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30/09/20

Le porte di Doris

 


Da pochi giorni Public Art Fund ha avviato nel cuore di Central Park  a New York la mostra di sculture  "Doors for Doris" realizzata con un gruppo di pietre che costituiscono le fondamenta e la struttura di New York City.

CS

Stone forms the foundation and framework of New York City. It is the bedrock that supports the structures we inhabit and it clads many of them too. To mark the threshold between Central Park's boulder-filled terrain and Midtown Manhattan's built environment, Sam Moyer (b. 1983, Chicago, IL) has created a massive three-part sculpture, with a title that pays homage to Public Art Fund founder, Doris C. Freedman (1928-1981).

Moyer's hybrid sculpture unites imported stone with rock indigenous to the New York region. The artist inlaid marble fragments into three double-sided vertical concrete slabs and framed them with contrasting rough-hewn bluestone monoliths. Their final arrangement demonstrates her impressive skill in composing sculptural forms, with its “doors” pivoted ajar to evoke the dynamism of the bustling city.



Doors for Doris examines how our culture values ​​and utilizes materials. Moyer gathered its disparate collection of discarded marble remnants from various renovation projects and stone yards around the city. These polished stones bear the markings and shapes of their original uses. They also display the unique colors, patterns, and geological history of their sources - quarries in Brazil, China, India, Italy, and beyond. Each stone in Moyer's mosaic compositions takes on an even more striking hue against the others and the locally-quarried rock, an apt metaphor that encourages us to consider the diverse character of our city and our interconnected lives within it.

This exhibition is curated by Public Art Fund Curator Daniel S. Palmer.


29/09/20

Giulio Paolini “Le Chef-d’oeuvre inconnu” al Castello di Rivoli

 

Studio Paolini - Il modello in persona 2020 (dettaglio) 
Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino Foto © Agostino Osio, Milano © Giulio Paolini


Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea organizza Giulio Paolini Le Chef-d’oeuvre inconnu. Curata da Marcella Beccaria e sviluppata a stretto contatto con l’artista, la mostra personale dedicata a Giulio Paolini (Genova, 1940) in occasione del suo ottantesimo compleanno, prende le mosse da Disegno geometrico, 1960, tra le opere più iconiche e importanti della storia dell’arte contemporanea, definito dall’artista come il suo “primo (e ultimo quadro)”. Presentando un percorso inedito che rilegge oltre sessant’anni di produzione artistica, la mostra include rare opere custodite dall’artista e nuovi lavori appositamente realizzati per il Castello.

 

Le opere di Paolini sono come specchi attraverso i quali l’arte riflette su se stessa. “Fin dalle opere realizzate alla metà degli anni Sessanta – scrive Marcella Beccaria – l’artista rivolge la propria attenzione alle basi ideali e materiali del fare artistico, al luogo dell’atelier e all’occasione della mostra, quali condizioni attraverso le quali l’arte si realizza e si mette in scena. Nel lavoro di Paolini spesso ricorrono citazioni: l’artista utilizza frammenti estratti dal grande catalogo della storia dell’arte, così come riposiziona in nuovi contesti le proprie opere. Nella sua analisi l’atto del vedere è considerato come il momento conoscitivo la cui verità è però costantemente rimessa in questione e ogni nuovo allestimento può fornire lo spunto per opere successive, in un ciclo inesauribile”.

 

Il titolo della mostra “Le Chef-d’oeuvre inconnu”, dal celebre racconto di Honoré de Balzac, è anche il titolo della grande installazione che accoglie i visitatori nella prima sala (Sala 18, secondo piano Castello). A partire dal tracciato di Disegno geometrico, 1960, l’intero ambiente espositivo diventa una versione tridimensionale, amplificata e percorribile della stessa opera e delle infinite possibilità a cui essa rimanda. Il pavimento, le pareti e lo spazio aereo ospitano gli elementi che costituiscono lo schema compositivo di Disegno geometrico, le sue diagonali rosse e i nove punti di squadratura del foglio segnati con il compasso. Nella sala, ciascuno dei nove punti è scandito da un cavalletto e da una teca trasparente, accogliendo frammenti e ritagli di libri solitamente conservati nello studio dell’artista. Il numero nove corrisponde anche al numero delle lettere che compongono il nome di Mnemosine, la madre delle nove Muse. Oltre allo stesso Disegno geometrico, le quattro pareti della sala presentano altrettante possibili varianti dell’opera, ingrandite in proporzione allo spazio espositivo.

 

Dopo l’incontro con una sola opera, pur aperta alle infinite possibilità dell’essere, nella sala successiva (Sala 33), Paolini propone un mosaico di opere prodotte dagli anni novanta al presente, raccolte intorno al titolo “Vertigo” e accomunate dal concetto di “accadimento”. Si tratta di opere che evocano cieli e luoghi sia pittorici sia ideali, la cui successione definisce uno spazio e un tempo densi di visioni. Oltre alla stessa installazione Vertigo, 2020, la sala accoglie la nuova opera Omega (1948-2018), 2020, rara occasione in cui l’artista include dettagli riferibili alla propria storia biografica.

 

La terza e ultima sala del percorso di mostra (Sala 32) è intitolata “Fine” senza fine. Qui Paolini presenta lavori che sembrano attratti da un inevitabile destino, capaci però di mantenere la tensione verso l’idea di un divenire continuo che, secondo l’artista, è propria dell’intera storia dell’arte. Tra le nuove opere, Il modello in persona, 2020, apre un ponte ideale tra il luogo espositivo, pubblico, e lo spazio, invece privato, dello studio dell’artista. Pur in modi diversi, per Paolini tanto il luogo espositivo quanto lo studio sono ambiti creativi che, come palcoscenici di un grande teatro, vivono nel momento in cui sono animati da situazioni in divenire.

 

Come scrive Giulio Paolini: “Un giorno dopo l’altro, tutto si rinnova e si ripete come effetto naturale dell’incessante divenire delle cose. Nel Museo, al contrario, possiamo sottrarci all’inquietante destino dettato dall’incedere del Tempo. Il luogo sembra conoscere una sua particolare eternità: qui le ore, le opere, le persone appartengono a un istante che vive e si rinnova nell’illusione di sempre: fermare in una certa immagine la fine del Tempo. ‘Tutto scorre’, come sappiamo, ma nulla vieta di estendere lo sguardo altrove, senza luogo e senza data”.

