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28/02/10

Damien Hirst



Oggi probabilmente l’artista vivente più famoso. Soprattutto dopo la sua opera “The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living” (cioè L'impossibilità fisica della morte nella mente di un vivente), una teca dentro cui è posto uno squalo tigre in formaldeide, che lo ha reso famoso e al centro di continue polemiche e attenzione da parte dei media.

Abile promotore di se e di quel gruppo conosciuto come YBAs (Young British Artists) in cooperazione con il pubblicitario anglo-iracheno Charles Saatchi, ha saputo poi continuare autonomamente e creare opere sempre più “originali e pubblicitarie” in un delicato equilibrio fra bellezza e senso di morte.
Proprio la morte è il suo tema dominante che ha approfondito in diverse forme estetiche spesso anche con risultati discutibili.

Tutto quello che ci avvicina o ci allontana da questo attimo è stato preso in considerazione, la medicina, la religione, la sofferenza, i resti (le ossa)…. Spesso poi corpi di animali che morti lo sono e di cui ci affascina la delicatezza come le ali delle farfalle.

Un altro aspetto che me lo rende simpatico e la sua sfacciataggine nel gestire il mercato dell’arte, su cui ha saputo, fino ad ora, giostrarsi allegramente e saper cavalcare i vari momenti più o meno alti di questa realtà.

26/02/10

Prossimi eventi

Finalmente arriva la primavera che quest’anno offre una ricca messe di arte che attraversa tutto il novecento. 

Partendo da Venezia, si può vedere il rinnovato allestimento scultoreo di Ca’ Pesaro, sede della Galleria Internazionale d’Arte Moderna, che ci propone un’antologica della scultura del secolo scorso, nel rinnovato stupendo secondo piano, iniziando dal Pensatore di Rodin fino ad uno sguardo invisibile di Arturo Martini. Si prosegue a Palazzo Reale a Milano per visitare la bella mostra su Egon Schiele e il suo tempo, ripercorrendo una Vienna inquieta e sensuale fra le opere di Klimt, Kokoschka, Gerstl, Moser, per arrivare a Torino e affascinarsi alla Galleria di Arte Moderna con la mostra fra design ed arte “Keep Your Seat: Stai al Tuo Posto”.

Se poi si progetta una gita al mare una vicina meta è Nizza, che propone fra le tante occasioni la rinnovata Villa Arson che ha in corso una bella collettiva di artisti contemporanei internazionali “Double Bind, arrétez d’essayer de me comprendre!”, mentre il museo di Arte Asiatica offre un magico sguardo sull’India.


Un poco più lontano, ma sicuramente per gli appassionati vale un giro, l’antologica su Lucian Freud al Centre Pompidou e al Museo d’Orsay la suggestiva mostra “Delitto e Castigo”. 

Mentre a Londra una grande mostra sulla corrispondenza fra le lettere di Van Gogh e le sue opere è l’evento più interessante alla Royal Academy, segnalo anche che al British Museum sta per concludersi una stupenda esposizione sui nativi nord americani. 

Se si vogliono cose più contemporanei bisogna aspettare a Giugno quando il Castello di Rivoli, con la nuova gestione, riprenderà con una fitta rassegna di eventi e mostre.

25/02/10

Lucian Freud



Il Centre Pompidou di Parigi dedica dal 10 Marzo fino al 19 Luglio 2010 una mostra antologica a Lucian Freud, oggi ottantottenne, una figura di grande rilievo nella pittura contemporanea. Si tratta di un tributo che presenta una straordinaria collezione di dipinti che ripercorrono il suo percorso lavorativo in forma antologica. Sono state selezionate una cinquantina di dipinti di grande formato, completati da una selezione di opere grafiche, in gran parte provenienti da collezioni private, e corredate con una serie di rare fotografie realizzate negli studi londinesi dell'artista.
Infatti la mostra è organizzata intorno al tema dello studio, approccio già trattato nel passato da grandi artisti come Rembrandt, Courbet, Picasso. Questo sistema di lavoro è fondamentale per la pittura e la pratica di Lucian Freud, di cui è diventato nel tempo un maestro.

L’evento riunisce in una superficie di oltre 900 m2, opere di grandi dimensioni. Raccolte in un suggestivo interno espositivo sono proposti ritratti, studi dei sui vecchi maestri, una serie di autoritratti e i recente e imponenti profili di Leigh Bowery e Big Sue, capolavori del pittore.

L'unicità dei lavori di Lucian Freud è nella meticolosa ritrattistica, molto spesso nudi, per cui l’arista può dire: "Voglio che la pittura sia la carne o (...)" ancora "Per me la pittura è la persona", Il modello è osservato nel mondo chiuso del suo laboratorio, lo studio del pittore.

Lucian Freud dipinge solo quello che percepisce in questo luogo chiuso, i modelli e il loro mondo. Inserendo in secondo piano, nei suoi quadri, mobili e rarefatti oggetti, propone il suo universo. Tutto quello che si trova nello studio diventa parte di questo suo spazio di vita, nella sua pittura; riconoscibili e ricorrenti composizioni che appaiono in diverse opere: piante verdi, un divano scoppiato, poltrone, letti, lavelli, pareti con tappezzerie vissute. Sono il paesaggio oggettuale costruiti a poca distanza fra lo sguardo dell’artista e il modello. A tal motivo le opere portano come titolo l’indirizzo dei suoi studi, avuti nei diversi anni. Passando da Paddington, dove si era trasferito nel 1943, fino a trenta anni dopo a Notting Hill, attraverso il loft di Holland Parco.

Le forme del moderno



Dal 6 Marzo nei magnifici saloni di Ca’ Pesaro, sede della Galleria Internazionale d’Arte Moderna a Venezia, al II piano ci accolgono una trentina di grandi sculture appartenenti alla celebre collezione plastica di Ca’ Pesaro, in un percorso completamente nuovo, che privilegia valori formali e accostamenti inediti. La mostra si snoda negli spazi sontuosi dell’androne longheniano al piano terra e del monumentale secondo piano - oltre mille metri quadri di eccezionale pregio architettonico e impagabile qualità luminosa - recentemente restituiti a funzione museale, che consentono , finalmente, di esporre opere per molto tempo non accessibili al pubblico.

Le Forme del moderno è una proposta di rilettura, oltre che di riallestimento, in cui opere e spazi entrano in relazione organica.
Il vasto spazio dell’Androne al piano terra è dedicato alla rappresentazione scultorea della forma umana, con sei grandi opere che ne esemplificano la doppia polarità, femminile e maschile, in periodi e con linguaggi diversi. Il percorso prosegue al secondo piano. Qui le sculture si susseguono secondo una direttrice d’indagine formale che dalla linearità conduce man mano a una prevalenza della materia.

Nel grande Salone, ove è esposto in permanenza, per tutta la lunghezza delle pareti, il ciclopico fregio di Artistide Sartorio con il Ciclo della vita (240 mq di superficie pittorica in 14 pannelli con 128 figure “più grandi del vero”), l’originale pittura scultorea di quest’opera, caratterizzata da una costruzione formale in cui prevale la linea e l’assimilazione della cultura classica, viene posta in relazione con una serie di sculture che, nel loro plasticismo figurativo, muovono da influenze classiche verso nuove sintesi. Ecco allora – dal Pensatore (1880) e dai Borghesi di Calais (1886) di Rodin, alla Resurrezione (1904) di Bistolfi, fino alla Nuvola di de Toffoli (1955) - i trapassi dalla contorsione della forma all’eleganza di un più moderno linearismo e la ricerca di una semplificazione del tessuto compositivo.

Nel saloncino si lascia spazio a nuove ricerche plastiche condotte tra stilizzazione e ritmi dinamici; la forma e la linea perdono importanza, l’opera si identifica con la materia informe e il segno gestuale, è resa oggetto di sperimentazione, perde fisionomia, mentre si tenta la coniugazione di pittura e scultura. Sono qui esposti, tra l’altro, un Plurimo di Vedova (1964), oltre a opere in rame e in bronzo di Kemeny, Milani, Calò, ma anche tele di Gaspari o di Plessi.

L’ultima saletta è un omaggio a tre grandi maestri: Medardo Rosso, Adolfo Wildt e Arturo Martini. Dalle ricche collezioni del museo, sono stati qui selezionati celebri capolavori che hanno in comune un apparente mutismo dello sguardo: sguardi invisibili, dunque, ma capaci di tracciare tra loro, su linee diverse, un sorprendente dialogo a occhi chiusi .

La mostra, curata da Silvio Fuso, Matteo Piccolo, Giandomenico Romanelli e Cristiano Sant, si pone, oltre che come perfetta proposta di recupero e riallestimento museale, anche come il primo appuntamento del programma per il 2010 di Ca’ Pesaro, quasi interamente dedicato alla scultura. A Le forme del moderno, faranno infatti seguito, a settembre, la grande retrospettiva intitolata al britannico Toni Cragg (Liverpool, 1949, leone d’oro alla Biennale ’88), oltre a un prezioso approfondimento sulla grafica di Arturo Martini, che troverà spazio nell’area del museo dedicata alle proposte di ricerca e di indagine, la Sala 10 al primo piano.

LE FORME DEL MODERNO
Scultura a Ca’ Pesaro - Da Medardo Rosso a Viani, da Rodin ad Arturo Martini
Sede: Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Santa Croce, 2076, Venezia
Apertura al pubblico: 6 marzo – 18 luglio 2010
Orario: 10/17 (biglietteria 10/16), chiuso lunedì

BIGLIETTI
Ingresso con il biglietto del museo
Intero 6,50 euro
Ridotto 4,00 euro
Ragazzi da 6 a 14 anni; accompagnatori (max. 2) di gruppi di ragazzi; studenti* dai 15 ai 25 anni; accompagnatori (max. 2) di gruppi di studenti; cittadini ultrasessantacinquenni; personale* del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; titolari di Carta Rolling Venice; soci FAI

National Gallery - Paul Delaroche



Alla National Gallery prende avvio dal 24 Febbraio al 23 Maggio 2010 una doppia presentazione delle opere di Paul Delaroche, uno dei pittori più celebri del suo tempo. Questo artista fu uno dei più grandi pittori neo-classici e romantici, realizzò opere di successo spesso superiore a quella dei suoi contemporanei, Ingres e Delacroix.

