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31/03/18

Il mercato dell’arte fra luci e ombre






E’ uscito da alcuni giorni il report “The Art Market 2018” di Art Basel e UBS, della Arts Economics di Clare McAndrew, che evidenzia come dopo anni di crisi forse si sta uscendo visto il positivo aumento del 12% sul mercato dell’arte mondiale. Dato ripartito fra un 4% nelle vendite dirette, 27% nelle aste focalizzato soprattutto sul mercato statunitense, che torna la primo posto, seguito da Cina e Gran Bretagna.

Ma non è tutto così solare, perché poi si nota come le vendite dirette di basso valore, meno di 500mila dollari siano calati a favore di quelle con valori oltre i 50milioni, quasi sempre attraverso le aste.

Questo strano mercato, dove le banche avevano tentato di parteciparvi ma poi ne sono uscite rapidamente, continua ad essere un gioco poco trasparente e molto aleatorio.

Anche se continuano le sirene del successo le gallerie continuano a chiudere, poche aprono e la vita media di quelle aperte è sempre più breve.

L’unica reale  crescita è il mercato online, dove però vengo proposti pezzi e valori molto diversi da quelli enfatizzati da un certo sistema.


30/03/18

The Invisible Enemy Should Not Exist di Michael Rakowitz a Trafalgar Square

 Foto del reporter Michele Sisto

Un'opera tutta di lattine si erge ora sul quarto plinto di Trafalgar Square a Londra, si tratta del nuovo lavoro di Michael Rakowitz realizzato per questa storica manifestazione, che da ogni anno presente un lavoro contemporaneo sul quarto plinto della famosa piazza londinese.

Questo lavoro è stato realizzato con le lattine che erano prodotte in Iraq per la produzione di sciroppi di datteri, attività fiorente prima della guerra

  Foto del reporter Michele Sisto

  Foto del reporter Michele Sisto

  Foto del reporter Michele Sisto


CS

This year’s artwork is 'The Invisible Enemy Should Not Exist' by Michael Rakowitz.

Michael started The Invisible Enemy Should Not Exist project in 2006. It attempts to recreate more than 7,000 objects which have been lost forever. Some were looted from the Iraq Museum in 2003, while others were destroyed at archaeological sites across the country during the Iraq War.
For the Fourth Plinth, Rakowitz has recreated the Lamassu. This winged bull and protective deity guarded the entrance to Nergal Gate of Nineveh (near modern day Mosul) from c700 BC until it was destroyed by Daesh in 2015.
The reconstructions in The Invisible Enemy project are made from recycled packaging from Middle Eastern foodstuffs. The Lamassu is made from 10,500 empty Iraqi date syrup cans. This represents a once-renowned industry now decimated by war.
The inscription is written in Cuneiform, one of the earliest systems of writing, on the side of the Lamassu reads: “Sennacherib, king of the world, king of Assyria, had the inner and outer wall of Ninevah built anew and raised as high as mountains.”
Rebuilding the Lamassu in Trafalgar Square means it can continue to guard the people who live, visit and work in London. It is the 12th work to appear on the Fourth Plinth since the programme started, and will be there until March 2020.
To coincide with the unveiling, a pop-up event space and cultural hub curated by publisher Plinth was presented at Trafalgar Square, 28 March 2018.
A new range of products from design company Plinth and the Mayor of London to accompany the work will be available to purchase at the pop-up event. They are inspired by the use of food in Rakowitz’s art as a way of bridging cultural and political divides. The range includes tote bags, wooden spoons and aprons, and feature the Arabic proverb: A House With A Date Palm Will Never Starve.
A portion of the profits from the merchandise sales will go towards supporting the Mayor of London’s educational projects.


  Foto del reporter Michele Sisto



 Foto del reporter Michele Sisto

  

Eventi collaterali alla Biennale di Architettura 2018



Fra poche settimane parte una nuova edizione della Biennale di Architettura di Venezia eccovi allora gli interessanti eventi collaterali di questo importante evento internazionale. 

Sono ben 13 gli Eventi Collaterali della 16. Mostra Internazionale di Architettura dal titolo FREESPACE, curata da Yvonne Farrell e Shelley McNamara e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta (vernice 24 e 25 maggio 2018), aperta al pubblico dal 26 maggio al 25 novembre 2018.

Gli Eventi Collaterali ammessi dalle Curatrici, e promossi da enti e istituzioni nazionali e internazionali senza fini di lucro, sono organizzati in numerose sedi della città di Venezia. Propongono un'ampia offerta di contributi e partecipazioni che arricchiscono il pluralismo di voci che caratterizza la mostra di Venezia. 


Eventi Collaterali

Across Chinese Cities – The Community
(The Objects Spaces and Rituals of the Collective)
Il terzo progetto del programma, Across Chinese Citie, esplora forme di progettazione legate allo sviluppo di ‘comunità’ intese come costitutive di nuovi sistemi di appartenenza sociale, economica e spaziale. Promossa da Beijing Design Week e curata da Beatrice Leanza (The Global School) e Michele Brunello (DONTSTOP Architettura), la mostra presenta una selezione di casi di studiosituati in contesti urbani così come in aree rurali cinesi, fondati sulla pianificazione integrata, e dunque di riconciliazione, di modalità di organizzazione di natura comunitaria e programmatica, basate su inclusività, emancipazione, creatività collettiva. All’interno del progetto, il capitolo dedicato alla Guest City Suzhou presenta indagini sviluppate da un gruppo di progettisti indipendenti incentrate sul piano di rigenerazione di Pingjiang Road, che nel loro insieme guardano al contesto urbano di questa città storica e propongono schemi di futura implementazione.
Sede: Università IUAV di Venezia, Ca' Tron, Santa Croce, 1957
Promotore: Beijing Design Week