 

In occasione della mostra, il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea pubblica un catalogo in due volumi. Un volume è dedicato agli scritti in versi di Giulio Paolini introdotti da un saggio di Andrea Cortellessa. L’altro volume include ulteriori testi di Paolini, suoi disegni e progetti inediti, un carteggio tra Carolyn Christov-Bakargiev e l’artista, e un saggio della curatrice Marcella Beccaria. Il catalogo sarà riccamente illustrato con immagini della mostra, e pubblicato dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea in edizione bilingue.

 

 

La mostra è realizzata con il sostegno degli Amici Benefattori del Museo Andrea Ruben Levi, Nicoletta Fiorucci e Giuliana Setari. Si ringrazia la Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino



15 ottobre 2020 – 31 gennaio 2021

Inaugurazione: giovedì 15 ottobre 2020, dalle ore 10 alle 17

Secondo piano Castello, Sale 18, 33, 32

Tante novità alle OGR


 

Le OGR festeggiano i tre anni di attività con tante novità, eccovi le principali :

·        Ingresso libero per sempre a tutte le mostre delle OGR
·        Sabato 10 ottobre al via l’evento Continuum per i tre anni delle OGR: musica, performance, talk, visite guidate e l’opening di Unseen Stars di Trevor Paglen, con i suoi satelliti made in Nasa
·        Ponte digital Torino-Glasgow e collaborazione con il British Council
·        Le Officine in realtà virtuale e aumentata sul nuovo sito www.ogrtorino.it
·        Inaugurazione dell’Aula Didattica e dei “Mercoledì delle Officine” con i Talenti di Fondazione CRT
 
Questo importante polo culturale guarda alla contaminazione tra arte, scienza e tecnologia, così le attività culturali tornano a essere protagoniste dell’area Cult delle OGR - Officine Grandi Riparazioni di Torino, che tagliano il traguardo dei primi tre anni di attività con una scelta rivoluzionaria: l’ingresso gratuito per sempre a tutte le mostre delle OGR a partire da sabato 10 ottobre, per avvicinare all’arte contemporanea nuovi e più ampi pubblici.

Altra novità: nel weekend del 10 e 11 ottobre (dalle ore 10 alle 20) le OGR lanciano Continuum, un grande evento aperto a tutti che guarda al futuro in continuità con la mission delle rinate OGR, trasformate da Fondazione CRT in Officine di produzione e sperimentazione di creatività e innovazione. Il ricco programma di appuntamenti, dal vivo e in streaming, propone arte, musica, performance, visite guidate, incontri, attività didattiche e l’inaugurazione della mostra Unseen Stars di Trevor Paglen, curata da Ilaria Bonacossa con Valentina Lacinio: una serie di satelliti, realizzati in collaborazione con gli ingegneri aerospaziali della Nasa, saranno esposti nel Binario 1 delle OGR Cult fino al 10 gennaio 2021.

Nuove partnership internazionali caratterizzeranno la ripartenza autunnale delle Officine. La collaborazione virtuosa delle OGR con il British Council, nell’ambito di UK-Italy Season 2020, creerà e consoliderà le relazioni tra le istituzioni culturali di entrambi i Paesi attorno al tema Being Present dell’edizione 2020. Il ponte digital tra due spazi polivalenti ex industriali come le OGR Cult di Torino e Tramway di Glasgow, entrambi focalizzati sulle arti visive e performative, proietterà una selezione di video in contemporanea tra le due città gemellate. E ancora: per la prima volta in Italia, approda nel Duomo delle OGR la video installazione Dear, Can I Give You a Hand? dell’artista Wong Ping che, dall’underground di Hong Kong, ha raggiunto istituzioni e musei di eccellenza mondiale come il Guggenheim e il New Museum di New York. Le arti performative saranno protagoniste alle Officine grazie alla presenza della coreografa scozzese Colette Sadler; mentre la musica torna in scena con il progetto OGR SoundSystem, nato dalla collaborazione tra le OGR Torino e Club To Club Festival.

Domenica 11 ottobre nuovo appuntamento con le Domeniche in Festa organizzate da ZonArte, il network dei Dipartimenti Educativi di musei e fondazioni torinesi sostenuto da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Sempre domenica, nel pomeriggio, si incontreranno per la prima volta dal vivo alle OGR i protagonisti del progetto “Talenti per la Scuola”, avviato dall’associazione Asai e da Fondazione CRT durante il lockdown, quando oltre 50 giovani laureati – beneficiari in passato di borse di studio e corsi di alta formazione della Fondazione CRT – supportarono nella didattica a distanza circa 200 insegnanti e studenti delle scuole torinesi della rete di Asai.

Anche il sito web www.ogrtorino.it si rinnova, per un’esperienza di visita più coinvolgente, interattiva e “futuristica”, come il tour 3D delle antiche Officine dei treni e la riproduzione in Realtà Aumentata delle OGR su mobile. Due strumenti innovativi realizzati da due start up del territorio - Mixed Bag e 3X1010 - con sede alle OGR Tech. A livello di contenuti, è stata introdotta on line un’area interamente dedicata all'offerta didattica per le scuole, a cura del Dipartimento Educazione delle OGR.

Con l’Aula Didattica (all’interno della “superfetazione” verde nella Corte Est), le OGR inaugurano un nuovo spazio per la formazione. Dal 14 ottobre, alle ore 18, inizieranno con cadenza mensile “I Mercoledì delle Officine”, incontri gratuiti in presenza e in streaming interattivo con i giovani imprenditori ex Talenti della Fondazione CRT, che metteranno a disposizione del territorio le proprie competenze. Una reinterpretazione in chiave contemporanea dei dibattiti organizzati ogni mercoledì sera dagli operai delle antiche Officine dei treni. Prenotazioni via mail su prenotazioni@ogrtorino.it.

“Inizia una nuova fase delle OGR, come spazio officina in cui prendono vita progetti che intersecano arte, scienza, tecnologia e creano valore per la collettività: una traiettoria evolutiva coerente con una delle priorità nell’agenda dell’Unione europea, per ripensare e costruire il futuro delle città e del pianeta nel segno della sostenibilità sociale e ambientale – dichiara Massimo Lapucci, Direttore Generale delle OGR e Segretario Generale della Fondazione CRT –. Ripartiamo con coraggio e responsabilmente con un evento aperto a tutti, ‘Continuum’, paradigma del percorso di sperimentazione culturale iniziato mille giorni fa alle OGR, il cui Dna include tre elementi fondanti: inclusione, internazionalità, innovazione”.