La prima occasione proposta dalla National Gallery è presso la Sainsbury Wing Exhibition con il monumentale lavoro dedicato a Lady Jane Grey. Quest’opera è probabilmente il miglior esempio di questo genere storico. Esso raffigura il momento prima della l'esecuzione della giovane regina nel 1554, dopo un regno di soli nove giorni, un soggetto toccante e inquietante per il suo intenso realismo.

Attraverso i disegni preparatori e bozzetti, questa mostra ripercorre la lenta e attenta gestazione del dipinto. Si pone anche nel contesto più ampio di pittura di storia del tempo. Importanti precedenti vengono visualizzati insieme alle grandi opere che hanno creato la reputazione Delaroche negli anni dal 1820 al '30.


La seconda è presso la Stanza 1 (Room 1) con l’opera recuperata “Charles I offeso dai soldati di Cromwell”. Per decenni il quadro fu appeso nella splendida collezione di dipinti a Bridgewater House, la casa londinese della famiglia Ellesmere. Fino a quando l’ 11 maggio 1941, Bridgewater House viene colpita da una bomba tedesca. L’opera appesa in sala da pranzo, riceve diverse schegge che ne danneggiano parte della superficie, l’opera allora fu arrotolata ed evacuata in una casa in Scottish Borders, dove è rimasta sola e sicura per quasi 70 anni. E’ stata srotolato per la prima volta soltanto nell'estate del 2009. Nonostante il danno, i restauratori contati circa 200 schegge, l'immagine è stata resa interamente leggibile e non ha perso nulla della sua emotiva intensità.

Il dipinto fu presentato al Primo Salone di Parigi nel 1837, “Charles I offeso dai soldati di Cromwell” è uno dei più grandi dipinti sui temi di storia inglese di Paul Delaroche.

Il re è indicata nei giorni prima della sua esecuzione nel 1649, vittima di bullismo da parte delle truppe di Cromwell. In questo lavoro, Delaroche era in grado di implicare sorprendente parallelismi tra il destino struggente di Carlo e il recente corso della storia francese.

Tutte le info al sito http://www.nationalgallery.org.uk/

Le lettere di Van Gogh alla Royal Academy of Arts



Alla Royal Academy of Arts diverse proposte, sicuramente la più popolare la mostra intitolata “ Le lettere di Van Gogh”, di cui recentemente sono state presentate tutte le corrispondenze conosciute in un’edizione ricercata e approfondita. Per l’occasione sono presentate oltre 35 lettere originali, raramente esposti al pubblico a causa della loro fragilità, insieme a 65 dipinti e 30 disegni che esprimono i temi principali che si ritrovano all'interno della corrispondenza stessa proposta. Si tratta della prima grande mostra dedicata a Van Gogh a Londra da oltre 40 anni, un’occasione unica di gettare uno sguardo nella mente complessa di questo affascinante artista. Vincent Van Gogh è stato un personaggio che ha affascinato per la sua incredibile esistenza e la stupenda produzione artistica. L’evento si caratterizza proprio per questa particolare ed avvincente occasione di poter percorrere parallelamente le opere artistiche accompagnate dalle singole lettere che l’artista inviava al fratello e a tutti i suoi amici.

L’evento è organizzato da Ann Dumas della Royal Academy of Arts, Londra, in collaborazione con Leo Jansen, Hans Luijten e Nienke Bakker del Van Gogh Museum di Amsterdam. E’ possibile consultare e vedere alcune lettere visitando il sito www.vangoghletters.org

Sempre alla Royal Academy è possibile guardare una mostra dedicata a Paul Sandby, per ricordarlo al suo bicentenario della morte. Si tratta di una figura particolarmente famosa nel diciottesimo secolo in Gran Bretagna. La mostra propone oltre 80 opere di quello che fu considerato il 'padre della pittura ad acquarello inglese'.

Conclude la proposta la presentazione, nello spazio Tennant, della collezione dell’architetto John Yenn RA (1750 - 1821), grande collezionista di disegni ed acquarelli, fra cui la nota vista della cattedrale di Durham e della Abazia di Battel. Ma sono presenti anche gli affascinanti acquarelli della Valle Crucis Abbey e del Castello di Kenilworth.

Schiele e il suo tempo



Dal 25 febbraio al 6 giugno Palazzo Reale ospiterà la mostra “Schiele e il suo tempo”, realizzata dal Comune in collaborazione con il Leopold Museum di Vienna, sede della maggiore raccolta al mondo di opere del grande artista austriaco.

La mostra ci offre il clima culturale della Vienna di un secolo fà, quando immersa nella Secessione, attraversa e scopre un mondo che influenzerà tutto il globo, arrivando fino al 1918, anno segnato dalla fine della prima guerra mondiale e dalla morte di Klimt e Schiele.

Della ricca produzione di Schiele sono state selezionate alcune delle opere più intense, si potranno così ammirare: Donna inginocchiata in abito rosso (1910), Moa (1911), Autoritratto con alchechengi (1912), Case con bucato colorato (1914), Donna accovacciata con foulard verde (1914), Nudo disteso (1917). Accanto ad esse altri capolavori dell’Espressionismo austriaco come Ritratto di Henryka Cohn del 1908 di Richard Gerstl, Venere nella grotta del 1914 di Koloman Moser, Autoritratto con una mano che sfiora la guancia del 1918-1919 di Oskar Kokoschka, che per la prima volta sono riuniti insieme in un progetto ambizioso, completo ed esaustivo.

Egon Schiele è forse l’artista che ha saputo meglio esprimere un tormento del corpo e dell’anima, in figure di incredibile intensità e bellezza. Anatomie di corpi in posture impossibili, sguardi intensi e persi nel mondo della nascente psichiatria freudiana.

La mostra più importante della stagione primaverile milanese è curata da Franz Smola. L’esposizione propone più di 40 dipinti e opere su carta di Schiele, accompagnati da altrettanti capolavori di artisti suoi contemporanei: Klimt, Kokoschka, Gerstl, Moser per un totale che supera le 80 opere di grande pregio e bellezza.

24/02/10

Bruce Nauman




Inizialmente interesse alla matematica e alla fisica sposta poi il suo percorso di studi vero l’arte, prima in forma pittorica poi verso la scultura, e pian pianino verso forme all’epoca più sperimentali, quali la performance e il cinema/video.
Creatore di processi rabdomantici, tentativi instabili di forme, si caratterizza per essere un ricercatore di situazioni casualisti ed esperienze che trasforma in un percorso in continua sperimentazione.
Oggi è fra gli artisti viventi storici più seguito dalle giovani generazioni che vedono nel suo lavoro molto spurio e liberatorio una esempio attuale e condivisibile.
La sua produzione artistica è molto variegata e i temi quotidiani del vivere risultano forti, anche se in generale non esiste un percorso definito e continuativo. L’attenzione principale è posta proprio sulla banalità del gesto quotidiano, un tentativo di mettere attenzione al nostro fare e al muoversi in uno spazio. Spesso il suo lavoro ha una declinazione ironica, che se approfondita rivela forti aspetti critici al sistema contemporaneo, forse per questo ora si è ritirato ad allevare cavalli.
"C’è una certa tendenza a confondere le cose, ad assicurarsi che la gente sappia che si tratta d'arte, mentre l’unica azione da fare è esporla, lasciare che faccia da sola. Credo che la cosa più difficile sia presentare un’idea nella maniera più diretta”. Bruce Nauman.

Pensieri sull’arte – arte visiva o altro?




Un altro aspetto molto interessante è, oltre alla vasta produzione artistica, il senso di questa attività. Che cosa vuol dire fare arte visiva oggi.

In questo ultimo secolo l’arte visiva è passata da testimone e documentazione del mondo, ruolo passivo, a promotore e testimone del mondo, ruolo attivo.

Se prima il mondo veniva registrato e documentato tramite l’arte ora l’artista tenta di essere egli stesso artefice di questa trasformazione, di poterne attivamente, dare forma e possibilità.

Così facendo, spinta anche dai cambiamenti socio-economici, ha mutata sempre di più il suo senso e il suo ruolo, confondendosi in altri ambiti e in altre competenze. Questo lo si vede bene dal passaggio dalle sue forme classiche, la pittura e la scultura, a nuovi media e molteplici linguaggi. Al fine di poter agire con più incisività nel tessuto sociale e mantenere sempre un ruolo significativo.

Tale situazione ha generato da una parte una specializzazione sempre più forti, nelle tematiche e nei modi, col rischio di autoreferenzialità e un limitato consenso in quanto settorializzata, e dall’altra un confondersi con altri sensi e ruoli. Così i confini di ogni “disciplina” (arte, scienze, letterature …) si sovrappongono con altre e con altri mondi/processi/arti dando in qualche modo più spazio ma anche facendole perdere il suo “magico” fascino.

A tutto ciò si aggiunge il mercato che nel cercare di fruire dell’arte per le sue giuste strategie economiche ne ha “snaturati” il senso e il “prestigio”, impoverendone il valore e il suo ruolo più culturale dell’arte visiva, cuore del suo essere.

L’attuale crisi economica ha messo in evidenza sempre di più questi aspetti, prima col logoramento/consumo del “bene artistico” poi ora con il suo riconsideramento di valore e di senso. Troppo spesso il finto valore commerciale, enfatizzato soprattutto nelle occasioni d’asta, ha impoverito e svilito il gesto artistico, mettendone in risalto non il valore culturale ma il “fantomatico” valore economico.

22/02/10

La Biennale del Whitney




La Biennale del Whitney

Prende avvio il prossimo 25 Febbraio la Whitney Biennial, e durerà fino al 30 maggio 2010.

Sede unica dell’evento più interessante per la giovane arte americana sarà il Whitney Museum di New York.

Questa edizione è curata da Francesco Bonami e Gary Carrion-Murayari, che propongono una rassegna molto apprezzata, che già a ricevuto molto consenso per la grande apertura verso le donne, infatti il 52% degli artisti selezionati sono femmine.

Questa edizione si caratterizza anche per l’assenza di un tema che è stato sostituito semplicemente dalla data 2010. Quindi più un’idea di evento che segnali il presente. Altra caratteristica è che di ogni artista è selezionata una singola opera che caratterizzi in modo pieno la linea espressiva dell’artista.