Borghi of Italy – NO(F)EARTHQUAKE
L'inedito progetto espositivo Borghi of Italy – NO(F)EARTHQUAKE è dedicato alla prevenzione antisismica e alla messa in sicurezza del patrimonio artistico e architettonico, e alla rivitalizzazione dei luoghi simbolo dell’architettura del nostro Paese: i borghi italiani. Il concetto di Freespace lanciato dalle Curatrici della Biennale Architettura 2018 è qui legato all’idea di uno spazio “free and safe”, in cui coloro che ne fruiscono e lo vivono, i residenti in primis, possano sentirsi “liberi”: liberi dalla paura del terremoto e liberi di ritornare ad abitare nei luoghi più caratteristici dell’Italia che in questo momento storico rischiano di essere completamente abbandonati, in favore di nuovi centri urbani - nuove civitas - costruiti lontano dal loro luogo di origine, spesso proponendo forme e consistenze avulse dal contesto storico. “Borghi of Italy” presenta inoltre il progetto del Concilio Europeo dell’Arte “BorgoAlive!” per la rivitalizzazione sostenibile di un borgo e del suo territorio, in cui la salvaguardia e il recupero di un edificio-simbolo di quel borgo sia l’occasione per il riutilizzo e la rigenerazione del centro storico danneggiato e/o abbandonato e la riconversione del suo patrimonio abitativo storico urbano; un’occasione per valorizzare le risorse artistiche e culturali dei centri urbani minori e dell’entroterra, per l'innalzamento delle opportunità di crescita sociale ed economica, di sviluppo turistico delle comunità locali e il ripopolamento dei borghi italiani.
Sede: InParadiso Gallery, Giardini della Biennale, Castello, 1260
Promotore: Concilio Europeo dell'Arte

Greenhouse Garden - Reflect, Project, Connect
Greenhouse Garden: Reflect, Project, Connect consiste in una mostra in un padiglione provvisorio di legno realizzato presso la Serra dei Giardini dagli architetti di In Praise of Shadows e una serie di seminari e workshop sull’architettura, l’ambiente edificato e sugli obiettivi globali dell’Agenda 2030, nonché su come l’architettura e il legno possono contribuire alla loro realizzazione. Plots, Prints and Projections è il titolo della mostra in cui verrà esposta una serie di installazioni spaziali di grandi proporzioni, frutto di uno studio sul difficile ruolo contemporaneo delle rappresentazioni architettoniche e sulle loro traduzioni in forma edificata, nel punto di incontro tra il legno, materiale dinamico, e l’industria manifatturiera. Da questo studio scaturiranno esplorazioni architettoniche delle transizioni che partono dai disegni architettonici, misurazioni, notazioni e istruzioni virtuali per la produzione fino alla loro manifestazione materiale, utilizzando il legno come materiale primario e vice versa. All’interno della storia della pratica dell’architettura, le varie modalità digitali e analogiche di rappresentazione architettonica continuano a essere le tecniche attraverso cui comprendere e studiare la disciplina dell’architettura.
Sede: Serra dei Giardini, Castello,1254 (Via Giuseppe Garibaldi)
Promotore: Swedish Institute

Living with the Sky, Water and Mountain: Making Places in Yilan
L’architetto espositore Sheng-Yuan Huang ha affermato che la “ricerca della libertà” è servita alla sua filosofia fondamentale dell’architettura e che tale concetto è stato condiviso dai suoi colleghi a Yilan come valore centrale alla base di ogni creazione. Per loro “la libertà” non è un’idea astratta e tale “libertà” ha consentito loro di dare un contributo reale alla società, in una località a 15 minuti di macchina. L’esposizione presenterà i seguenti temi: condensare le memorie sociali - interventi tramite il tempo; stabilire un dato – il Canopy come nuova linea di riferimento; il ritorno alla terra – continuum nella sospensione temporale. Queste tre tematiche si focalizzano sulla realizzazione di spazi pubblici, come il Canopy in scala urbana, il Vascular Bundle Scheme e il Cherry Orchard Cemetery. Il risultato di queste opere si è basato su conoscenze e informazioni ottenute, nel corso di un certo periodo, dai residenti del luogo e dagli ambienti naturali al fine di plasmare la vita quotidiana di tutti.
Sede: Palazzo delle Prigioni, Castello, 4209 (San Marco)
Promotore: National Taiwan Museum of Fine Arts (NTMoFA)

Primal Sonic Visions
Primal Sonic Visions vuole destare nel pubblico un senso di meraviglia per i nuovi suoni e le nuove forme dell’energia attraverso la forza e la bellezza primordiali delle risorse energetiche di tipo eolico, solare, idrico e termale. Bill Fontana, artista del suono di fama internazionale, esplora attraverso un’opera multimediale ad alta risoluzione molti dei principali tipi di sistemi di energia rinnovabile di diverse località geografiche, nelle quali si celebrano gli intriganti aspetti acustici e visivi di questi sistemi in cui la Terra riveste il ruolo sia di cliente sia di architetto. Entrando nello spazio espositivo i visitatori si imbattono in un’esperienza entusiasmante, che inizialmente genera un senso di sorpresa per poi diventare una profonda riflessione sul potenziale e sulla forza di queste risorse energetiche, che vengono usate per garantire un futuro più luminoso al nostro pianeta. Quest’opera nasce in un’epoca particolarmente cruciale in cui gli effetti negativi del cambiamento climatico si fanno sempre più evidenti. L’opera è il frutto di una collaborazione tra l’artista e IRENA, in un singolare tentativo di tipo acustico e visivo di focalizzare l’opinione del pubblico su questo tema e risvegliare una reazione emotiva globale nei confronti dell’ambiente. La mostra comprenderà anche un’opera d’arte multimediale sul nuovo sistema protettivo contro le acque alte di Venezia, MOSE.
Sede: Ca’ Foscari Esposizioni, Fondazione Università Ca’ Foscari, Dorsoduro, 3246
Promotore: International Renewable Energy Agency (IRENA)


