Translate

31/01/20

Il cavallo di Jackie Kennedy agli Uffizi


Grazie all'associazione no profit Friends of the Uffizi Galleries arriveranno agli Uffizi quattro disegni acquisiti alle aste newyorkese.

Sono opere del pittore seicentesco Baldassarre Franceschini e dello scultore barocco Giovanni Battista Foggini, di quest'ultimo c'è anche uno studio per cavallo appartenuto a Jackie Kennedy.









Nasce Il Foglio Arte



Oggi col quotidiano Il Foglio, diretto da Claudio Cerasa, nasce la sezione settimanale dedicata all'arte e alla cultura, responsabile  Francesco Stocchi, quattro pagine che vogliono essere dinamiche e innovative per sguardo e temi, auguriamo tanto successo e continuità.



La ceramica di Prada


La ceramica in questi ultimi anni ha ripreso quota e attenzione da parte del vasto pubblico e ora alla Fondazione Prada è in corso una stupenda mostra intitolata “The Porcelain Room” curata da Jorge Welsh e Luísa Vinhais che esplora il contesto storico, la finalità e l’impatto delle porcellane cinesi da esportazione.


La mostra, che si svolge al 4° piano della Torre, accoglie oltre 1700 porcellane cinesi da esportazione. Il progetto riunisce esempi di porcellane realizzate tra il XVI e il XIX secolo per diversi mercati, gruppi sociali e religiosi dimostrando l’efficienza dei produttori cinesi nell’intercettare le domande e le sensibilità di ogni singolo segmento di mercato.

Suddiviso in tre sezioni, l’allestimento progettato da Tom Postma Design è concepito come una stanza-nella-stanza, una struttura rivestita di velluto marrone, che include diverse vetrine espositive e uno spazio intimo decorato in oro. La sezione iniziale e centrale della mostra include il maggior numero mai esposto finora di porcellane della dinastia Ming decorate con elementi iconografici europei e realizzate tra l’inizio del XVI secolo e la metà del XVII secolo. “First orders” è un termine abitualmente attribuito alle prime commissioni di porcellane cinesi da parte dei portoghesi dopo il loro arrivo in Cina. Gli esemplari attualmente esistenti di “First orders” sono molto rari, soltanto 150 oggetti sono sopravvissuti fino ai nostri giorni. Oltre 45 esempi sono stati selezionati per questa mostra, in prestito dalle principali collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, e rappresentano una vasta gamma di prime commissioni europee in termini di tipologia, iconografia e periodo di realizzazione. La prima sezione include inoltre un gruppo ridotto di pezzi rari realizzati per il mercato islamico.

La seconda sezione comprende un’ampia selezione di oggetti di uso quotidiano che raffigurano forme naturali e sorprendenti come animali, frutta e vegetali e intende esplorare l’impatto e l’esotismo delle stoviglie cinesi create per i mercati occidentali. Questi oggetti furono realizzati intorno al 1760 per comporre straordinari servizi da tavola con lo scopo di intrattenere gli ospiti durante le cene organizzate da ricche famiglie. La terza sezione rende omaggio alla tradizione delle sale di porcellana, le magnifiche installazioni create nei palazzi e nelle case aristocratiche europee nel XVII secolo e nel XVIII secolo composte da porcellane cinesi e specchi, pannelli smaltati e decorazioni in legno intarsiato d’oro. Stanze straordinarie furono create in tutta Europa, e in particolare in Portogallo, Spagna, Paesi Bassi, Inghilterra, Francia, Germania e Danimarca. Alcuni degli esempi più rappresentativi sono stati conservati fino a oggi, come il soffitto del Santos Palace di Lisbona, realizzato tra il 1667 e il 1687, e la sala di porcellana del Castello di Charlottenburg di Berlino, costruita tra il 1695 e il 1705.


La mostra si inserisce in un ampio raggio di ricerche che la fondazione ha intrapreso, estendendo la propria attività a una pluralità di linguaggi espressivi che superano i confini dell’arte contemporanea. Senza creare gerarchie e distinzioni tra arti visive, artigianato, design e produzione in serie, la mostra sottolinea il valore creativo delle porcellane cinesi da esportazione rivelandone la raffinata lavorazione a un pubblico più vasto non formato da soli esperti. La scelta di allestire “The Porcelain Room” in uno degli spazi della Torre, che ospita una selezione di opere della Collezione Prada, innesca un dialogo tra antico e contemporaneo e un confronto tra raccolte di oggetti e installazioni provenienti da universi culturali differenti.

Maternality da Richard Saltoun Gallery



Si conclude con la seconda parte della  mostra "Maternality" l'interessante progetto tutto al femminile che la Richard Saltoun Gallery propone nelle sue sale a conclusione di un anno molto ricco di emozioni, idee e storia.

Il progetto in corso è stato curato da Catherine McCormack che ha lavorato sul tema dell'essere "madre".

30/01/20

La collezione della Farnesina festeggiano 20 anni


Da vent’anni la collezione della Farnesina guarda all’arte italiana di questi ultimi decenni promuovendola nei suoi spazi e nelle diverse sedi dei consolati.

Per festeggiare questa preziosa attività l’ambasciatore Umberto Vattani, che fu il promotore di questa collezione, festeggia all’ambasciata italiana di Parigi con una bella mostra che raccoglie alcune delle opere di recente acquisizione.


CS

  La Collezione d'Arte Contemporanea del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) è stata istituita nel 2000 per arricchire con 11 nuove opere d'arte le sale del Palazzo della Farnesina, sede del Ministero a Roma. 
 Con oltre 470 opere di più di 250 artisti, offre un panorama dell'arte italiana dal dopoguerra ad oggi, rappresentativo della varietà dei percorsi di ricerca artistica. Nella mostra proposta dall'Istituto, una raccolta di collages, disegni, dipinti, fotografie e installazioni ci invita a scoprire o riscoprire il talento di quindici artisti che hanno lasciato il segno nel panorama artistico italiano: Mimmo Jodice, Gabriele Basilico, Domenico Bianchi, Flavio Favelli, Alberto Di Fabio, Elena Bellantoni, Luigi Ontani, Pietro Ruffo, Francesco Impellizzeri, Domenico Antonio Mancini, Liliana Moro, Luca Vitone, Ettore Spalletti, Alberto Garutti ed Enrico Baj.
  In collaborazione con il MAECI, Monte Paschi Banque e l’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona.
  Fino al 18 febbraio (dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00).