Elenco aritist David Adamo, Richard Aldrich, Michael Asher, Tauba Auerbach, Nina Berman, Huma Bhabha, Josh Brand, The Bruce High Quality Foundation, James Casebere, Edgar Cleijne and Ellen Gallagher, Dawn Clements, George Condo, Sarah Crowner, Verne Dawson, Julia Fish, Roland Flexner, Suzan Frecon Maureen Gallace, Theaster Gates, Kate Gilmore, Hannah Greely, Jesse Aron, Green Robert Grosvenor, Sharon Hayes, Thomas Houseago, Alex Hubbard, Jessica Jackson, Hutchins Jeffrey, Inaba Martin Kersels, Jim Lutes, Babette Mangolte, Curtis Mann, Ari Marcopoulos, Daniel McDonald, Josephine Meckseper, Rashaad Newsome, Kelly Nipper, Lorraine O’Grady, R.H. Quaytman, Charles Ray, Emily Roysdon, Aki Sasamoto, Aurel Schmidt, Scott Short, Stephanie Sinclair, Ania Soliman, Storm Tharp, Tam Tran Kerry Tribe Piotr Uklaski, Lesley Vance, Marianne Vitale, Erika Vogt, Pae White, Robert Williams.

Altre info, video e foto al sito http://www.whitney.org/

Castello di Rivoli - futuro prossimo



Castello di Rivoli - Futuro prossimo

Nei giorni scorsi la nuova gestione del Castello di Rivoli, composta dai curatori Andrea Bellini e Beatrice Merz, ha reso pubblico un ricco programma di eventi e mostre. Facendo tesoro della ricca collezione e interagendo con diverse realtà territoriali, pare avviarsi un nuovo rifiorire di questo monumentale spazio, dopo alcuni anni di lenta attività.

Ecco il programma proposto, che prenderà avvio dall’8 Giugno:

tutto è connesso opere della collezione del Castello di Rivoli 1999-2009 a cura di Beatrice Merz
primo e secondo piano Castello

La missione di un museo come il Castello di Rivoli è conservare e valorizzare il proprio patrimonio, definendo metodi strategici per renderlo più fruibile. Nell’intento di dare un immediato segnale di rinnovamento nell’attività del Museo a partire dalla stessa collezione permanente, è stato ideato un nuovo allestimento di opere più recenti, sia di artisti appartenenti alle nuove generazioni sia di artisti già affermati.
Saranno coinvolti direttamente nel progetto curatoriale artisti che, partendo dalla collezione, offriranno il loro punto di vista sulla storia dell’arte, consentendo così una più esaustiva interpretazione del proprio lavoro. Questi artisti saranno chiamati ad interagire con le loro opere riallestendole, integrandole e suggerendo accostamenti inediti. Alcune sale del Castello che hanno segnato la storia del Museo, ad esempio quelle di Richard Long e di Sol LeWitt, diventeranno protagoniste di ulteriori sviluppi, mentre sarà riallestita la sala dipinta da Nicola De Maria nel 1984. Tra gli artisti segnaliamo Tacita Dean, Simon Starling, Regina José Galindo, Giulio Paolini, Marisa Merz, Giovanni Anselmo, Giuseppe Penone e Pierre Huyghe. Il pubblico avrà modo di vedere, tra le nuove acquisizioni, i lavori di artisti come Goshka Macuga, Emily Jacir e Susan Philipsz.
Nell’ambito della rassegna, verrà predisposta al primo piano una sala con postazioni dove si potranno visionare alcuni documentari storici sugli artisti presenti nell’allestimento, scelti nella vasta collezione della videoteca.

Pipilotti Rist a cura di Beatrice Merz e Marcella Beccaria
terzo piano Castello

Nell’ambito del nuovo allestimento della collezione l’attenzione si focalizzerà di volta in volta su un artista, presentandone il corpus completo delle opere in collezione. Il primo artista preso in considerazione per il focus 2010 sarà Pipilotti Rist, di cui il Castello possiede dieci opere, realizzate tra il 1986 ed il 2000. Pipilotti Rist è l'originale inventrice di universi psichedelici, sensuali, ironici e talvolta erotici. Fin dagli esordi, a partire dai video per monitor, l'artista ha usato il linguaggio visivo e sonoro della musica pop per un'analisi dei codici comportamentali.


Exhibition, Exhibition / Mostra, mostra

Manica Lunga, Special Project a cura di Adam Carr
periodo: 21 settembre 2010 – 9 gennaio 2011
Attraverso l’uso di un formato espositivo inedito, la mostra Exhibition, Exhibition (Mostra, mostra), specificatamente concepita per gli spazi della Manica Lunga, intende esaminare e riflettere sulla percezione e sull’esperienza del guardare l’arte e le mostre. Il percorso espositivo presenta lavori, dagli anni Sessanta ai giorni nostri, di circa cinquanta artisti internazionali emergenti ed affermati, tra i quali Ryan Gander, Nina Beier, Tris Vonna-Michell, Dan Rees, Mario Garcia Torres, Jason Dodge, Andreas Slominski, Francis Alÿs, Roni Horn e Michael Elmgreen & Ingar Dragset.
Le opere, caratterizzate dal concetto del “doppio” e della simmetria, prodotte in coppia o in serie, o realizzate in diverse versioni, guideranno lo spettatore nell’elaborazione di un nuovo modo di interpretare l’arte e visitare le mostre.
Saranno esposti dipinti, video, opere sonore, sculture, installazioni e lavori basati sull’azione performativa. Verranno inoltre presentate opere appositamente realizzate per l’occasione.
Nell’ambito della mostra saranno organizzati una serie di incontri finalizzati ad investigare ed approfondire i concetti base della rassegna quali il doppio e la simmetria, la copia e l’originale, la percezione e l’interpretazione nell’arte contemporanea.
L’evento è ideato da Adam Carr (Chester, Inghilterra, 1981), curatore indipendente e scrittore vive e lavora a Londra.


Sono anche previsti dei giorni di giornate incontro sotto il titolo di :

Gli Irregolari giornate di celebrazione / giornate di analisi / giornate di festival a cura di Gianluigi Ricuperati
12-13 giugno, 18-19 settembre, 11-12 dicembre 2010

“I regolari costruiscono. Gli irregolari suggeriscono.”

“Mi piacciono le scelte radicali” “Come afferma il grande autore italiano Giuseppe Pontiggia ‘Il futuro si fonderà sulle riserve invisibili’. Noi crediamo che le riserve invisibili siano anche quelle costituite dalle traiettorie di pensiero, di accensione intellettuale, di produzione che hanno caratteristiche anomale, difficilmente accettate dalla cultura contemporanea, coraggiose per eccesso di generosità, generose per eccesso di coraggio. Donne e uomini che hanno attraversato le arti connettendo le discipline in modi prima inimmaginabili. Poeti, autori, artisti che hanno sorretto il corso della Storia con il proprio carico di volontà, di qualità, di opere, spesso accucciati nella tenace invisibilità di trincee imposte dal mondo o dalla mente.” Gianluigi Ricuperati

Gli Irregolari è una rassegna costituita da tre appuntamenti, ognuno dei quali dedicati a una coppia di “irregolari” della cultura e dell’arte.
Il primo incontro, che avrà come tema “la centralità della poesia”, sarà dedicato a Emilio Villa e Amelia Rosselli.
Emilio Villa (1914-2003), poeta e artista, sperimentatore di nuovi idiomi e fondatore di riviste e iniziative culturali, è considerato il precursore del Gruppo 63. Ha collaborato con artisti come Burri, Duchamp, Matta e Rothko.
Amelia Rosselli (1930-1996), poetessa, visse una vita da esule. Si occupò di etnomusicologia e teoria musicale oltre che di tradurre dall’inglese grandi autori tra cui Sylvia Plath e Emily Dickinson. Agli inizi degli anni Cinquanta frequentò gli ambienti letterari romani e gli artisti di avanguardia, ispirando Federico Fellini per un personaggio di un suo film. Nel 1996 una depressione la portò al suicidio.

Il secondo incontro avrà come tema “i bassifondi e le convergenze” attraverso l’opera di Lawrence Weschler e Luc Sante.
Lawrence Weschler (1952), giornalista e letterato, ha fatto parte dello staff del New Yorker e nel 2006 è diventato direttore artistico del Chicago Humanities Festival. Finalista del Premio Pulitzer, ha scritto sulla vita e opere di Robert Irwin e di David Hockney.
Luc Sante (1954), scrittore e critico, collabora con la New York Review of Books, il suo libro più conosciuto è Low Life: Lures and Snares of Old New York, un’analisi culturale e sociale della New York più oscura e criminale dal 1840 al 1900. Ha pubblicato testi sperimentali legati alle avanguardie che hanno animato la scena newyorkese degli anni Ottanta.

L’ultimo appuntamento è con l’opera di Emile de Antonio e Delmore Schwartz sul tema dei “principi dell’antimateria”.
Emile de Antonio (1919-1989), è stato uno dei più importanti documentaristi degli Stati Uniti e un maestro del cinema di montaggio. La sua opera, influenzata dalla tecnica artistica del collage di Robert Rauschenberg e dalla sperimentazione musicale di John Cage, ha tracciato un vigoroso e ancora attuale ritratto degli Stati Uniti.
Delmore Schwartz (1913-1966), dopo aver esordito come enfant prodige in letteratura, ha intrapreso una china discendente che l’ha portato a un progressivo isolamento e alla dipendenza dall’alcool. Ha collaborato con The Partisan Review, la più influente rivista culturale americana di metà secolo e ha influenzato scrittori come Saul Bellow e musicisti come Lou Reed.

Nell’ambito degli incontri, l’opera di ciascun autore verrà analizzata da studiosi, interpretata live da artisti impegnati in performance, discussa da intellettuali e protagonisti della vita civile e culturale internazionale. Gli Irregolari è una rassegna attraverso la quale il pubblico potrà “abitare” il Museo. L’ambiente fisico in cui si svolgeranno gli incontri coinciderà con l’interno e l’esterno del Castello. Le sale della collezione dialogheranno, con tutta la forza delle opere esposte, con le parole e le visioni degli Irregolari. L’esterno, i giardini e lo spazio d’ingresso del Museo saranno invece teatro dei momenti più collettivi e festosi nella sequenza di eventi che caratterizzeranno gli appuntamenti.


