e tanti altri.
La mostra poi è articolata con diverse aspetti tra cui i macchinari per le immagini in movimento e alcuni simpatici momenti didattici per l’infanzia.
Do una breve sbirciatina alla mostra di disegni di Rachel Whiteread, che non mi dicono un granché, i suoi lavori iniziali sullo spazio erano particolarmente interessanti, ma recentemente si stanno fossilizzando in una ricerca algida e monotona.
Richard Wright, vincitrice del Turner Prize nel 2009, con un interessante intervento specifico è l’artista invitato per Contemporary Art Society series, che però non son riuscito a trovare, forse era quello nella sala rotonda?
Impossibile invece non vedere l’intervento “Harrier e Jaguar” di Fiona Banner nella Duveen Galleries, due aeroplani posti in un romantico dialogo. Questo tipo di opera mi lascia un poco perplesso, è bello o colpisce solo per la stranezza degli oggetti?
La mostra “Art and the Sublime” iniziata a febbraio, e che terminerà a dicembre, sta suscitando un grande consenso di pubblico.
Una bella rassegna che mette in discussione l’approccio estetico e culturale alla bellezza e alla sua fruizione culturale.
Dubbi e perplessità, soddisfazioni e piacere ne danno l’ultima mostra visitata, quella della selezione dell’annuale Turner Prieze che quest’anno ha selezionato gli artisti Dexter Dalwood, Angela de la Cruz, Susan Philipsz, e The Otolith Group da cui si sceglierà il vincitore.
Susan Philipsz è l’unica che mi piace, anche se poi sorge sempre la domanda sul senso visivo del suo lavoro, per i The Otolith Group troppo documentaristica la cosa, anche qui di bello poco, interessante molto ma è arte visitiva?
Visiva sono sicuramente i quadri di Dexter Dalwood, ma non mi piacciono per nulla, meglio Angela de la Cruz con assemblaggi cromatici e fisici più piacevoli, anche se alquanto banalotti.
La giuria di quest’anno è composta da Isabel Carlos, Philip Hensher, Andrew Nairne e Polly Staple. Come sempre il vincitore sarà annunciato in diretta televisiva su Channel 4.
Non ci resta che aspettare quindi i primi di Dicembre per sapere chi sarà il vincitore, io voterei per Angela de la Cruz.
15/10/10
Giornate londinesi
autunno londinese solitamente è umido e bigio, forse per questo nei tanti musei della città c'è sempre un folto pubblico, ma sicuramente la varietà e la qualità delle mostre hanno anche un'importante ruolo.
Son qui a Londra per qualche giorno e come sempre mi sono programmato una serie di mostre da visitare, come artista questa città è l’ideale per confrontarsi e conoscere. Centro nodale di processi creativi e produttivi, continua ad essere forse il luogo perfetto per avere una visione ampia e articolata di cosa succede nel mondo dell’arte contemporanea.
Questo perché qui la qualità degli eventi è sempre di alto profilo, il materiale proposto sempre vario e la fruizione diretta.
Oggi, Giovedì, l’ho dedicata a Frieze e dopo un salto alla vicina Sunday, fiera al debutto in terra inglese.
Due eventi ricchissimi di proposte e di arte per tutti i gusti.
Come sempre Frieze è un appuntamento da non perdere, gallerie da tutto il mondo col meglio che si può trovare, eventi collaterale diversissimi e sempre con personaggi di rilievo, stupenda.
Segnaliamo fra le cose piu' interessanti nella sezione Frame Fonti con i lavori dinamici di Lorenzo Scotto di Luzio e Federica Schiavo con i lavori fra l'attesa e il dubbio di Salvatore Arancio.
Riscuote molto successo l'intervento di Simon Fujiwara, che nelle diverse sue composizione incuriosisce e suscita piacere.
Mi delude un poco la sezione sculture che quest'anno e' un poco noiosetta.
Fra i tanti dettagli che si potrebbero segnalare, visto che tutto e' ben curato, le aree di sosta, come i bar dove il personale e' gentile, tutto piacevole e buono, che gia' solo questo fa impallidire i nostri eventi realizzati in strutture stabili, qui tutto viene smontato a fine evento, alquanto trascurate e poco piacevoli.
Vero anche che qui il pubblico e' abituato alla qualita' che pretende e paga.
Sunday è una simpatica fiera, un poco sacrificata nello spazio molto underground, ma anche molto comoda essendo vicino a Frieze per lo piu' con un orario prolungato.
La varieta' delle gallerie e la presentazione molto diretta e giovanile rendono l'evento e le proposte fresche e interessanti. Presenze internazionali tra cui le italiane Norma Mangione e Francesca Minini.
Nei prossimi giorni farò un report più dettagliato.
Domani, Venerdì, farò un giro alle Tate (Britan e Modern) con un passaggio più tradizionale alla Royal Academy.
Sabato più divertente alla Saatchi Gallery, per poi passare al Victoria and Albert Museum e brevi giretti alla Serpentine e alla Map Marathon concludendo alla National Gallery per vedere il rinnovato Leonardo.
Cosa si vuole di più?
12/10/10
08/10/10
Ottobre torinese
La nuova programmazione delle gallerie torinesi, che intelligentemente è stata avviata sotto la serie di eventi di Ouverture svoltasi a fine Settembre, offre un panorama particolarmente vario e ricco di stimoli sia culturali che visivi.
Nei giorni scorsi ne ho visitate qualcuna, eccovi alcune brevi impressioni.
La Galleria Franco Soffiantino propone l’artista Petra Lindholm che ha realizzato un particolare percorso di memoria legato alle sue relazioni personali che hanno trovato forma visiva in una serie di diafane foto e un breve romantico filmato.
La Galleria Martano offre anche attimi di memoria con una collettiva che raccoglie alcune delle opere più interessanti tratte dall’archivio storico, tra cui un bel Asger Jorn del 1957 e un lavoro del 1969 di Marco Gastini.
Una collettiva, ma contemporanea da Novalis, tra i tanti lavori mi hanno colpito le opere cristalline di Antje Rieck.
Particolarmente interessante l’idea di Leonardo Pivi che riusa la classica tradizione del mosaico in una nuova chiave impaginatrice. Le opere presentate presso la Galleria Marena sono introdotte da una serie di sculture antropomorfe tra l’inquietante e l’ironico, realizzate con particolari assemblaggi di materiali recuperati durante lunghe passeggiate nei boschi.
Riuso ma di materiale quotidiani come riviste, giornali e pubblicazioni varie per Raphael Danke da Norma Mangione.
In un allestimento molto curato le fragili opere di carta, presentano ripensamenti fotografici che trasformano l’immagine originale in nuovi stimoli alla nostra memoria. Composizioni giocate in un sapiente equilibrio fra astrazione e fisicità aprono complessi strade alla fantasia e all’idea dell’osservare.
La Galleria Peola offre un elegante cooperazione fotografica con Sergio Gioberto e Marilena Noro che seguono una visione in equilibrio fra spazi architettonici e naturalistici.
Presso Photo & Co. La natura è presente con le raffinate figure animalesche ambientate in stupendi interni indiani da Karen Knorr, curata da Valerio Tazzetti.
Concludo la passeggiata da Guido Costa dove l’artista Tom Johnson ha proposto dei grandi disegni metafisici. Elaborati con una complessa ricerca di elementi, raggruppati su stati emotivi ed estetici, molti ricercati e studiati nel suo soggiornare nelle capitale sabauda.
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