Translate

Visualizzazione post con etichetta Fondazione Prada. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fondazione Prada. Mostra tutti i post

14/07/25

Alejandro G. Iñárritu quest'autunno alla Fondazione Prada di Milano



 L'autunno alla Fondazione Prada sarà concentrato sull'evento  “Sueño Perro: A Film Installation by Alejandro G. Iñárritu”, una mostra multisensoriale nata nell’intersezione tra cinema e arti visive e concepita dal regista messicano premio Oscar Alejandro G. Iñárritu. In occasione del venticinquesimo anniversario del suo leggendario film d’esordio Amores Perros (2000), “Sueño Perro” sarà rivelata per la prima volta alla Fondazione Prada a Milano dal 18 settembre 2025 al 26 febbraio 2026 (anteprima stampa mercoledì, 17 settembre) e successivamente in altre importanti istituzioni internazionali, tra le quali LagoAlgo a Città del Messico dal 5 ottobre 2025 al 4 gennaio 2026 e The Los Angeles County Museum of Art (LACMA) nella primavera del 2026. 

“Sueño Perro” segna la terza collaborazione tra Fondazione Prada e Iñárritu che ha ideato la rassegna cinematografica “Flesh, Mind and Spirit” a Seul (2009) e Milano (2016), e l’installazione sperimentale di realtà virtuale “CARNE y ARENA” a Milano (2017), inclusa nella selezione ufficiale del Festival di Cannes 2017 e premiata con un Oscar speciale dal Board of Governors of the Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Come sostiene Miuccia Prada, Presidente e Direttrice di Fondazione Prada, “con questo progetto vogliamo aprire nuove prospettive sul suo lavoro e su un film che, sin dagli esordi, ha unito la forza del realismo alla densità del simbolismo. A venticinque anni dalla sua uscita, Amores Perros continua a parlare al presente e a restituire, con potenza visiva ed emotiva, tutta la complessità del mondo in cui viviamo.” 

“Sueño Perro” rivela girati inediti che raccontano i temi universali di Amores Perros come l’amore, il tradimento e la violenza. Queste crude sequenze, all’epoca tagliate in fase di montaggio e conservate per un quarto di secolo negli archivi cinematografici dell’Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), catturano le intense e interconnesse realtà sociopolitiche di Città del Messico, ancora oggi estremamente attuali. Partendo dalla forza grezza e dalla poesia visiva di queste immagini dimenticate, Iñárritu riscopre il loro impatto attraverso un mosaico di pellicola e suono. Al centro dell’installazione c’è una profonda venerazione per la materialità del 35mm che con la sua grana, lo sfarfallio e il calore evoca un profondo senso di nostalgia. 

Come afferma Iñárritu, “Durante la fase di editing di Amores Perros oltre trecento chilometri di pellicola sono stati tagliati e lasciati sul pavimento della sala di montaggio. Queste immagini cariche di intensità che corrispondono a sedici milioni di fotogrammi sono rimaste sepolte negli archivi cinematografici dell’UNAM per venticinque anni. In occasione dell’anniversario del film ho sentito il dovere di riscoprire e riesplorare questi frammenti abbandonati, con la loro grana e i fantasmi di celluloide che contengono. Spogliata di ogni narrazione, questa installazione non è un omaggio, ma una resurrezione: un invito a percepire ciò che non è mai stato. È come incontrare un vecchio amico che non abbiamo mai visto prima”. 

Il pubblico attraverserà un labirinto semibuio, illuminato da proiettori analogici 35mm che diffonderanno un flusso continuo di frammenti di Amores Perros assemblati per la prima volta. Un paesaggio sonoro, concepito appositamente per l’installazione, sarà diffuso in tutto lo spazio creando un’atmosfera onirica. Ciak, graffi sulla pellicola e lampi di luce tra bobine interromperanno lo scorrere delle immagini, ricordando la ruvida fisicità del supporto. Nell’era dell’intelligenza artificiale e dell’iperdigitalizzazione, Iñárritu invita il pubblico a entrare in un luogo della memoria tattile, analogico e creato dall’essere umano, in cui il passato “lampeggia” senza farsi afferrare. 

L’installazione di Iñárritu sarà allestita al piano terra del Podium, il principale spazio espositivo della sede milanese di Fondazione Prada. Al primo piano dell’edificio prenderà forma un allestimento visivo e sonoro concepito appositamente per “Sueño Perro” dallo scrittore e giornalista messicano Juan Villoro. Questa parte della mostra dal titolo “Mexico 2000: The Moment that exploded” offrirà un secondo livello narrativo partendo da una diversa prospettiva. Una traccia audio e un’ampia raccolta di ritagli di giornale e fotografie documentaristiche di autori come Graciela Iturbide, Pedro Meyer, Paolo Gasparini ed Eugenio Metinides, selezionate da Pablo Ortiz Monasterio, trasporteranno il pubblico nel contesto culturale, sociale e politico della caotica e intensa Città del Messico all’inizio del nuovo millennio.

30/05/25

Diagrammi da forme a sostanze alla Fondazione Prada di Venezia


 Immagine della mostra “Diagrams: A Project by AMO/OMA”Fondazione Prada, VeneziaFoto: Marco CappellettiCourtesy: Fondazione Prada 

Fra le tante iniziative presentate per la Biennale di Architettura la Fondazione Prada ha realizzato “Diagrams”, un progetto espositivo concepito dallo studio AMO/OMA, fondato da Rem Koolhaas.