Fuori cornice Ciclo di incontri e proiezionia cura di Francesco Bernardelli
periodo: giugno 2010

Nell’ambito della nuova programmazione culturale del Museo, il Castello di Rivoli presenta un ciclo transdisciplinare di appuntamenti dedicati a figure innovative di grandi artisti non ancora debitamente noti o riconosciuti. Incontri, conversazioni, proiezioni, nonché eventi dal vivo e concerti in esclusiva, saranno occasioni concrete per poter conoscere da vicino una serie di grandi personalità internazionali, autori di pionieristiche e anticipatrici ricerche artistiche.
Quale primo evento, il Castello di Rivoli ospiterà infatti un incontro e una performance sonora con Genesis Breyer P-Orridge, considerato un’autentica leggenda vivente dell’underground e Marie Losier, una tra le più interessanti filmmaker della nuova generazione.
Il secondo appuntamento sarà con Charles Atlas, filmmaker e figura storica della ricerca su videodanza e performance, in un omaggio al celebre performer Leigh Bowery.
- Genesis Breyer P-Orridge, definito “demolitore della civilizzazione”, osservato speciale di Scotland Yard, da Fluxus e dalla Mail Art è giunto, come performer, a creare vere e proprie identità diverse. Considerato uno dei rivoluzionari del linguaggio contemporaneo tanto da influenzare artisti come Damien Hirst o musicisti come Marilyn Manson, oggi, a cinquantotto anni, tende a raggiungere un “perfetto stato di ermafroditismo” grazie alla chirurgia plastica.
- Marie Losier (1972) è filmmaker e curatrice, ha realizzato film e video per rassegne in musei, gallerie, biennali e festival. Nel 2009 è stata invitata al Centre Georges Pompidou a presentare il work in progress sul genio musicale Genesis Breyer P-Orridge e la sua band Psychic TV.
- Leigh Bowery (1961–1994) è considerato uno dei più importanti performer contemporanei, “un’icona dell’oltraggio” che ha influenzato non solo la musica, il look e la creatività degli anni Ottanta, ma anche le successive ricerche artistiche.
- Charles Atlas (1958) filmmaker e video artista, ha lavorato per il palcoscenico, i musei, lo schermo e la televisione. Considerato un pioniere nello sviluppo della “media-dance”, genere in cui la performance è creata direttamente per la videocamera, Atlas ha collaborato con alcuni tra i più noti coreografi e performers tra cui la Merce Cunningham Dance Company, Yvonne Rainer, Michael Clark, Marina Abramovic, Diamanda Galas e Leigh Bowery.

Incontro con Genesis P-Orridge e Marie Losier - Fra musica, performance e stile di vita radicale
Proiezioni di estratti da The Ballad of Genesis and Lady Jaye di Marie Losier (work in progress)

Incontro con Charles Atlas - Leigh Bowery: danza, musica e moda negli anni Ottanta
Proiezione di The Legend of Leigh Bowery (2003) di Charles Atlas colore, 83'



Concludo questa segnalazione condividendo le osservazioni proposte dai due curatori, ipotetiche linee guida della nuova gestione.


IL MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA COME FUCINA DINAMICA E COME ORGANISMO IN CONTINUA EVOLUZIONE

Il sistema dell’arte negli ultimi anni è cambiato profondamente nella struttura e nel tipo di pubblico. L’arte contemporanea, fino a qualche tempo fa esclusivo appannaggio di un piccolo gruppo di appassionati ed esperti, si è trasformata in un fenomeno sempre più allargato, in grado di attrarre un pubblico molto ampio e diversificato dal punto di vista della formazione culturale e della provenienza sociale. Attualmente il sistema dell’arte, rispetto ai primi anni Ottanta, è almeno dieci volte più grande in termini di pubblico, di spazi espositivi, di artisti e professionisti coinvolti nel settore.
Le trasformazioni avvenute all’interno del sistema dell’arte impongono un ripensamento delle funzioni stesse dei musei d’arte contemporanea. Questi ultimi, in molti casi, sono gestiti secondo una cultura museale fondata su un’idea di museo come “tempio”, come luogo aulico e distante rispetto a chi ne fruisce. Oggi ripensare il museo d’arte contemporanea significa rimetterne in discussione, rispetto a questi presupposti, le stesse finalità: significa ripensarne gli scopi, anche nei confronti del territorio e della sua crescita, significa aprire il museo ad un pubblico nuovo, e costruire la sua attività in modo più collegiale e aperto. Il museo d’arte contemporanea avrà una funzione sempre più strategica nella società futura, in quanto ha il potere (e il dovere) di ispirare il suo pubblico, di influire sul modo nel quale le persone interpretano il mondo e anche la propria esistenza. Il museo d’arte contemporanea deve rappresentare un luogo di incontro e di confronto, deve creare esperienza. Conservare ed esporre opere d’arte è una missione centrale ma – da sola – non è sufficiente a interpretare le nuove funzioni e i nuovi obbiettivi del museo d’arte contemporanea del XXI secolo.
Diverse ricerche realizzate negli ultimi anni sul pubblico dei musei europei e americani hanno rivelato che per la maggior parte dei visitatori le esperienze sociali e ricreative hanno la stessa importanza, se non un’importanza maggiore, delle attività intellettuali ed educative. Questo significa che il museo deve saper offrire al suo pubblico un’esperienza totale: la parte didattica, sociale, interattiva, l’incontro diretto con il personale specializzato del museo, devono “completare” la visita e renderla un fatto unico e memorabile.


QUALE FUTURO PER RIVOLI?

Oggi la scommessa consiste nel pensare, pur nel rispetto della straordinaria storia del Castello di Rivoli, questo nuovo modello: il museo come “tempio” ma anche il museo come “forum”. L’idea è di mettere a punto una struttura museale elastica ed interdisciplinare, in grado di produrre a un ritmo serrato non solo mostre d’arte contemporanea internazionali di grande prestigio e di ricerca, ma anche diversi eventi culturali: festival specialistici dedicati ai vari aspetti della cultura visiva contemporanea (cinema, video-arte, teatro, rassegne di documentari); un’attività di ricerca storiografica sul passato recente (mostre, convegni, eventi dedicati a importanti personalità come artisti, intellettuali, critici e storici dell’arte); un’attività didattica e culturale destinata al territorio e alle diverse componenti sociali che lo formano. La posizione del visitatore, la sua formazione, la funzione del museo come servizio pubblico, assumono un’importanza fondamentale nel ripensare l’istituzione.

UN MUSEO COME “MONDO”

Il Castello di Rivoli, anche a causa della sua collocazione così distante dal centro di Torino, non può limitarsi ad essere semplicemente una finestra sul mondo (quindi un luogo per aggiornare il pubblico su quanto sta accadendo oggi nell’arte contemporanea), ma deve poter divenire esso stesso “mondo”, quindi una destinazione, un luogo dove si elabora cultura e si fa esperienza, dove si tengono eventi culturali diversificati e rilevanti, dove si costruisce un tipo di attività didattica e associativa dedicata alla crescita del territorio e di tutte le sue componenti sociali. Crediamo sia importante trasformare lo svantaggio della lontananza del Castello di Rivoli dal centro cittadino in un elemento di forza: il Museo deve sapersi porre alla guida del territorio con una energia centripeta forte, deve poter elaborare proposte, esprimere complessità e diversità, deve poter divenire il centro di elaborazione di un pensiero originale, proiettato verso il futuro. Pensiamo a Rivoli come ad una sorta di laboratorio polifunzionale del presente, un luogo di “riflessione” con una forte apertura internazionale e al tempo stesso una grande attenzione nei confronti del territorio.


IL RUOLO DEI DIRETTORI

Il Castello di Rivoli deve rafforzare il suo ruolo di centro di interesse culturale regionale, nazionale e internazionale. Per raggiungere questo risultato è fondamentale che i nuovi direttori si pongano come “connettori” di esperienze culturali diverse, come autori di un progetto di ampio respiro, il cui obbiettivo è quello di inserire in modo forte il museo al centro del dibattito culturale del nostro tempo e farne uno strumento reale di sviluppo sociale e civile.
Non possiamo non essere d’accordo con Pontus Hulten quando sostiene che il compito fondamentale del direttore di un museo è quello di crearsi un pubblico, non essere il curatore di grandi mostre. Bisogna creare un pubblico che si senta legato all’istituzione, che abbia fiducia in essa. Un museo non è una biennale, un centro d’arte o una galleria: è un’istituzione culturale pubblica che deve sapersi conquistare un’utenza. Si stabilisce un buon rapporto con il pubblico quando questo arriva a provare – nei confronti dell’istituzione – un senso vero di appartenenza e di partecipazione.

19/02/10

Henry Moore



Radicale, sperimentale e attento all’avanguardia, Henry Moore (1898-1986) fu uno dei più grandi artisti della Gran Bretagna del secolo scorso.

Questa straordinaria mostra che prende avvio dal 24 Febbraio alla Tate Britan a Londra è un nuovo sguardo alla sua opera ed eredità, presentando oltre 150 sculture in pietra, legno, bronzi e diversi disegni.

Moore si ribellò contro le concezioni tradizionali dei suoi maestri di scultura, e si affascinò e trasse ispirazione dalle opere viste nei musei di arte non occidentale, che lo portarono a questa semplificazione e riconsiderazione dei volumi fisici.

È stato un pioniere sui materiali e sulle forme, evolvendo la sua espressione in una ricerca di forme astratte, provenienti dal corpo umano.

Questa mostra presenta studi dei soggetti che definirono il suo lavoro, come ad esempio la figura sdraiata, madre e figlio, composizioni astratte e anche arricchita dai disegni reaizzati nei tempi di guerra a Londra.

Le opere si trovano nel flusso e riflusso turbolento della storia del ventesimo secolo, a volte scoprendo un oscuro e carica dimensione erotica che li fa guardare in una luce nuova.

