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29/05/05

Luigi Colombo, Fillia



Tanto Matteo Olivero è stato legato al tema quasi esclusivo della montagna, quanto Fillia (il cui vero nome è Luigi Colombo, Fillia era il cognome materno) è stato poliedrico nell?affrontare diverse problematiche artistiche.

Nato a Revello il 3 Ottobre 1904, morì giovanissimo, a soli 32 anni, a Torino il 10 Febbraio 1936.

Forse nel presagio di una breve vita si mosse in modo animato e attivo sul fronte dell?avanguardie artistiche, soprattutto abbracciando in toto lo spirito futurista, nel periodo definito ?Secondo Futurismo? di cui fu fondatore, animatore e leader sul territorio torinese. Nel 1922 è coautore del libretto ?poesia proletaria? e nel 1923 costituisce a Torino i Sindacati Artistici Futuristi , promotori di una rivoluzione proletaria in chiave futurista. Nel 1928 organizza il Padiglione Futurista per l’Esposizione Internazionale di Torino.

La sua iniziale attività è legata fortemente alla parola, sia nel teatro che nella poesia, ma sfocia anche nella pittura, con uno stile legato inizialmente all?astrazione per poi giungere a una figurazione che viene definita cosmica. Svolge anche attività critica e storica e fonda le pubblicazioni la “Città Futurista” nel 1929 e “La Città Nuova” nel 1931. In questo ultimo anno, cura la pubblicazione di un importante repertorio internazionale “La Nuova Architettura” e firma con Marinetti ?il Manifesto dell’ arte sacra futurista?. Proprio in una recente mostra alla Galleria Narciso a Torino è stata messa in evidenza una serie di suoi lavori pittorici sull?Arte Sacra, tema classico della tradizione italiana, rivisitato in una sperimentale chiave spirituale/meccanica futurista. Nel 1932, sempre con Marinetti firma ?La cucina futurista? nel 1932,

"L’uomo ha bisogno di staccarsi dalla terra, ha bisogno di sognare, di desiderare eterna felicità, di dimenticare continuamente la realtà quotidiana.” Fillia

28/05/05

Chronos


L’arte non solo rappresenta il tempo ma ne è essa stessa parte. Nel vorticoso vivere del nostro globo le idee espressive sono mutate e codesta mostra desidera indagare, in sette stanze, le molteplici variazioni estetiche della forma temporale.

Spinti da Cronos attraverseremo gli elementi che caratterizzano questa entità, assaporando la Vanitas umana, le differenti stagioni fino a giungere al tentativo di sospensione del tempo stesso, ricercata da alcuni artisti.

Un viaggi in cui i diverse aspetti creativi danno corpo all’idea del passare delle epoche storiche e del modo in cui ognuno di noi lo vive.


Chronos dal 28 Maggio al 9 Ottobre 2005 presso il Filatoio di Caraglio.

22/05/05

Matteo Olivero


Matteo Olivero (Acceglio 1879 – Verzuolo 1932) – Il panorama artistico cuneese è sempre stato molto tranquillo, sono rari i casi di personaggi che abbiano dato un contributo significativo al mondo artistico, forse per la stessa situazione morfologica di una provincia protetta ma anche limitata dalle sue montagne. Si è sviluppato un modo di fare arte spesso in ritardo con la reale situazione artistica generale. Pochi sono stati i personaggi artistici che hanno saputo vivere in relazione all?attualità culturale il proprio momento espressivo. Guardando ai nomi più interessanti vengono in mente personaggi come il controverso Matteo Olivero, il futurista Luigi Colombo (alias Fillia), il versatile Pinot Gallizio e il contemporaneo Giuseppe Penone.
Iniziamo da Matteo Olivero, che visse una vita molto tormentata. Nato ad Acceglio il 15 giugno 1879, rimasto orfano di padre fu allevato in Cuneo dalla amabile e forse troppo protettiva madre. Frequentò l?Accademia Albertina di Torino, dove diede inizio alla sua attività artistica che, per un breve periodo, si interessò anche alla scultura sulla scia di Leonardo Bistolfi, optando poi in modo definitivo alla pittura.

La sua carriera artistica si legò inizialmente allo stile accademico ma poi, a seguito anche di un importante viaggio in Svizzera, prese una forma più personale avvicinandosi al divisionismo di Segantini, stile in cui espresse alcuni dei suoi lavori più belli.

Il tema prediletto delle sue opere è l?amata montagna, in particolare nelle delicate ore dell?alba o del vespero. Si dedicò anche ad altri temi fra cui diverse vedute di Venezia e alcuni autoritratti. La sua pittura molto intensa e vibrante lo può far annoverare tra i pittori piemontesi più significativi del primo Novecento. In particolare la sua attenzione ai soggetti delle sue care valli lo rende uno degli ultimi testimoni di una montagna quieta e melanconica. In particolare lo caratterizza la sua attenzione allo spazio, quasi sempre privo di esseri umani, come a rappresentare un luogo vergine e incontaminato dalla presenza umana. Il suo percorso espositivo fu internazionale, espose in diverse città europee fra le più note Bruxelles, Grenoble, Monaco di Baviera. Anche a Parigi, dove ebbe occasione di conoscere e frequentare la viva realtà cosmopolita, con buoni consensi per il suo lavoro artistico. Muorì suicida, sembra anche in seguito alla morte dell?adorata madre, a Verzuolo, presso la dimora del suo mecenate, il senatore Burgo, il 28 aprile 1932.

Attualmente diverse opere si possono ammirare presso il Museo Civico di Saluzzo, mentre in Cuneo sono presenti presso la collezione Casa Galimberti e presso il Museo Civico di Cuneo dove si trova la sua famosa opera ?Funerali a Casteldelfino?.