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31/05/18

2018 MAXXI BVLGARI Prize



Oggi sono stati presentati gli artisti selezionati per il premio 2018 Maxxi Bvlgari Prize, sono Talia Chetrit, Invernomuto e Diego Marcon, sono esposti i loro lavori in un progetto curatoriale di Giulia Ferracci presso il Maxxi di Roma 




CS
Rome, 31 May 2018 - The 2018 MAXXI BVLGARI Prize, the museum’s project supporting and promoting young art, is gathering pace. This year, thanks to its important partnership with Bvlgari, it has been revised and enriched as it opens to the international artistic scene.
From 1 June to 28 October 2018, the works from this edition’s shortlisted artists - Talia Chetrit (1982),Invernomuto (Simone Bertuzzi, 1983 and Simone Trabucchi, 1982) and Diego Marcon (1985) - will be shown in an exhibition at MAXXI curated by Giulia Ferracci.

Chosen by an international jury composed of David Elliott Independent Curator, Yuko Hasegawa, Artistic Director at MOT in Tokyo, Hans Ulrich Obrist, Artistic Director at the Serpentine Galleries in London, Hou Hanru, Artistic Director at MAXXI and Bartolomeo Pietromarchi, Director of MAXXI Arte, the shortlisted artists were selected for their “awareness of the historical moment in which we are living and their capacity for expanding the confines of the artistic idiom”. Their works will now be featured in an exhibition from which the jury will choose a winner in October 2018, and whose work will be acquired by the museum.

Yesterday the press was offered a preview and guided tour of the exhibition at the presence of the artists, after an introduction by Giovanna Melandri, President of the Fondazione MAXXI, Jean Christophe Babin, CEO of the Gruppo Bvlgari, the judges Yuko HasegawaHou Hanru and Bartolomeo Pietromarchi, in the presence of the three artists.

The exhibition starts with the duo Invernomuto (Simone Bertuzzi, Piacenza, 1983 and Simone Trabucchi, Piacenza, 1982, living in Milan), who presents a new, complex installation composed of a film, sound, a sculpture and a perfume, in that blend of diverse idioms that characterises their artistic research. An environment shrouded in half-light has as its focal point a large screen on which the short film Calendola: SUROS is projected in loop. Images with an antique flavour, such as an elephant that appears to evoke the legend of Hannibal, alternate on the screen with other images taken on the beach at Sabaudia, where a group of three zombie-like figures are walking. These surreal images act as a backdrop to an audio track with high and low frequency sounds and a fragrance of an eastern flavour diffused in the air. The installation is completed with the sculpture ZOa, realised by applying plastic material to an original 1990 work by Mimmo Rotella entitled, Replicante. The installation, juxtaposing historical and contemporary elements, evokes a reflection on the diverse speeds of history and the colonial heritage of the western world.



The exhibition continues with Diego Marcon (Busto Arsizio, 1985, lives in Milan), whose new video work Ludwig, employing CGI (computer-generated imagery), is projected on an entire wall. Ludwigpresents us with the image of a child lighting a match in a suspended space that we then discover to be that of a ship at the mercy of a storm. As the match burns, the child sings a song with verses written by the artist that touch on themes related to the desperation and fatigue of existence. The match goes out, the music stops and then everything starts again in a loop. The music was composed by Federico Chiari and the work was performer by the Coro di Voci Bianche, Accademia Teatro alla Scala in Milan. This work, like others in his oeuvre, explores experimentation into the image and the evocative power of that which is not immediately visible.

The exhibition closes with Talia Chetrit's 
(Washington D.C. 1982, lives in New York) project Amateur, a body of over 20 photographs from her recent artistic output, together with images from her personal archive and a video. Exploring themes such as the spontaneity of the subject in front of the camera and the confine between the public and private spheres, Chetrit is frequently the protagonist of her own photos, alongside her partner, friends and relations, in a story that investigates the mysteries of the confines of the body, intimacy, adolescence and sexuality. An image of her parents on the beach alternates with very intimate portraits and self-portraits, at times extremely explicit and erotic, shots in which she uses her own body to undermine the conventions of the self-portrait and its mechanisms of control. Chetrit make use of complex theatricality to describe the relationship between the subject and the viewer, as well as to test the boundaries of vulnerability and exposure.