Prossimamente direttori... bando per i Musei italiani


Ecco pubblicato dal 29 Gennaio il nuovo bando per la selezione di personale direttivo per alcuni musei italiani 

Il 29 gennaio 2020, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo ha indetto una selezione internazionale pubblica per il conferimento dell'incarico di direttore dei seguenti istituti:

1. Biblioteca e Complesso monumentale dei Girolamini (Napoli)
2. Galleria Borghese (Roma)
3. Galleria Nazionale delle Marche (Urbino)
4. Museo Archeologico Nazionale di Cagliari
5. Museo Nazionale d'Abruzzo (L'Aquila)
6. Museo Nazionale di Matera
7. Museo Nazionale Romano (Roma)
8. Palazzo Ducale di Mantova
9. Palazzo Reale di Napoli
10. Parco Archeologico di Ostia antica (Roma)
11. Parco Archeologico di Sibari (Cosenza)
12. Pinacoteca Nazionale di Bologna
13. Vittoriano e Palazzo Venezia (Roma)


Vuoi partecipare?

bene vai a questo link  e buona fortuna ... 

Hans Haacke al New Museum di New York

foto di “Hans Haacke: All Connected,” 2019. Exhibition view: New Museum, New York. 
© Hans Haacke / Artists Rights Society (ARS), New York. Photo: Dario Lasagni


Il New Museum ospita una selezione di lavori di Hans Haacke, un percorso storico che si sviluppa sui forti temi che l’artista ha sempre sondato, dall’attenzione all’ambiente alla criticità dei sistemi culturali. 

Il titolo stesso dell’esposizione All Connected gioca sulla temporalità delle sculture cinetiche e sul presente della comunicazione culturale. 


CS

The New Museum presents a major retrospective of the work of Hans Haacke (b. 1936, Cologne, Germany), the first major American museum exhibition to survey Haacke’s work in over thirty years.

For six decades, Haacke has been a pioneer in kinetic art, environmental art, Conceptual art, and institutional critique. This retrospective brings together more than thirty works from across the artist’s career, focusing in particular on the way he expanded the parameters of his practice to encompass the social, political, and economic structures in which art is produced, circulated, and displayed. The exhibition includes a number of Haacke’s rarely seen kinetic works, environmental sculptures, and visitor polls of the late 1960s and early ’70s, all of which were central to discussions around systems aesthetics in art during that period; works from the 1970s and ’80s addressing the corporate sponsorship of major art institutions and political interference; and more recent works considering the intersection of global capitalism, nationalism, and humanitarian crises around the world. The exhibition also serves as the New York premiere of Haacke’s sculpture Gift Horse (2014), a bronze sculpture of a horse’s skeleton adorned with an LED ribbon streaming stock prices in real time, which the artist originally created for London’s Fourth Plinth program. This long-overdue assessment of his work highlights its formal and critical complexity and the remarkable consistency with which he has approached the relationship between art and society.


This exhibition is curated by Gary Carrion-Murayari, Kraus Family Curator, and Massimiliano Gioni, Edlis Neeson Artistic Director. The exhibition is accompanied by a fully illustrated catalogue copublished by the New Museum and Phaidon Press.

Hans Haacke was born in Cologne, Germany, in 1936, and has lived and worked in New York since 1965. He has had solo exhibitions at Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid (2012); MIT List Visual Arts Center, Cambridge, MA (2011, 1967); X Initiative, New York (2009); Generali Foundation, Vienna (2001); Serpentine Gallery, London (2001); Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam (1996); Fundació Antoni Tàpies, Barcelona (1995); Centre Pompidou, Paris (1989); Tate London (1984); Renaissance Society, Chicago (1979); Stedelijk Van Abbemuseum, Eindhoven (1979); Modern Art Oxford, UK (1978); and Frankfurter Kunstverein, Frankfurt (1976), among others. His last major American survey exhibition took place at the New Museum in 1986. He has participated in international exhibitions including documenta, Kassel (2017, 1997, 1987, 1982, 1972); Lyon Biennial (2017); Venice Biennale (2015, 2009, 1993, 1976); Liverpool Biennial (2014); Mercosul Biennial (2013); Sharjah Biennial (2011); Gwangju Biennale (2008); Whitney Biennial, New York (2000); Skulptur Projekte Münster (1997, 1987); Johannesburg Biennial (1997); Sydney Biennial (1990, 1984); São Paulo Biennial (1985); and Tokyo Biennial (1970). He won the prestigious Golden Lion (shared with Nam June Paik) at the Venice Biennale in 1993.

29/01/20

L'amico fedele e l'arte




Come nella vita quotidiana anche nell’arte molto spesso l’uomo si accompagna con i suoi animali, tra cui il cane. Ora al Bayerisches Nationalmuseum di Monaco, fino al 19 Aprile, ne racconta la storia con una ampia selezione di materiale, dalla pittura fino all’odierna fotografia. 

L’amicizia fra il mondo canino e quello umano ha una lunga storia che iniziata 40.000 anni fa è ancora in piena evoluzione, così dal testo “ Padrone e cane” di Thomas Mann prede corpo una piacevole carrellata di relazioni, dalle suggestive sagome di antichi vasi alla più attuali vignette in cui il cane diventa quasi un essere umano. 



CS

Amici leali. Cani e umani

Il cane è sempre stato un amico fedele e un compagno degli umani, ma la relazione non è priva di difetti ... Soprattutto nell'arte e nella storia culturale, la relazione indissolubile e per lo più positiva con l'animale più popolare si riflette in una varietà di modi.