Il trauma della guerra, l'avvento della psicoanalisi, nuove idee sulla sessualità, l'arte primitiva e surrealismo hanno influito sul lavoro di Moore.
Punto focale della mostra comprende un gruppo di figure chiave reclinabili scolpito a Elm, che illustrano lo sviluppo di questa immagine forte nella sua carriera.

Ricordiamo che è possibile visitare il suo studio, la casa e il giardino a Perry Green, Hertfordshire, e ache l'Henry Moore Institute di Leeds. Entrambi fanno parte della Henry Moore Foundation, creata dall'artista nel 1977: http://www.henry-moore.org

Per ulteriori informazioni sulla mostra visitare il sito http://www.tate.org.uk/britain/

Georges Rousse - Lieux uniques



Fotografo di fama internazionale l'artista Georges Rousse esplora luoghi spesso destinati alla demolizione, dove internamente costruisce particolari interventi, disegni, pitture. Una volta realizzati li fotografa e poi distrugge il tutto, così di queste azioni resterà solo l’immagine fotografica.

Il Théâtre de la Photographie et de l'Image di Nizza ha sostenuto una nuova creazione, che si è svolta lo scorso novembre, sul sito Station-Lebon, in rue Meyerbeer.

In aggiunta a questo nuovo lavoro, che è entrato nelle collezioni della Città Nizza, Georges Rousse ha realizzato anche un evento intitolato "Nizza 2009" al Musée des Beaux-Arts.

Tutti questi lavori e altri di grande formato saranno in mostra dal 27 Febbraio al 16 Maggio al Théâtre de la Photographie et de l'Image di Nizza.

Ingresso libero.


Théâtre de la Photographie et de l’Image
27, boulevard Dubouchage
Nice (France)

Jana Sterbak - Through the eye of the other




Il programma di collaborazione Fondazione Bevilacqua La Masa - Teatro La Fenice di Venezia a cura di Francesca Pasini, prosegue con il progetto dell’artista canadese, di origine ceka, Jana Sterbak (Praga 1955) ”Through the eye of the other”, che comprende la proiezione del video Waiting For High Water sullo schermo tagliafuoco e l’esposizione di una scultura.

Il progetto si inaugurerà sabato 27 febbraio dalle ore 19 alle 21 presso il Teatro La Fenice dove resterà visibile fino al 28 marzo, mentre la proiezione del video verrà replicata dal 14 al 21 marzo nell’ora prima dell’inizio dell’Opera Dido and Aeneas di Henry Purcell, con la regia di Saburo Teschigawara.

Dopo la Biennale del 2003, quando le era stato affidato il padiglione del Canada, Jana Sterbak compie un doppio ritorno a Venezia, la proiezione Waiting For High Water (2005), è infatti dedicata alla città nel momento in cui la marea sta salendo. E’ la seconda di una serie di video su più schermi, che fanno parte della “composizione” realizzata con il cane Stanley, al quale era stata applicata sul corpo una videocamera. La prima, From Here to There, girata nell’inverno 2002-2003 nel Golfo di Saint Lawrence, era stata presentata al padiglione canadese nel 2003, mentre Waiting For High Water, girata nel 2004 è stata presentata per la prima volta alla Biennale di Praga del 2005.

Nel momento in cui Jana Sterbak ha accolto l’invito di proiettare Waiting For High Water sullo schermo taglia fuoco del Teatro La Fenice, ha creato un contrappunto in un’altra zona del teatro dove espone la scultura in argento del cane e, all’intero evento, ha dato titolo Through the eye of the other. Waiting For High Water nasce come una triplice proiezione, al Teatro La Fenice è invece su un unico schermo, il tagliafuoco, ma la multipolarità della visione avviene nel raccordo con la scultura del cane.

Sterbak non situa le sue performance in un contesto teatrale, ma in una dialettica concettuale che tiene in equilibrio il movimento, la narrazione e la individuazione stessa dell’immagine. Nel momento in cui il video e la scultura si trovano a convivere in un teatro sottolineano l’essenza della composizione teatrale che, al di là del coinvolgimento scenico – narrativo - musicale, si attua “attraverso lo sguardo dell’altro”, come dice appunto il titolo del progetto di Jana Sterbak. Vedere o essere visti “attraverso lo sguardo dell’altro” non determina una reazione speculare statica, ma un’interazione con l’altro. Il cane con la telecamera sul corpo è il fulcro della performance dalla quale Sterbak ha creato il video, ma è anche una scultura autonoma che, metaforicamente, riprende ciò che avviene attorno, oppure, trovandosi in un teatro lirico, possiamo viverla come un “assolo” che ritmicamente appare nello spazio.


Informazioni
Fondazione Bevilacqua La Masa
Dorsoduro 2826, 30123 Venezia
Tel. +39 041 5207797 – Fax +39 041 5208955

#class Hours: Wed. – Sun. 2-8 PM


Vi segnalo questo interessante progetto che si svolge alla Winkleman Gallery a New York 





Winkleman Gallery is slightly nervous pleased to present#class, a month-long series of events organized by Jennifer Dalton and William Powhida. In the artists’ own words:
“#class will turn Winkleman Gallery into a ‘think tank’, where we will work with guest artists, critics, academics, dealers, collectors and anyone else who would like to participate to examine the way art is made and seen in our culture and to identify and propose alternatives and/or reforms to the current market system. By ‘current market system’ we mean the commercial model and attendant commodification of art, but also the unquantifiable, intangible, unpaid aspects of participating in the art world. We will work to physically transform Winkleman Gallery from a showroom into a think tank, where discussions and events will take place from approximately Feb 20 – March 20, 2010.

These issues will be approached from three intersecting spheres of artistic practice: ‘Think Space’, ‘Work Space’, and ‘Market Space’. While thinking is also work, we make the distinction here to separate the labor the organizing artists, Jennifer Dalton and William Powhida, will perform individually from the collaborative and communal dialog that we will facilitate.

Among other things, we hope to reduce the amount of certainty that the audience feels when entering a gallery and encountering an art work. The outcome of this project is totally uncertain, and involves risk. We will process this uncertainty and risk artistically and respond as individual artists by making work at tables in the ‘Work Space’ and and displaying it in a small, marginalized ‘Market Space’ within the gallery. This will make explicit the conflict artists often feel between their belief in socialist or communal values and their isolated, individualistic artistic work and career.

Think Space
The gallery will be reconfigured from a display-space into a place for working, thinking, and hanging out. Several walls will be covered in chalkboard paint where artists and others may participate in defining and working out problems consecutively or communally. There will be chairs and tables available for visitors to use to sit and converse. We hope to improve upon and refine our current working definition that “art is a luxury commodity for the wealthy that limits the possibility of ownership, understanding, and access based on class, education and geography”. We will work in the gallery to continuously update, record, and modify the information that the public provides. Eventually, we hope to move from identification and definition into analysis to propose solutions.
We ourselves, along with other collaborators, will spend as much time in the gallery as possible. During some of this time, we will participate simply by talking, drinking, and working on the walls themselves as we would in a private studio. Members of the public will be welcome to join in on the dialog and make themselves comfortable.
We believe that this aspect of the project will implicitly challenge some of the expectations of the market including (1) that most art is produced in private by individual artists and (2) is presented as a finished product ready for consumption. We hope to make our thought process tangible.
The last goal of the Think Space will be promote a critical and academic dialog around the project and attendant developing ideas by hosting a series of informal events and discussions involving critics, bloggers, artists, dealers, collectors, academics, and the general public through a call-for-proposals. We would like to avoid the professionalism and authority of traditional panels by making the discussions less formal and encouraging people to speak with greater freedom and candor about the subjects by plying them with food and drink. We will have a full calendar of performances, discussions, and uncategorizable art-like events, all invested with the aim of enlarging and deepening the conversation about the intersection of art and the market.

Work Space
As the show progresses, the individual artists Jennifer Dalton and William Powhida plan to participate in the market by making art work inspired by the information, events and discussions generated in the space. At the work tables in the space, in public, we will create small works on paper based on our interpretation and documentation of the evolving project. This work will not be priced in the usual commercial manner, premised on ‘what the market will bear’ based on our past work and reputations. Instead, we plan to offer our work to the highest bidder with no reserve. We may offer suggested guidelines for appropriate prices, such as one day of the buyer’s income from his or her job, 0.1% of his or her net worth, etc. However, the buyers will be free to offer whatever price they see fit, and the artists will be obliged to sell the work at the highest offered price.

Market Space
There will be a clearly defined, physically marginalized Market Space within the gallery where these works can be displayed and marketed to those who would like to view or purchase them. Our transparent complicity in the market and the proximity of the think/market spaces to the work space will help steer the discussion back to the emotional conflict between ideals and reality."
For a complete list and schedule of the events and discussion in #class, visit the exhibition’s website :http://hashtagclass.blogspot.com

For more information, please contact Edward Winkleman at 212.643.3152 or info@winkleman.com

William Powhida appears courtesy of Schroeder Romero & Shredder, New York

15/02/10

Pensieri sull'arte - che cosa c’è ancora?




E’ già passato un decennio e il nuovo millennio pare tutto quieto, nell’arte del nostro presente, contemporaneo.

Sembra che il nostro tempo attuale non sappia caratterizzarsi, questa è la forma più evidente, una smaterializzazione, una mancanza d’identità, mi paiono segnali molto forti di questi nostri anni.

Forse l’articolazione socio-culturale è talmente variegata e complessa che non è più possibile omologarla con semplici diciture, non si può più rappresentare tutto in poche forme, ogni raffigurazione è parziale e deficitaria. Siamo forse nell’infinità espressiva, che nella sovrapproduzione si è già svuotata.

Dalla musica alla moda, tanto più in ambito artistico, tutto pare essere già stato fatto, ideato, proposto. Per cui quello che si fa ora sembra già “ricotto”, tutto è in una fase di evaporazione, si volatilizza via.

Probabilmente il presente non avendo più contrasti da offrire, luogo del confronto e della discussione, non si evolve. Dopo decenni di avanguardie, manifesti, propositi e correnti, che erano occasioni di dialogo, litigi, prese di posizioni e dinamismo, tutto si è assopito.

Non è più tempo di confronto/scontro, ognuno è solo, o probabilmente isolato. Forse disperso?

Ciò produce assenza, mancanza di rappresentazione e riconoscimento.