L’altruista e l’opportunista … G.Richter e J.Koons




Ecco due modi diversi di sostenere situazioni sociali, uno che vende i suoi quadri per sostenere urgenze sociali, l’altro che vuole piazzare una sua opera a spese della collettività (solo le spese di installazione ma sono migliaia di euro) per rimanere in duratura visibilità pubblica, voi che ne pensate?

Trovo che questi modi rivelano molto della qualità dell’artista e direttamente anche del suo lavoro.

Il primo infatti ha un lungo e costante percorso creativo, fatto di ricerca e novità, l’altro da decenni produce manufatti luccicanti, ma come sempre sarà la storia a selezionare.

I finalisti del premio Fondazione Henraux 2018




Lo scorso 18 di Maggio 2018 la Giuria del premio Fondazione Henraux ha comunicato i nomi dei tre artisti selezionati, i progetti premiati verranno realizzati dagli artisti negli stabilimenti Henraux con l’ausilio delle storiche e rinomate maestranze dell’azienda e con l’utilizzo delle tecnologie più avanzate.


Mat Chivers con Newave, Kim De Ruysscher con Il Canotto e Daniele Guidugli con Moby Dick (Vertebra), sono i tre finalisti della terza edizione del “Premio Internazionale di Scultura Fondazione Henraux, in memoria di Erminio Cidonio” promosso dalla Fondazione Henraux.

I tre artisti e le tre opere sono stati scelti dalla Giuria presieduta da Philippe Daverio e composta da: Paolo Carli, presidente di Fondazione Henraux, Mikayel Ohanjanyan, artista vincitore della seconda edizione del Premio; Gianluigi Colin, art director del Corriere della Sera; Claudio Pescio, direttore di Art e Dossier; Aurelio Amendola, fotografo; Francesca Nicoli, direttrice di Studi Nicoli; Marva Griffin Wilshire, fondatrice e curatrice di SaloneSatellite; Mario Botta, architetto; Roberto Bernabò, direttore editoriale Gruppo Finegil, alla presenza del Notaio Marzio Villari a garantire la validità e la correttezza delle operazioni di voto.



Come dichiarato dal Presidente della Giuria, Philippe Daverio, al termine della selezione: “Tutti i giurati, con un comune intuito, hanno certificato come dalle tre opere degli artisti, risultate fra le più interessanti, si sia aperto un mondo magico pur se drammatico. Ma l’arte, consapevolmente o inconsapevolmente, è sempre guidata da una poetica capace di rappresentare la storia in cui vive. Le tre opere finaliste sono unite l’una all’altra da un denominatore comune, tutte e tre ritraggono un’urgenza e il dramma più diffuso del mondo contemporaneo. Il Moby Dick di Daniele Guidugli, un osso di balena arenato sulla spiaggia, la bicromia, dunque gli opposti di un bianco e nero che sembrano rappresentare il nord e il sud del Mediterraneo, in Newave di Mat Chivers e Il canotto di Kim De Ruysscher, accartocciato, rovesciato e alla deriva come le molte imbarcazioni di fortuna che ogni giorno traghettano verso la speranza, spesso delusa o negata, migliaia di persone, divengono un corpus stringente e significante di questo tempo di migrazioni che l’arte vuole cogliere nel seme della bellezza”.

Gli artisti presto saranno al lavoro per realizzare le loro sculture in marmo, lavoreranno presso gli stabilimenti di Henraux con l’ausilio delle storiche maestranze dell’azienda, e daranno vita ai loro progetti plasmando il più prezioso dei lapidei: il bianco dell’Altissimo.
Altre tre opere si sommeranno così alle sette già parte di questa significativa collezione che la Fondazione Henraux ha voluto creare tramite il Premio, l’unico al mondo dedicato alla scultura in marmo.