 “In un momento di forte ripensamento sociale, in occasione del loro terzo compleanno, le OGR rafforzano l'impegno nei confronti della cultura e ribadiscono la propria connotazione di polo culturale inclusivo scegliendo e annunciando, a partire dal lungo weekend del 10 ottobre e per sempre, la gratuità delle mostre. Un atto dal forte valore sociale, pensato per avvicinare pubblici diversi al mondo dell’arte”, afferma il Presidente delle OGR Fulvio Gianaria.

“Continuum è un progetto che racconta e condensa i primi tre anni di attività di OGR attraverso 10 ore di mostre, performance e musica, mescolando echi del recente passato con visioni su possibili futuri – spiega Nicola Ricciardi, Direttore Artistico delle OGR –. Attraverso linguaggi e riferimenti caratteristici della Science Fiction, Continuum porta a compimento progetti interrotti a inizio 2020 a causa dell’emergenza sanitaria e offre allo stesso tempo la propria interpretazione degli scenari che ci attendono, in un incessante movimento lungo un’immaginaria asse temporale. Un moto perpetuo che spinge le OGR anche oltre i propri confini, generando nuove sinergie, come ad esempio quella con il British Council e con le istituzioni culturali di Glasgow, città gemellata con Torino e che ne condivide lo spirito improntato alla sperimentazione in campo artistico e musicale”.
 

Programma completo

Unseen Stars (dal 10 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021), pensata per gli spazi monumentali delle Officine Grandi Riparazioni, nasce dalla riflessione di Trevor Paglen sullo spazio e il suo controllo, analisi che l’artista porta avanti da quasi dieci anni con collaborazioni scientifiche di altissimo livello, dalla NASA al MIT di Boston. Per l’occasione, Paglen trasforma le OGR Torino in un laboratorio aerospaziale in cui tre satelliti specchianti “non funzionali” e una serie di strutture sopraelevate simili a impalcature scandiscono la navata del Binario 1. Le opere, grazie a un’illuminazione fortemente teatrale, danno vita a uno spazio astratto che amplifica lo sdoppiamento dell’architettura, riflessa sulle superfici dei satelliti. La mostra è curata da Ilaria Bonacossa con Valentina Lacinio, ed è realizzata in partnership con Goethe-Institut Turin.

 Sabato 10 e domenica 11 ottobre, dalle ore 10 alle 20, Continuum porta nel Duomo delle OGR l’installazione Dear Can I Give You a Hand? che l’artista di Hong Kong Wong Ping aveva realizzato nel 2018 per una mostra al Guggenheim di New York: un’animazione video installata su un ledwall che, nel tipico stile dell'artista, presenta una grafica DIY ispirata a videogiochi arcade e futuri distopici. Mantenendosi al confine tra shock e umorismo, i video animati di Wong Ping esprimono le sue osservazioni sulla società contemporanea attraverso aneddoti di fantasia che rivelano i tratti più profondi nascosti della natura umana; in questo caso l’artista affronta le tensioni intergenerazionali causate dal ritmo incessante dell'economia digitale.

Sabato 10 e domenica 11 ottobre, dalle ore 10 alle 20, nel Binario 3 delle OGR Torino, verranno proiettati in loop contenuti video curati da Tramway, spazio polivalente di Glasgow, dedicato alle arti visive e performative. Lo spazio è nato dal recupero di un edificio industriale che, dal 1893 agli anni Ottanta, è stato dapprima capolinea, deposito e fabbrica dei tram della città scozzese e, poi, Museo dei Trasporti. In occasione del loro terzo compleanno, le Officine Grandi Riparazioni avviano una nuova collaborazione promossa dal British Council, presentando a Torino produzioni di musica sperimentale, performance e video di artisti scozzesi come Urara Tsuchiya, LAPS, Poisonous Relationship, Claricia Parinussa & Rowdi SS, Christian Noelle Charles e FRAN.K, accompagnati da una selezione di video a cura di David Dale Gallery and Studio, spazio di ricerca per l’arte contemporanea di Glasgow.

Sabato 10 ottobre, alle ore 16, le OGR Tech ospitano Bodies beyond straight composition… La società degli amici di Lorenza Böttner: un video screening e una lecture performance live e in diretta streaming con Viktor Neumann, storico dell'arte e curatore, per presentare il lavoro di Lorenza Böttner, artista riscoperta a documenta 14 (2017) e portata all’attenzione del pubblico grazie ai testi e alle mostre di Paul B. Preciado.
A lungo ignorata a causa della disabilità fisica dell'artista, il lavoro di Lorenza Böttner – che abbraccia fotografia, pittura, video e performance – si inserisce perfettamente nei temi e filoni di ricerca delle OGR Cult: la riflessione sull’intersezionalità, la performatività e l’accesso alla cultura, nelle sue varie forme.

Sabato 10 ottobre, dalle 18, il Binario 2 delle OGR Cult diventa palcoscenico per Learning from the future di Colette Sadler: la coreografa scozzese presenta un assolo in cui, interagendo con luci e proiezioni e con movimenti tra il biologico e il tecnologico, riflette sul cambiamento del concetto di fisicità in un mondo ipertecnologico.

Originariamente proposti all’interno del progetto Dancing is what we make of falling 2 - My Bodies a cura di Samuele Piazza e Valentina Lacinio, i lavori di Wong Ping, Lorenza Böttner e Colette Sadler sono riconfigurati in occasione di Continuum, per offrire uno spazio di discussione condiviso sulla responsabilità dell’arte contemporanea nella creazione di immaginari alternativi. I lavori scelti aprono una riflessione sul corpo, i suoi limiti e le sue potenzialità, le sue relazioni con il concetto di identità, le sue trasformazioni alla luce dei cambiamenti sociali e tecnologici della contemporaneità, oggi ancora più urgenti.

A partire dal 29 settembre, sarà possibile prenotare la propria visita sul sito www.ogrtorino.it.