Questa esposizone analizza la comunicazione visiva di dati come potente dispositivo per costruire senso, comprensione o manipolazione e come strumento pervasivo per analizzare, capire e trasformare il mondo. L’obiettivo del progetto è promuovere il dialogo e la riflessione speculativa sul rapporto tra intelligenza umana, fenomeni scientifici e culturali e la creazione e diffusione della conoscenza.

Il percorso espositivo si sviluppa al piano terra e al primo piano del settecentesco palazzo Ca’ Corner della Regina e riunisce oltre 300 oggetti, tra cui documenti rari, pubblicazioni, immagini digitali e video realizzati dal XII secolo a oggi e relativi a diversi contesti culturali e geografici. Il materiale è organizzato secondo un principio tematico che riflette le urgenze del mondo contemporaneo e testimonia la natura trasversale e diacronica dei diagrammi.

Il progetto si basa su un’approfondita ricerca condotta da Fondazione Prada in collaborazione con Rem Koolhaas e Giulio Margheri, architetto associato di OMA, e con la consulenza di Sietske Fransen, Max Planck Research Group Leader, Bibliotheca Hertziana – Max Planck Institute for Art History.


Immagine della mostra “Diagrams: A Project by AMO/OMA”Fondazione Prada, VeneziaFoto: Marco CappellettiCourtesy: Fondazione Prada 


Come afferma Rem Koolhaas, “Dal mio punto di vista il diagramma è uno strumento che esiste da sempre. Per esempio, nelle prime fasi della nostra ricerca abbiamo trovato diagrammi tridimensionali realizzati in Sudafrica intorno al 40.000 a.C. e mappe della costa della Groenlandia intagliate nel legno sull’isola di Ammassalik. Questo dimostra che è una forma durevole di comunicazione che si adatta a qualunque medium esista in un dato momento. E a prescindere dal medium, il diagramma assolve sempre funzioni didattiche (spiegazione) o suggestive (persuasione). In questo senso, non solo esiste di default in qualunque nuovo medium, ma è applicabile a qualunque ambito della vita umana: la moda, la religione, come anche la storia delle diseguaglianze sociali possono essere tutte interpretate in forma di diagramma. Apprezzo profondamente questa interdisciplinarità del diagramma, il suo attributo invariabile ovvero il fatto di essere indipendente dal linguaggio (le parole) lo rende una delle forme più efficaci di rappresentazione”.

Il percorso espositivo, ideato da AMO/OMA secondo il principio delle “urgenze contemporanee”, è strutturato in base a nove temi principali: Ambiente costruito, Salute, Disuguaglianza, Migrazione, Ambiente naturale, Risorse, Guerra, Verità e Valore. Ciascun tema è documentato all’interno di una serie di vetrine disposte parallelamente nella sala centrale del primo piano dell’edificio. Ogni “urgenza” è inoltre approfondita in una stanza laterale, in cui diverse modalità espositive presentano alcuni sottotemi o il lavoro di un autore specifico. Questa indagine complessa e stratificata è introdotta al piano terra da un display realizzato da AMO/OMA, che si potrebbe definire come un diagramma della stessa mostra sui diagrammi. Questo meta diagramma svela i metodi di ricerca e di esposizione in tutta la loro trasparenza e accuratezza.

In occasione della mostra “Diagrams”, Fondazione Prada pubblica un libro illustrato progettato graficamente da Irma Boom. Il volume include un’introduzione di Miuccia Prada, Presidente e Direttrice di Fondazione Prada, una conversazione tra Rem Koolhaas e Katya Inozemtseva e nove saggi di studiosi e designer internazionali come Alberto Cairo, Kate Crawford, Theo Deutinger, Sietske Fransen, Scott Reinhard, Philippe Rekacewicz, Sandra Rendgen, Malkit Shoshan e Kohei Sugiura.


Immagine della mostra “Diagrams: A Project by AMO/OMA”Fondazione Prada, VeneziaFoto: Marco CappellettiCourtesy: Fondazione Prada 

02/02/25

Prossimamente Fondazione Prada, fra Milano, Venezia, Shanghai e Torkyo




Nei giorni scorsi la Fondazione Prada ha annunciato il ricchissimo programma delle principali attività per i prossimi mesi, fino all’inizio del 2026 nelle tre sedi permanenti a Milano e Venezia e negli spazi esterni di Shanghai e Tokyo. Attraverso lo sviluppo di un’ampia rete di artisti, curatori, registi, architetti, musicisti e studiosi, Fondazione Prada vuole rivolgersi a un pubblico internazionale e plurale. L’impegno si concentra sulla ricerca di modalità inedite e attrattive per esplorare nuove idee nel campo della cultura e affrontare le sfide intellettuali oltre i confini delle specifiche discipline.


Come afferma Miuccia Prada, Presidente e Direttrice di Fondazione Prada: “anche nei mesi futuri la nostra istituzione proverà ad agire come un osservatorio sulle trasformazioni dell’attuale panorama sociale e culturale, coinvolgendo artisti e intellettuali di generazioni differenti e provenienti da contesti eterogenei per aiutarci a riflettere sui temi più urgenti della contemporaneità attraverso una molteplicità di prospettive e, quindi, a pensare in modo più profondo”.



Da gennaio 2025 Fondazione Prada proporrà una pluralità di formati espositivi e di iniziative culturali che derivano da un continuo processo di ricerca. Il programma includerà mostre tematiche ed esposizioni personali dedicate a rilevanti figure artistiche, progetti speciali concepiti da registi, programmi musicali e performance dal vivo, un intenso calendario di proiezioni al Cinema Godard accompagnate da incontri, oltre alle continue attività in campo editoriale ed educativo.