Le opere saranno, infine, presentate al pubblico il prossimo 23 di luglio in una kermesse presso gli stabilimenti di Querceta di Seravezza che vedrà la partecipazione del mondo dell’arte, nazionale e internazionale e, solo nel corso di tale serata, verrà svelato l’ordine di arrivo dei tre finalisti con la proclamazione del vincitore.


Come per le altre edizioni l’idea di veder nascere tre nuovi progetti mi rende particolarmente felice. I risultati raggiunti dalla Fondazione in questi ultimi anni sono molto gratificanti, per noi e per gli artisti che hanno partecipato al Premio. Do il benvenuto fin da ora in Henraux a Mat Chivers, Kim De Ruysscher e Daniele Guidugli, ogni giorno vedremo il realizzarsi delle loro opere, sono certo che sarà un’emozione rinnovata”. E’ la dichiarazione di Paolo Carli, Presidente di Henraux e Fondazione Henraux.

30/05/18

Open House Torino



Dopo il primo grande successo torna Open House Torino un evento pubblico totalmente gratuito, pensato per permettere di visitare residenzepalazzi, luoghi abitualmente non accessibili e scoprire così la ricchezza dell’architettura e del paesaggio urbano. Per un fine settimana allʼanno dà la possibilità di visitare edifici storici, moderni o contemporanei, eccellenze in città, uffici, spazi verdi o sociali, strutture recuperate.
Lʼiniziativa quest'anno sarà il 9-10 giugno 2018.
Open House Torino si rivolge a tutti i cittadini, non solo al nucleo di architetti, e chiede a tutti loro supporto come volontari, proprietari, progettisti o semplicemente per aiutare a diffondere il progetto – condividi con #openhousetorino!
Lʼobiettivo dellʼevento è conoscere insieme al pubblico un grande patrimonio comune e riflettere sul ruolo dei luoghi in cui viviamo. Con un messaggio: una città progettata meglio negli edifici, negli interni, nello spazio pubblico è una città capace di farci vivere meglio.

Prix Pictet premia lo Spazio




Fino al 26 Agosto gli spazi di CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino ospitano la selezione delle fotografie dei dodici finalisti del Prix Pictet,  fra i più  importante premi fotografici internazionali, dedicato al tema della sostenibilità.

Quest’anno il focus del premio è stato declinato in “spazio” nelle diverse accezioni di come la sovrappopolazione o la fragilità delle grandi aree selvagge del pianeta.

Incontriamo così i magnifici scatti di Richard Mosse (Irlanda) realizzati con una telecamera di rilevazione del corpo umano, progetto vincitore della rassegna per il 2017; seguono gli originali scatti assemblati di Mandy Barker (Regno Unito).



C’è il quotidiano vivere fra lo spazio umano e quello vegetale di Saskia Groneberg (Germania); lo spazio minimo di sopravvivenza in una megalopoli come Hong Kong di Benny Lam (Hong Kong); o il non-spazio dei confini di Munem Wasif (Bangladesh).

Altro confine temporaneo le fragili barricata documentate da Pavel Wolberg (Russia), per proseguire poi con i tanti scatti di Beate Gütschow (Germania); Sergey Ponomarev (Russia),  Thomas Ruff (Germania),  Michael Wolf (Germania), Sohei Nishino (Giappone) e Rinko Kawauchi (Giappone) un grande viaggio nel nostro sempre più fragile pianeta.

L’allestimento è molto ben curato con pratiche didascalie introduttive per ogni fotografo.










29/05/18

10 anni di Nomas Foundation




Son già passati dieci anni da quando l’iniziativa di  Stefano e Raffaella Sciarretta prese avvio col nome di “Nomas Foundation”.

Attraversati da una marea di interessanti eventi, mostre incontri ora si festeggia con la mostra  degli artisti Gabriele De Santis, Alek O., Santo Tolone, dal divertente titolo “ Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?” 