Nell’era della comunicazione non c’è più un confronto da cui possa nascere qualcosa, tutto sembra viaggiare in modo parallelo, omologabile e presente. Tutto convive in un tempo senza passato e futuro, tutto è ora, senza aspettative e memorie.

Orizzonte piatto, desertico. Tantissimi granelli, pertanto unici ma noiosi, insignificanti, ci vuole forse una lente d’ingrandimento per vedere qualcosa?

In questa situazione, forse gli artisti, non riescono più a esprimere quello che ognuno già comunica visivamente con i propri articolati media quotidiani. L’artista pare essere diventata una figura superflua, inutile come inutile è il mercato che lo rappresenta, troppo autoreferenziale per raffigurare qualcosa e troppo rapido per sedimentare senso. Infatti, tantissimi sono gli artisti, che si rivolgono ad altre realtà, scienza, letteratura etc.., da cui traggono piccoli pretesti, ma senza un percorso reale e personale, per realizzare manufatti fra lo scolastico e il ludico.

Enrico Gamba tra purismo e accademia




Il secondo appuntamento nella Wunderkammer della GAM è dedicato al significato assunto dal disegno nella pratica artistica di metà Ottocento attraverso un esempio di particolare pregio: il nucleo di disegni realizzati da Enrico Gamba che documentano la progressiva messa a fuoco dei personaggi destinati alla grande composizione I funerali di Tiziano del 1855, il dipinto che ne consacrò la fama a soli ventiquattro anni. Il soggetto dell’opera, di proprietà del Museo ed esposta nel percorso dedicato al Genere, è tratto da Le Maraviglie dell’arte ovvero le vite degli illustri pittori veneti di Carlo Ridolfi che narra, seppure senza fondamento storico, di come durante la peste del 1576 la Repubblica Veneta avesse concesso un’eccezione al divieto che bandiva ogni assembramento, per celebrare con i dovuti onori i funerali di Tiziano, anch’egli colpito dal morbo.

Gamba rappresentò la scena come una solenne processione di gondole, cui prendono parte numerosi gruppi di persone tra cui gli artisti che di Tiziano erano stati allievi, e la ambientò sul Canal Grande entro i punti di fuga del campanile di San Barnaba a sinistra e a destra della basilica dei Frari, dove l’artista è sepolto.

La scelta dei disegni preparatori testimonia il lavoro condotto da Gamba per la definizione dei volti e di talune posture, studiate prima sul corpo nudo e poi abbigliato secondo la tradizione neoclassica, come nel caso dello Studio per il monatto inginocchiato; gli studi di figura venivano spesso integrati da minuziose analisi per definire i gesti compiuti dalle mani: una ricerca di verità che ne rivela le eccellenti doti di disegnatore. Alla descrizione del primo piano si lega lo Studio per la madre piangente che rievoca la memoria manzoniana della madre di Cecilia con l’allusione al corpo del bambino tra gli appestati. In questo caso, così come nello Studio per il patrizio seduto - che è parte dei nobiluomini posti nella gondola più lontana - si tratta di disegni ormai definitivi che verranno trasposti in modo puntuale, mentre lo Studio per la salma di Tiziano presenta delle correzioni sia nella posizione della mano sia nella definizione degli abiti.

Analogamente lo Studio per la testa del giovane gondoliere coincide con quella dell’elegante giovanotto con farsetto e mantellina che conduce l’imbarcazione dei frati minori conventuali, mentre una fase precedente viene restituita dalle varianti dello Studio di figura maschile di spalle in abito rinascimentale, in cui Gamba si avvale del carboncino per studiare l’atteggiamento del corpo, il ricadere del costume e l’impugnatura del remo grazie all’espediente di un tendaggio trattenuto dal modello. Non mancano infine superbe soluzioni scartate, come nel caso della Testa di giovinetto con berretta damascata, dove la tagliente precisione del segno è esaltata dalle parti non finite.

A completare la selezione sono alcuni paesaggi e la descrizione del Cortile del Palazzo del Bargello a Firenze, che testimonia i precoci interessi storicistici di Gamba, e ancora due ritratti: uno dedicato all’amico fraterno, Frederic Leighton, qui raffigurato con l’intensità di una figura biblica che rinvia ad un Davide rappresentato dall’artista inglese e l’altro del fratello Alberto, che fu docente di anatomia artistica presso l’Accademia Albertina di Torino.

I disegni appartengono alle collezioni della GAM e sono parte di un fondo di circa settanta disegni e alcuni taccuini giunti grazie alle donazioni di Carlotta Rambaldi Litt, vedova Gamba nel 1899, e di Virginia Callery vedova Calandra, nel 1920.
Orario: martedì-domenica 10-18, chiuso lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima

Ingressi: € 7,50 ridotto € 6,00

Informazioni per il pubblico: 011 4429518

Siti Internet: www.gamtorino.it

Tutta la memoria del mondo



Il GAM Underground project si propone di indagare nell’arco di più mostre la relazione tra l’arte contemporanea e la cultura del passato. Dopo la personale dedicata all’artista inglese Ian Kiaer propone Tutta la memoria del mondo, una mostra collettiva di artisti italiani e stranieri che indagano nel proprio lavoro i meccanismi di costruzione del racconto storico, le sue implicazioni, gli strumenti della registrazione e dell’archiviazione degli eventi. Nell’affrontare questi temi talvolta l’analisi dell’ambigua soglia che separa il vero dal falso li porta a provocatorie costruzioni di pura finzione, a testimoniare storie mai accadute ma allo stesso tempo curiosamente rappresentative del nostro passato.

Gli artisti in mostra: James Beckett, Rossella Biscotti, Patrizio Di Massimo, Haris Epaminonda, Simon Fujiwara, Dani Gal, Sean Snyder.

James Beckett, di origine sudafricana, attualmente residente ad Amsterdam, lavora con la storia materiale di grandi realtà urbane e industriali, fruga nei magazzini e negli archivi e riutilizza, duplicandoli, oggetti e documenti trovati come in un museo etnografico del presente.

Rossella Biscotti conduce approfondite ricerche tra documenti d’archivio. Indaga su personaggi emblematici della storia più segreta e li rintraccia per farli interagire con i meccanismi della sua particolare ricostruzione dei fatti. Nell’installazione presente in mostra The Undercover man, Joe Pistione, meglio noto come Donny Brasco, apparve per la prima volta intervistato e sottoposto al curioso esperimento di recitare se stesso sul set di un film noir.

Patrizio Di Massimo conduce dai propri esordi una ricerca sulla difficile relazione che ogni cultura e ogni artista intrattiene con i propri padri e la propria tradizione. Un ampio settore dei suoi lavori, come l’opera presentata in mostra The secret proceedings in the trial at Benghazi, 15 September 1931, affonda i propri strumenti di analisi nella vicenda del colonialismo italiano in Libia, restituendoci icone, simboli e retoriche di alcune tra le pagine più problematiche del nostro passato nazionale.

Haris Epaminonda sceglie oggetti sempre ricchi di connotazioni storiche, chiaramente provenienti da epoche passate, ma rinuncia a corredarli di qualsiasi datazione, lasciando che liberino il proprio potere evocativo al di fuori di ogni plausibile sequenza cronologica. Utilizza immagini di immagini, sovrapponendo al filtro del tempo il filtro di registrazioni e memorie. Si appropria dei meccanismi espositivi del museo per evidenziarne il valore estetico più che il valore dimostrativo, per riconoscere anche in essi un ruolo di sovrapposizione più che di chiarimento.

Simon Fujiwara ordisce racconti di una storia mai esistita ma possibilissima, in qualche modo più vera di quella documentata. Tesse trame intime al di sotto della facciata politica e pubblica di personaggi storici e istituzioni, mostrando attraverso la finzione come pulsioni e censure fossero facce di una stessa moneta che si ostinava e si ostina a mostrare solo la propria auto-censura.

Dani Gal è un israeliano che vive a Berlino e lavora sugli archivi dei discorsi politici, sugli strumenti storici di didattica sociale e modificandone i meccanismi di costruzione mette a nudo i processi di comunicazione propagandistica.

Sean Snyder porta alle massime conseguenze la riflessione sulla influenza che i mezzi di registrazione e archiviazione usati esercitano sulla possibilità di una memoria storica. Snyder affonda il suo sguardo tra le pieghe di ogni meccanismo, svela i contenuti mancanti e quelli aggiunti in ogni immagine, in ogni traccia audio, in ogni possibile memoria, sia essa analogica o digitale.

La mostra sarà accompagnata da un programma di proiezioni di film e video di Clemens von Wedemeyer, Cyprien Gaillard, Zachary Formwalt, Dani Gal. Archive Books di Berlino pubblica per l’occasione un reader dedicato al rapporto tra arte contemporanea e metodologie storiografiche.

Archive Books contribuisce alla realizzazione della mostra attraverso la realizzazione di una reading room in cui il pubblico potrà consultare alcuni fondamentali libri e cataloghi dedicati all’argomento.

Orario: martedì-domenica 10-18, chiuso lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima

Ingressi: € 7,50 ridotto € 6,00

Informazioni per il pubblico: 011 4429518

Siti Internet: www.gamtorino.it

Keep Your Seat: Stai Al Tuo Posto



La mostra che la GAM inaugura nella sua Exhibition Area al primo piano, fruibile dal 25 febbraio al 23 maggio 2010, ha l’obiettivo di indagare il rapporto fra arte contemporanea e design. Ma per analizzare un rapporto così articolato è necessario possedere una precisa consapevolezza della complessità del tema e delle implicazioni storiche e sociologiche che tale compito comporta. Per questo è necessario circoscrivere l’ambito tematico, isolare alcuni aspetti, tracciare alcune fisionomie che consentano la riconoscibilità di un percorso. In questo contesto si è scelto di assegnare l’idea centrale dell’esposizione alla seduta: un soggetto a cui è attribuito un compito preciso e definito.

L’oggetto Sedia è analizzato soffermandosi sull’idea di presenza, assenza e solitudine: una scultura dai rimandi infiniti, un luogo fisico dove misurare l’idea di una realtà che non si concede facilmente e che rimanda ad altre verità.

