...quando sono a dieci metri da te: corri
Genova, 21 luglio 2001
Sono i giorni del G8, la città è in rivolta, il giorno prima Carlo Giuliani viene ammazzato in Piazza Alimonda ma la gente non ha paura e continua a manifestare. Leo ha 13 anni, non è la sua prima manifestazione, era abituato ad accompagnare il padre durante il 1 maggio, in famiglia la consapevolezza civile è un argomento della quotidianità, agire nella società fa parte delle normali regole domestiche per questo Leo è sicuramente diverso dai suoi coetanei, sa che cos’è un corteo, ne ha già fatto parte e sa come comportarsi. Quel giorno però è diverso, quella manifestazione è diversa, la situazione lo è... e Leo lo sa, gli viene detto: questo sarà il tuo battesimo del fuoco.
L’opera di Leo Gilardi è un ricordo: grazie all’astrazione del digitale entriamo a far parte di un momento vissuto dall’artista all’inizio della sua adolescenza che viene riportato a noi attraverso un esperienza sinestetica. La fotografia si trasforma in scultura, arti di cartasi tendono verso di noi, al di fuori delle proiezioni del video mapping che anima le pareti. Un’unica grande composizione della memoria dell’artista, espressione di un momento che ha segnato in particolare la sua esistenza ma che è, allo stesso modo, un tassello della storia e della cronaca del nostro paese.
Grazie ai giornali e alla televisione, tutti abbiamo informazioni sul G8 di Genova anche se distorte dal particolare occhio mediatico che ce le ha raccontate; Leo ne conserva il ricordo dell’esperienza vissuta in prima persona, un momento esistenziale, passo tra la fanciullezza e l’adolescenza, elaborato nella sua mente che, maturando negli anni, costruisce un monumento virtuale composto dalle riprese amatoriali in contrapposizione ai servizi dei telegiornali. Il punto di vista rimane quello di un bambino colpito dalle grandi mani dei manifestanti sporche di vernice bianca e dal sangue sulle teste rotte a manganellate di donne e anziani, dal rumore della folla che scappa dalla carica della Celere e dal suono dei colpi dei proiettili di gomma, dal grande mondo gonfiabile e dalla maschera di maiale che suo padre e il suo amico usavano per manifestare.
La carta è un altro strumento importante in quest’opera, prima come elemento plastico e poi come prima impronta, traccia scritta, racconto del ricordo, ripetuto più volte con parole diverse, ma sempre cronaca dello stesso momento, elaborazione di un fatto, trasposizione della realtà. Ci troviamo in un complesso virtuale costruito dalla mente di un bambino, dove le azioni vengono descritte da braccia di carta fotografica, un teatro mimico fatto dei gesti delle persone, mani che aiutano, mani che supplicano, mani che abbracciano, mani che lottano....
L’opera di Leo Gilardi è un ricordo: grazie all’astrazione del digitale entriamo a far parte di un momento vissuto dall’artista all’inizio della sua adolescenza che viene riportato a noi attraverso un esperienza sinestetica. La fotografia si trasforma in scultura, arti di cartasi tendono verso di noi, al di fuori delle proiezioni del video mapping che anima le pareti. Un’unica grande composizione della memoria dell’artista, espressione di un momento che ha segnato in particolare la sua esistenza ma che è, allo stesso modo, un tassello della storia e della cronaca del nostro paese.
Grazie ai giornali e alla televisione, tutti abbiamo informazioni sul G8 di Genova anche se distorte dal particolare occhio mediatico che ce le ha raccontate; Leo ne conserva il ricordo dell’esperienza vissuta in prima persona, un momento esistenziale, passo tra la fanciullezza e l’adolescenza, elaborato nella sua mente che, maturando negli anni, costruisce un monumento virtuale composto dalle riprese amatoriali in contrapposizione ai servizi dei telegiornali. Il punto di vista rimane quello di un bambino colpito dalle grandi mani dei manifestanti sporche di vernice bianca e dal sangue sulle teste rotte a manganellate di donne e anziani, dal rumore della folla che scappa dalla carica della Celere e dal suono dei colpi dei proiettili di gomma, dal grande mondo gonfiabile e dalla maschera di maiale che suo padre e il suo amico usavano per manifestare.
La carta è un altro strumento importante in quest’opera, prima come elemento plastico e poi come prima impronta, traccia scritta, racconto del ricordo, ripetuto più volte con parole diverse, ma sempre cronaca dello stesso momento, elaborazione di un fatto, trasposizione della realtà. Ci troviamo in un complesso virtuale costruito dalla mente di un bambino, dove le azioni vengono descritte da braccia di carta fotografica, un teatro mimico fatto dei gesti delle persone, mani che aiutano, mani che supplicano, mani che abbracciano, mani che lottano....
Leo Gilardi ( Torino 1987 ) membro fondatore di A.U.T. (Associazione Underground Torino), partecipa alla realizzazione delle T.A.Z. (Temporary Autonomous Zone) ed ai free party, il più importante nel dicembre 2014 dove per la prima volta vengono occupati gli spazi dismessi della FIAT. Nel 2016 apre il Mothership, un polo musicale dal carattere industriale ed è co fondatore di Studio Ma.Le.! Dal 2014 con Mattia Trevisan, da vita ad “Habitat” creando installazioni con il materiale di recupero di aziende della plastica in cui vive un piccolo ecosistema di piante pioniere. Nel 2017 il suo lavoro è stato presentato al Castello di Rivara Museo d’Arte Contemporanea.
Leo Gilardi - Trial of fire - a cura di Francesca Arri
vernissage 9 marzo 2018 ore 18,30
Esposizione: 10 marzo – 21 aprile 2018
Galleria Moitre
Via Santa Giulia 37 bis, Torino
Tel. 3381426301
www.galleriamoitre.com
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