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22/02/10

Castello di Rivoli - futuro prossimo



Castello di Rivoli - Futuro prossimo

Nei giorni scorsi la nuova gestione del Castello di Rivoli, composta dai curatori Andrea Bellini e Beatrice Merz, ha reso pubblico un ricco programma di eventi e mostre. Facendo tesoro della ricca collezione e interagendo con diverse realtà territoriali, pare avviarsi un nuovo rifiorire di questo monumentale spazio, dopo alcuni anni di lenta attività.

Ecco il programma proposto, che prenderà avvio dall’8 Giugno:

tutto è connesso opere della collezione del Castello di Rivoli 1999-2009 a cura di Beatrice Merz
primo e secondo piano Castello

La missione di un museo come il Castello di Rivoli è conservare e valorizzare il proprio patrimonio, definendo metodi strategici per renderlo più fruibile. Nell’intento di dare un immediato segnale di rinnovamento nell’attività del Museo a partire dalla stessa collezione permanente, è stato ideato un nuovo allestimento di opere più recenti, sia di artisti appartenenti alle nuove generazioni sia di artisti già affermati.
Saranno coinvolti direttamente nel progetto curatoriale artisti che, partendo dalla collezione, offriranno il loro punto di vista sulla storia dell’arte, consentendo così una più esaustiva interpretazione del proprio lavoro. Questi artisti saranno chiamati ad interagire con le loro opere riallestendole, integrandole e suggerendo accostamenti inediti. Alcune sale del Castello che hanno segnato la storia del Museo, ad esempio quelle di Richard Long e di Sol LeWitt, diventeranno protagoniste di ulteriori sviluppi, mentre sarà riallestita la sala dipinta da Nicola De Maria nel 1984. Tra gli artisti segnaliamo Tacita Dean, Simon Starling, Regina José Galindo, Giulio Paolini, Marisa Merz, Giovanni Anselmo, Giuseppe Penone e Pierre Huyghe. Il pubblico avrà modo di vedere, tra le nuove acquisizioni, i lavori di artisti come Goshka Macuga, Emily Jacir e Susan Philipsz.
Nell’ambito della rassegna, verrà predisposta al primo piano una sala con postazioni dove si potranno visionare alcuni documentari storici sugli artisti presenti nell’allestimento, scelti nella vasta collezione della videoteca.

Pipilotti Rist a cura di Beatrice Merz e Marcella Beccaria
terzo piano Castello

Nell’ambito del nuovo allestimento della collezione l’attenzione si focalizzerà di volta in volta su un artista, presentandone il corpus completo delle opere in collezione. Il primo artista preso in considerazione per il focus 2010 sarà Pipilotti Rist, di cui il Castello possiede dieci opere, realizzate tra il 1986 ed il 2000. Pipilotti Rist è l'originale inventrice di universi psichedelici, sensuali, ironici e talvolta erotici. Fin dagli esordi, a partire dai video per monitor, l'artista ha usato il linguaggio visivo e sonoro della musica pop per un'analisi dei codici comportamentali.


Exhibition, Exhibition / Mostra, mostra

Manica Lunga, Special Project a cura di Adam Carr
periodo: 21 settembre 2010 – 9 gennaio 2011
Attraverso l’uso di un formato espositivo inedito, la mostra Exhibition, Exhibition (Mostra, mostra), specificatamente concepita per gli spazi della Manica Lunga, intende esaminare e riflettere sulla percezione e sull’esperienza del guardare l’arte e le mostre. Il percorso espositivo presenta lavori, dagli anni Sessanta ai giorni nostri, di circa cinquanta artisti internazionali emergenti ed affermati, tra i quali Ryan Gander, Nina Beier, Tris Vonna-Michell, Dan Rees, Mario Garcia Torres, Jason Dodge, Andreas Slominski, Francis Alÿs, Roni Horn e Michael Elmgreen & Ingar Dragset.
Le opere, caratterizzate dal concetto del “doppio” e della simmetria, prodotte in coppia o in serie, o realizzate in diverse versioni, guideranno lo spettatore nell’elaborazione di un nuovo modo di interpretare l’arte e visitare le mostre.
Saranno esposti dipinti, video, opere sonore, sculture, installazioni e lavori basati sull’azione performativa. Verranno inoltre presentate opere appositamente realizzate per l’occasione.
Nell’ambito della mostra saranno organizzati una serie di incontri finalizzati ad investigare ed approfondire i concetti base della rassegna quali il doppio e la simmetria, la copia e l’originale, la percezione e l’interpretazione nell’arte contemporanea.
L’evento è ideato da Adam Carr (Chester, Inghilterra, 1981), curatore indipendente e scrittore vive e lavora a Londra.