Il Museo Nazionale Bavarese esplora l'alleanza tra cani e umani in una mostra completa. Più di 200 opere, tra cui opere d'arte di alto rango e testimonianze spettacolari della cultura quotidiana, dimostrano l'antica e mutevole relazione uomo-animale nelle sue varie sfaccettature.




Prestiti da musei e collezioni internazionali, nonché opere d'arte poco conosciute dal Museo Nazionale Bavarese aprono un ampio spettro dall'antichità ad oggi. Sono rappresentati illustri proprietari di cani come la regina, Sisi, David Bowie e Rudolph Moshammer, nonché disegni di Loriot e Rudi Hurzlmeier o una spilla con diamanti barboncino di Grace Kelly.

La mostra comprende numerosi generi: dalla mummia del cane egiziano ai pannelli d'altare medievali fino al robot cane. I singoli capitoli trattano argomenti come lealtà e amicizia, facilità, simboli di stato ed erotismo, ma anche la pericolosità del cane. In tutte le aree, la mostra racconta anche qualcosa delle persone stesse e della nostra idea di umanità.

28/01/20

La rivoluzione siamo noi

Opera di Mario Mondino 


"La rivoluzione siamo noi" è il titolo della rassegna, che inaugura il nuovo spazio espositivo della Fondazione di Piacenza e Vigevano, presentando oltre 150 opere, tra dipinti, sculture, fotografie, video e installazioni di autori quali Piero Manzoni, Maurizio Cattelan, Marina Abramović, Tomás Saraceno, Andy Warhol, Bill Viola, Dan Flavin, William Kentridge, provenienti da 18 collezioni d’arte, tra le più importanti in Italia.


Il percorso si completa nell'adiacente Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi dove lavori di autori contemporanei dialogano con i capolavori italiani dell’Ottocento e del primo Novecento raccolti, all'inizio del secolo scorso, dall’imprenditore e collezionista piacentino Giuseppe Ricci Oddi.

Opera di Roccasalva

Piacenza si arricchisce di un nuovo spazio espositivo.

Nell’edificio Ex-Enel della Fondazione di Piacenza e Vigevano, nasce XNL Piacenza Contemporanea un centro culturale interamente dedicato all’arte contemporanea.

XNL è il risultato della ristrutturazione di un edificio industriale - la ex sede dell’Enel, in via Santa Franca, 36 - dei primi decenni del Novecento, di particolare pregio architettonico, restituito alla città come luogo per raccontare il tempo presente.

XNL Piacenza Contemporanea sarà inaugurato dalla mostra LA RIVOLUZIONE SIAMO NOI. Collezionismo italiano contemporaneo, in programma dal 1° febbraio al 24 maggio 2020.

LA RIVOLUZIONE SIAMO NOI, curata da Alberto Fiz, organizzata dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, col patrocinio del MiBACT - Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, della Regione Emilia-Romagna, con un progetto di allestimento di Michele De Lucchi e AMDL CIRCLE e la consulenza scientifica del Polo Territoriale di Mantova del Politecnico di Milano, presenta oltre 150 opere, tra dipinti, sculture, fotografie, video e installazioni di autori quali Piero Manzoni, Maurizio Cattelan, Marina Abramović, Tomás Saraceno, Andy Warhol, Bill Viola, Dan Flavin, provenienti da 18 collezioni d’arte, tra le più importanti in Italia, che indagano trasversalmente movimenti, stili e tendenze della contemporaneità.

Il percorso si completa alla Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi - i cui locali sono attigui a quelli di XNL - dove una serie di lavori di artisti tra cui Ettore Spalletti, Wolfgang Laib, Fabio Mauri, Gregor Schneider, Pietro Roccasalva, dialoga con i capolavori dell’Ottocento e del Novecento, raccolti dall’imprenditore e collezionista piacentino Giuseppe Ricci Oddi che costituisce un fondamentale modello di riferimento.

“Il Centro XNL – afferma Massimo Toscani, presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano - è una fabbrica di idee che oggi è finalmente in grado di lavorare per Piacenza e per il mondo dell’arte in Italia, rispetto al quale intende porsi come un nuovo ulteriore strumento di analisi critica della cultura contemporanea in comunione con le istituzioni pubbliche e private già operanti”.

“Per la nostra città – prosegue Massimo Toscani -, l’apertura del Centro XNL è un evento che non ha precedenti: è la prima volta, infatti, che un progetto finalizzato precisamente alla cultura contemporanea prende forma e si concretizza in un luogo aperto a tutte le sperimentazioni".

“La rivoluzione siamo noi – dichiara Alberto Fiz - analizza la figura del collezionista intesa come mecenate del Terzo Millennio. Ma anche come ordinatore del caos e costruttore di una nuova progettualità dove lui stesso diventa responsabile. In tal senso, il collezionista non è un semplice acquirente di opere d'arte ma con le sue scelte assume un ruolo da protagonista nella vita pubblica”.

“Il titolo della mostra – continua Alberto Fiz - prende spunto dall'installazione di Maurizio Cattelan La rivoluzione siamo noi dove l'artista, con compiacimento narcisistico, si autodenigra appendendosi a un gancio con gli abiti di feltro di Joseph Beuys che nel 1972 realizzò un'opera dallo stesso titolo di forte impronta politica. Gli elementi che accomunano i due lavori sono la solitudine e la presa di posizione individuale, comportamenti che, molto spesso, coinvolgono anche il collezionista”.

La rassegna non ha lo scopo di stilare classifiche ma, semmai, di proporre, nel suo complesso, l’esperienza del collezionismo privato in base a una ricerca che coinvolge protagonisti ormai classici come Giorgio Morandi, Alberto Burri, Lucio Fontana, Fausto Melotti, Robert Morris, Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Mario Merz, Keith Haring, Gerhard Richter, Daniel Buren, William Kentridge, Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone (verrà presentato un suo intervento site-specific realizzato appositamente per la mostra), per giungere alle realtà contemporanee di maggior interesse con artisti quali Ghada Amer, Sislej Xhafa, Roberto Cuoghi, Urs Fischer, Zang Huan, Tobias Rehberger, Thomas Hirschhorn, Teresa Margolles, Zanele Muholi, in base ad un progetto che è stato realizzato in sinergia con i collezionisti.