Sabato 10 ottobre, dalle 16 alle 20 in Binario 3 si terrà un nuovo appuntamento di OGR SoundSystem, il progetto realizzato dalle OGR Torino in collaborazione con Club to Club Festival, che in occasione di Continuum viene riconfigurato per offrire al pubblico un’esperienza di ascolto inedita. Protagonisti della serata saranno i Gang of Ducks.

Domenica 11 ottobre, infine, le OGR Torino offrono al pubblico un nuovo appuntamento delle Domeniche in Festa: visite guidate e incontri per le famiglie a cura di ZonArte, il network dei Dipartimenti Educativi di musei e fondazioni torinesi sostenuto da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. La nuova programmazione si apre con un omaggio alla mostra Unseen Stars di Trevor Paglen: un’occasione per le famiglie, accompagnate dalle ARTENAUTE del Dipartimento Educazione Castello di Rivoli, per esplorare lo Spazio attraverso un viaggio immaginario. Le attività pomeridiane, in particolare, saranno dedicate alle famiglie che hanno preso parte durante il lockdown al progetto di Fondazione CRT Talenti per la Scuola, in collaborazione con Associazione ASAI.


La galleria Peola Simondi apre con Gregorio Botta

 


Il nuovo connubio della galleria Peola Simondi si avvia con la mostra  di Gregorio Botta in cui le sostanze diventano la forma intensa d'espressione e trovano nel titolo "È materia delicata"  una chiara indicazione.  



Sangue, ceramica, alabastro, cera e tanti altri elementi si incontrano in forme naturali e primarie esprimendo una forte fragilità, simile all'instabilità del pensiero umano che tenta di potersi condividere. 





28/09/20

Bottiglie alla franco-giapponese Murakami + Perrier e Veuve Clicquot + Yayoi Kusama

 




Rinnovamento grafico per il celebre marchio di acqua gassata Perrier che realizza una collaborazione con l'artista Murakami che riveste la bottiglia con i suoi divertenti disegni pop, come già fece per un'altro noto marchio di moda francese.


La bottiglia così prodotta sarà distribuita in tutto il mondo dal prossimo ottobre. 



Altra collaborazione fra un marchio francese e un artista giapponese è quella del gruppo Veuve Clicquot che per la sua pregiata produzione Grand Dame 2012 ha coinvolto la nota artista Yayoi Kusama a realizzare la sua veste grafica . 





I bei tempi del Colony Rooms

 


La galleria Dellasposa di Londra propone una interessante mostra legata al mitico Colony Room, locale di Soho frequentato da una folta comunità di artisti inglesi, come il mitico Bacon.

CS

Tales from the Colony Rooms recounts the genesis of the modern and contemporary art scene that was cultivated by the artists who passed through the doors of the Colony Rooms, the infamous private members club for artists and writers in London.  The exhibition presents works of art by Francis Bacon, Lucian Freud, R. B. Kitaj, F. N. Souza, Frank Auerbach, John Deakin, Daniel Farson, Bruce Bernard, Nina Hamnett, Isabel Rawsthorne, Michael Clark, Sir Peter Blake, Eduardo Paolozzi, Patrick Caulfield, Darren Coffield, Daniel Chadwick, Amelia Troubridge, David Bailey, Sarah Lucas, Maggi Hambling, Cecily Brown, Marc Quinn, Matt Collishaw, Keith Coventry, Nick Reynolds, and many more artists.

The exhibition is accompanied by the official release of the book, Tales from the Colony: Soho's Last Bohemia, by  Darren Coffield. The book is an oral history, composed of previously unpublished and long-lost interviews with many of the protagonists and artists who were central to the bohemian art scene; giving the reader a real flavour of what it was like to frequent the Colony Rooms.





27/09/20

Back to Nature nel parco di Villa Borghese

  
MARIO MERZ Senza titolo (Igloo di Oporto), 1998 (part.)  @ Simon d’Exéa

Un bel progetto di arte contemporanea è proposto da  Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzato da Zètema Progetto Cultura presso il parco di Villa Borghese col titolo " Back to Nature".


CS

Dal 15 settembre al 13 dicembre 2020 il parco di Villa Borghese, uno dei parchi storici più famosi e amati di Roma, ospiterà Back to Nature. Arte

Contemporanea a Villa Borghese, a cura di Costantino D’Orazio. Un progetto espositivo inedito che riflette sul futuro e sulla necessità di costruire un nuovo rapporto con la natura, in questo complicato periodo di cambiamenti climatici e di pandemia. In mostra, ad ingresso gratuito, una serie di installazioni pensate per essere esposte all’aperto e apprezzate da tutti coloro che frequenteranno il parco, appositamente progettate o reinventate per l’occasione da artisti di rilievo internazionale come Andreco, Mario Merz, Mimmo Paladino, Benedetto Pietromarchi, Davide Rivalta, Grazia Toderi, Edoardo Tresoldi, Nico Vascellari.


TRESOLDI Etherea (det) @ Simon d’Exéa

Back to Nature rappresenta una novità assoluta all’interno della programmazione culturale della città: si tratta del primo progetto coordinato con installazioni d'arte contemporanea nell’ambito di una strategia di valorizzazione dei parchi storici della Capitale.

Le opere dialogheranno grazie alla trasparenza, che permetterà di ammirarle in sintonia con la natura del parco e in perfetta convivenza tra loro. Passeggiare nel parco permetterà ai visitatori di godere della corrispondenza tra il segno contemporaneo, le architetture del parco e le piante che lo abitano.

Inizialmente programmato a partire dal 22 aprile 2020 e sospeso per le misure di contenimento del Covid-19, Back to Nature. Arte Contemporanea a Villa Borghese è promosso e prodotto da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzato da Zètema Progetto Cultura.

L’iniziativa fa parte di Romarama, il programma di eventi culturali promosso da Roma Capitale. Il progetto, che vede come partner Acea, Sport e Salute con FISE e Inbetweenartfilm, si avvale della collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, che ha partecipato all’elaborazione dei contenuti dell’iniziativa e alla scelta degli artisti, dell’Azienda Speciale Palaexpo e del Conservatorio di Musica Santa Cecilia, promotori del programma di performance che animeranno il festival durante il periodo di apertura, attraverso appuntamenti nei fine settimana e in alcune serate.