CS

Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? è una mostra non curata di tre giovani artisti italiani che non contano più come “giovani artisti”. Dopo aver lavorato insieme a più riprese, per oltre dieci anni, abbiamo sentito la necessità di riconsiderare dove eravamo stati portati da ciò che parte di noi ancora si rifiuta di chiamare le nostre “carriere” – iniziate dal nulla e cresciute attraverso programmi di Master of Fine Arts e gallerie internazionali, vagabondando fra biennali e fiere, corteggiati o evitati da curatori e galleristi, lacerati dalla forza centripeta del mercato e dall’inerzia centrifuga della perifericità, combattendo per resistere alla spinta verso l’omogeneizzazione derivata dalla circolazione delle immagini.

Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? è un dubbio che incarna l’indipendenza intellettuale dei primi dieci anni di Nomas Foundation e trasforma la fondazione in uno spazio di solidarietà culturale, abbracciando l’eredità delle controculture del ’68 nel loro desiderio di intercettare la politica sia nella sua rappresentazione che nella sua realtà e una prospettive collettiva. Seminari, conferenze, performance, proiezioni, lezioni accademiche, laboratori aperti a tutti, disponibili in streaming dal 16 maggio al 7 settembre, in collaborazione con l’unità di ricerca di Estetica Sociologica del dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche, Sapienza Università di Roma.




Mentre stavamo scrivendo la presentazione della mostra, ci siamo imbattuti in un testo scritto (e mai letto) da Roberto Bolaño poco prima della sua morte, intitolato Sevilla Kills Me. Include già tutto quello che vogliamo dire e anche di più.

"Da dove viene la nuova letteratura latinoamericana arte italiana". Se mi fossi attenuto fedelmente al titolo, la risposta non avrebbe superato i tre minuti. Veniamo dalla classe media o da un proletariato più o meno sistemato o da famiglie di narcotrafficanti di seconda linea che già preferiscono, alle ferite d'arma da fuoco, la rispettabilità. […] gli scrittori artisti oggi cercano il riconoscimento, ma non il riconoscimento dei loro pari, quanto piuttosto il riconoscimento di quelle che si suole chiamare "istanze politiche", i detentori del potere, sia del segno che sia (e per i giovani scrittori artisti fa lo stesso!), e, tramite esso, il riconoscimento del pubblico dei collezionisti, vale a dire la vendita di libri, che fa felici le case editrici i galleristi ma che fa persino più felici gli scrittori artisti, quegli scrittori artisti che sanno, poiché lo hanno vissuto in casa da piccoli, quanto è duro lavorare otto ore al giorno, o nove o dieci, che furono le ore lavorative dei loro padri, quando c'era lavoro, fra l'altro, perché peggio che lavorare dieci ore al giorno è non poterne lavorare neanche una, e trascinarsi in cerca di occupazione (pagata, s'intende) nel labirinto, o, più che labirinto, nell'atroce cruciverba dell'America Latina Italia. E così i giovani scrittori artisti, come si suol dire, si scaldano, e si dedicano anima e corpo a vendere. Alcuni utilizzano più il corpo, altri utilizzano più l'anima, ma alla fine dei conti il punto è vendere. 

Da dove viene la nuova letteratura latinoamericana arte italiana? La risposta è semplicissima. Viene dalla paura. Viene dall'orribile (e in un certo senso abbastanza comprensibile) paura di lavorare in officina o vendendo paccottiglia sul paseo Ahumada a piazza Navona. Viene dal desiderio di rispettabilità, che non nasconde altro che paura. […] Francamente, a prima vista, componiamo un deplorevole gruppo di scrittori artisti trentenni e quarantenni e talora di cinquantenni in attesa di Godot, che in questo caso è il Nobel padiglione della Biennale, il Rulfo DAAD, il Cervantes Prix de Rome, il Príncipe de Asturias Turner Prize, il Rómulo Gallegos la cattedra. […] Alcuni degli scrittori artisti invitati li considero amici.Gli altri non li conosco, ma di alcuni li ho letti ho visto i lavori, e di altri ho ottime referenze. […] Il panorama, soprattutto a guardarlo da un ponte, è promettente. Il fiume è ampio e possente e dalle sue acque spuntano le teste di almeno venticinque scrittori artisti sotto i cinquanta, sotto i quaranta, sotto i trent'anni. 

