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22/05/18

Le Machines à penser di Prada


Iñigo  Manglano-OvalleThe  Black  Forest  (Triptych),  2015Carbon  on  paper113  x  504  cmCourtesy  Museo  Universidad  de  Navarra


Il prossimo 26 Maggio apre la sede veneziana della Fondazione Prada con la mostra “Machines à penser”, curata di Dieter Roelstraete, e durerà fino al 25 novembre 2018 nelle eleganti stanze del palazzo di Ca’ Corner della Regina. 


Il progetto esplora la correlazione tra le condizioni di esilio, fuga e ritiro e i luoghi fisici o mentali che favoriscono la riflessione, il pensiero e la produzione intellettuale. “Machines à penser” si focalizza su tre fondamentali figure della filosofia del XX secolo: Theodor W. Adorno (1903 -1969), Martin Heidegger (1889 - 1976) e Ludwig Wittgenstein (1889 -1951). Gli ultimi due filosofi hanno condiviso nel corso della loro vita la necessità di creare un proprio luogo di isolamento intellettuale: Heidegger ha trascorso lunghi periodi della sua maturità in una baita a Todtnauberg nella Foresta Nera in Germania, mentre Wittgenstein si è ritirato in più momenti della sua esistenza in un rifugio situato in un fiordo a Skjolden in Norvegia. Nel caso di Adorno è analizzata, invece, la condizione di esilio che il filosofo tedesco sperimenta, a causa dell'affermazione del nazismo in Germania, prima a Oxford e poi a Los Angeles, dove scrive “Minima moralia”, un insieme di aforismi che indagano tra gli altri temi quello del destino di un’emigrazione forzata. Seguendo queste riflessioni l’artista e poeta scozzese Ian Hamilton Finlay ha realizzato nel 1987 Adorno’s Hut, un’installazione centrale all’interno della mostra insieme alle ricostruzioni architettoniche dei luoghi di ritiro nei quali Heidegger e Wittgenstein scrissero le loro rispettive opere fondamentali “Essere e Tempo” (1927) e “Tractatus Logico-Philosophicus” (1921). Esposte negli spazi di Ca’ Corner della Regina, queste riproduzioni accolgono a loro volta documenti e opere che trattano il tema dell’archetipo architettonico della capanna come luogo di fuga e di ritiro.

Come sostiene Dieter Roelstraete: “in questi spazi i tre protagonisti della mostra hanno partorito i loro pensieri più profondi. L’isolamento, sia che sia stato scelto sia che sia stato imposto, sembra averne decisamente influenzato il pensiero. Nel corso degli anni le loro abitazioni si sono dimostrate una fonte d’ispirazione inesauribile per molte generazioni di artisti attratti dalla fantasia del ritiro, materializzata in questi elementari archetipi architettonici”.




Susan  PhilipszPart  File  Score  IV  and  VII,  2014Digital  ink  and  screen  print  on  canvas189  ×  150  ×  4  cm  each
Courtesy  the  artist  and  Galerie  Isabella  Bortolozzi,  Berlin


La mostra si sviluppa al piano terra e al primo piano nobile del palazzo settecentesco in un percorso immersivo che approfondisce le figure dei tre pensatori e la relazione tra filosofia, arte e architettura ospitando i lavori di artisti come Leonor Antunes, Jan Bontjes van Beek, Paolo Chiasera, Alec Finlay, Anselm Kiefer, Alexander Kluge, Patrick Lakey, Goshka Macuga, Mark Manders, Iñigo Manglano-Ovalle, Digne Meller-Marcovicz, Jeremy Millar, Guy Moreton, Sophie Nys, Giulio Paolini, Susan Philipsz, Gerhard Richter, Mark Riley, Ewan Telford e il collettivo composto da Sebastian Makonnen Kjølaas, Marianne Bredesen e Siri Hjorth. Il progetto prevede inoltre una sezione storica nella quale sono esplorate le radici del profondo fascino esercitato sulla filosofia dalle figure dell’eremita e dai suoi luoghi di ritiro, con un focus particolare sulla leggenda del padre della Chiesa San Gerolamo (347 - 419).

La mostra è accompagnata da una pubblicazione illustrata a cura di Dieter Roelstraete ed edita da Fondazione Prada. Oltre al testo principale del curatore, il libro di più di 500 pagine include saggi di Shumon Basar e Mark Riley, una lunga poesia di Alec Finlay, e tre conversazioni tra gli artisti Leonor Antunes, Alexander Kluge e Goshka Macuga e il dipartimento curatoriale della fondazione.