“A Kind of Language: Storyboards and Other Renderings for Cinema”
Osservatorio Fondazione Prada, Milano
30 gennaio – 8 settembre 2025

“Mirroring: Lucio Fontana and Michelangelo Pistoletto”
Prada Rong Zhai, Shanghai
20 marzo –15 giugno 2025

“Typologien”
Fondazione Prada, Milano
3 aprile –14 luglio 2025

“NADA: Thierry de Cordier”
Fondazione Prada, Milano
3 aprile – 29 settembre 2025

“Satellites: Nicolas Winding Refn with Hideo Kojima”
Prada Aoyama Tokyo
18 aprile – 25 agosto 2025

Live performance di Laraaji
Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, Milano
23 aprile 2025

AMO/OMA – Rem Koolhaas
Fondazione Prada, Venezia
10 maggio – 24 novembre 2025

Alejandro González Iñárritu
Fondazione Prada, Milano
18 settembre 2025 – 26 febbraio 2026

“A Kind of Language: Storyboards and Other Renderings for Cinema”
Prada Rong Zhai, Shanghai
4 novembre 2025 – 2 febbraio 2026

“Riccardo Muti Italian Opera Academy”
Fondazione Prada, Milano
18 – 30 novembre 2025

Hito Steyerl
Osservatorio Fondazione Prada, Milano
4 dicembre 2025 – 30 ottobre 2026

Live performance di Kali Malone
Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, Milano
10 dicembre 2025

Mona Hatoum
Fondazione Prada, Milano
gennaio – settembre 2026

17/05/23

Ripensare le cere anatomiche

 


Questo nuovo progetto della Fondazione Prada porta avanti il tema del corpo, dopo la grande iniziativa di Human Brains che con questa iniziativa guarda più alla dimensione fisica "interiore" che al contenuto "intellettivo". Una sensazione che sta in equilibrio fra stupore e terrore, soprattutto quando si entra nel rondò al piano terra davanti all’intervento video di David Cronenberg si ha un soprassalto, che poi ci rilassa in una chiave quasi ironica. 

Al piano superiore l’esposizione ideata nelle rarefatte e ombrose sale della Fondazione Prada pone la meravigliosa raccolta di cere anatomiche e disegni provenienti dalla Specola, parte del Museo di Storia Naturale e del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Firenze, in una nuova luce che, il noto regista  candese, sa valorizza in una chiave molto inquietante e raffinata.



Come sempre la Fondazione si offre nella sua meravigliosa proposta di alto livello qualitativo anche se in certe aree qualche pannello esplicativo in più sarebbe stato utile come ad esempio per le opere della torre dorata, di cui sicuramente molti conoscono i nomi degli artisti, ma non forse così bene da collocare nel loro giusto significato le opere esposte, anche un pratico e poco invasivo code QR sarebbe utile.


10/01/23

Riciclare bellezza alla Fondazione Prada di Milano


Fra e tante mostre in corso a Milano sicuramente questa è una di quelle da non perdere. La mostra "Recycling Beauty" in corso alla Fondazione Prada è una stupenda occasione di culturale e bellezza. 


Il progetto curato da Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica, riflette sul patrimonio antico attraverso un innovativo approccio interpretativo e una modalità espositiva sperimentale.


L'idea allestitiva è di Rem Koolhaas che usa il materiale tecnico come supporto per le opere presenti, in una ironica duplicazione dell'idea del riciclo.  Il percorso è molto emozionate e pieno di stimoli.




La mostra è un’inedita ricognizione dedicata al tema del riuso di antichità greche e romane in contesti post-antichi, dal Medioevo al Barocco, ed evidenzia come l'approccio alle opere muta col passare del tempo, per importante, per estetica e per valore tecnico. Così nel tempo opere storiche diventano rovine e poi ritornano, con altre letture e rappresentazioni, opere contemporanee. 


L’allestimento intende marcare il grande valore artistico e storico delle opere presentate, ma anche dimostrare come queste siano il prodotto di migrazioni, trasformazioni ed evoluzioni di senso. Evidenziando l’importanza dei frammenti, del riuso e dell'interpretazione, il progetto espositivo contribuisce a considerare il passato come un fenomeno instabile in costante evoluzione.





Foto di Roberto Marossi Courtesy: Fondazione Prada


17/11/22

Riciclare l'arte nel tempo alla Fondazione Prada di Milano


 Oggi si apre la mostra  “Recycling Beauty”, curata di Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica, che durerà fino al 27 febbraio 2023 nella sede della Fondazione Prada a Milano.

“Recycling Beauty”, il cui progetto allestitivo è ideato da Rem Koolhaas/OMA, è un’inedita ricognizione dedicata al tema del riuso di antichità greche e romane in contesti post-antichi, dal Medioevo al Barocco.


La premessa di questa ricerca è la necessità di considerare il classico non solo come un’eredità del passato, ma come un elemento vitale in grado di incidere sul nostro presente e futuro. Attraverso un innovativo approccio interpretativo e una modalità espositiva sperimentale, il patrimonio antico, e in particolare quello greco-romano, diventa, per usare le parole di Settis, “una chiave di accesso alla molteplicità delle culture del mondo contemporaneo”.