RCR. Dream and Nature_Catalonia in Venice  
RCR è lo studio vincitore del prestigioso Premio Pritzker per l’Architettura 2017. A fronte di questo riconoscimento internazionale, la mostra presenta l’universo più intimo di Rafael, Carme e Ramon. Natura e storia: è il luogo fisico scelto per sviluppare uno spazio di pensiero e sperimentazione con cui si vuole ripensare il rapporto dell’essere umano con il mondo. Questo spazio fisico è situato nella tenuta di La Vila, in Vall de Bianya, con boschi, acqua, campi, fattorie… In questo posto la ricerca non è intesa come un fenomeno isolato ma come un rapporto diretto con ciò che si esplora. È un progetto creativo, sperimentale, in continua evoluzione. A Venezia presentiamo per la prima volta il sogno di RCR. Un’utopia in costruzione.
Sede : Cantieri Navali, Castello, 40 (Calle Quintavalle)
Promotore: Institut Ramon Llull | www.llull.cat | http://rcr/venezia

Salon Suisse: En marge de l'architecture
Nel corso della lunga storia dell’architettura, momenti come questo si sono sempre rivelati più produttivi quando il dibattito è stato aperto a opinioni esterne, a idee e invenzioni provenienti da altre discipline scientifiche e artistiche. Oggi, alla luce dei rapidi e fondamentali cambiamenti sociali, economici e politici, è giunto il momento di spiegare le vele e ripartire. Se l’architettura è un’isola all’interno dell’arcipelago delle discipline artistiche e scientifiche, allora Salon Suisse 2018 è una nave che è appena salpata dal porto. Dalla coste straniere rivolgeremo lo sguardo sull’architettura ed esploreremo l’importanza che ha oggi a livello culturale e sociale. In questo viaggio di scoperta incontreremo filosofi e antropologi, scrittori, musicisti e artisti, comparatisti e ricercatori sociali. Discutendo la propria opera e i suoi legami con l’architettura, Salon Suisse aprirà nuove prospettive, non solo sulle potenzialità dell’architettura nel XXI secolo, ma anche sulle connessioni nascoste che sono sempre esistite tra le diverse discipline.
24 maggio,13 - 15 settembre, 4 – 6 ottobre, 22 - 24 novembre
Sede: Palazzo Trevisan degli Ulivi, Dorsoduro, 810 (Campo Sant' Agnese)
Promotore: Swiss Arts Council Pro Helvetia

The Happenstance
The Happenstance allestisce un Freespace nel giardino al centro di Palazzo Zenobio, concepito come luogo in cui costruire insieme nuove possibilità per le libertà che dobbiamo rivendicare con urgenza e per mostrare ciò che può essere costruito attraverso la mappatura delle connessioni e mettendo insieme i bisogni, le risorse e le idee di Freespace sia in Scozia sia a Venezia. Lo spazio agisce come un archivio attivo (The Living Library of Ideas) nel quale un team di artisti e architetti esperti del gioco, invita tutti a partecipare al fondamentale rapporto con l’ambiente edificato utilizzando il gioco come un agente attivo all’interno del processo di rielaborazione e rivendicazione del proprio Freespace. Al centro di Palazzo Zenobio si troverà uno spazio focalizzato sui giovani, sulle loro capacità, i loro bisogni e la loro immaginazione che viene utilizzata per dare forma all’energia presente in ognuno di noi. Il programma di attività liveprevede l’animazione di altri spazi in giro per la città. Allo stesso modo le proiezioni dell’Outdoor Cinema si concentreranno su esempi ispiratori riguardanti persone, organizzazioni e situazioni che evidenziano il tema della Biennale Architettura 2018. E per chi visita il giardino: ci si dovrà aspettare un colpo di fortuna. Questa è l’arte di  Happenstance.
Sede: Collegio Armeno Moorat - Raphael, Palazzo Zenobio, Dorsoduro, 2597 (Fondamenta del Soccorso)
Promotore: Scottish Government

Unintended Architecture
La parola “free space” descrive il paesaggio “interattivo” in continuo cambiamento e la complessa relazione tra le persone e lo spazio. Con il passare del tempo, il cambiamento delle dinamiche sociali e l’immaginazione delle varie generazioni, gli spazi statici sono stati trasformati in spazi dotati di vitalità e di gusto locale. L’“interazione” tra le persone e lo spazio genera un significato profondo chiamato Unintended Architecture. A Macao, città sempre più internazionale e ricca di costruzioni di notevole altezza, è ancora possibile trovare frammenti di Unintended Architecturesparsi tra gli edifici densamente popolati, celati nella quiete dei giardini urbani, rifugiati nel trambusto dei bazar o appena intravisti tra le antiche pietre di un passaggio. Questa mostra ha intenzionalmente scelto le “carte da gioco” come elemento base del progetto per simboleggiare la rapida crescita economica di Macao. Manipolando le carte da gioco secondo svariate forme e combinazioni, l’Unintended Architecture viene ridescritta in maniera astratta.
Sede: Arsenale, Castello, 2126/A (Campo della Tana)
Promotore: Cultural Affairs Bureau of the Macao S.A.R. Government; Macao Museum of Art