Keep Your Seat: Stai Al Tuo Posto, realizzata con la collaborazione del Vitra Design Museum e della collezione personale del suo direttore, Alexander von Vegesack, è una mostra in cui il protagonismo della sedia è costantemente minacciato dalla sua negazione, dove la necessità di una presenza funzionale è in realtà la denuncia di un’assenza reale.

Il corpo mancante sulla sedia, che nel design rappresenta l’oggetto del suo agire, nell’arte diviene il lato evocativo di un’assenza, di una simbologia esistenziale in cui il corpo dell’opera supplisce e si sovrappone alla mancanza del corpo reale, per questo motivo è la figura assente il vero soggetto di questa mostra.

In tale prospettiva l’esposizione prende l’avvio con l’opera di Simon Starling 'Four Thousand Seven Hundred and Twenty Five”, dove il giovane artista inglese, attraverso un video in 35mm, accarezza visivamente una sedia del 1948 di Carlo Mollino soffermandosi sui dettagli delle forme sinuose come se stesse abbracciando un corpo femminile. Accanto al video è anche esposta la sedia originale e altre opere di Mollino.

La correlazione fra interpretazione artistica e utilizzo di precise opere del design storico è anche il tema dell’ambiente realizzato con sedie originali della produzione Thonet accostate agli artisti vedovamazzei, che presentano “Isn’t it romantic”: una Thonet rovesciata su se stessa e imprigionata in una gabbia di plexiglass che perde ogni funzionalità ma acquista una nuova vita intrisa di tragica bellezza.

Oppure la storica sedia “Red and Blue” di Gerrit T. Rietveld trasformata in orribile sedia di costrizione da parte dell’artista Christov Büchel. E ancora l’inaspettata presenza di un ‘grande vecchio’ della scultura gardenese come Adolf Vallazza che favoleggia sul leggendario mondo ladino incontrando le fiabe di Sori Yanagi e Charles Rennie Mackintosh.

Una mostra che con leggerezza ed eleganza accende il dialogo fra arte e design in un costante rimando fra emozioni storiche e sorprese contemporanee, fra l’incanto della magia raccolta nell’esperienza delle avanguardie storiche e la sorpresa di una molteplicità di linguaggi su cui si può leggere l’attualità.

Ai lavori degli artisti presentati in mostra tra cui Christoph Buchel, Marisa Merz, Tony Oursler, Doris Salcedo, Simon Starling, Adolf Vallazza, vedovamazzei e Chen Zhen, sono accostati 26 lavori di designer internazionali provenienti dalla collezione del Vitra Design Museum e da quella privata del Direttore Alexander von Vegesack.

La presenza di grandi esponenti del design internazionale come, tra gli altri, Charles Renne Mackintosh, Gae Aulenti, Carlo Mollino, Alessandro Mendini, Gerrit T. Rietveld, Fernando e Humberto Campana e la produzione Thonet, ridefinisce gli spazi della sala mostre in ambienti di pensiero indagando, attraverso l’oggetto sedia, sull’uomo, sull’idea di presenza, assenza e solitudine.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Electa con testi di: Maria Cristina Didero, Fulvio Ferrari, Rocco Curto e Alexander Von Vegesack.

Artisti in mostra: Ghada Amer, Cristoph Büchel, Giuseppe Gallo, Phillip Lai, Marisa Merz, Tony Oursler, Doris Salcedo, Simon Starling, Adolf Vallazza, vedovamazzei, Chen Zhen.

Designer in mostra: Gae Aulenti, Fernando e Humberto Campana, Martino Gamper, Frank O. Gehry, Coop Himmelblau, Massimo Iosa Ghini, Shiro Kuramata, Charles Rennie Mackintosh, Alessandro Mendini, Carlo Mollino, Jasper Morrison, Olivier Mourgue, Verner Panton, Gaetano Pesce, Gerrit T. Rietveld, August Thonet, Herbert Von Thaden, Sori Yanagi, Tokujin Yoshioka.


Orario: martedì-domenica 10-18, chiuso lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima

Ingressi: € 7,50 ridotto € 6,00

Informazioni per il pubblico: 011 4429518

Siti Internet: www.gamtorino.it

Josh Tonsfeldt 4:CAT - COS




La Galleria Franco Soffiantino è lieta di presentare dal 19 Febbraio la mostra 4: Cat - Cos di Josh Tonsfeldt. Prima personale europea dell'artista americano che include video, fotografia, scultura e un sottile intervento sull'architettura e sugli spazi della galleria.

Il titolo della mostra nasce dalla fotografia di uno spazio abbandonato accanto al quale l'artista è solito passare nelle passeggiate vicino al suo studio. Nell'immagine un mucchio di volumi enciclopedici sta su un cumulo di spazzatura. La giustapposizione dei due tipi di archivio all'interno dell'immagine – l'enciclopedia come ordine alfabetico delle idee, delle cose e dei luoghi, ed il mucchio di spazzatura come accumulo mutevole di rifiuti – potrebbe fornire un punto d'accesso trasversale al percorso più ampio che i lavori creano all'interno della mostra.

Anche se molto del lavoro di Josh Tonsfeldt nasce dalla sua esperienza del quotidiano, questo non è¨ in alcun modo un'istantanea di un'attività specifica.
Alla fine Tonsfeldt non lega i suoi progetti ad uno specifico soggetto, preferendo invece soffermare la sua logica e la sua sensibilità nuovamente su ogni gesto potenziale. Figure e scene sono disegnate in un collage indecifrabile di suono e visione che legano la curiosità con il mondo materiale, il rifiuto di accettare i processi come dati, e l'interesse di portare alla superficie l'opacità soggettiva della memoria, dell'associazione e del desiderio.


Galleria Franco Soffiantino
Via Rossini 23 – 10124 Torino – Italy – Tel. +39 011 837743 – Fax +39 011 8134490
info@francosoffiantino.it – www.francosoffiantino.it

Rumore bianco



Rumore bianco è la rassegna di installazioni ambientali e sculture con cui parte l'attività espositiva di Quattrocentometriquadri gallery. Dopo la prima tappa dedicata al romano Alessandro Rosa la rassegna prosegue con un progetto firmato da Federico Lupo (Palermo, 1984). L'installazione si articola come una riflessione sul tempo e la percezione, a partire dai concetti opposti e complementari di immagine-flusso ed immagine-cristallo elaborati dal filosofo Gilles Deleuze.
La continuità della percezione viene frantumata da un gioco di specchi e di riflessi, mostrando il tempo come successione di istanti e di frammenti.
L'immagine-cristallo produce quello scarto anomalo che è la memoria, mentre la natura si mostra nella sua poetica assurdità sotto forma di un cervo albino.
Lo sguardo, dunque, ed il suo fragilissimo rapporto con il mondo, nella delicata interpretazione del giovane artista siciliano.

Ideata come una mostra collettiva “fuori sincrono”, RUMORE BIANCO presenta in sequenza le ricerche di giovani artisti diversi fra loro ma intonizzati su una particolare frequenza dello spettro artistico contemporaneo: una ricerca formale che è allo stesso tempo estetica, etica e concettuale. Artisti che, con tecniche ibride e contaminazioni fra i generi, riflettono a fondo sulle contraddizioni dell'arte e della cultura contemporanea, incrociando la purezza dell'esperienza percettiva con la radicalità del dissenso intellettuale.
Davide W. Pairone


QUATTROCENTOMETRIQUADRI gallery
via magenta 15, ancona
www.quattrocentometriquadri.eu

Digital life



DIGITAL LIFE è la grande rassegna dedicata al futuro digitale e alle contaminazioni fra tecnologia, nuovi media ed espressioni artistiche contemporanee, con cui prende avvio il prossimo 3 marzo 2010 la programmazione del nuovo spazio pubblico per l'arte e la produzione culturale contemporanea La Pelanda, nell’area dell’ex Mattatoio a Testaccio.

DIGITAL LIFE nasce da un’iniziativa della Camera di Commercio di Roma. La Fondazione Romaeuropa, istituzione di respiro internazionale, ne cura l'ideazione e l'organizzazione, proseguendo nella sua costante attività di ricerca e monitoraggio delle diverse forme di creatività presenti nel panorama culturale in Italia e all’estero, con lo scopo di trasformarle in esperienze artistiche innovative.

La mostra è realizzata con il sostegno dell' Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma e del Macro.

La direzione artistica è affidata a Richard Castelli che ha selezionato alcuni fra gli artisti più innovativi del panorama mondiale contemporaneo: Ryuichi Sakamoto, Shiro Takatani, Jeffrey Shaw, Ulf Langheinrich, Michel Bruyère, Erwin Redl, Thomas McIntosh, Emmanuel Madan, Mikko Hynninen, Julien Maire, Christian Partos, Li Hui.

Ll’obiettivo della mostra è quello di accendere i riflettori sulle frontiere verso cui dirige la contemporaneità, dove tecnologia, interdisciplinarietà, polisensorialità si intersecano dando origine a nuovi modi di fruizione dell’arte.

Gli artisti invitati danno vita con i loro lavori a un percorso esperienziale inedito e unitario, scandito dal susseguirsi di installazioni e proiezioni video realizzate con strumenti tecnologici di ultima generazione, capace di mettere in luce una concezione avveniristica e multisensoriale dell’opera d’arte e di suggerire nuove modalità di coinvolgimento e partecipazione del pubblico. Le opere in mostra sono tutte presentate per la prima volta in Italia, se non in anteprima europea o mondiale, o concepite site specific per lo spazio della Pelanda.

13/02/10

censura..



l'arte continua ad avere un suo peso se ancora oggi viene censurata, come è successo ieri a Parigi presso la l'Ecole des Beaux Arts, sul lungosenna.

L'opera di Siu-lan Ko, una serie di striscioni con su 4 scritte "lavorare meno guadagnare più", è stata tolta dal direttore dell'istituto due ore dopo essere stata inaugurata, perché ritenuta critica nei confronti dello slogan "lavorare di più per guadagnare di più" usato in campagna elettorale da Sarkozy l'anno scorso.

La curatrice Clare Carolin della rassegna giovanile si è dimessa in segno di protesta.

12/02/10

Incontro dialogo arte col Collettivo Ubique Torino



Siamo lieti di invitare gli interessati ad unirsi a noi l secondo incontro per proseguire il dialogo sull’analisi dell’attuale situazione dell'arte contemporanea, questa volta facendo un focus sulla realtà torinese.