L’esposizione coinvolge prevalentemente il Parco dei Daini e l’area di Piazza di Siena, oltre al Museo Carlo Bilotti e al Museo Pietro Canonica, con la proposta di un percorso di opere che invitano i visitatori a riscoprire gli spazi del giardino in chiave contemporanea. Dallo spettacolare doppio Igloo di Mario Merz e alla nuova opera di Mimmo Paladino, dieci grandi bandiere ispirate dai dettagli delle sculture e della natura del parco, in Back to Nature

dialogano opere progettate per l’occasione e opere che trovano nel parco una nuova identità.


DAVIDE RIVALTA, Bufala, 2020 @ Simon d’Exéa

Andreco proporrà Drops, un’installazione originale che abiterà la Prospettiva del Teatro nel Parco dei Daini; Davide Rivalta esporrà una grande bufala in bronzo fusa con il metodo della cera persa, a dialogo con i leoni esposti sulla scalinata della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea; Grazia Toderi interverrà nella cosiddetta Loggia dei Vini, padiglione seicentesco al confine con Porta Pinciana, presentando la video installazione notturna Red Map, a cura di Alessandra Mammì; Edoardo Tresoldi, impegnato per la prima volta in un’installazione pubblica a Roma, porterà a Villa Borghese Etherea, una grande scultura trasparente e abitabile che dialogherà con gli alberi del Parco dei Daini; Nico Vascellari presenterà presso la Casa del Cinema un’opera video realizzata per l’occasione, pensata come un omaggio alla natura, che accompagnerà lo sguardo del pubblico in un nostalgico itinerario senza tempo, durante il quale sarà possibile vivere un’esperienza emotiva controversa, tra l’aspettativa di un evento imminente e la riconciliazione con l’ambiente. Tra gli spazi istituzionali interessati dalla manifestazione e situati all’interno della villa, oltre al Museo Carlo Bilotti e al Museo Pietro Canonica, anche la Casa del Cinema. In particolare, Benedetto Pietromarchi realizzerà una mostra personale, a cura di Paolo Falcone, all’interno del Museo Carlo Bilotti, con opere realizzate con il riciclo di alcuni elementi arborei della villa.

La manifestazione è concepita come un festival nel quale, intorno alle grandi installazioni artistiche nel verde, in dialogo armonioso con la natura, si svolgeranno performance musicali e interventi di street artist, volti al coinvolgimento del pubblico. I visitatori della mostra potranno interagire con le immagini elaborate dagli artisti e diventare protagonisti del festival attraverso selfie e scatti fotografici. 

Milano Design City

 




L'autunno quest'anno ci porta un'edizione speciale del Milano Design City, che si svolgerà da fine Settembre al 10 Ottobre.

In formato più semplificato si propongono comunque tantissimi eventi, più di trecento, che come sempre troveranno spazio fisico nelle diverse locations come Zona Tortona, Brera Design, Bovisa  o Isola Design District e in certe forme virtuali come la piattaforma Fuorisalone.it  

26/09/20

Giovani creativi al Magasins généraux

 

Gabriel Day, Dear Future Looser / 1, bottes, œufs d ’autruche, dimensions variables, 2019. © Photographie de l ’artiste.


Dal 3 ottobre al 25 ottobre si aprirà al Magasins Généraux la mostra collettiva "Un plus grand lac" riunisce 15 giovani artisti e 12 giovani curatori della Scuola di Arti Decorative di Parigi e della Scuola di Belle Arti di Parigi. Nato da una collaborazione tra queste due scuole d'arte e l'Università della Sorbona, questo progetto senza precedenti inaugura la creazione di un collettivo di curatori emergenti: lo spazio proiettivo.


Alla ricerca di "Un lago più grande", gli artisti immaginano spazi che permettano loro di "fare con" la società che li circonda. Ripensando le nostre interazioni con il nostro habitat, questa mostra è nata da una sorgente di squame sconvolte, dove la più insignificante delle particelle infette ci ha insegnato l'enorme potenza dei suoi echi. Dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande, gli artisti riuniti dallo spazio proiettivo collettivo considerano tutte le possibilità di investire e abitare l'ambiente, all'interno di una mostra dove il siderale incontra la banalità del quotidiano.

Ottimismo alla De Carlo



Un bel titolo ottimista "Come prima, meglio di prima" ci porta alla galleria Massimo De Carlo con le opere di Gianfranco Baruchello, Carla Accardi, Marisa Merz, Gian Domenico Sozzi, Massimo Bartolini, Pietro Roccasalva, Diego Perrone e Paola Pivi.

Con questa mostra Massimo De Carlo propone l’incontro tra otto artisti italiani in un’ottica intergenerazionale, con opere che vanno dagli anni Settanta fino ai nostri giorni. In un periodo in cui sta forzatamente emergendo un modo alternativo di interagire con il mondo e con l’arte, e di vivere il tempo e lo spazio, Come prima, meglio di prima esplora la possibilità di un tempo fluido, in cui passato e presente si incontrano e si confrontano per dare vita a una sintesi che possa suggerire una prospettiva. Il lavoro degli artisti in mostra accoglie questa possibilità.

La mostra si apre con le colonne in marmo e la registrazione audio di un tavolo in movimento di Massimo Bartolini. Nell’opera On the rock (2019), l’artista rielabora un tema ricorrente nella sua pratica, quello del paesaggio, che qui esce dalla tela e ne sfida i limiti convenzionali. Le vedute della pittura paesaggistica tradizionale sono ora sorrette dalla pietra, emblema dell’attesa, immobile e resistente, che da elemento della natura si fa scultura in bronzo.

Proseguendo, si incontrano le opere di Carla Accardi e Paola Pivi. Non è la prima volta che Massimo De Carlo propone un dialogo fra le due artiste: in occasione della doppia personale organizzata a Londra nel 2013, Paola Pivi disse ‘Carla Accardi è la mia guru’, affermazione che svela la sintonia che lega la Pivi all’artista siciliana. Al centro della sala si erge il Cilindro-Cono (2013) che, con la sua trasparenza tridimensionale, si fonde con leggerezza all’ambiente circostante, mentre alle pareti scintillano le cascate di perle di Paola Pivi.



La semplicità della scultura in gesso e acciaio dialoga con il ricco lavoro su carta di Marisa Merz. Unica esponente donna del movimento dell’Arte Povera, Marisa Merz si è imposta, a partire dagli anni Sessanta, per la sua poetica intima e mutevole, in cui materiali quotidiani e insoliti si mescolano per dare vita a forme organiche e metamorfiche.