La mostra documenta il fenomeno del collezionismo nella sua globalità attraverso le vicende di oltre cinquant'anni. Ne emerge un grande affresco collettivo, una ‘collezione delle collezioni’ legata alla passione e al gusto del nostro tempo, che consente al visitatore di entrare in uno straordinario museo privato, ricco di sorprese, ordinato dal curatore che ha instaurato un rapporto di complicità con i collezionisti, liberi da qualsiasi tentazione autoreferenziale.

La rassegna è accompagnata dalle video-interviste ai collezionisti raccolte in un unico documento realizzato da Roberto Dassoni insieme a Eugenio Gazzola. La vocazione multidisciplinare del nuovo spazio espositivo è confermata dalle numerose iniziative collaterali, coordinate da Giorgio Milani, come la rassegna filmica, curata da Marco Senaldi e una serie di talk con collezionisti, artisti, critici e storici dell'arte, curata da Alberto Fiz. Non mancano, poi, concerti e spettacoli teatrali, oltre alle visite guidate e a un programma di didattica rivolto alle scuole.

L'omaggio di Piacenza al collezionismo italiano, oltre a metterne in luce la vitalità e la lungimiranza, appare tanto più significativo in un paese dove questo fenomeno, così esteso e capillare, ha permesso di sopperire alle carenze istituzionali diventando il tramite fondamentale per la diffusione dell’arte contemporanea. Un processo che appare oggi in tutta la sua evidenza con i collezionisti che, spesso, in qualità di partner dei musei e attraverso fondazioni, donazioni, comodati, archivi, divulgano un'esperienza che un tempo rimaneva gelosamente custodita in spazi inaccessibili.

La rivoluzione siamo noi permette di conciliare sia la componente spettacolare sia quella più intima ed emozionale, creando una relazione tra le opere, gli artisti e le motivazioni del collezionare, come emerge dalle otto sezioni - Complicità, Domestiche alterazioni, Rovesciare il Mondo, Enigma, L'altro visto da sé, Controllare il caos, Esplorazioni, Spazi di Monocromia - della rassegna dove ciascuna rappresenta una collezione in un contesto animato da interferenze, suggestioni e scardinamenti temporali.

Complicità

Il percorso si apre con la complicità, ovvero con la dialettica tra collezionista e artista che si esplicita attraverso una serie di "ritratti - dediche" che coinvolgono Ernesto Esposito in un'immagine conturbante e ambigua di Helmut Newton o Paolo Consolandi, insieme alla sua famiglia, immortalato da Thomas Struth. Se Patrizia Sandretto Re Rebaudengo è ritratta in piedi con un gioiello americano degli anni cinquanta da Clegg & Guttmann, ecco una particolare elaborazione della poltrona Proust di Alessandro Mendini su cui appare il volto di Giuliano Gori accanto a un albero meccanico. C'è, poi, la superficie specchiante di Michelangelo Pistoletto con l'immagine serigrafata di Giovanni e Chiara Flordi o il profilo di Natalina Remotti ritagliato da Eduardo Arroyo. E ancora: la scultura di Barry X Ball in lapislazzuli dedicata a Laura Mattioli, il ritratto di Giorgio Fasol dipinto in un contesto artificiosamente naturalistico da Matteo Fato, l'intima immagine fotografica della famiglia Palmigiano messa in scena da Alice Ronchi con la poesia di Giorgio Gaber o l'ironica composizione di Thorsten Kirchhoff che dispone verticalmente la famiglia Leggeri insieme al loro cane.

Domestiche alterazioni

L'ambiente della casa e tutto ciò che ad essa è collegata, dall'arredamento al cibo, subisce una profonda trasformazione con effetti ironici e paradossali. Il percorso coinvolge la Torre di torrone di Aldo Mondino, i secchi per pavimento di Wim Delvoye conservati come gioielli preziosi, gli abiti in lattice di Giulia Piscitelli. Ma anche la Sedia antropomorfa su cui compare la bandiera italiana di Armando Testa, o il leopardo che passeggia su centinaia di tazze di cappuccino nell'immagine fotografica di Paola Pivi. Gli scovolini per la polvere di Pino Pascali dai colori psichedelici, infine, si trasformano in bachi da setola reinventando l'immaginario attraverso il vero.

Rovesciare il Mondo

Il titolo prende spunto da un'opera di Lara Favaretto (Mondo alla rovescia) sul tempo sospeso ma si estende a questioni sociali e politiche di fondamentale importanza che spaziano dal cambiamento climatico con l'orso ibridato di Katja Novitskova alla barca dei migranti di Sislej Xhafa formata da migliaia di scarpe, sino alla celebre performance di Marina Abramović realizzata in occasione della Biennale di Venezia del 1997 (in mostra viene esposta una grande immagine fotografica di quell'evento), dove l'artista denuncia, attraverso un rituale di purificazione, gli orrori che sono stati commessi durante la guerra nei Balcani.

Enigma

Il mistero insondabile è il filo rosso che lega la ricerca dei collezionisti e l'indagine degli artisti. Accanto alla relazione tra Giorgio de Chirico e Giulio Paolini, in questo ambito compaiono le alchemiche testimonianze pittoriche di Gino De Dominicis, così come Oggetti a scomparsa totale di Emilio Prini, i percorsi concettuali di Joseph Kosuth o le "icone" luminose di Dan Flavin. Tutto ciò passa attraverso una serie di altre testimonianze emblematiche come l'omaggio di Francesco Clemente al filosofo Michel Foucault, la ricostruzione dell'universo cosmogonico e mitologico di Matthew Barney o lo spazio metafisico che caratterizza le due grandi sculture di Anish Kapoor. Fa parte dell'enigma anche il puzzle tridimensionale di Ahmet Ögüt dove i personaggi a grandezza naturale possono essere spostati dagli spettatori a loro piacimento.

