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28/02/10

Damien Hirst



Oggi probabilmente l’artista vivente più famoso. Soprattutto dopo la sua opera “The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living” (cioè L'impossibilità fisica della morte nella mente di un vivente), una teca dentro cui è posto uno squalo tigre in formaldeide, che lo ha reso famoso e al centro di continue polemiche e attenzione da parte dei media.

Abile promotore di se e di quel gruppo conosciuto come YBAs (Young British Artists) in cooperazione con il pubblicitario anglo-iracheno Charles Saatchi, ha saputo poi continuare autonomamente e creare opere sempre più “originali e pubblicitarie” in un delicato equilibrio fra bellezza e senso di morte.
Proprio la morte è il suo tema dominante che ha approfondito in diverse forme estetiche spesso anche con risultati discutibili.

Tutto quello che ci avvicina o ci allontana da questo attimo è stato preso in considerazione, la medicina, la religione, la sofferenza, i resti (le ossa)…. Spesso poi corpi di animali che morti lo sono e di cui ci affascina la delicatezza come le ali delle farfalle.

Un altro aspetto che me lo rende simpatico e la sua sfacciataggine nel gestire il mercato dell’arte, su cui ha saputo, fino ad ora, giostrarsi allegramente e saper cavalcare i vari momenti più o meno alti di questa realtà.