Quanti di loro affogheranno? Io credo tutti. Il tesoro che ci hanno lasciato i nostri padri o quelli che crediamo i nostri padri putativi è deplorevole. In realtà siamo come bambini intrappolati nello scantinato di un pedofilo. Qualcuno di voi dirà che è meglio essere alla mercé di un pedofilo che alla mercé di un assassino. Sì, è meglio. Ma i nostri pedofili sono anche assassini".


fino al 7 settembre 2018
Opening: 16 maggio 2016, ore 18.30
Nomas Foundation, viale Somalia 33, Roma


28/05/18

la fantascienza di Loris Gréaud




La galleria Max Hetzler a Berlino presenta l'ultimo lavoro di  Loris Gréaud  una intensa istallazione intitolata "Ladi Rogeurs sir Loudrage" sviluppo del progetto che aveva già trovato forma nei locali di Parigi. Il lavoro affronta una poetica meta-scientifica prendendo le mossa da figure quali  Andrei Tarkovsky.



CS
Galerie Max Hetzler is pleased to announce the upcoming solo exhibition LADI ROGEURS: SIR LOUDRAGE – a still life by Loris Gréaud at Goethestraße 2/3.

Since the beginning of the 2000s, Loris Gréaud has pursued an atypical path in the field of contemporary art. His work prioritises the idea of the ‘project’. Using this temporally limited concept as a frame for his practice enables the artist to intervene with the given conditions of space and time. Systematically blurring and erasing the limits and borders between fiction and reality, Gréaud's projects create fluid, challenging and otherworldly experiences.

Gréaud's first solo exhibition LADI ROGEURS with Galerie Max Hetzler in Paris in the beginning of this year was conceived as a three-dimensional sketch, encompassing the entire gallery space. In the spirit of the cinematic cross-fade principle, the show in Berlin is a continuation of Paris, reconfiguring the gallery space while drawing from the codes of a still life.

Tinted in a purple, diffuse light, the space is interrupted by organically formed sculptures, Spores, hanging from the ceiling, which spread the sound frequencies of dying stars into the surrounding space. Openings in the gallery floor, filled with mud, sand rust, liquids and waste collected at the original shooting site near Tallinn of Russian filmmaker Andrei Tarkovsky's science fiction masterpiece Stalker (1979) pick up the film's exceptional sentiment. And MACHINE, a tree-like sculpture transforms into an autonomous entity, seemingly moving its limbs beyond any control. Thus, creating a landscape that seems to emerge from another world – a synthetic, supernatural, and disruptively unreal sphere – the installation offers a vision of a contemporary form of vanitas.

The two solo exhibitions of Loris Gréaud at Galerie Max Hetzler introduce the last part of the trilogy initially started in 2008 with Cellar Door (2008-2011) and continued with The Unplayed Notes (2012-2017).

At the same time, Galerie Max Hetzler presents a solo exhibition with new works by Thomas Struth at Bleibtreustraße 45 and the gallery's temporary exhibition space at Kurfürstendamm 213.


Loris Gréaud (*1979, Eaubonne) lives and works in Eaubonne in the suburbs of Paris. Gréaud’s projects have given rise to important solo exhibitions. He was the first artist to use the entire space of the Palais de Tokyo in Paris with his project Cellar Door (2008-2011), which was further developed at the Institute of Contemporary Art, London, Kunsthalle Wien, Vienna, Kunsthalle St. Gallen and at La Conservera, Murcia. In 2013, a double exhibition of his acclaimed project [I] was held at the Louvre and the Centre Pompidou in Paris. Gréaud took over the Dallas Contemporary in 2015 with his project The Unplayed Notes Museum. In 2016, he produced the project Sculpt specially for LACMA, Los Angeles, on the occasion of his eponymous solo show. His latest project is The Unplayed Notes Factory in Murano, which was curated by Nicolas Bourriaud as part of the 57th Venice Biennale. Gréaud’s work forms part of numerous public collections, including the Centre Pompidou, Paris; the LACMA, Los Angeles; the Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris, Paris; Collection François Pinault, Venice; Fondation Louis Vuitton, Paris; Israel Museum, Jerusalem; Margulies Collection, Miami; Goetz Collection, Munich; Rubell Family Collection, Miami; Nam June Paik Art Centre, Yongin, among others.