L'altro visto da sé

“Ciò che conta per noi è di far la prova della nostra esistenza” scrive Jean Baudrillard nel pamphlet che dà il nome a questa sezione dove i destini degli artisti e dei collezionisti s'incrociano in una serie di lavori che vanno oltre la semplice rappresentazione. Da Cindy Sherman a Luigi Ontani passando attraverso Barbara Kruger, Zhang Huan e Bill Viola, si va incontro ad un’indagine sul soggetto e la sua ridefinizione. Se Sarah Lucas gioca con la sparizione della figura, i ricami di Francesco Vezzoli mettono in scena, con malinconia, le dive hollywoodiane. Insieme alle figure ritagliate e anonime di Mario Ceroli che s'incrociano sulla scala, Maurizio Cattelan propone in La rivoluzione siamo noi il suo ritratto appeso a un gancio con gli abiti di feltro di Joseph Beuys in un'installazione emblematica.

Controllare il caos

La sezione propone modelli linguistici differenti che hanno come elemento unificante quello di esprimere l'energia vitalistica insita nella materia attraverso un'azione che, di volta in volta, può essere differente. Se Daniel Buren, attraverso uno strumento visivo ripetuto, libera l'immaginazione di chi osserva, Lucio Fontana oltrepassa i limiti della pittura in una tensione continua verso l'infinito. Controllare il caos, poi, presenta istanze razionaliste non prive di una componente paradossale (Sol LeWitt, Fabrizio Plessi, Piero Fogliati, Tatsuo Miyajima), accanto a procedimenti di carattere emotivo; l'horror vacui attraversa le opere di Keith Haring, Ellen Gallagaher, Ben e Damien Hirst, mentre il rapporto costante con la materia fisica delinea l'indagine di Jannis Kounellis e Tony Cragg. Mario Merz, infine, ne I giganti boscaiuoli, un'opera di oltre cinque metri, ricerca i principi archetipali che regolano l'universo.

Esplorazioni

Un giardino aereo di Tomás Saraceno con 60 “cuscini” aerostatici disposti sullo scalone centrale dello Spazio XNL, danno il benvenuto agli spettatori nell'ambito di un percorso che rappresenta un ulteriore elemento d'intersezione tra la ricerca dei collezionisti e quella degli artisti. Il viaggio, in base al titolo della lirica scultura di Fausto Melotti, ma anche il Nido cosmico, come lo definisce Nicola De Maria o Propagazione, l'installazione site specific realizzata da Giuseppe Penone appositamente per la mostra, propone una serie di riflessioni sul nostro "stare al mondo" con opere che spaziano dai mappamondi di Roberto Cuoghi e Mona Hatoum, passando attraverso il prototipo della Mercedes rielaborata da Tobias Rehberger o il veicolo antifunzionalista di Gianni Piacentino. In questo ampio itinerario compare anche un arazzo di William Kentridge con un misterioso cavaliere che viaggia verso la terra promessa, due immagini del Vesuvio di Andy Warhol e i paesaggi fotografici dipinti da Gerhard Richter. Insieme a Luciano Fabro e a Piero Gilardi, infine, fa la sua comparsa Entrare nell'opera di Giovanni Anselmo, un inno alla libertà dove l'artista sembra condurre il visitatore in un prato sterminato.

Spazi di Monocromia

L’ultima sezione si sviluppa attraverso una fondamentale serie di lavori sulla monocromia proposti nella sede della Galleria Ricci Oddi. Intorno a uno dei temi maggiormente indagati del ‘900, si crea una dialettica con la raccolta permanente realizzata dal collezionista piacentino con particolare riferimento alle sculture di Medardo Rosso. La ricerca passa attraverso le opere di Piero Manzoni, Enrico Castellani, Mario Schifano, Fabio Mauri, Gregor Schneider ed Ettore Spalletti a cui si aggiungono le digressioni di Wolfgang Laib, Domenico Bianchi, Marco Bagnoli e Remo Salvadori. Una monocromia che diventa sfida per gli artisti dell'ultima generazione con i lavori illusionistici, tra bidimensionalità e tridimensionalità, di Wyatt Kahn, l'installazione di manifesti rovesciati proposta da Stefano Arienti, i granelli di smog che creano una superficie uniforme ne Le ceneri di Milano di Luca Vitone a cui si aggiunge Pietro Roccasalva con un neon che si estende nello spazio per quasi sette metri in omaggio a Lucio Fontana. La componente classica dell’indagine emerge, poi, dalla scultura in marmo nero di Carrara dell’artista americano Barry X Ball e dalla fotografia di Mimmo Jodice che ripropone la memoria del passato attraverso il frammento di una testa ritrovata a Ercolano. Sul marmo bianco di Alberto Garutti, poi, compare la scritta "tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora" che potrebbe essere considerato come un messaggio rivolto ai collezionisti.  

Il catalogo pubblicato in edizione bilingue (italiano e inglese) da Silvana Editoriale, si presenta come una monografia sul mondo del collezionismo. Accanto a tutte le opere esposte e a un saggio del curatore Alberto Fiz, il volume contiene una serie d'interventi di Milovan Farronato, Elio Grazioli, Giorgio Milani, Elena Pontiggia, Stefano Salis, Marco Senaldi, Alessia Zorloni. Insieme alle testimonianze di Laura Mattioli, Claudio Palmigiano e Gemma Testa, vengono pubblicate, a cura di Eugenio Gazzola, le interviste a tutti i collezionisti presenti in mostra.

La mostra è parte del programma di Piacenza 2020, il ricco calendario di eventi culturali, promosso dal Comune di Piacenza, dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, dalla Diocesi Piacenza-Bobbio, dalla Camera di Commercio di Piacenza, in linea con il tema scelto: “Crocevia di culture”.