Nella sua pratica, Gian Domenico Sozzi recupera oggetti frutto di incontri fortuiti e accidentali, su cui applica stratificazioni di pensiero che ne trasformano le identità. Le tre opere in mostra, dalla serie FATIMA (2020), nascono dall’apparizione inattesa di specchietti retrovisori, che vengono trasformati dalla mano dell’artista rivelando la casualità e il determinismo alla base del suo lavoro.

La mostra presenta anche una selezione di assemblaggi di Gianfranco Baruchello. Popolata da una moltitudine di piccole immagini, figure minuscole e segni linguistici, l’opera di Baruchello esplora i meccanismi della mente umana, le sue relazioni con lo spazio e le sue applicazioni in sistemi complessi come il linguaggio, l’anatomia, la natura, la società, la politica.

La tre tele di Pietro Roccasalva rivelano il profondo impegno dell’artista nello sfidare le potenzialità della pittura attraverso un vocabolario che mescola tecniche e riferimenti diversi, utilizzando lemmi della tradizione classica e riferimenti culturali colti. L’abilità pittorica dell’artista diventa un mezzo straordinario per connettere concetti e visioni, e resta l’elemento centrale di una poetica che combina linguaggi e pratiche differenti.

La mostra si chiude con una nuova serie di opere di Diego Perrone in cera e metallo, bassorilievi dipinti le cui forme nascono da soggetti rappresentati secondo prospettive inconsuete, rendendoli così appena riconoscibili. Su di essi l’artista sovrappone altri soggetti dal carattere più illustrativo che suggeriscono una sintesi pittorica, oltre a intensificare l'effetto traslucido della cera. 

La mostra Come prima, meglio di prima è arricchita da contenuti originali creati dagli artisti in mostra, fruibili attraverso la pagina Instagram della galleria @massimodecarlogallery.


25/09/20

Capa a colori


 Robert Capa. Capucine, modella e attrice francese al balcone, Roma Agosto 1951
Credits Robert Capa International Center of Photography Magnum Photos


Arriva a Torino la mostra "Capa in color" che  presenta, per la prima volta in Italia, gli scatti a colori di Robert Capa, fotografo di fama mondiale. La collezione è presentata da ICP-International Center of Photography, grazie a ICP Exhibitions Committee e ai fondi pubblici del New York City Department of Cultural Affairs in partnership con il consiglio cittadino.

 

Curata dal Centro Internazionale di Fotografia di New York, è prodotta dalla Società Ares con i Musei Reali e allestita nelle Sale Chiablese dal 26 settembre 2020 al 31 gennaio 2021. Robert Capa è internazionalmente noto come maestro della fotografia in bianco e nero, ma ha lavorato regolarmente con pellicole a colori fino alla morte, nel 1954. Sebbene alcune fotografie siano state pubblicate sui giornali dell’epoca, la maggior parte degli scatti a colori non erano ancora stati presentati in un’unica mostra. L’esposizione presenta oltre 150 immagini a colori, lettere personali e appunti dalle riviste su cui furono pubblicate.

 

L’esposizione è nata da un progetto di Cynthia Young, curatrice della collezione di Robert Capa al Centro internazionale di fotografia di New York, per presentare un aspetto sconosciuto della carriera del maestro. Rispetto a quanto è stato mostrato in precedenza, l’esposizione intende illustrare il particolare approccio dell’autore verso i nuovi mezzi fotografici e la sua straordinaria capacità di integrare il colore nei lavori da fotoreporter, realizzati tra gli anni ‘40 e ‘50 del Novecento.

 

Nato a Budapest con il nome di Endre Ernő Friedmann e naturalizzato cittadino americano nel 1946, Capa fu considerato dal Picture Post come “il più grande fotografo di guerra”, con riferimento agli scatti realizzati durante la guerra civile spagnola. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Capa ha collaborato con molte riviste come Collier’s e Life, ciò che gli permise di acquisire una particolare sensibilità nel rappresentare la guerra e le devastazioni. Le sue famose immagini ben simboleggiano la brutalità dei conflitti e hanno contribuito a cambiare la percezione del pubblico verso la fotografia di guerra.

 

Il 27 luglio 1938, trovandosi in Cina per documentare la guerra sino-giapponese in un reportage durato otto mesi, Capa scrisse a un amico della sua agenzia di New York: “Spediscimi immediatamente 12 rulli di Kodachrome con tutte le istruzioni su come usarli, filtri, etc… in breve, tutto ciò che dovrei sapere, perché ho un’idea per Life”. Sebbene di quel servizio siano sopravvissute soltanto fotografie in bianco e nero, ad eccezione di quattro immagini pubblicate sulla rivista Life il 17 ottobre 1938, la lettera esprime il chiaro interesse di Capa per i lavori con pellicole a colori, ben prima che venissero largamente impiegate da molti altri fotoreporter.

 

Nel 1941, Capa fotografò a colori Ernest Hemingway nella sua casa a Sun Valley, in Idaho, e utilizzò pellicole a colori anche durante la traversata dell’Atlantico su una nave merci con un convoglio alleato, scatto pubblicato dal Saturday Evening Post.  

 

Della produzione di Robert Capa sono molto noti i reportage della Seconda Guerra Mondiale, in particolar modo dello sbarco in Normandia, pur avendo privilegiato maggiormente pellicole in bianco e nero. Le poche immagini a colori ritraggono soprattutto le truppe americane e il corpo francese a cammello in Tunisia, nel 1943.

 

Dopo il secondo conflitto mondiale, l’attività di Capa si orientò esclusivamente verso l’uso di pellicole a colori, soprattutto per fotografie destinate alle riviste dell’epoca come Holiday e Ladies’Home Journal (USA), Illustrated (UK), Epoca (Italia). Quelle immagini, presentate ai lettori per la prima volta, avevano lo scopo di raccontare al pubblico americano ed europeo la vita quotidiana di persone comuni e di paesi lontani, in maniera radicalmente diversa rispetto ai reportage di guerra che avevano guidato i primi anni della carriera di Capa. L’abilità tecnica del maestro, abbinata alla capacità di raccontare le emozioni umane dimostrata nelle prime fotografie in bianco e nero, gli permise di muoversi con particolare abilità tra i diversi tipi di pellicola, impiegando il colore a completamento dei soggetti fotografati. Tra questi primi lavori si trovano le fotografie della Piazza Rossa di Mosca, realizzate durante un viaggio in URSS nel 1947 con lo scrittore John Steinbeck e la vita dei primi coloni in Israele nel 1949-50. Per il progetto Generazione X, Capa si recò a Oslo, a Essen, nel nord della Norvegia e a Parigi per catturare la vita e i sogni delle giovani generazioni nate prima della guerra.