27/05/18

Per gallerie torinesi





La galleria Galo presenta il lavoro dal nitido segno di Artez in una serie tutta al femminile.
  




Partecipano al progetto Fo.To. la galleria Paolo Tonin con progetto “fil rouge” coordinato da Olga Gambari con gli scatti dei torinesi Mario Gabinio, Carlo Mollino, Giorgio Avigdor ed Enzo Obiso.  






La galleria Weber & Weber con i processi fotografici di Sylvie Romieu.







Sperimentazione ala galleria CRAG Gallery con la collettiva “Occurrens – Silvia Argiolas, Enrico Minguzzi and Giuliano Sale” dove lo scatto fotografico diventa avvio per segni pittorici.




La galleria Riccardo Costantini Contemporary propone una serie di frattali opere di Francesca Romana Pinzari, conseguenza dello Special Prize Arteam Cup 2016. Sono esposti una serie di delicati recenti lavori nati dall’interazione col pubblico e una suggestiva stanza site-specific.




A Palazzo Barolo è in corso la mostra "Gli Acrobati" con opere di Giorgio Barbero, Giuseppe Versino, Mario Bertola, Enrico De Paris, Simone Sandretti, Francesco Sena, Maya Quattropani e Ernesto Leveque. 








Parte della articolata iniziativa Fo.To. Sabato 26 Maggio presso la galleria Alessio Moitre si è svolta l'azione performativa di Maya Quattropani parte dell'evento espositivo "Number Series".





La galleria Photo & Co. presenta una collettiva di opere col titolo "Vertigo 1"






Da Atene la galleria Guido Costa porta il bel video di Peter Friedl.








Foto anche per lo Spazio Don Chisciotte della Bottari Lattes con gli scatti di Guido Harari.







Negli spazi dell'artista Diego Scroppo (già galleria di Franco Noero) in via Mazzini 39 sono proposti alcuni lavori di Laura Viale, con un testo di Francesca Comisso, opere di fragile luce parte della sua ampia riceva sulla visione/percezione "natura".





Da poche settimana ha aperto un nuovo spazio in via Mazzini 33 la Wild Mazzini, di cui avevo già dato notizia,  un piccolo spazio con un interessante potenziale. In questi giorni sono proposti i lavori di Adriano Attus, opere dagli intensi valori cromatici e dall'interessante valore rappresentativo. 





Altra novità nei pressi, in via della Rocca 41 lo spazio / libreria Faust


Share Festival 2018






Il Share Festival  è giunto alla tredicesima edizione, confermandosi come uno dei più stimolanti progetti italiani. Col titolo “Frankenstein, il moderno Prometeo”  si omaggia e ci si ispira al  “Frankenstein” di Mary Shelley alla trasformazione della vita umana che sempre di più si immerge nella tecnologia diventandone parte.

Un programma vario e stimolante che ha come focus il Toolbox di Via Agostino Da Montefeltro, 2, ma che si dirama anche in altri spazi torinesi.


Alcuni dettagli del ricco programma

OPENING
31 Maggio 2018 – 18:30 / 22:00 al TOOLBOX TORINO, Via Agostino Da Montefeltro, 2

18:30 Opening 19:00 Premiazione Share Prize e Presentazione Share Festival Frankenstein 20:00 Djset di Jazza

EXHIBITION
 - Mostra Share Prize XI Edizione  1/3 Giugno 2018 – mostre aperte dalle ore 10.00 alle 19.00 - TOOLBOX TORINO, Via Agostino Da Montefeltro, 2
    La giuria internazionale dello Share Festival per questa edizione – Régine Debatty, Laura Milani, Gianluca ‘Jazza’ Guerra, Jasmina Tešanovic e Bruce Sterling – ha scelto 6 risposte artistiche agli aspetti “mostruosi” della tecnologia.