E' preziosa la partecipazione di chiunque senta l'urgenza di confrontarsi artisticamente e cerchi un ambiente consono alla crescita propria e del gruppo.

Per ulteriori informazioni, si prega di visitare il sito: www.collettivoubique.com

Inoltre si prega di leggere sotto per avere una visione d'insieme del programma.

* per cortesia avvisaci con una e-mail di partecipazione due giorni prima della serata, per consentire una migliore organizzazione.

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1. Perché incontrarsi

Il secondo appuntamento si svolgerà attorno ad un piccolo lavoro d’indagine che il Collettivo Ubique ha realizzato sul territorio torinese, in questi ultimi mesi, monitorando “l’intensità creativa” del territorio. La breve indagine mette in risalto un tessuto fecondo e dinamico, che però pare perdersi in molteplici rivoli, senza giungere ad un positivo riscontro e meritata valorizzazione.
La fertile realtà “produttiva” e “distributiva” dell’arte torinese cozza con il riscontro nazionale ed internazionale, che non percepisce questa grande ricchezza e qualità. Il numero degli artisti che operano sul territorio urbano pare superare le migliaia di unità. Nel centro cittadino ci sono oltre 40 gallerie, che coprono quasi tutte le forme espressive, da quelle più contemporanee a quelle più classiche, dalla pittura rigorosa alle installazioni più originali. C’'è un museo internazionale di arte contemporanea, il Castello di Rivoli, una storica Galleria d’Arte Moderna, due Pinacoteche (la Galleria Sabauda e quella dell’Accademia Albertina), fondazioni private (tra le più note la Sandretto Re Rebaudengo e la Merz) e tantissimi spazi espositivi.

L’incontro delle serata sarà un’occasione per dialogare su queste complessità e sulle possibili migliorie, problemi, potenzialità …

Il Collettivo Ubique desidera attivarsi per dare occasioni al gruppo, e a chi ne vuole fare parte, di affrontare temi e opportunità di confronto sull'arte contemporanea e sulla sua storia.

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2. Scheda informativa

Venerdì 12 Febbraio 2010

(il programma è indicativo e potrà subire variazioni)

21,00 apertura della sera.

21,15 Presentazione della breve indagine sul territorio torinese.

21,30 discussione sull’indagine della realtà torinese.

11/02/10

Racconigi, il Palazzo, il giardino, l'inverno




Presso il Castello di Racconigi è in corso la rassegna "Racconigi, il Palazzo, il giardino, l'inverno", alla sua nona edizione. Quest’anno il tema del suggestivo allestimento è la visita dello Zar di tutte le Russie Nicola II, che avvenne dal 23 al 25 ottobre 1909.
Passeggiando per le magnifiche stanze e saloni si rivive l’elettrizzante emozione dei preparativi. Accompagnati da video, effetti sonori e fascinosi allestimenti, si visita il Castello di Racconigi organizzato come nei giorni che divenne per tre dì "capitale" d'Italia, al centro delle attenzioni della stampa e diplomazia dell'Europa e del Mondo. Il visitatore, come nei momenti immediatamente precedenti l'arrivo di Nicola II, scopre il palazzo in piena agitazione. Il telegrafo riceve messaggi; le cucine abbondano di vettovaglie che andranno a comporre i menù delle fatidiche giornate; la servitù, che si affaccenda negli appartamenti.
L’ospite che, durante il lungo viaggio verso l'Italia, scrivendo alla madre, immagina il paese che lo accoglierà: il caldo, soleggiato e agrumato, stereotipo italiano. In realtà non farà caldo e non ci saranno aranci in fiore in ottobre a Racconigi, durante la visita dello Zar. Ma Nicola II descriverà, nelle successive lettere alla madre, l'accoglienza come "graziosissima", il re e la regina ospiti semplici e "discreti", i principini "molto carini". Una gita in campagna, la si definirebbe, se non fosse per i momenti storici e di rappresentanza che giustificavano la visita: la firma del Trattato di Racconigi, lo scambio di doni e onorificenze, la serata di gala, rigida nel suo cerimoniale, con il banchetto, cui sedettero 54 personalità, e il concerto, diretto dal Maestro Pietro Mascagni. Si uscirà dalla mostra arricchiti ed emozionati dalla bellezza e dall’eleganza della visita, contenti di aver rivissuto attimi di un bel mondo passato. Informazioni per la visita: dal martedì alla domenica dalle 9.00 alle 18.30. Costo: 5 euro (visita non guidata); riduzione del 50% per ragazzi di 18-25 anni; gratuito agli under 18 e over 65 anni e ai possessori della Tessera Musei Torino Piemonte.

10/02/10

Matthew Barney




Nato il 25 Marzo del 1967 a San Francisco (USA).

Si tratta di uno degli artisti più interessanti di questi ultimi anni, quello che forse ha saputo dare una nuova visione e forma del fare artistico, che ancora non è stata assorbita dal sistema arte.

Soprattutto il forte valore fisico/sportivo pare aver affascinato tutti, aprendo una nuovo modo di percepire la forza fisica e il gesto creativo, diventato dinamico, esplosivo, carnale.

La sua opera più nota e affascinante è il ciclo di film The Cremaster, sostenuto da Barbara Gladstone, gallerista newyorkese. Potete capirlo solo vedendolo per cui visitate il sito http://www.cremaster.net

Una serie di 5 video/film costruiti su diversi linguaggi e con una forma visionaria nuovo e fantasmagorica.

Il resto del suo fare artistico è legato alla sua fisicità, particolarmente interessanti i progetti “Field Dressing” (Superficie Fasciata), e il progetto Drawing Restraint (http://www.drawingrestraint.net/)

09/02/10

Torino, giorni di febbraio



Galleria Norma Mangione intervento esterno di Lara Favaretto

In una giornata più primaverile che di tardo inverno ho fatto il mio solito giro per mostre nel centro di Torino. Il giretto è iniziato dalla interessante mostra realizzata presso la Fondazione Merz da Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini sul tema degli affetti familiari, in particolare sulle relazioni fra genitori e figli, tanto più se adottivi. Un evento raccolto sotto il titolo di “Messico Famigliare” articolato in poche ma intense opere. Al piano superiore tre lavori critici, tristi, dolorosi. Una scritta al neon, un pannello luminoso e una struttura narrano delle incomprensioni generazionali, della superficialità delle parole. Al piano inferiore uno spazio più emotivo, intimo. Infatti nella proiezione con commento degli artisti, su una raccolta di superotto familiari, si dipana la parte più interessante della mostra. Un diario emozionale, costellato da citazioni, che trasmette un sentimento comune, in un atteggiamento propositivo e aperto. Davanti, a terra, un pannello luminoso con su la prima frase che la figlia adottiva degli artisti ha detto, posta su un cielo stellato con l’impronta delle scarpine.

Pochi isolati più in là, presso la Fondazione Re Rebaudengo, la mostra di Paola Anziché e Paolo Piscitelli, allestita nella prima stanza mentre è ancora in corso la mostra “Indagine di un cane”. I lavori proposti paiono datati, per essere “giovani artisti”, l’opera di Paola Anziché ricorda troppo il lavoro di Trisha Brown presentato a Documento due anni fa, e tante altre che con tutti sti nodi e fili hanno già circunnavigato il globo più volte. Mentre quelli di Piscitelli sono delicati interventi ma uguali alle centinaia che si vedono in qualsiasi mostra giovanile, riccamente riproposti nella miriadi di pubblicazione di arte contemporanea.

Questo ci pone sempre più in una situazione d’urgenza per capire che senso abbia continuare a vedere e produrre questo affettamento al minimo espressivo inutile. In questi ultimi anni è aumentato in modo vertiginoso questa ricerca di desueti gesti, pleonastici attimi emozionali, assemblaggi casualistici più o meno ordinati, azioni vacue e superflue. Oramai siamo inondati da miriadi di artisti che sono precipitati nel vuoto, non c’è bellezza, non c’è motivazione, non c’è un percorso, non c’è senso. Sanno troppo di esercizi scolastici, dei tanti ripetitivi problemini risolti per educarsi al fare artistico, che oramai nemmeno la memoria ha voglia di ricordare. Ma qualcuno ha visto che cosa facevano i vari situazionisti, fluxiani, concettuali pochi anni fa? Ci sono tanti testi, tantissime enciclopedie, centinai di siti, sarebbe bello e utile documentarsi un pochino di più. Dedicare un attimo a capire se quel manufatto è realmente necessario oggi. Fa piacere quindi sapere che proprio in questi giorni la Pinacoteca Agnelli ha reso accessibile, nei suoi spazi al Lingotto, una stupenda biblioteca dove potersi istruire, conoscere.

Mi pare urgente avere il coraggio del silenzio in cui lasciare cresce pensieri e gesti più personali e autentici.

Proseguendo verso il centro si incontrano due collettive, con artisti dei decenni passati (Rama, Uncini, Mainolfi, Nagasawa, …), presso la Galleria Carlina e la Galleria Martano, da cui potrebbero nascere interessanti stimoli per i giovani artisti. Altre riflessioni e sensi del fare potrebbero poi scaturire alla Galleria Mangione dove un’altra collettiva ideata da Adam Carr si interroga sul senso e sul fare “in una galleria”. Una raccolta di opere che si chiedono, ripensano, dubitano del ruolo e del valore di una galleria d’arte. Molto interessante sia per la forma sia per il valore propositivo delle opere esposte o narrate in un apparto documentativo stimolante ad ulteriori approfondimenti.

Una fresca pausa presso lo spazio Cripta747 nella galleria Umberto 1 dove sono proposti due lavori uno, quello che ho trovato più interessante, degli artisti Alis/Filliol da titolo “calco di due corpi in movimento nello spazio” e l’altro curato da Beniamino Foschini dal titolo Tactile.

Si passa poi all’ In Arco dove è in corso una mostra di recenti lavori pittorici di David Bowes. Da Dieffe una serie di fotografie balneari di Barbara Wistarini e alla Weber & Weber un’altra mostra fotografica su un fantomatico codice Duval ideata dall’artista Adriano Eccel, piacevoli fotografie inquadrate con cornici troppo improprie.