Sono anche previsti dei giorni di giornate incontro sotto il titolo di :

Gli Irregolari giornate di celebrazione / giornate di analisi / giornate di festival a cura di Gianluigi Ricuperati
12-13 giugno, 18-19 settembre, 11-12 dicembre 2010

“I regolari costruiscono. Gli irregolari suggeriscono.”

“Mi piacciono le scelte radicali” “Come afferma il grande autore italiano Giuseppe Pontiggia ‘Il futuro si fonderà sulle riserve invisibili’. Noi crediamo che le riserve invisibili siano anche quelle costituite dalle traiettorie di pensiero, di accensione intellettuale, di produzione che hanno caratteristiche anomale, difficilmente accettate dalla cultura contemporanea, coraggiose per eccesso di generosità, generose per eccesso di coraggio. Donne e uomini che hanno attraversato le arti connettendo le discipline in modi prima inimmaginabili. Poeti, autori, artisti che hanno sorretto il corso della Storia con il proprio carico di volontà, di qualità, di opere, spesso accucciati nella tenace invisibilità di trincee imposte dal mondo o dalla mente.” Gianluigi Ricuperati

Gli Irregolari è una rassegna costituita da tre appuntamenti, ognuno dei quali dedicati a una coppia di “irregolari” della cultura e dell’arte.
Il primo incontro, che avrà come tema “la centralità della poesia”, sarà dedicato a Emilio Villa e Amelia Rosselli.
Emilio Villa (1914-2003), poeta e artista, sperimentatore di nuovi idiomi e fondatore di riviste e iniziative culturali, è considerato il precursore del Gruppo 63. Ha collaborato con artisti come Burri, Duchamp, Matta e Rothko.
Amelia Rosselli (1930-1996), poetessa, visse una vita da esule. Si occupò di etnomusicologia e teoria musicale oltre che di tradurre dall’inglese grandi autori tra cui Sylvia Plath e Emily Dickinson. Agli inizi degli anni Cinquanta frequentò gli ambienti letterari romani e gli artisti di avanguardia, ispirando Federico Fellini per un personaggio di un suo film. Nel 1996 una depressione la portò al suicidio.

Il secondo incontro avrà come tema “i bassifondi e le convergenze” attraverso l’opera di Lawrence Weschler e Luc Sante.
Lawrence Weschler (1952), giornalista e letterato, ha fatto parte dello staff del New Yorker e nel 2006 è diventato direttore artistico del Chicago Humanities Festival. Finalista del Premio Pulitzer, ha scritto sulla vita e opere di Robert Irwin e di David Hockney.
Luc Sante (1954), scrittore e critico, collabora con la New York Review of Books, il suo libro più conosciuto è Low Life: Lures and Snares of Old New York, un’analisi culturale e sociale della New York più oscura e criminale dal 1840 al 1900. Ha pubblicato testi sperimentali legati alle avanguardie che hanno animato la scena newyorkese degli anni Ottanta.

L’ultimo appuntamento è con l’opera di Emile de Antonio e Delmore Schwartz sul tema dei “principi dell’antimateria”.
Emile de Antonio (1919-1989), è stato uno dei più importanti documentaristi degli Stati Uniti e un maestro del cinema di montaggio. La sua opera, influenzata dalla tecnica artistica del collage di Robert Rauschenberg e dalla sperimentazione musicale di John Cage, ha tracciato un vigoroso e ancora attuale ritratto degli Stati Uniti.
Delmore Schwartz (1913-1966), dopo aver esordito come enfant prodige in letteratura, ha intrapreso una china discendente che l’ha portato a un progressivo isolamento e alla dipendenza dall’alcool. Ha collaborato con The Partisan Review, la più influente rivista culturale americana di metà secolo e ha influenzato scrittori come Saul Bellow e musicisti come Lou Reed.

Nell’ambito degli incontri, l’opera di ciascun autore verrà analizzata da studiosi, interpretata live da artisti impegnati in performance, discussa da intellettuali e protagonisti della vita civile e culturale internazionale. Gli Irregolari è una rassegna attraverso la quale il pubblico potrà “abitare” il Museo. L’ambiente fisico in cui si svolgeranno gli incontri coinciderà con l’interno e l’esterno del Castello. Le sale della collezione dialogheranno, con tutta la forza delle opere esposte, con le parole e le visioni degli Irregolari. L’esterno, i giardini e lo spazio d’ingresso del Museo saranno invece teatro dei momenti più collettivi e festosi nella sequenza di eventi che caratterizzeranno gli appuntamenti.