Piacenza, dicembre 2019



LA RIVOLUZIONE SIAMO NOI. Collezionismo italiano contemporaneo

Piacenza, XNL PIACENZA CONTEMPORANEA (via Santa Franca, 36) | Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi (via San Siro, 13)

1° febbraio – 24 maggio 2020

Inaugurazione: venerdì 31 gennaio 2020 ore 18

Orari: dal martedì alla domenica, 10.00-19.00; lunedì chiuso

Biglietti (consente l’ingresso alle due sedi, XNL Piacenza Contemporanea e alla Galleria Ricci Oddi): intero: €12,00; ridotto: €10,00 (visitatori con un’età compresa tra gli 11 e i 18 anni o con più di 65 anni; militari muniti di tessera; soci Touring Club, FAI, ACI, ARCI, Associazione Dimore storiche, Italia Nostra; studenti universitari (anche della terza età); ridotto scuole: € 6,00.

Informazioni: tel. 0523.311111; 02.36755700; info@lafondazione.com

Catalogo: Silvana Editoriale

Works di Helmut Newton alla GAM di Torino



Dal prossimo 30 Gennaio la GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino proporrà una ampia retrospettiva sul lavoro fotografico di Helmut Newton.

"Works" è il titolo dell'esposizione, ideata da Matthias Harder, curatore della Helmut Newton Foundation di Berlino e promossa da Fondazione Torino Musei e prodotta da Civita Mostre e Musei con la collaborazione della Helmut Newton Foundation di Berlino.

Sono state selezionato 68 fotografie con lo scopo di presentare una panoramica, la più ampia possibile, della lunga carriera del grande fotografo che sin dagli inizi non ha mai smesso di stupire e far scalpore per i suoi concetti visivi veramente unici. Il risultato è un insieme di opere non solo particolarmente personali e di successo, ma che hanno raggiunto un pubblico di milioni di persone anche grazie alle riviste e ai libri in cui sono apparse, e alle mostre delle sue foto.

Nel percorso di mostra, che durerà fino al 3 Maggio, si spazia dagli anni Settanta con le numerose copertine per Vogue, sino all’opera più tarda con il bellissimo ritratto di Leni Riefenstahl del 2000, offrendo la possibilità ai visitatori di comprendere fino in fondo il suo lavoro come mai prima d’ora.

Quattro sezioni che rendono visibile come in questo lungo arco di tempo, Newton abbia realizzato alcuni degli scatti più potenti e innovativi del suo tempo. Numerosi ritratti a personaggi famosi del Novecento, tra i quali Andy Warhol (1974), Gianni Agnelli (1997), Paloma Picasso (1983), Catherine Deneuve (1976), Anita Ekberg (1988), Claudia Schiffer (1992) e Gianfranco Ferré (1996). Delle importanti campagne fotografiche di moda, invece, sono esposti alcuni servizi realizzati per Mario Valentino e per Thierry Mugler nel 1998, oltre a una serie di importanti fotografie, ormai iconiche, per le più importanti riviste di moda internazionali.

Il chiaro senso estetico di Newton pervade tutti gli ambiti della sua opera, oltre alla moda, anche nella ritrattistica e nella fotografia di nudi. Al centro di tutto le donne, ma l’interazione tra uomini e donne è un altro motivo frequente della sua opera.

Helmut Newton morì improvvisamente il 23 gennaio 2004 a Los Angeles, prima di poter assistere alla completa realizzazione della Fondazione a lui dedicata.
Helmut Newton Works è il titolo del grande volume edito da Taschen che comprende anche le foto esposte in mostra e ne rappresenta idealmente il catalogo.



27/01/20

Arriva l'Italia


Dal 20 Febbraio al 20 Maggio Camera Torino ospita una selezione di scatti fotografici sull'Italia dalla Collezione Bertero, un fantastico archivio che documenta l'evoluzione del nostro paese. 


Comunicato Stampa
Con Memoria e passione. Da Capa a Ghirri. Capolavori dalla Collezione Bertero, dal 20 febbraio al 10 maggio 2020, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia si anima attraverso le storie e i racconti celati nelle immagini più significative della Collezione Bertero, raccolta unica in Italia per originalità dell’impostazione e qualità delle fotografie presenti.


Tra le oltre duemila immagini che compongono la collezione, i curatori ne hanno scelte più di duecento, realizzate da circa cinquanta autori provenienti da tutto il mondo: tra i tanti, spiccano i nomi di Bruno Barbey, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Robert Capa, Lisetta Carmi, Henri Cartier-Bresson, Mario Cattaneo, Carla Cerati, Mario Cresci, Mario De Biasi, Mario Dondero, Alfred Eisenstaedt, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Jan Groover, Mimmo Jodice, William Klein, Herbert List, Duane Michals, Ugo Mulas, Ruth Orkin, Federico Patellani, Ferdinando Scianna, Franco Vimercati e Michele Zaza.

Curata da Walter Guadagnini, direttore di CAMERA, con la collaborazione di Barbara Bergaglio e Monica Poggi, la mostra racconta il nostro passato e le radici del nostro presente, oltre all’evoluzione della fotografia italiana e internazionale di un intero trentennio.

