Matteo Olivero (Acceglio 1879 – Verzuolo 1932) – Il panorama artistico cuneese è sempre stato molto tranquillo, sono rari i casi di personaggi che abbiano dato un contributo significativo al mondo artistico, forse per la stessa situazione morfologica di una provincia protetta ma anche limitata dalle sue montagne. Si è sviluppato un modo di fare arte spesso in ritardo con la reale situazione artistica generale. Pochi sono stati i personaggi artistici che hanno saputo vivere in relazione all?attualità culturale il proprio momento espressivo. Guardando ai nomi più interessanti vengono in mente personaggi come il controverso Matteo Olivero, il futurista Luigi Colombo (alias Fillia), il versatile Pinot Gallizio e il contemporaneo Giuseppe Penone.
Iniziamo da Matteo Olivero, che visse una vita molto tormentata. Nato ad Acceglio il 15 giugno 1879, rimasto orfano di padre fu allevato in Cuneo dalla amabile e forse troppo protettiva madre. Frequentò l?Accademia Albertina di Torino, dove diede inizio alla sua attività artistica che, per un breve periodo, si interessò anche alla scultura sulla scia di Leonardo Bistolfi, optando poi in modo definitivo alla pittura.
La sua carriera artistica si legò inizialmente allo stile accademico ma poi, a seguito anche di un importante viaggio in Svizzera, prese una forma più personale avvicinandosi al divisionismo di Segantini, stile in cui espresse alcuni dei suoi lavori più belli.
Il tema prediletto delle sue opere è l?amata montagna, in particolare nelle delicate ore dell?alba o del vespero. Si dedicò anche ad altri temi fra cui diverse vedute di Venezia e alcuni autoritratti. La sua pittura molto intensa e vibrante lo può far annoverare tra i pittori piemontesi più significativi del primo Novecento. In particolare la sua attenzione ai soggetti delle sue care valli lo rende uno degli ultimi testimoni di una montagna quieta e melanconica. In particolare lo caratterizza la sua attenzione allo spazio, quasi sempre privo di esseri umani, come a rappresentare un luogo vergine e incontaminato dalla presenza umana. Il suo percorso espositivo fu internazionale, espose in diverse città europee fra le più note Bruxelles, Grenoble, Monaco di Baviera. Anche a Parigi, dove ebbe occasione di conoscere e frequentare la viva realtà cosmopolita, con buoni consensi per il suo lavoro artistico. Muorì suicida, sembra anche in seguito alla morte dell?adorata madre, a Verzuolo, presso la dimora del suo mecenate, il senatore Burgo, il 28 aprile 1932.
Attualmente diverse opere si possono ammirare presso il Museo Civico di Saluzzo, mentre in Cuneo sono presenti presso la collezione Casa Galimberti e presso il Museo Civico di Cuneo dove si trova la sua famosa opera ?Funerali a Casteldelfino?.