Fuori cornice Ciclo di incontri e proiezionia cura di Francesco Bernardelli
periodo: giugno 2010

Nell’ambito della nuova programmazione culturale del Museo, il Castello di Rivoli presenta un ciclo transdisciplinare di appuntamenti dedicati a figure innovative di grandi artisti non ancora debitamente noti o riconosciuti. Incontri, conversazioni, proiezioni, nonché eventi dal vivo e concerti in esclusiva, saranno occasioni concrete per poter conoscere da vicino una serie di grandi personalità internazionali, autori di pionieristiche e anticipatrici ricerche artistiche.
Quale primo evento, il Castello di Rivoli ospiterà infatti un incontro e una performance sonora con Genesis Breyer P-Orridge, considerato un’autentica leggenda vivente dell’underground e Marie Losier, una tra le più interessanti filmmaker della nuova generazione.
Il secondo appuntamento sarà con Charles Atlas, filmmaker e figura storica della ricerca su videodanza e performance, in un omaggio al celebre performer Leigh Bowery.
- Genesis Breyer P-Orridge, definito “demolitore della civilizzazione”, osservato speciale di Scotland Yard, da Fluxus e dalla Mail Art è giunto, come performer, a creare vere e proprie identità diverse. Considerato uno dei rivoluzionari del linguaggio contemporaneo tanto da influenzare artisti come Damien Hirst o musicisti come Marilyn Manson, oggi, a cinquantotto anni, tende a raggiungere un “perfetto stato di ermafroditismo” grazie alla chirurgia plastica.
- Marie Losier (1972) è filmmaker e curatrice, ha realizzato film e video per rassegne in musei, gallerie, biennali e festival. Nel 2009 è stata invitata al Centre Georges Pompidou a presentare il work in progress sul genio musicale Genesis Breyer P-Orridge e la sua band Psychic TV.
- Leigh Bowery (1961–1994) è considerato uno dei più importanti performer contemporanei, “un’icona dell’oltraggio” che ha influenzato non solo la musica, il look e la creatività degli anni Ottanta, ma anche le successive ricerche artistiche.
- Charles Atlas (1958) filmmaker e video artista, ha lavorato per il palcoscenico, i musei, lo schermo e la televisione. Considerato un pioniere nello sviluppo della “media-dance”, genere in cui la performance è creata direttamente per la videocamera, Atlas ha collaborato con alcuni tra i più noti coreografi e performers tra cui la Merce Cunningham Dance Company, Yvonne Rainer, Michael Clark, Marina Abramovic, Diamanda Galas e Leigh Bowery.

Incontro con Genesis P-Orridge e Marie Losier - Fra musica, performance e stile di vita radicale
Proiezioni di estratti da The Ballad of Genesis and Lady Jaye di Marie Losier (work in progress)

Incontro con Charles Atlas - Leigh Bowery: danza, musica e moda negli anni Ottanta
Proiezione di The Legend of Leigh Bowery (2003) di Charles Atlas colore, 83'



Concludo questa segnalazione condividendo le osservazioni proposte dai due curatori, ipotetiche linee guida della nuova gestione.