Vertical Fabric: density in landscape
Vertical Fabric: density in landscape mostra le condizioni urbane di Hong Kong ed esplora il freespaceattraverso le torri. Cento espositori, architetti di Hong Kong e di oltreoceano, sono invitati a progettare la propria torre sul concetto di freespace, offrendo la propria visione sulla tipologia di torre nella città verticale. I cento espositori elaboreranno cento modelli di torri bianche alte due 2 metri, ridefinendone il potenziale spaziale e mantenendone al contempo l’involucro che funge da forma urbana collettiva. L’esposizione esplora l’innovazione all’interno di determinati vincoli, mentre vengono creati degli spazi straordinari da forme ordinarie. Con le sue cento torri disposte lungo il cortile fino alle sale espositive, la mostra evoca la densità della forma urbana di Hong Kong e fornisce una piattaforma di dialogo con il mondo, creando un dibattito sull’urbanistica e sull’architettura verticale di Hong Kong. La mostra, inoltre, fornisce agli architetti l’opportunità di rielaborare ulteriormente il modello della torre, sviluppando gradualmente nuove visioni che emergono quando si affrontano le sfide globali in ambito tecnologico, ambientale e sociale.
Sede: Arsenale, Castello, 2126 (Campo della Tana)
Promotore: Hong Kong Arts Development Council

What makes a home?
“Human Shelter” è un viaggio globale cinematografico che esplora il ruolo della casa per le persone che affrontano un cambiamento di grandi proporzioni. È una curiosa ricerca di conoscenza e una celebrazione della diversità che parte dalla domanda: “Cosa ci serve veramente per sentirci a casa?” Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti. Le megalopoli sono in rapida crescita. Milioni di persone sono costrette a trasferirsi a causa di conflitti o catastrofi naturali. Lo sviluppo tecnologico genera nuove modalità di interazione umana. Eppure l’umanità continua a dimostrare di avere una grande capacità di realizzare una casa con dignità anche nelle situazioni più avverse.  Ed è così che una semplice abitazione viene trasformata in casa - ma come avviene tutto ciò? È possibile lavorare a lungo termine sulla vita passiva dell’architettura e rimettervi in scena la vita anche dopo molto tempo che l’architetto ha lasciato il cantiere? Se sì, in che modo? I visitatori sono invitati ad assistere alle proiezioni del documentario “Human Shelter” di Boris Benjamin Bertram e a visitare l’estesa installazione fotografica di Jan Grarup nonché a partecipare all’installazione di ricerca interattiva “What Makes a Home?”.
Sede: Cantieri Navali, Castello, 40 (Calle Quintavalle)
Promotore: D.A.C. - Danish Architecture Center

Young Architects in Latin America
La mostra sottolinea l’importante ruolo svolto oggigiorno dal mondo latino-americano, com’è evidente in tutta la sua architettura contemporanea. In occasione della 16. Mostra Internazionale di Architettura, CA’ASI apre le sue porte agli architetti latino-americani emergenti con l’intento di enfatizzare la creatività, l’originalità e l’impegno sociale della loro nuova architettura e aiutarla ad acquisire un riconoscimento a livello internazionale. Architecture-Studio ha fondato la CA’ASI Association per promuovere il dialogo tra architettura, arte contemporanea e visitatori della Biennale.
Sede: CA'ASI, Cannaregio, 6024 (Campiello Santa Maria Nova)
Promotore: CA'ASI Association 1901

Young Talent Architecture Award 2018
Il Young Talent Architecture Award (YTAA) è promosso dalla Fundació Mies van der Rohe con il supporto di Creative Europe come estensione dell’European Union Prize for Contemporary Architecture – Mies van der Rohe Award. La mostra presenta i progetti di otto finalisti dell’YTAA e dei quattro vincitori. Accanto alle immagini, ai disegni e ai modelli, per illustrare i progetti di tesi di laurea vengono utilizzati anche altri strumenti come i video. La mostra si compone, quindi, di questi documenti presentati dagli autori dei progetti cui si aggiungeranno la Cerimonia di Premiazione e un dibattito programmati per  il 20 settembre. In questa occasione i vincitori, i membri della giuria, i partecipanti alla piattaforma Future Architecture e altri invitati discuteranno sul tema della Biennale Architettura 2018 “Freespace”, sui principali argomenti dell’ European Year of Cultural Heritage organizzato dalla Commissione Europea e sulle tematiche che emergono dai risultati dell’YTAA. La Fundació Mies van der Rohe promuove il dibattito e cerca di sensibilizzare il pubblico sui temi legati all’architettura contemporanea e la pianificazione urbana. Tra le sue attività spicca l’organizzazione, in collaborazione con la Commissione Europea, del Young Talent Architecture Award, che ha lo scopo di sostenere il talento di architetti, pianificatori urbani e architetti del paesaggio neolaureati cui spetta la responsabilità di trasformare il nostro ambiente nel futuro.
Sede: Palazzo Mora, Cannaregio, 3659 (Strada Nova, San Felice)
Promotore: Fundació Mies van der Rohe