Nonostante la sua rilevanza culturale e la sua ampia diffusione, il reimpiego di materiali antichi è stato al centro degli studi archeologici solo di recente. Solo negli ultimi anni è stato approfondito il dato essenziale di questo fenomeno, ovvero la relazione visuale e concettuale fra gli elementi antichi riusati e il contesto post-antico, lontano da quello di origine, in cui sono stati inclusi. “Recycling Beauty”, al contrario, intende focalizzare l’attenzione sul momento in cui il pezzo antico abbandona la propria condizione iniziale o di rovina e viene riattivato, acquistando nuovo senso e valore grazie al gesto del riuso.


Il progetto espositivo, concepito da Rem Koolhaas/OMA con Giulio Margheri, si sviluppa in due edifici della Fondazione, il Podium e la Cisterna, come un percorso di analisi storica, scoperta e immaginazione. Nel Podium un paesaggio di plinti bassi permette di percepire i pezzi esposti come un insieme, mentre le strutture simili a postazioni di lavoro incoraggiano un esame più ravvicinato grazie alla presenza di sedie da ufficio. Nella Cisterna i visitatori incontrano gli oggetti gradualmente, in una sequenza di spazi che facilitano l’osservazione da punti di vista alternativi. Due sale della Cisterna sono dedicate alla statua colossale di Costantino (IV sec. d.C.), una delle opere più importanti della scultura romana tardo-antica. Due monumentali frammenti marmorei, la mano e il piede destro, normalmente esposti nel cortile del Palazzo dei Conservatori a Roma, saranno accostati a una ricostruzione del Colosso in scala 1:1, mai tentata prima, che evidenzia come l’opera sia il risultato della rielaborazione di una più antica statua di culto, probabilmente di Giove. Questo progetto è il risultato di una collaborazione tra i Musei Capitolini, Fondazione Prada e Factum Foundation, la cui supervisione scientifica è stata seguita da Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali.

Evidenziando l’importanza dei frammenti, del riuso e dell’interpretazione, “Recycling Beauty” contribuisce a considerare il passato come un fenomeno instabile in costante evoluzione. La mostra ospita oltre sessanta opere d’arte altamente rappresentative provenienti da collezioni pubbliche e musei italiani e internazionali come Musée du Louvre di Parigi, Kunsthistorisches Museum di Vienna, Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, Musei Capitolini, Musei Vaticani e Galleria Borghese di Roma, Gallerie degli Uffizi di Firenze e Museo Archeologico Nazionale di Napoli.


21/04/22

Senza presenze...Fondazione Prada e il grande intervento di Elmgreen & Dragset

 

Da alcuni giorni la Fondazione Prada ospita nei suoi stupendi spazi il progetto “Useless Bodies?”, realizzato dagli artisti Elmgreen & Dragset.

L'evento si diffonde nei diversi spazi della fondazione in modo omogeneo e suggestivo, creando continui slittamenti di percezione e di idee, in cui si miscela passato, presente e forse anche il futuro. 

La mostra si sviluppa nelle diverse aree, in modo omogeneo, ma in ogni situazione si rimane spiazzati dagli assemblaggi, dall'uso dei materiale e dei contesti. 

Si percorrono così questi ambienti immersivi, i due piani del Podium, la galleria Nord, la Cisterna e il cortile esterno,  che ci accolgono con tantissimi interventi e opere storiche che dialogano con quelle contemporanee in un unicum emozionale. 

L'evento sarà visitabile fino al 22 Agosto. 









Tutte le veduta sono della mostra “Useless Bodies?” di Elmgreen & Dragset 
Fondazione Prada, Milano Foto: Andrea Rossetti  Courtesy: Fondazione Prada

06/08/21

Who’s online!


Per rendere la mostra più immersiva è stata ideata un’esperienza digitale concepita in collaborazione con l’artista Simon Fujiwara come parte integrante della propria mostra “Who the Bær”, in corso fino al 27 settembre 2021 nella sede di Milano di Fondazione Prada.

 Con questa piattaforma online Fujiwara ha ideato un tour virtuale del progetto che porta il pubblico all’interno dell’universo di Who the Bær, un originale personaggio dei cartoni animati creato dall’artista nel 2020. Utilizzando una tecnica appositamente sviluppata che presenta il percorso espositivo come un’animazione in stop-frame guidata dall’utente, i visitatori si immergono nella storia di formazione di un ors* alla ricerca di un sé autentico all’interno di un mondo di immagini.


Mentre la mostra “Who the Bær” conduce i visitatori in un gigantesco labirinto di cartone a forma di orso, l’esperienza digitale interattiva allarga ulteriormente la portata del progetto con immagini dettagliate, animazioni e interviste all’artista. Sia per chi ha già visitato la mostra sia per chi la scopre per la prima volta online, Who’s Online! è un’esperienza digitale che offre una prospettiva inedita all’interno dell’universo originale di Who the Bær.

 Scopri l’esperienza digitale di “Who the Bær” con il cellulare dal link:  who.fondazioneprada.org


17/06/21

Riapre Atlas alla Fondazione Prada di Milano


 Oggi riapre e si rinnova il percorso espositivo “Atlas” che dal 2018 riunisce una selezione di opere della Collezione Prada in sei piani della Torre. La riapertura prevede una novità, il nuovo dialogo inedito tra le opere delle artiste Goshka Macuga e Betye Saar.



Attraverso accostamenti e confronti tra lavori di diversi artisti, “Atlas” è una possibile mappatura delle idee e delle visioni che hanno guidato la formazione della collezione e le collaborazioni con gli artisti che hanno contribuito alle attività della Fondazione. Al centro del lavoro di Betye Saar (Los Angeles, 1926) si possono riconoscere alcuni elementi chiave come l’interesse per il metafisico, la rappresentazione della memoria femminile e l’identità afroamericana. “Atlas” presenta l’installazione The Alpha and The Omega (The Beginning and The End) (2013-16), un ambiente circolare che allude al viaggio iniziatico e all’esperienza della vita umana. Questa installazione è stata concepita in occasione della sua personale “Uneasy Dancer” presentata alla Fondazione Prada a Milano nel 2016.