IL MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA COME FUCINA DINAMICA E COME ORGANISMO IN CONTINUA EVOLUZIONE

Il sistema dell’arte negli ultimi anni è cambiato profondamente nella struttura e nel tipo di pubblico. L’arte contemporanea, fino a qualche tempo fa esclusivo appannaggio di un piccolo gruppo di appassionati ed esperti, si è trasformata in un fenomeno sempre più allargato, in grado di attrarre un pubblico molto ampio e diversificato dal punto di vista della formazione culturale e della provenienza sociale. Attualmente il sistema dell’arte, rispetto ai primi anni Ottanta, è almeno dieci volte più grande in termini di pubblico, di spazi espositivi, di artisti e professionisti coinvolti nel settore.
Le trasformazioni avvenute all’interno del sistema dell’arte impongono un ripensamento delle funzioni stesse dei musei d’arte contemporanea. Questi ultimi, in molti casi, sono gestiti secondo una cultura museale fondata su un’idea di museo come “tempio”, come luogo aulico e distante rispetto a chi ne fruisce. Oggi ripensare il museo d’arte contemporanea significa rimetterne in discussione, rispetto a questi presupposti, le stesse finalità: significa ripensarne gli scopi, anche nei confronti del territorio e della sua crescita, significa aprire il museo ad un pubblico nuovo, e costruire la sua attività in modo più collegiale e aperto. Il museo d’arte contemporanea avrà una funzione sempre più strategica nella società futura, in quanto ha il potere (e il dovere) di ispirare il suo pubblico, di influire sul modo nel quale le persone interpretano il mondo e anche la propria esistenza. Il museo d’arte contemporanea deve rappresentare un luogo di incontro e di confronto, deve creare esperienza. Conservare ed esporre opere d’arte è una missione centrale ma – da sola – non è sufficiente a interpretare le nuove funzioni e i nuovi obbiettivi del museo d’arte contemporanea del XXI secolo.
Diverse ricerche realizzate negli ultimi anni sul pubblico dei musei europei e americani hanno rivelato che per la maggior parte dei visitatori le esperienze sociali e ricreative hanno la stessa importanza, se non un’importanza maggiore, delle attività intellettuali ed educative. Questo significa che il museo deve saper offrire al suo pubblico un’esperienza totale: la parte didattica, sociale, interattiva, l’incontro diretto con il personale specializzato del museo, devono “completare” la visita e renderla un fatto unico e memorabile.


QUALE FUTURO PER RIVOLI?

Oggi la scommessa consiste nel pensare, pur nel rispetto della straordinaria storia del Castello di Rivoli, questo nuovo modello: il museo come “tempio” ma anche il museo come “forum”. L’idea è di mettere a punto una struttura museale elastica ed interdisciplinare, in grado di produrre a un ritmo serrato non solo mostre d’arte contemporanea internazionali di grande prestigio e di ricerca, ma anche diversi eventi culturali: festival specialistici dedicati ai vari aspetti della cultura visiva contemporanea (cinema, video-arte, teatro, rassegne di documentari); un’attività di ricerca storiografica sul passato recente (mostre, convegni, eventi dedicati a importanti personalità come artisti, intellettuali, critici e storici dell’arte); un’attività didattica e culturale destinata al territorio e alle diverse componenti sociali che lo formano. La posizione del visitatore, la sua formazione, la funzione del museo come servizio pubblico, assumono un’importanza fondamentale nel ripensare l’istituzione.

UN MUSEO COME “MONDO”

Il Castello di Rivoli, anche a causa della sua collocazione così distante dal centro di Torino, non può limitarsi ad essere semplicemente una finestra sul mondo (quindi un luogo per aggiornare il pubblico su quanto sta accadendo oggi nell’arte contemporanea), ma deve poter divenire esso stesso “mondo”, quindi una destinazione, un luogo dove si elabora cultura e si fa esperienza, dove si tengono eventi culturali diversificati e rilevanti, dove si costruisce un tipo di attività didattica e associativa dedicata alla crescita del territorio e di tutte le sue componenti sociali. Crediamo sia importante trasformare lo svantaggio della lontananza del Castello di Rivoli dal centro cittadino in un elemento di forza: il Museo deve sapersi porre alla guida del territorio con una energia centripeta forte, deve poter elaborare proposte, esprimere complessità e diversità, deve poter divenire il centro di elaborazione di un pensiero originale, proiettato verso il futuro. Pensiamo a Rivoli come ad una sorta di laboratorio polifunzionale del presente, un luogo di “riflessione” con una forte apertura internazionale e al tempo stesso una grande attenzione nei confronti del territorio.


IL RUOLO DEI DIRETTORI

Il Castello di Rivoli deve rafforzare il suo ruolo di centro di interesse culturale regionale, nazionale e internazionale. Per raggiungere questo risultato è fondamentale che i nuovi direttori si pongano come “connettori” di esperienze culturali diverse, come autori di un progetto di ampio respiro, il cui obbiettivo è quello di inserire in modo forte il museo al centro del dibattito culturale del nostro tempo e farne uno strumento reale di sviluppo sociale e civile.
Non possiamo non essere d’accordo con Pontus Hulten quando sostiene che il compito fondamentale del direttore di un museo è quello di crearsi un pubblico, non essere il curatore di grandi mostre. Bisogna creare un pubblico che si senta legato all’istituzione, che abbia fiducia in essa. Un museo non è una biennale, un centro d’arte o una galleria: è un’istituzione culturale pubblica che deve sapersi conquistare un’utenza. Si stabilisce un buon rapporto con il pubblico quando questo arriva a provare – nei confronti dell’istituzione – un senso vero di appartenenza e di partecipazione.