 - Mostra Artmaker  1/3 Giugno 2018 – mostre aperte dalle ore 10.00 alle 19.00 TOOLBOX TORINO, Via Agostino Da Montefeltro, 2

    Per la seconda edizione del progetto Share Artmaker, show sociale di opere sperimentali degli artisti Share preferiti, che coraggiosamente si sono offerti di creare opere con la nuova borsa di attrezzi “Artmaker” dello Share Festival, una raccolta portatile di strumenti appositamente progettati ed assemblati dallo Share per sostenere la tecnologia creativa e la device art.


CONFERENZA
 - TBA   - Sabato 2 Giugno 2018 – 18:00
Keynote Room, TOOLBOX TORINO, Via Agostino Da Montefeltro, 2

Bruce Sterling invita Juan Carlos De Martin e Wolf Lieser a un confronto sulle tematiche di Frankenstein

 - TRANSFRANKENSTEIN  - Domenica 3 Giugno 2018 – 18:00
Keynote Room, TOOLBOX TORINO, Via Agostino Da Montefeltro, 2
  Jasmina Tešanovic invita Régine Debatty e la artiste Share Prize. Il demone reietto scacciato dall'”umanità” a causa del suo aspetto non codificabile, non riconducibile a un a forma consueta trova posto nell’U-topia di Internet, dove, ognuno può creare e vivere un sé conforme al proprio sogno essendo amato e rispettato?” Jasmina Tesanovic e le sue donne affronteranno il tema IoWt da un punto di vista molto originale.





Gianfranco Baruchello a Villa Arson




Villa Arson a Nizza ospita una bella mostra su Gianfranco Baruchello, con una selezione molto articolata del suo lavoro. 



CS

Peu d’artistes ont, comme lui, traversé le vingtième siècle avec suffisamment d’énergie pour en apporter au nôtre. Pour Gianfranco Baruchello, qui a jadis conduit Marcel Duchamp à Rome dans une Ferrari roulant à plein régime, il s’agit pourtant d’une énergie douce, durable, qui irrigue ses tableaux, ses sculptures, films et performances. Non pas « timide », comme celle de l’inventeur du ready-made, mais une énergie du minuscule et du détail.


Si Baruchello m’apparaît si important, et par contraste si méconnu, c’est avant tout parce que son oeuvre propose un régime spatial d’une immense originalité. Et parce que sa manière de fragmenter le monde, de le dilater à l’infini, résonne tout particulièrement à notre époque : les œuvres de Baruchello représentent des archipels de pensées, des circuits de formes, bref, très exactement ce que l’on peut percevoir dans les « formes-trajets » des artistes les plus intéressants de la nouvelle génération.



Si l’artiste italien, après avoir eu tant d’avance, semble enfin coïncider avec son temps, c’est aussi en raison de l’utopie concrète et écologique d’Agricola Cornelia, l’exploitation agricole en forme de projet artistique qu’il a fondé en 1973, qui a produit autant de formes novatrices que de légumes et de lait.



Militant, poète, cinéaste, peintre, définitivement inclassable, Baruchello fait partie de cette génération d’artistes (il est né en 1924) pour qui l’art était avant tout une forme de vie, et dans son cas précis un bolide expérimental lancé sur les routes de l’existence. Immense fresque pulvérisée en micro-détails, son oeuvre se présente comme un attentat contre tout ce qui est massif, continental, autoritaire : sa pensée fragmentaire, faite de notes et commentaires en bas de page du livre de la modernité, semble proposer une transition durable entre celle-ci et le monde contemporain.





Puisque l’époque semble enfin prête, nous pouvons revoir le siècle avec Gianfranco Baruchello.


La Villa Arson m’a invité pour être le commissaire de cette rétrospective, trois ans après l’exposition que j’avais organisée au Palais des Beaux-Arts de Paris autour d’Agricola Cornelia.