Goshka Macuga (Varsavia, 1967) lavora con vari linguaggi come la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura e il design. Le sue opere sviluppano complessi sistemi di classificazione in grado di dare forma e tramandare la conoscenza. “Atlas” include 3 grandi arazzi dell’artista: Of what is, that it is; of what is not, that it is not 2 (2012), Make Tofu not War (2018) e From Gondwana to Endangered. Who Is the Devil Now? (2020). Il primo è stato esposto a dOCUMENTA (13) e rappresenta una riflessione sull’impatto della cultura occidentale sulla popolazione afghana. Gli altri due lavori sono parte di una serie di arazzi 3D realizzati da Macuga per rappresentare una possibile interpretazione già superata di un’immagine del futuro. 

Organizza la tua visita in anticipo acquistando online i biglietti sul sito fondazioneprada.org

12/05/21

Fondazione Prada, ferma la pittura!


Fondazione Prada - Stop Painting - Niki de Saint Phalle

Fra pochi giorni presso la Fondazione Prada di Venezia prende avvio la mostra “Stop Painting”, una concepita dall’artista Peter Fischli, che si  svolgerà dal 22 maggio al 21 novembre 2021 nel palazzo storico di Ca’ Corner della Regina.

Definito da Peter Fischli come “un caleidoscopio di gesti ripudiati”, il progetto esplora una  serie di momenti di rottura nella storia della pittura degli ultimi 150 anni, in relazione alla  comparsa di nuovi fattori sociali e valori culturali. La mostra si proietta anche nelle  dimensioni del presente e del futuro per capire se un ulteriore sviluppo di questo processo è  oggi in corso e se l'attuale rivoluzione digitale può essere all’origine di una nuova crisi della  pittura o, al contrario, può contribuire al suo rinnovamento. 

“Lo spettro che riappare continuamente per narrare la storia della fine della pittura è un  problema fantasma? E in caso affermativo, i fantasmi possono essere reali?”. Questi sono  stati i dubbi che hanno guidato Fischli nel processo di concezione della sua mostra.

 Nel  tentativo di rispondere a queste e altre domande aperte, ha identificato cinque rotture  radicali causate da cambiamenti tecnologici e sociali che corrispondono a mutamenti di  paradigma nell’arte attraverso il rifiuto e la reinvenzione della pittura. 

La prima rottura è provocata dalla diffusione della fotografia. Come sottolinea Rosalind Krauss, “la fotografia mette in discussione l’intero concetto di unicità dell’oggetto d’arte, l’originalità dell’autore… e l’individualità della cosiddetta espressione personale”.

 Questo era stato il motivo che aveva spinto il pittore Paul Delaroche a pronunciare per la prima volta intorno al 1840 la famosa e scioccante sentenza: “da oggi la pittura è morta”. La pittura è quindi costretta a rinunciare alla sua funzione mimetica per sopravvivere. La seconda crisi è rappresentata dall’invenzione del readymade e del collage che costringe la pittura a “uscire da se stessa e muoversi nello spazio attraverso gli oggetti”, come nota David Joselit. 

La terza è provocata dalla messa in discussione dell’idea di autorialità, o come la definisce Roland Barthes nel 1968, “la morte dell'autore”. In ogni caso le questioni dell’autenticità e dell’originalità sono già affrontate dagli artisti in precedenza. La quarta crisi può essere identificata con la critica della pittura come bene di consumo alla fine degli anni Sessanta, a causa della sua mobilità, del suo valore simbolico e della sua facile conservazione. La quinta rottura si concentra sulla crisi della critica nella cosiddetta società tardocapitalista, come teorizzato negli studi fondamentali di Luc Boltanski e Eve Chiapello. “Dagli anni Ottanta l’idea di avanguardia divenne obsoleta e si dissolse; di conseguenza, ancora una volta, fu proclamata la fine di una posizione critica nella pittura”, come nota Fischli. 

L’artista ha concepito questa mostra come una pluralità di narrazioni raccontate da lui stesso in prima persona, con un tono soggettivo. Il percorso espositivo inizia al piano terra di Ca’ Corner della Regina con una nuova opera site-specific di Fischli, un modello in scala ridotta dell’intero progetto, definito dall’artista come “una scultura di una mostra di pittura”.

 L’opera è accompagnata da testi scritti dallo stesso Fischli per illustrare ciascuna delle 10 sezioni del progetto che riunisce oltre 110 opere realizzate da più di 80 artisti. Il percorso espositivo si sviluppa al primo piano nobile di Ca’ Corner della Regina seguendo un approccio personale e idiosincratico ed evitando di presentare i lavori secondo un semplice ordine cronologico. 

L’allestimento consiste in un sistema di pareti temporanee che attraversano e sezionano gli spazi espositivi, passando attraverso le soglie che collegano le diverse stanze. L’aspetto uniforme e modernista di queste strutture è in netto contrasto con le pareti affrescate e decorate della sala centrale del primo piano nobile, facendo eco così alle diverse posizioni artistiche espresse contro il linguaggio pittorico. 