 

Le fotografie di Capa presentano ai lettori anche un interessante ritratto dell’alta società, dovuto al sapiente ed elegante uso della fotografia a colori. Nel 1950, ritrasse le stazioni sciistiche più alla moda delle Alpi svizzere, austriache e francesi, e le affascinanti spiagge francesi di Biarritz e Deauville per il fiorente mercato turistico presentato dalla rivista Holiday. Scattò anche diverse fotografie di moda, lungo le banchine della Senna e in Place Vendôme. Fotografò diversi attori e registi sui set cinematografici, come Ingrid Bergman nel film Viaggio in Italia di Roberto Rossellini, Orson Welles in Black Rose e John Huston in Moulin Rouge. In questo periodo realizzò anche una serie di ritratti, come quelli di Pablo Picasso, fotografato su una spiaggia con il figlio Claude, o di Giacometti nel suo studio a Parigi. L’immaginario a colori era parte indissolubile della ricostruzione e della vitalità del dopoguerra.

 

Per tutti i lavori realizzati dalla fine della guerra in avanti, Capa impiegava sempre almeno due fotocamere: una per le pellicole in bianco e nero e una per quelle a colori, usando una combinazione di 35 mm e 4x5 Kodachrome, e le pellicole Ektachrome di medio formato, sottolineando l’importanza di questo nuovo mezzo per la sua crescita professionale. Continuò a lavorare con pellicole a colori fino al termine della sua vita, anche durante il viaggio in Indocina dove morì nel maggio 1954. In particolare, gli scatti a colori dall’Indoncina sembrano anticipare le immagini che avrebbero dominato l’immaginario collettivo della guerra in Vietnam, negli anni ‘60 del Novecento.

 

Capa in color è una mostra che offre la possibilità unica di esplorare il forte e decennale legame del maestro con la fotografia a colori, attraverso un affascinante percorso che illustra la società nel secondo dopoguerra. Il suo talento nella composizione del bianco e del nero fu enorme, ma la scoperta della potenzialità delle pellicole a colori, quasi a metà della sua carriera, rese necessario definire un nuovo approccio. Capa in color rivela come Robert Capa iniziò a osservare il mondo in maniera diversa e come la sua attività riuscì ad adattarsi alla nuova sensibilità postbellica. L’innovativo mezzo fotografico lo obbligò non solo a riconsiderare la composizione dei colori, ma anche a trovare il modo migliore per soddisfare la curiosità di un pubblico reduce dal conflitto, che desiderava divertirsi e conoscere luoghi lontani.

 


Dichiara Enrica Pagella, Direttrice Musei Reali:

«La verità è l'immagine migliore, la miglior propaganda. Con questa frase celebre, Robert Capa afferma l’importanza del mezzo fotografico come arma di testimonianza e di denuncia. Noto universalmente come figura emblematica del fotoreporter di guerra, Capa documentò in bianco e nero i principali conflitti del Novecento, dalla guerra civile spagnola alla Seconda Guerra Mondiale, dal conflitto arabo-israeliano alla prima guerra di Indocina. Sperimentò l’uso del colore mentre si trovava sul fronte della seconda guerra sino-giapponese, nel 1938, e si avvicinò al cinema intervenendo in una pellicola prodotta da Luis Buñuel (Spagna 36) o quale fotografo di scena sul set del film Notorious, diretto da Alfred Hitchcock, che gli consentì di introdurre al neorealismo di Rossellini l’amata Ingrid Bergman. Un’estetica calata nella realtà e un uomo sempre pronto a misurarsi con le miserie, il caos e la storia, fino alla morte avvenuta nel 1954 in Vietnam, mentre scattava una foto.


Capa è stato tra i fondatori della storica agenzia Magnum Photos con Henri Cartier-Bresson, David Seymour, Georges Rodger e William Vandivert nel 1947, ancora oggi tra le più importanti agenzie di fotogiornalismo mondiali. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la sua poetica si concentrò soprattutto sulle pellicole a colori, ritraendo la vita decadente dell’alta società europea per le riviste, così come attori e artisti. A questa produzione meno nota, ma altrettanto affascinante e inconsueta, è dedicata la mostra Capa in color: il percorso è costituito da 150 immagini che appartengono alla collezione conservata all’International Center of Photography di New York e che sono arrivate a Torino qualche mese prima dell’emergenza sanitaria. Grazie all’accordo con la Società Ares, è ora possibile presentare per la prima volta in Italia, in un’unica mostra, un ritratto della multiforme società internazionale del dopoguerra, grazie al sapiente ed elegante uso del colore. Una mostra importante, sia per la qualità delle immagini che per l’opportunità di estendere l’offerta dei Musei Reali all’attività di un grande maestro del Novecento. Una sfida espositiva che accompagna la ripresa dopo i mesi del confinamento, un modo per “andare più vicino” al pubblico e alla vita, proprio come suggeriva uno degli insegnamenti di Capa: Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete andati abbastanza vicino».

 


 

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Capa in color

Torino, Musei Reali - Sale Chiablese

26 settembre 2020 - 31 gennaio 2021

 

Orario di apertura

Dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00

Sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00

(ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)

 

Biglietti

Intero: € 13

Ridotto: € 10 (over 65, insegnanti, giornalisti non accreditati, tessere convenzionate)

Ridotto ragazzi: € 5 (ragazzi tra 11 e 18 anni compiuti)

Pacchetto famiglia: fino a 2 adulti € 10 cad. e ogni ragazzo tra 11 e 18 anni € 5 cad.