FPAC collettiva Outside In



Presso la galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea di Milano si inaugura Mercoledì 11 Aprile Outside In la collettiva di Sarah Faux, Keiran Brennan Hinton e Doron Langberg tre giovani artisti americani, in mostra per la prima volta in Italia; formatisi a Yale, loro sono una nuova generazione di artisti che raccontano una contemporaneità molteplice, metropolitana e al contempo capace di lasciarsi ispirare dalla natura o ancora dal rapporto con l’altro. Una generazione che non si limita a riferire il mondo interiore attraverso la semplice rappresentazione ma che si fa interprete di una visione corale. La loro ricerca formale ha esiti differenti ma anche un accento che insiste su un vissuto, su contesti e circostanze comuni, un’attenzione intorno al corpo umano nella sua presenza più carnale come nelle opere di Faux e Langberg o nella sua evidente assenza come nelle opere di Brennan Hinton. Tutti si lasciano attraversare però dal tempo come azione e al contempo come limite, per descrivere stati d’animo, situazioni o interazioni tra elementi reali o immaginari.
 
EN__On Wednesday, 11 April the group exhibition Outside in by Sarah Faux, Keiran Brennan Hinton and Doron Langberg, three young American artists, will be shown for the first time in Italy. Graduated at the Yale University, they represent the new generation of artists who tell of the multifarious contemporary, metropolitan society, while drawing their inspiration from nature as well as from human interactions. A generation of artists who do not confine themselves to reporting their inner world through a mere representation, but who instead become interpreters of a collective perspective. Their formal research gives different results but also puts a strong stress on everyday, real life experiences, on common backgrounds and circumstances, with a focus on human body by way of its carnal presence, like in the works by Faux and Langberg, or of its absence, like in the works by Brennan Hinton. However, they all let the time flow through themselves as an action and a restriction at the same time, in order to describe the moods, situations or interactions between real or imaginary elements.
 
Informazioni:
artista / artist: Sarah Faux, Keiran Brennan Hinton, Doron Langberg

titolo / title: "Outside In"
inaugurazione / opening: Mercoledì 11 Aprile 2018, ore 18.00
durata / length: 12 Aprile – 31 Maggio 2018 
FPAC via San Rocco 11, 20135 Milano

Jimmie Durham alla Fondazione Adolfo Pini




Milano, marzo 2018 - Dal 10 aprile al 29 giugno 2018 la Fondazione Adolfo Pini presenta - durante la Milano Art Week in concomitanza con miart - la mostra Labyrinth, un progetto site-specific realizzato dall’artista Jimmie Durham, a cura di Gabi Scardi.

Jimmie Durham è una delle maggiori personalità artistiche del presente. Intellettuale, saggista e poeta, oltre che artista visivo, dagli anni Sessanta il suo lavoro evidenzia il sistema di convenzioni all’interno delle quali viviamo; convenzioni che riguardano le idee, i comportamenti, la storia e le sueinterpretazioni. Metterle in discussione significa aprirsi al dubbio, evidenziare la sfaccettatura della realtà, lasciare emergere una molteplicità di visioni possibili.

Le sue opere consistono, in molti casi, in arrangiamenti di materiali naturali o industriali, innestati gli uni sugli altri; materiali che normalmente sfuggono all’attenzione o risultano troppo al di sotto di ogni valore per essere classificati; queste opere equivalgono dunque a commenti sulla natura delle cose e sul loro valore. In altri casi le installazioni si compongono di oggetti trovati o creati: oggetti che sono concentrati di quotidianità, che narrano storie, e ci dicono chi siamo. Alla base della sua pratica c’è infatti la volontà di restituire alle cose la 
possibilità di presentarsi nella propria essenza; di decostruire le sovrastrutture che le circondano, e con esse i concetti cardine della civiltà del consumo.

In questa logica si inserisce l’attenzione che l’artista dedica al tema dell’architettura, elemento da sempre centrale nella sua poetica. Dell’architettura, nel corso degli anni, Durham ha voluto scardinare l’assertività,
la monumentalità. L’oggetto della sua critica è il senso di stabilità, che rende l’individuo certo e perentorio e lo sottrae al dubbio imbrigliandone l’attitudine critica.

Per la Fondazione Adolfo Pini l’artista crea un nuovo progetto, appositamente concepito, lavorando sullo spazio esistente e sulle sue strutture. In particolare, Durham porta all’esterno ciò che normalmente è “dentro” il corpo dell’architettura; rende visibili i materiali che lo compongono, rivela ciò che sta sotto il rivestimento: i “visceri”, le “interiora”; il rimosso; Innards, appunto. Per estensione, l’artista affronta così la questione di ciò a cui si dà spazio o ciò che si cela; di ciò che si dice o si omette. Al progetto abbina un video del 1994, The Man Who Had A Beautiful House, legato a un’idea di abitare che viene prima, e va al di là delle pareti di un edificio. Nello spazio rifinito ma carico di passato della Fondazione, attraverso il tema dell’architettura, l’artista si confronta una volta di più, con l’idea del costrutto sociale e culturale e con le strutture, con le convenzioni, con le categorie che l’accompagnano.

Dopo aver presentato i primi tre progetti site specific, The Missing Link di Michele Gabriele, Materia prima di Lucia Leuci e Memory as Resistance di Nasan Tur, con questa nuova mostra la Fondazione Adolfo Pini prosegue pertanto il proprio percorso dedicato all’arte contemporanea, sotto la guida di Adrian Paci, con l’obiettivo di porsi quale luogo di incontro e valorizzazione della scena dell’arte giovanile nazionale e internazionale a Milano.