La mostra “Stop Painting” è accompagnata da un volume illustrato pubblicato da Fondazione Prada. Include saggi di Diedrich Diederichsen, Eva Fabbris, Arthur Fink, Peter Fischli, Mark Godfrey, Boris Groys, John Kelsey, Sarah Lehrer-Graiwer e Hanna Magauer, oltre a un’intervista di Mario Mainetti al curatore della mostra. 


Exhibition view of "Stop Painting" Fondazione Prada, Venezia. Photo: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada. 


Presentazione delle sezioni della mostra La sezione intitolata “Delirium of Negation” è ospitata nella sala centrale del primo piano nobile di Ca’ Corner della Regina. Secondo l'artista e critico John Kelsey, “la fine della pittura non può che essere una ripetizione”. L’insieme delle opere esposte in questa sezione realizzate da artisti come Lucio Fontana, Lee Lozano, Francis Picabia, Adrian Piper, Ed Rusha e Jean-Frédéric Schnyder ruota attorno a questo assunto. Questi lavori affrontano i fondamentali momenti di crisi della storia della pittura indotti dal readymade, dalla fotografia e dalla mercificazione della pittura stessa. 

La sezione “Mensch Maschine” indaga il superamento della figura dell’artista in quanto produttore della propria opera e mette in discussione l’idea di soggettività come forza ispiratrice dell’attività creativa. I lavori di Andrea Fraser, Pinot Galizio, Alain Jacquet, Piero Manzoni e Niki de Saint Phalle, che incorporano nuovi dispositivi tecnologici e invenzioni, illustrano il possibile e scioccante annullamento della distinzione tra opera d’arte e oggetto di uso quotidiano. 

Riuniti sotto il titolo “Niente da vedere niente da nascondere”, i lavori di Carla Accardi, Walter De Maria, David Hammons, Klara Líden, Martin Kippenberger e Albert Oehlen celano, coprono o distruggono l’immagine rendendo impossibile per lo spettatore la trasformazione della sua superficie in un feticcio. 

La sezione “Word Versus Image” esplora le modalità con cui frammenti testuali sono inclusi nel quadro e indaga la relazione tra immagini e testi come uno degli aspetti chiave della pittura del XX secolo, rappresentata dalle opere di John Baldessari, Gene Beery, Karen Kilimnik, Pino Pascali e Jim Shaw, tra gli altri. 

Come afferma lo studioso Boris Groys, ”la pittura stessa ha perso il suo ambito specifico ed è diventata un oggetto, un readymade, priva di contesto e senza mondo”. Nelle opere incluse nella sezione “When Paintings Become Things” la pittura diventa autonoma dalla superficie del quadro, “dopo molti secoli di concezione dell’atto di dipingere come rappresentazione del mondo esterno”. Le opere di Dadamaino, Carol Rama, Jean-Frederic Schnyder e Rosemarie Trockel sono rappresentazioni tautologiche di elementi reali o consistono in oggetti ordinari e semplici. 

La messa in discussione dei canoni stabiliti e il rifiuto della pittura e dell'industria culturale in generale sono alla base dei quadri della serie “NO” di Boris Lurie, dell'arte autodistruttiva di Gustave Metzger e dei segni violenti contro i musei d'arte di Henry Flynt. Questi artisti fanno parte della sezione “Let's Go and Say No” che dimostra uno stretto legame tra la critica all’arte e alla sua deriva commerciale e i movimenti di protesta politica e sociale. 

La sala intitolata “Readymades Belong to Everyone” presenta appropriazioni sia della cultura commerciale che della storia dell’arte, considerandole come elementi appartenenti allo stesso universo. Marcel Duchamp, Sturtevant, Ben Vautier e Andy Warhol, tra gli altri, sfidano con le loro opere l’idea di autorialità e decostruiscono con le loro pratiche la nozione stessa di pittura. 



Exhibition view of "Stop Painting" Fondazione Prada, Venezia. Photo: Marco Cappelletti Courtesy: Fondazione Prada. 

La sezione “Next to Nothing” si focalizza sul monocromo, la tela bianca e l’idea di traccia sulla superficie. I segni isolati e anonimi di Martin Barré, gli ultimi dipinti astratti di Francis Picabia “decorati” con semplici punti, i “quadri” realizzati in tessuto da Blinky Palermo e i “pours” di Lynda Benglis sono tutti sintomi di questa tendenza all’essenzialità che azzera o ridicolizza l’atto di dipingere. 

Nella sezione “Spelling Backwards” le opere di Roy Lichtenstein, Gerhard Richter e Josh Smith, tra gli altri, “puntano a dimostrare che qualcosa come una ‘essenza della pittura’ non esiste. Nel fare ciò sottolineano la convenzionalità del mezzo, mentre il gesto come segno autografo viene decostruito”, secondo le parole di Peter Fischli. 

La sezione “Die Hard, Stirb Langsam, Duri a morire” riunisce opere che esprimono una nostalgia empatica per il mezzo pittorico e l’impossibilità anche per artisti d’avanguardia come Marcel Broodthaers, Asger Jorn e Kurt Schwitters di sfuggire alla segreta forza di attrazione della pittura figurativa. 

Una selezione di opere di Theaster Gates, Wade Guyton, Bruce Nauman, Lawrence Weiner e altri artisti, allestite al piano terra, nel cortile e sulle scale di Ca’ Corner della Regina, arricchisce le trame convergenti che costituiscono la mostra “Stop Painting”. 