Nelle sale di CAMERA, la Storia diventa lo sfondo su cui si sviluppano innumerevoli storie, che ci parlano di un Paese e di tanti paesi. I protagonisti sono contadini, preti, famiglie, nobildonne, militari, bambini e soprattutto i fotografi che, con gli accenti e le lingue più disparate, hanno impresso su pellicola il ricordo di queste vicende. I maestri della fotografia italiana e mondiale hanno realizzato un racconto che nasce nell’Italia appena liberata dal fascismo, dove, nonostante le macerie e la povertà, si avverte intensamente la voglia di scendere in strada, di ballare e di utilizzare gli angoli remoti della natura per fare l’amore invece che per nascondersi dal nemico.
Fra le numerose opere in mostra ci sono alcuni degli scatti più riconoscibili di questo periodo, capolavori che hanno fatto la storia della fotografia internazionale come «La strada per Palermo», realizzata da Robert Capa nel 1943, «American girl in Italy, Firenze» di Ruth Orkin del 1951, e il reportage dedicato all’Italia da Henri Cartier-Bresson nel 1952. Tante sono le opere che hanno segnato in maniera decisiva l’evoluzione della fotografia italiana, autentiche pietre miliari ormai conosciute in tutto il mondo come «Gli italiani si voltano» (1954) di Mario De Biasi, dove un gruppo di uomini ammira la bellezza di Moira Orfei che passeggia per le strade di Milano; i due amanti appartati fra le dune di un lido veneziano, scovati da Gianni Berengo Gardin nel 1958; «Palermo, via S. Agostino» (1960) di Enzo Sellerio, che ritrae una coppia di bambini trasportare due sedie sopra la testa; gli iconici seminaristi che giocano nella neve, ritratti da Mario Giacomelli nel 1961; la serie «Mondo Cocktail», realizzata da Carla Cerati all’inizio degli anni Settanta durante le inaugurazioni di gallerie d’arte e negozi della Milano bene.


Nonostante il nucleo più numeroso della collezione sia costituito da fotografi del periodo neorealista, la scelta di Bertero è stata di ampie vedute. La raccolta, infatti, comprende racconti di decenni successivi che hanno contribuito alla nascita di un nuovo modo di intendere l’immagine, distaccandosi progressivamente da una vocazione documentaria per diventare via via sempre più concettuali. In mostra quindi anche le celebri «Verifiche» (1969-72) di Ugo Mulas, attraverso cui il fotografo ha indagato e scardinato alcuni dogmi del linguaggio fotografico; il fondamentale viaggio che Luigi Ghirri compie nel 1973 attraverso gli stati, i deserti, gli oceani e le galassie sfogliando le pagine di un atlante; i «Ritratti di fabbriche» (1978-80) di Gabriele Basilico, dove le mutazioni del panorama industriale milanese diventano pretesto attraverso cui capire la complessità della nostra epoca; la cultura millenaria mediterranea riletta, a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, attraverso la forza espressiva delle immagini di Mimmo Jodice, solo per citare alcune ricerche particolarmente iconiche di questa preziosa collezione.

Questa mostra, tuttavia, è anche – e soprattutto – la storia di un collezionista, Guido Bertero, che, a partire dalla fine degli anni Novanta ad oggi, ha raccolto circa duemila stampe. Una collezione nata quasi per caso a Torino, città nella quale Bertero vive da sempre, nel 1998 durante una visita ad Artissima, dove l’allora collezionista di arte antica e contemporanea si imbatte in due fotografie dell’artista americana Jan Groover, che decide di acquistare per le figlie. Nel giro di qualche mese le occasioni di contatto con questo linguaggio si moltiplicano, ma è da una proposta di finanziamento ad un’edizione di “Photo Espana” dedicata al Neorealismo italiano che si concretizza l’idea di costruire una vera e propria collezione. Un periodo di continui viaggi lungo tutta la penisola per conoscere e acquistare le opere di decine di fotografi che da lì a poco verranno esposti nella prima grande mostra a Cagliari, poi in Spagna, a Monaco e Winterthur. Un’esperienza ricordata con entusiasmo nonostante le numerose difficoltà, dovute soprattutto alla volontà e alla lungimiranza di reperire stampe vintage in un periodo in cui ancora la consapevolezza sul valore artistico dell’immagine fotografica era debole. Grazie anche a questa determinazione la collezione è oggi un punto di riferimento imprescindibile per lo studio della fotografia italiana del dopoguerra, tanto che dallo scorso anno, a seguito di un’importante donazione fatta da Bertero al Metropolitan Museum of Art di New York, una ricca selezione del suo patrimonio sta attraversando gli Stati Uniti in una mostra itinerante sul Neorealismo che ha già coinvolto New York, San Francisco e Reno.
Una raccolta ricca ed eterogenea, nata da una passione personale che viene in quest’occasione esposta grazie alla volontà di Guido Bertero di condividere il suo patrimonio con il pubblico, in un’ottica di estrema apertura e volontà di diffondere la conoscenza per questo linguaggio che da sempre lo contraddistingue.
La mostra è accompagnata da un volume edito da Umberto Allemandi editore introdotto da Walter Guadagnini. Oltre la riproduzione di più di 250 immagini, all’interno del volume sarà possibile ripercorrere queste vicende attraverso il dialogo fra collezionista e curatore.
L’attività di CAMERA è realizzata grazie a Intesa Sanpaolo, Lavazza, Eni, Reda, in particolare la programmazione espositiva e culturale è sostenuta dalla Compagnia di San Paolo.
INFORMAZIONI
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia

Via delle Rosine 18, 10123 – Torino 
www.camera.to |camera@camera.to

Facebook/ @CameraTorino

Instagram/ @camera_torino
Twitter/@Camera_Torino #CAMERAtorino

Un camino di bellezza



Nel Salone delle Guardie Svizzere del Palazzo Reale di Torino è in corso il lavoro di restauro, a cura di Palazzetti, del meraviglioso camino monumentale del 1661, realizzato in marmi policromi e pietre dure, con una struttura nobilitata da colonne binate, putti barocchi di Bernardino Quadri e busti antichi di imperatori romani, in marmo bianco di Carrara.

L’attività di restauro è attenta ai numerosi interventi eseguiti in passato che richiedono una completa revisione ed in molti casi il ripristino dell’operazione, di consolidamento o rifinitura. In sintesi l’intervento prevede:

– La verifica e laddove necessario il preconsolidamento degli elementi lapidei;
– Il riposizionamento e fissaggio delle parti distaccate ed instabili;
– La pulitura dei depositi superficiali;
– L’asporto degli strati protettivi e cerature apposte in passato;
– La rimozione dei depositi incoerenti ed incrostazioni;
– La rimozione delle ridipinture localizzate ad imitazione del marmo in corrispondenza di rifacimenti; – L’asporto delle stuccature inidonee, debordanti e non più funzionali;
– La stuccatura di lacune e fenditure, la ristilatura delle giunzioni tra elementi;
– La reintegrazione pittorica ed adeguamento cromatico di eventuali aloni residui;
– L’applicazione del protettivo finale.