Jimmie Durham (U.S., 1940) è un artista, scrittore e poeta americano di origine Cherokee che vive e lavora in Europa. Leader dell’American Indian Movement negli anni settanta, è stato rappresentante dell’International Indian Treaty Council presso le Nazioni Unite. Attraverso la Foundation of the Community of Artists e come editor del periodico Art and Artists ha difeso i diritti degli artisti. Ha inoltre riunito in un’unica coalizione, la People’s Alliance, diverse popolazioni discriminate negli Stati Uniti e all’estero. Nel 2017 l’Hammer Museum di Los Angeles gli ha dedicato un’importante retrospettiva ospitata anche presso il Walker Art Center, Minneapolis (2017), il Whitney Museum of American Art, New York (2017-2018) e il Remai Modern, Saskatoon, Canada (2018). Ha partecipato a Documenta IX (1992) e a varie biennali tra cui: Sharjah Biennale, UAE (2015); Biennale di Venezia (2012, 2005, 2003, 2001 e 1999); Biennale di San Paolo (2010); Taipei Biennale (2012), Biennale di Sydney (2004), Whitney Biennale (1993). Jimmie Durham ha esposto in numerose mostre personali presso istituzioni internazionali come: Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo, Roma (2016); Serpentine Gallery, Londra (2015); Fondazione Querini Stampalia, Venezia (2015); Parasol Unit Foundation for Contemporary Art, Londra (2014); Museum Van Hedendaasge Kunst Antwerpen (muhka), Antwerp (2012); Fondazione Morra Greco, Palazzo Reale, Napoli (2012); Portikus, Francoforte (2010); Musée d’art moderne de la Ville de Paris (mam/arc), Parigi (2009); Museo D’Arte Contemporanea Donna Regina Madre, Napoli (2008); de Pury & Luxembourg, Zurigo (2007); Kunstverein, Monaco (1998); De Vleeshal, Middelburg, Olanda (1995); Palais des Beaux-Arts, Bruxelles, (1993). Ha preso parte a diverse mostre collettive presso: MIT List Visual Arts Center, Massachusetts (2013); Centre Georges Pompidou (mam-cci), Parigi (2011); Haus der Kulturen der Welt, Berlino (2010); S.M.A.K, Gent (2009); Modern Art Oxford, Oxford (2009); Reykjavík Art Museum – Kjarvalsstaðir, Reykjavik, Islanda (2008); MARCO, Museo de Arte Contemporánea de Vigo, Spagna (2007) e altre. 

Fondazione Adolfo Pini
Nata nel 1991 per volontà di Adolfo Pini (1920-1986), la Fondazione che porta il suo nome ha sede a Milano nell’elegante palazzina di fine Ottocento in corso Garibaldi 2. Oltre ad Adolfo Pini, uomo di scienza e docente di fisiologia, qui ebbe dimora e studio il pittore Renzo Bongiovanni Radice (1899-1970), zio materno di Pini, che fu una figura chiave nella formazione culturale del nipote, guidandone in particolare l’interesse verso le arti. Per volontà di Adolfo Pini la Fondazione è dedicata alla memoria dello zio con l’obiettivo di promuoverne e valorizzarne l’opera pittorica, attraverso studi e mostre, e il sostegno ai giovani artisti attivi in tutte le arti, con borse di studio, offerte formative e altre iniziative. Essa promuove inoltre anche la figura di Adolfo Pini che, accanto alla sua attività scientifica, fu anche scrittore, poeta, compositore e appassionato d’arte, rappresentando una perfetta sintesi di cultura scientifica e umanistica. Tra le iniziative promosse dalla Fondazione Adolfo Pini vi è Storie Milanesi, a cura di Rosanna Pavoni e una serie di progetti dedicati all’arte contemporanea, a cura di Adrian Paci, che coinvolgono in particolare giovani artisti.

10 aprile – 29 giugno 2018
Preview stampa: 9 aprile ore 11.00
Opening: 9 aprile 2018 ore 18.30
Fondazione Adolfo Pini – Corso Garibaldi 2, Milano

Uriel Orlow - Plant Echoes


Uriel Orlow   Botanical Dream (#4), 2017  Archival pigment print on baryta paper   55 × 75 cm

Laveronica Arte Contemporanea è lieta di presentare la mostra personale di Uriel Orlow intitolata Plant Echoes. Uno dei temi più significativi affrontati da Uriel Orlow nel suo lavoro è la sfida ai metodi di cancellazione.



Sia che analizzi l’eredità lasciata dal colonialismo e dal post-colonialismo in Africa e nel Caucaso o nel Medio Oriente, il silenzioso e meticoloso lavoro multimediale di Orlow ripopola storie ormai dimenticate e restituisce nuovi modi di concepire gli interstizi socio-politici trascurati o eccessivamente mediati nel corso della storia.