Informazioni 

STOP PAINTING AN EXHIBITION BY PETER FISCHLI 

Fondazione Prada - Venezia Ca’ Corner della Regina Santa Croce 2215, Venezia 

fondazioneprada.org 


20/06/20

Fondazione Prada "Finite Rants"

Finite Rants Foto di Photo by Satoshi Fujiwara
Finite Rants Foto di / Photo by Satoshi Fujiwara 

La Fondazione Prada presenta dal 25 giugno 2020 sul proprio sito web e sulle piattaforme social il progetto online “Finite Rants” curato da Luigi Alberto Cippini e Niccolò Gravina. “Finite Rants” è costituito da una serie di 8 saggi visuali proposti a ritmo mensile e commissionati da Fondazione Prada a cineasti, artisti, intellettuali e studiosi. I primi autori coinvolti sono il regista e scrittore tedesco Alexander Kluge, il fotografo giapponese Satoshi Fujiwara, il regista francese Betrand Bonello e l’economista svizzero Christian Marazzi.

Come sostiene il regista d’avanguardia Hans Richter nel 1940, il film o video saggio è una forma espressiva capace di creare “immagini per nozioni mentali” e di “ritrarre concetti”. Partendo dalle idee di Richter, alcuni teorici successivi individuano dei tratti specifici nel video essay, come la libertà creativa, la complessità, la riflessività, l’attraversamento dei generi cinematografici e la trasgressione delle convenzioni linguistiche. “Finite Rants” intende testare la versatilità del saggio visuale nell’esprimere il pensiero attraverso le immagini e dimostrare la sua attualità nella produzione visiva contemporanea. 

Le radici estetiche e teoriche di “Finite Rants” sono rintracciabili nell’opera La Jetée (1962) dell’autore francese Chris Marker. Definita dal suo creatore “photo-roman”, La Jetée è descritta dalla voce narrante del cortometraggio come “la storia di un uomo ossessionato da un’immagine della sua infanzia”. Gli autori di “Finite Rants” sono stimolati a confrontarsi con un modello radicale di sperimentazione cinematografica come La Jetée, un racconto frammentario e dispersivo, costituito da un’unica breve sequenza filmica e una successione di fotogrammi statici, che mette in discussione l’idea stessa di cinema, inteso come un insieme di immagini in movimento.

A seguito di un processo di collaborazione creativa tra gli autori e Fondazione Prada, i contributi visivi ospitati in “Finite Rants” analizzano questioni sociali, politiche e culturali emerse nel nostro presente e normalmente affrontate dai mezzi d’informazione con un approccio documentaristico. Attraverso la realizzazione, il montaggio e la post-produzione di immagini e materiali visivi grezzi, eterogenei e di diversa provenienza, gli autori sono in grado di esprimere visioni e poetiche personali che coinvolgono lo spettatore in un ruolo attivo e riflessivo.

05/04/20

Perfect Failures by Fondazione Prada e MUBI



Da oggi il sito della Fondazione Prada in collaborazione con MUBI propone “Perfect Failures”  una selezione di film incompresi al momento della loro uscita. La rassegna sarà disponibile dal 5 aprile su MUBI, la piattaforma di streaming online di film d’autore, durante la chiusura temporanea degli spazi della fondazione.

Questo viaggio cinematografico comprende fallimenti critici e commerciali, pellicole deludenti, in anticipo o in ritardo sui loro tempi, disastri produttivi e altri passi falsi di importanti autori. Il progetto dimostra che la prima accoglienza iniziale di un film non corrisponde al giudizio sul suo valore, che può cambiare nei decenni succesivi, come è successo a questi film accolti inizialmente con confusione, rifiuto e repulsione.

Il programma inizierà il 5 aprile a livello globale con Southland Tales (Southland Tales – Così finisce il mondo, 2006) di Richard Kelly e proseguirà con una selezione curata di titoli per ciascun paese in cui “Perfect Failures” sarà disponibile. La programmazione completa presenta, oltre a Southland Tales: A Countess from Hong Kong (La contessa di Hong Kong, 1967) di Charlie Chaplin; Fedora (1978) di Billy Wilder; Night Moves (2013) di Kelly Reichardt; Un divan à New York (Un divano a New York, 1996) di Chantal Akerman e Showgirls (1995) di Paul Verhoeven.

La collaborazione con MUBI rafforza la dimensione internazionale del programma di Fondazione Prada, che si rivolge a un’ampia comunità, dal pubblico tradizionale di una sala cinematografica a quello plurale formato da spettatori “in remoto”. Fondazione Prada continua così la propria ricerca verso nuove forme di fruizione e condivisione con il pubblico, al di là dell’esperienza solitaria di visione di un film all’interno di un cinema.  

18/02/20

Franz Kafka alla Fondazione Prada di Milano

Fondazione Prada Franz Kafka Amerika, prima edizione postuma, 1927 Amerika, first edition posthumously published, 1927 A cura di / Edited by Max Brod (Munich Kurt Wolff)


La precarietà di alcuni testi di Franz Kafka sarà il tema della prossima mostra che la Fondazione Prada presenterà a Milano col titolo “K” dal 21 febbraio al 27 luglio 2020. Questo progetto, che include la celebre opera di Martin Kippenberger The Happy End of Franz Kafka’s “Amerika” in dialogo con l’iconico film di Orson Welles The Trial e l’album di musica elettronica The Castle dei Tangerine Dream, è stato concepito da Udo Kittelmann come una trilogia.