E’ possibile seguire i lavori grazie ad una postazione live al link   https://palazzetti.it/azienda/la-cornice-del-tempo/    


26/01/20

Massimo Vitali al MEF di Torino






La mostra si articola in circa 30 opere scelte in venticinque anni di produzione dell’artista. Il percorso espositivo non scandito in ordine cronologico è, a tutti gli effetti, una sorta di mostra antologica.

Per chi conosce l’opera di Vitali sarà importante ritrovare le spiagge italiane assolate e gremite di gente in vacanza (1995), ma sarà anche una sorpresa vedere, per la prima volta in assoluto, gli scatti dei concerti di Jovanotti nel suo ultimo tour italiano del 2019.

L’opera di Massimo Vitali attinge esteticamente alla storia dell’arte e non solo a quella della fotografia. Italiano d’origine, anglosassone di formazione e con una visione internazionale e attenta all’evolversi della ricerca d’avanguardia a cavallo tra il secolo scorso e quello attuale, l’artista appare come un fotografo incline a non lasciare tracce nelle sue opere di momenti legati a fatti storici identificabili. Il suo mondo estremamente raggelato e cristallizzato, appare come sospeso in un fermo immagine cinematografico. Non vi sono mai dettagli identificabili con fatti storici attuali, se non per i titoli che, talvolta, rimandano a raduni affollati o a serate di divertimento in discoteca.



La sua opera appare come conseguente a un periodo “illuminista”, dove vengono registrati luoghi che, al di là del loro interesse geografico, paesaggistico o atmosferico, sono immortalati per ciò che sono e “catturati” da un occhio algido e preciso per quantità di dettagli e particolari illustrati fino al parossismo. Le costruzioni vengono restituite in tutta la loro identità e fisicità architettonica; le montagne sono riprese, per quanto impossibile, fino all’ultima roccia e lichene; le spiagge e le dune di sabbia, ammorbidite dai riflessi e dalle ombre percepibili fino all’orizzonte. Come Canaletto e molta della pittura settecentesca, il suo occhio capta ogni minimo dettaglio e lo trasferisce sulla carta fotografica in modo realistico e analitico.

L’atmosfera – per intenderci quella leonardesca dello sfumato e della percezione spaziale della nebulizzazione nell’aria dell’acqua e della polvere – è inesistente nelle sue fotografie. Tutto è definito. Come in Canaletto le figurine poi recitano parti di una commedia scritta in modo corale, le persone appaiono come dirette da un regista fuori scena e obbediscono a dettami predefiniti anche se in modo ovviamente inconscio. 

Tutto è proiettato su uno schermo in cui i protagonisti recitano, come attori istruiti, parti a loro destinate dai fatti contingenti. I titoli delle opere tendono a confondere lo spettatore come se l’artista avesse destinato, alle persone ritratte, parti precise e ruoli da primo attore.

In opere come De Haan Kiss (2001), in cui due ragazzi in primo piano si scambiano un bacio, o in Cefalù Orange Yellow Blue (2008), dove vi sono costumi da bagno colorati, è il caso che determina il titolo dell’opera deciso in post produzione dopo un attento riesame della fotografia.



Invece, in opere come Carcavelos Pier Paddle (2016), il ragazzino – che sulla sinistra dell’opera è immortalato per sempre nel suo tuffo acrobatico, riprendendo la grande storia delle immagini sportive, dal tuffatore del notissimo affresco di epoca romana a Paestum fino al Tuffatore (1951) di Nino Migliori – non dà nessun titolo all’opera, pur avendone “pieno diritto”. Ciò non significa comunque che le opere di Vitali siano dei “d’après” ma, al contrario, sono degli originali che continuano la storia della fotografia in modo innovativo e personale.

L’opera di Vitali è – dopo oltre trent’anni di lavoro – quella di un grande autore classico, totalmente immerso nella storia dell’arte italiana e internazionale, che lo colloca fra i maggiori artisti dei nostri tempi. Due volumi antologici, editi da Steidl, documentano il lavoro dell’artista con le riproduzioni di tutte le opere esposte.


Biografia
Massimo Vitali nasce a Como nel 1944. Dopo il liceo si trasferisce a Londra dove studia fotografia al London College of Printing. All’inizio degli anni Sessanta inizia a lavorare come fotoreporter e collabora con diverse riviste e agenzie in Italia e in Europa anche grazie all’amicizia con Simon Guttmann, fondatore dell’agenzia Report. Nei primi Ottanta la sua attenzione si sposta sulla fotografia d’arte. In questo periodo inizia a lavorare anche per il cinema e la televisione. Dal 1995 si dedica alla fotografia come ricerca artistica, iniziando la serie delle “Spiagge” sviluppata quale strumento originale per ritrarre il mondo. Viene subito riconosciuto e apprezzato internazionalmente per le sue opere dal formato extra-large di spiagge, discoteche e spazi pubblici in genere, dove individui anonimi vengono ritratti nel loro tempo libero. Sue opere sono presenti in numerose collezioni private come al Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, al Museo Pecci di Prato, al Guggenheim di New York, al Museum of Contemporary Art di Denver, al Centre Pompidou e alla Fondation Cartier di Parigi e in numerosi altri musei in Europa e negli Stati Uniti. La sua abilità nel mostrare paesaggi e masse di gente con dettagli narrativi e formali a volte esaltati da sfondi quasi impalpabili, fa classificare i suoi lavori come “paesaggi umani contemporanei”. 


Massimo Vitali. Costellazioni umane
a cura di Andrea Busto
da mercoledì 26 febbraio a domenica 5 luglio 2020
da mercoledì a domenica dalle 11 alle 19
catalogo: Steidl Verlag
mostra realizzata in collaborazione con:
Mazzoleni, London – Torino