In questa mostra, l’interesse di Orlow su come le categorie colonialiste sopprimano la cultura e il senso d’appartenenza indigeni lo ha portato in Sudafrica. Qui ha scoperto che non solo gli inglesi e gli olandesi hanno rinominato le piante locali e hanno tentato di sradicare l’uso tradizionale di erbe medicinali additandolo come pericoloso, ma che hanno anche introdotto 9000 differenti specie di piante esotiche, molte delle quali hanno infestato e soppiantato la flora locale. Il nuovo corpus di opere di Orlow sfrutta le piante come potente lente d’ingrandimento attraverso la quale esplorare le ramificazioni socio-politiche, economiche e spirituali della colonizzazione. Orlow si focalizza sull’importante ruolo giocato dalle erbe medicinali (o muthi) nella cultura sudafricana, visto che il 60% della popolazione locale si rivolge a guaritori che possono scegliere tra più di 3000 specie vegetali. Con le aziende farmaceutiche europee che sfruttano il mercato delle “cure naturali”, si è aperto un nuovo fronte nella gara a chi possiede il diritto di sfruttare ciò che cresce ed è sempre cresciuto dalla terra. In What Plants Were Called Before They Had A Name (opera in corso dal 2015), voci maschili, femminili e collettive recitano i nomi delle piante autoctone in dieci diverse lingue africane, dall’isiZulu e dal SePedi all’isiXhosa e al Khoi, nomi privi di alcun riconoscimento nella tassonomia linneana. «Il linguaggio è legato alla politica» dice Orlow «e la classificazione delle piante può essere considerata una forma di violenza epistemica». In questo senso, il pezzo audio in surround funge da dizionario orale, commovente e riparatore.



Echoes (2017) è una serie di foto di macchie scure lasciate dalla linfa seccata sulla carta protettiva proveniente dagli erbari sudafricani che risalgono all’epoca dell’esplorazione coloniale. Le sagome lasciate dalla linfa non ci dicono nulla dei nomi tradizionali o degli usi che di quelle piante si facevano, piuttosto evidenziano l’imposizione di un sistema di classificazione mono-dimensionale, che era ineguagliabile e venerato come unico obiettivo. È difficile posare la vista su questi fragili residui in netto contrasto con la premurosa delicatezza dei botanici che lavoravano nel mezzo della crudele e selvaggia ferocia dell’apartheid e, prima ancora, del colonialismo.



The Fairest Heritage (2016-17) intercetta in modo caustico una versione della storia. Durante le sue ricerche, Orlow ha scovato una pellicola girata nel 1963 per celebrare il cinquantesimo anniversario del Kistenbosch, il giardino botanico nazionale sudafricano. Soltanto tre anni dopo il massacro di Sharpeville e un anno prima dell’incarcerazione a vita a Robben Island di Mandela, cinquanta botanici provenienti da vari paesi fecero un tour per il Sudafrica, in una sorta di festa in giardino per soli bianchi. Orlow ha invitato quindi un’attrice africana, Lindiwe Matshikiza, a interagire con le immagini, imponendo un’elegante e silenziosa aggiunta al passato, quando il commercio di fiori esotici eludeva il boicottaggio delle merci sudafricane (lo ha eluso fino alla fine degli anni ’80). In questa mostra, Orlow continua a portare avanti e sviluppa la sua sensibile e accurata rielaborazione di storie, rappresentando vecchi documenti riproposti nel contesto di nuove messe in scena, dando voce a quelli che sono stati messi a tacere per ripensare come l’impulso morale possa prendere forza dall’arte.





English

Uriel Orlow - Plant Echoes

Laveronica Arte Contemporanea is delighted to present the exhibition Plant Echoes by Uriel Orlow. One of the most significant themes in Uriel Orlow’s work has been the challenging of methodologies of erasure. Whether he is investigating the legacy of colonialism and postcolonialism in Africa, the Caucasus or the Middle-East, Orlow’s quiet and meticulous multi-media practice re-peoples ghosted histories and delivers fresh ways to think about socio-political interstices that have been overlooked or overmediated. In this exhibition, Orlow’s interest in how colonialist categorisation expunges indigenous systems of knowledge and belonging, took him to South Africa. Here, he found that not only did the British and Dutch re-name indigenous plants and try to eradicate as dangerous the use of herbal remedies, they also imported 9000 different exotic plants, many of which choked local flora. Orlow’s extraordinary new body of work uses plants as a potent lens through which to explore the socio-political, economic and spiritual ramifications of colonialisation.



Orlow focuses on the important role of medicinal herbs or ‘muthi’ in South African culture, with 60% of the population consulting a healer, who can choose from over 3000 plant species. With European pharmaceuticals exploiting the market for ’natural’ cures, a new front has opened in the contest of who owns what the land grows, has always grown. In What Plants Were Called Before They Had A Name (2015-ongoing), male, female and collective voices recite the names of native plants in ten African languages, from isiZulu and SePedi to isiXhosa and Khoi, which had no legitimacy under a Latin taxonomy. ‘Language relates to politics,’ says Orlow, ‘and plant classification can be a form of epistemic violence’ In this sense, the surround sound audio piece acts as a restorative and moving oral dictionary.



Echoes (2017) is a series of photographs of dried brown sap stains on protective paper from botanical repositories in South African herbaria which date back to the colonial era of exploration. The tracings tell nothing of the traditional names or uses of the plants and highlight the imposition of a one-dimensional classification system that was revered as objective and unrivalled. It’s difficult to look at these frail residues, which contrast the tending delicacy of the botanists working amidst the cruel and murderous savagery of apartheid and colonialism before.



The Fairest Heritage (2016-17), poignantly intercepts a version of history. During his research, Orlow discovered a film made in 1963 to celebrate the 50th anniversary of Kirstenbosch, the national botanical gardens of South Africa. Only three years after the Sharpeville Massacre and a year before Mandela’s incarceration for life on Robben Island, fifty international botanists toured South Africa, in a whites-only garden party. Orlow invited an African actor, Lindiwe Matshikiza, to interact with the projected images, delivering an elegantly silent addendum to the past, when the trade in exotic flowers evaded the boycott of South African goods till the late 1980s.



In this show, Orlow continues and develops his sensitive and pertinent re-working of histories, staging old documents in new settings, giving voice to those who have been muted to reconsider how agency can be re-enforced by art.