Omaggio: possessori dell’Abbonamento Piemonte Musei, Torino Card, bambini da 0 a 10 anni, persone con disabilità, dipendenti MIBACT, giornalisti in servizio previa richiesta di accredito all’indirizzo info@capaincolor.it

I biglietti possono essere acquistati online sul sito www.capaincolor.it

Trisha Baga al Pirelli Hangar Bicocca di Milano

 


Il Pirelli Hangar Bicocca porta per la prima volta in Italia una mostra di Trisha Baga, in una pregiata antologica, dal suo primo lavoro There’s No “I” in Trisha (2005-2007) – concepito come una sitcom televisiva in cui l’artista interpreta tutti i ruoli – alla più recente opera 1620 (2020) realizzata per l’occasione.

Sotto il titolo “the eye, the eye and the ear”  sono proposte cinque grandi installazioni video, che indagano la relazione tra il corpo e la tecnologia, la mostra presenta inoltre una ricca selezione di ceramiche realizzate dal 2015 e sei lavori della serie Seed Paintings (2017), dipinti composti utilizzando semi di sesamo.

Trisha Baga (Venice, Florida, 1985, vive e lavora a New York), americana di origini filippine, è tra le artiste e video maker più innovative della sua generazione. Nelle sue opere combina linguaggi e media differenti e attinge dall’immaginario televisivo, cinematografico e da filmati amatoriali per trattare temi come l’identità di genere e il rapporto tra mondo reale e digitale, facendo emergere una diversa prospettiva della contemporaneità.

La mostra è un percorso lungo i media che hanno scandito la pratica di Trisha Baga – passando dal VHS, al DVD per arrivare al 3D – e affonda le radici nella sua pratica performativa: gli stessi visitatori la attraversano come immersi in un ambiente che espande lo spazio fisico in numerosi livelli visivi e sonori.

Il display della mostra rimanda inoltre agli allestimenti caratteristici dei musei di storia naturale, non solo nella presentazione delle opere, ma anche per un approccio classificatorio inconsueto che mette in relazione l’idea di fossile a dispositivi tecnologici, come gli assistenti personali virtuali, creando dei corto-circuiti temporali. Attraverso il suo sguardo ironico e umoristico Trisha Baga riflette sull’eccessivo affidamento e sulle speranze che riponiamo nella tecnologia, rivelandone così gli aspetti più fragili e fallimentari.

Giornate Europee del Patrimonio


Anche quest'anno Sabato 26 e Domenica 27 settembre i musei italiani partecipano alle Giornate Europee del Patrimonio con visite, incontri, laboratori sono anche previste aperture serale con il biglietto d’ingresso al costo simbolico di 1 euro. 

Il tema di quest'anno è  “Imparare per la vita”  proposto dal Consiglio d’Europa e rilanciato dal MiBACT per questa edizione della manifestazione internazionale, che ogni anno coinvolge in tutta Italia i luoghi della cultura e i musei statali: un richiamo ai benefici che derivano dall’esperienza culturale e dalla trasmissione della conoscenza nella società contemporanea.

Riparte Formafantasma: Cambio alla Serpentine Gallery

 


Il prossimo 29 Settembre la Serpentine Gallery riparte col progetto "Formafantasma: Cambio" per tutti gli aspetti tecnici visitate il sito.

I Formafantasma (Andrea Trimarchi e Simone Farresin) sono designer che analizzano le responsabilità ecologiche e politiche della loro disciplina. Il loro approccio olistico risale alla storia di un particolare materiale utilizzato dagli esseri umani, verso i modelli di catene di approvvigionamento che si sono sviluppati per supportare ed espandere il suo utilizzo, e in avanti verso il futuro della sopravvivenza di quel materiale in relazione al consumo umano.

Cambio , dal latino medievale cambium , "cambiamento, scambio", è un'indagine in corso condotta da Formafantasma sulla governance dell'industria del legno. L'evoluzione di questa forma di commercio nel tempo, e la sua tentacolare espansione in tutto il mondo, ha reso difficile la regolamentazione. È nato dalla bioprospezione che ha avuto luogo in tutti i territori coloniali durante il 19 ° secolo, diventando una delle più grandi industrie del mondo sia in termini di entrate che genera sia per l'impatto che ha sulla biosfera del pianeta.

I primi oggetti in mostra sono campioni di legni duri rari esposti per la prima volta nella Grande Esposizione del 1851, a poche centinaia di metri da questo edificio, che rappresentano alberi abbattuti fino al punto di estinzione. I più recenti sono i mobili espositivi e le sedute progettate da Formafantasma, tutti realizzati da un unico albero travolto da una tempesta nel nord Italia nel 2018. In ogni pezzo di legno c'è un archivio del cambiamento climatico e del movimento naturale. materiali in tutto il mondo.

Cambio fa riferimento anche allo strato cambiale, una membrana che corre attorno al tronco degli alberi, producendo legno all'interno, una registrazione del passato dell'albero e corteccia all'esterno, permettendogli di continuare a crescere. Come gli anelli di un albero, gli spazi centrali della mostra presentano dati e ricerche sotto forma di interviste, materiali di riferimento e due filmati realizzati da Formafantasma in risposta alla loro ricerca, mentre gli spazi perimetrali offrono una serie di casi studio che forniscono approfondimenti nel modo in cui il legno viene acquistato e utilizzato. Ciascuna di queste indagini rappresenta una collaborazione con esperti dei settori della scienza, della conservazione, dell'ingegneria, della definizione delle politiche e della filosofia. Insieme, passano da un'analisi microscopica del legno e della sua capacità di immagazzinare anidride carbonica, a una comprensione metafisica degli alberi come organismi viventi.

Questa mostra multidisciplinare sottolinea il ruolo cruciale che il design può svolgere nel nostro ambiente e la sua responsabilità di guardare oltre i confini dei suoi confini. Il futuro del design può e deve tentare di tradurre l'emergente consapevolezza ambientale in una rinnovata comprensione della filosofia e della politica degli alberi che incoraggerà risposte informate e collaborative.


Antenna Fantasma

Antenna Fantasma era un programma settimanale live di conversazioni su design, ecologia e sostenibilità ospitato da Formafantasma.

Antenna Fantasma è stata prodotta durante il blocco in risposta alla chiusura temporanea della mostra Cambio di Formafantasma come un modo per esplorare ulteriormente le idee esaminate nella mostra attraverso conversazioni con designer, architetti, accademici, scienziati e curatori che hanno contribuito. Tra gli ospiti Paola Antonelli (MoMA), Stefano Boeri (Architetto), Rebecca Lewin (Serpentine Galleries) e altri.