“K” rimanda ai tre romanzi incompiuti di Franz Kafka (1883-1924) Amerika (America), Der Prozess (Il processo) e Das Schloss (Il castello) pubblicati postumi tra il 1925 e il 1927. La natura incompleta di questi libri consente letture multiple e aperte che hanno indotto l’artista Martin Kippenberger, il regista Orson Welles e la band di musica elettronica Tangerine Dream a riadattarli, esplorandone i soggetti e le atmosfere attraverso allusioni e interpretazioni soggettive. I visitatori sono invitati a sperimentare tre possibili incontri creativi con l’opera di Kafka attraverso la presentazione simultanea di un lavoro artistico, di un film e di una produzione musicale.

Al centro di “K” si trova l’installazione di Martin Kippenberger The Happy End of Franz Kafka’s “Amerika” (1994), in mostra al piano terra del Podium e per la prima volta esposta in Italia. Basata sul romanzo America, pubblicato nel 1927, l’opera reinterpreta una sequenza del libro in cui il protagonista Karl Rossman, dopo aver viaggiato attraverso gli Stati Uniti, si propone per un’occupazione al “teatro più grande del mondo”. L’artista tedesco Martin Kippenberger (1953-1997) esplora l’utopia immaginaria del mondo del lavoro, traducendo in una vasta installazione l’immagine letteraria dei colloqui collettivi inventata da Kafka. Il secondo elemento della trilogia è il film di Orson Welles The Trial (Il processo, 1962), che si basa sull’omonimo romanzo di Kafka ed è proiettato al Cinema di Fondazione Prada. Orson Welles (1915-1985) ha scritto e realizzato un film drammatico caratterizzato da un umorismo nero e da un’atmosfera onirica, considerato dalla critica come uno dei suoi capolavori. “K” è completato dall’album Franz Kafka The Castle (2013), diffuso in loop all’interno della Cisterna. Questo spazio raccolto è trasformato in un ambiente evocativo e accogliente, in cui i visitatori possono rilassarsi e ascoltare la musica elettronica della band tedesca fondata nel 1967 da Edgar Froese.

31/01/20

La ceramica di Prada


La ceramica in questi ultimi anni ha ripreso quota e attenzione da parte del vasto pubblico e ora alla Fondazione Prada è in corso una stupenda mostra intitolata “The Porcelain Room” curata da Jorge Welsh e Luísa Vinhais che esplora il contesto storico, la finalità e l’impatto delle porcellane cinesi da esportazione.


La mostra, che si svolge al 4° piano della Torre, accoglie oltre 1700 porcellane cinesi da esportazione. Il progetto riunisce esempi di porcellane realizzate tra il XVI e il XIX secolo per diversi mercati, gruppi sociali e religiosi dimostrando l’efficienza dei produttori cinesi nell’intercettare le domande e le sensibilità di ogni singolo segmento di mercato.

Suddiviso in tre sezioni, l’allestimento progettato da Tom Postma Design è concepito come una stanza-nella-stanza, una struttura rivestita di velluto marrone, che include diverse vetrine espositive e uno spazio intimo decorato in oro. La sezione iniziale e centrale della mostra include il maggior numero mai esposto finora di porcellane della dinastia Ming decorate con elementi iconografici europei e realizzate tra l’inizio del XVI secolo e la metà del XVII secolo. “First orders” è un termine abitualmente attribuito alle prime commissioni di porcellane cinesi da parte dei portoghesi dopo il loro arrivo in Cina. Gli esemplari attualmente esistenti di “First orders” sono molto rari, soltanto 150 oggetti sono sopravvissuti fino ai nostri giorni. Oltre 45 esempi sono stati selezionati per questa mostra, in prestito dalle principali collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, e rappresentano una vasta gamma di prime commissioni europee in termini di tipologia, iconografia e periodo di realizzazione. La prima sezione include inoltre un gruppo ridotto di pezzi rari realizzati per il mercato islamico.

La seconda sezione comprende un’ampia selezione di oggetti di uso quotidiano che raffigurano forme naturali e sorprendenti come animali, frutta e vegetali e intende esplorare l’impatto e l’esotismo delle stoviglie cinesi create per i mercati occidentali. Questi oggetti furono realizzati intorno al 1760 per comporre straordinari servizi da tavola con lo scopo di intrattenere gli ospiti durante le cene organizzate da ricche famiglie. La terza sezione rende omaggio alla tradizione delle sale di porcellana, le magnifiche installazioni create nei palazzi e nelle case aristocratiche europee nel XVII secolo e nel XVIII secolo composte da porcellane cinesi e specchi, pannelli smaltati e decorazioni in legno intarsiato d’oro. Stanze straordinarie furono create in tutta Europa, e in particolare in Portogallo, Spagna, Paesi Bassi, Inghilterra, Francia, Germania e Danimarca. Alcuni degli esempi più rappresentativi sono stati conservati fino a oggi, come il soffitto del Santos Palace di Lisbona, realizzato tra il 1667 e il 1687, e la sala di porcellana del Castello di Charlottenburg di Berlino, costruita tra il 1695 e il 1705.


La mostra si inserisce in un ampio raggio di ricerche che la fondazione ha intrapreso, estendendo la propria attività a una pluralità di linguaggi espressivi che superano i confini dell’arte contemporanea. Senza creare gerarchie e distinzioni tra arti visive, artigianato, design e produzione in serie, la mostra sottolinea il valore creativo delle porcellane cinesi da esportazione rivelandone la raffinata lavorazione a un pubblico più vasto non formato da soli esperti. La scelta di allestire “The Porcelain Room” in uno degli spazi della Torre, che ospita una selezione di opere della Collezione Prada, innesca un dialogo tra antico e contemporaneo e un confronto tra raccolte di oggetti e installazioni provenienti da universi culturali differenti.