Yinka Shonibare MBE al Central Park di New York



Da alcuni giorni una grande scultura di Yinka Shonibare MBE è presente all'entrata sudest del Central Park di New York, è un progetto Public Art Fund, sarà esposta fino al 14 Ottobre. 



CS
This spring, Public Art Fund will present Wind Sculpture (SG) I, a new sculpture by British-Nigerian artist Yinka Shonibare MBE commissioned for Doris C. Freedman Plaza at the southeast entrance to Central Park. Created from fiberglass and covered with an intricate pattern, the 23-foot-tall sculpture will rise above the plaza, reminiscent of the untethered sail of a ship billowing in the breeze. Its unique, hand-painted pattern in turquoise, red, and orange — colors that the artist associates with his childhood on the beaches of Lagos — is inspired by Dutch wax batik print, which Shonibare has called the “perfect metaphor for multilayered identities”. This is the first work in a second generation of his celebrated Wind Sculpture series and continues Shonibare’s ongoing examination of the construction of cultural identity through the lens of colonialism. The work will create an opportunity to reflect on social issues associated with our current moment, including the movement of people and ideas across borders and the role of monuments in heterogeneous societies. Yinka Shonibare MBE: Wind Sculpture (SG) I will be on view March 7 – October 14, 2018 in Doris C. Freedman Plaza, Central Park. 

“Monumental in scale and imposingly sited on axis with the entrance to Central Park, Yinka Shonibare’s Wind Sculpture (SG) I assumes the aspect of a classical civic monument. However, its lithe and undulating form and its vibrant, colorful surface suggest a very different approach,” says Public Art Fund Director & Chief Curator Nicholas Baume. “This is one of his most abstract works, yet it still tells a story. Its patterned, fluttering sail suggests the geographical, cultural, and personal layers of a migration borne aloft on the cross currents of colonial history.”

Shonibare has described himself as a post-colonial hybrid, and his work in painting, sculpture, photography, film, and performance utilizes unexpected combinations of pattern and form to examine race, class, migration, and identity in a globalized world. The form of Wind Sculpture (SG) I suggests the movement of wind and natural elements rendered three-dimensionally through fabric, but also the sail of a ship, which for centuries was the only means of traversing oceans to exchange culture and ideas. The patterns on the surface are borrowed from vibrant batik textiles, which Shonibare has utilized in many forms and mediums and are often associated with European colonization of West Africa. However, these fabrics have a complicated history and came to the African continent by way of Indonesia through Dutch colonization in the 1800s. Today, these fabrics are still manufactured in the Netherlands, and sold and worn throughout West Africa. With Wind Sculpture (SG) I, Shonibare uses fabric as an entry point to rethink history and meaning and the relationship between Europe and Africa; it presents a story of shifting design and culture that also speaks to the confluence of many identities in public spaces. 

In 2013, Shonibare first started working with fiberglass in a large-scale format beginning with the first generation of Wind Sculpture I-VII. Wind Sculpture VII was installed permanently outside the Smithsonian National Museum of African Art in 2016. This transition to a second generation of sculptures includes a design of increased size and complexity, featuring multiple twists and deeper folds in the structure.












29/03/18

T.Emin alla St.Pancras Station

 Intervento del 2014  - David Batchelor

Il prossimo 10 Aprile presso la stazione di St.Pancras a Londra sarà inaugurata l'opera "Emin's I Want My Time With You" che l'artista Tracey Emin ha realizzato per il programma di nuove opere "Terrace Wires - Pancras International".

L'opera sarà la sesta, quarta del gruppo di sculture, che sono state inserite nel contesto pubblico della stazione. Si tratta di un lavoro che sarà appeso sopra l'orologio della grande tettoia, per una lunghezza di più di venti metri. 


 Intervento del 2016  - Conrad Shawcross RA

CS
Terrace Wires is a prominent programme for public art, bringing a series of major installations to St Pancras International’s iconic Barlow Shed roof, where they are suspended in front of the station’s famous clock. It offers 48 million travellers each year the chance to experience the latest contemporary art as they pass through the station.

Tracey Emin CBE RA - 2018's Terrace Wires Artist  

Tracey Emin was born in London in 1963, and studied at Maidstone College of Art and the Royal College of Art, London. She has exhibited extensively internationally, including solo and group exhibitions in Holland, Germany, Japan, Australia and America.

Most recently, Emin’s work has been shown in the following solo exhibitions: The Memory of Your Touch, Xavier Hufkens, Brussels (2017), Surrounded by You, Château La Coste, Aix-En-Provence, France (2017), I cried because I love you, Lehmann Maupin and White Cube, Hong Kong (2016), Angel without You, Miami MoCA, Miami (2013) and a major survey exhibition Love Is What You Want, Hayward Gallery, London (2011). She has also entered her work into a series of acclaimed dialogues with the work of past masters she admires, most notably: Tracey Emin, My Bed / JMW Turner, Turner Contemporary, Margate (2017), In Focus: Tracey Emin and William Blake, Tate Liverpool, Liverpool (2016), Tracey Emin and Francis Bacon, Tate Britain, London (2015), Where I Want to Go, with Egon Schiele, The Leopold Museum, Vienna (2015). Tracey Emin represented the UK at the Venice Biennale in 2007 with the exhibition Borrowed Light, and was elected to the Royal Academy in the same year.

In 2011, she was appointed Professor of Drawing at The Royal College of Art, London, and in 2012 Queen Elizabeth II appointed her Commander of the Most Excellent Order of the British Empire for her contributions to the visual arts.