Translate

19/03/24

L'Inverno di Vija Celmins



 Gli spazi della Matthew Marks ospitano fino ai primi di aprile la mostra  Winter di  Vija Celmins. La prima mostra di nuove opere dell'artista in sei anni comprende nove dipinti, quattro sculture e una stampa. Il lavoro nella mostra di Celmins è cupo, poetico e oscuro. L’artista dice che stava “pensando all’inverno in tutte le sue implicazioni”. 




I nuovi dipinti continuano il suo interesse di lunga data nell'utilizzo di immagini della natura, così come il suo lungo rapporto con l'assenza di colore. Snowfall (blue) (2022–24), una tela alta otto piedi e mezzo che è il dipinto più grande che abbia mai realizzato, raffigura la neve che cade contro il cielo notturno.




 In Snowfall (coat) (2021–23), basato sull’immagine della neve che si accumula sul retro di un cappotto, il terreno scuro fornisce una falsa allusione al cielo. L'immagine, tuttavia, non è l'interesse primario di Celmins. "L'arte non è un'illustrazione, è un'invenzione", dice. “I dipinti hanno una sensazione interna, come se ci fosse qualcosa dietro ciò che vedi.”

18/03/24

Mujer, mujer, mujer



Le  Galleria Alberta Pane e Prometeo Gallery Ida Pisani propongo nei rispettivi spazi il progetto "Mujer, mujer, mujer" delle artiste Regina José Galindo e Iva Lulashi.

Regina José Galindo è un'artista visiva e performer guatemalteca. Il suo lavoro denuncia le ingiustizie sociali legate alle questioni razziali e di genere e si concentra anche sull'abuso di potere da parte delle istituzioni nella nostra società. Attraverso un'arte deliberatamente disturbante e scioccante, cerca di scuotere il pubblico guatemalteco, intorpidito dagli anni di oppressione e violenza. Nello spazio parigino, Galindo presenta un panorama delle sue performance storiche dal 1999 al 2021, tra cui "Piel" (2001) e "Punto Ciego" (2010), attraverso fotografie, video e un'installazione. Nel giorno dell'apertura, l'artista eseguirà anche la lettura di una delle sue poesie.




Iva Lulashi è una pittrice il cui lavoro è ispirato alla cultura visiva dell'era comunista nella sua nativa Albania. Nel suo lavoro, utilizza fotografie d'epoca e dipinti che raffigurano scene all'aperto banali, oltre a immagini di propaganda, che mescola con film erotici, sfumando i confini tra generi. Le opere esposte nello spazio secondario sono molto evocative, ponendo lo spettatore nella posizione di un voyeur, spiando corpi femminili durante momenti intimi in mezzo alla natura. Lulashi dipinge storie personali e individuali, spesso segnate dai ricordi dell'erotismo post-adolescenziale. Per l'artista, la nudità dei personaggi è un modo per dimostrare che si può raggiungere la libertà attraverso il proprio corpo, ma anche per criticare la forte censura imposta agli albanesi.

Come suggerisce il titolo, l'esposizione "Mujer, mujer, mujer" si concentra sulla donna, interrogando il suo ruolo nella società di oggi, mentre denuncia l'oggettificazione e la violenza a cui è ancora oggi soggetta.

17/03/24

Uffizi contemporary




 Arriva l'arte contemporanea agli Uffizi con la mostra Land in Land out. Sedici artisti contemporanei, otto italiani e otto belgi, si confrontano con il formato panoramico 16:9, esponendo coppie di opere in dialogo con i capolavori della Galleria degli Uffizi, tra i quali dipinti di Fra Bartolomeo, Giovanni Bellini, Ambrogio Lorenzetti, Simone Martini e Lippo Memmi, Tintoretto, Veronese.

È Land In Land Out, mostra accolta nel museo vasariano dal 13 febbraio al 17 marzo e curata dall’associazione culturale MODO asbl, con sede a Bruxelles, insieme a Francesca Sborgi per le Gallerie degli Uffizi (e con il catalogo di Silvana Editoriale). La scelta del formato sedici noni quale ‘filo conduttore’ della mostra, rappresenta il tentativo dell’arte di far riscoprire il senso più intimo e profondo del guardare rappresentato nell’epoca contemporanea dal formato del cellulare ma, soprattutto, misura della psico-visione umana, con l’intenzione di mettere in risalto la relazione che intercorre tra l’opera d’arte e l’osservatore e quale sia il metro percettivo che usiamo per definire ciò che divide noi e la dimensione immaginata dell’opera. 




Allo stesso tempo la mostra intende anche stabilire una connessione tra la cultura italiana e quella belga, ponendo al centro i concetti dell’osservazione del paesaggio e della sua interpretazione. Il genere paesaggistico, a partire dalla sua massima diffusione intorno al XVI secolo nei Paesi Bassi, contraddistingue la storia dell’arte di questi due paesi; Italia e Belgio si sono spesso confrontati con esso, esercitando nel tempo e nelle esperienze artistiche una reciproca contaminazione. Ancora oggi la parola paesaggio rimanda ad un’idea tradizionale della rappresentazione naturalistica e, in termini più generali, al dipinto delimitato dal confine di una cornice.

Attraverso le loro opere, gli artisti protagonisti di Land In Land Out affrontano le forzature e gli stereotipi di questo genere: sono Lucia Bru, Hans Demeulenaere, Edith Dekyndt, Stef Driesen, Hans Op de Beeck, Nathalie Du Pasquier, Serena Fineschi, Tina Gillen, Marco Neri, Luca Pancrazzi, Alessandro Scarabello, Serse, Pieter Vermeersch, Laura Viale, Luca Vitone, Sophie Whettnall.



foto Ela Bialkowska OKNOstudio

16/03/24

Jonathan Meese a Roma da Tim Van Laere




 
La sede romana della galleria  Tim Van Laere presenta, fino al 27 Aprile, le opere di Jonathan Meese (nato nel 1970 a Tokyo, vive e lavora a Berlino e Ahrensburg)  noto per la sua opera versatile, che comprende dipinti esuberanti, installazioni stravaganti e performance estatiche, scritti, nonché un potente corpus di sculture in vari media. Con la sua mitologia ricca e personale, piena di simboli, neologismi e metafore, l'opera multiforme dell'artista suscita fascino. 




Apparentemente senza sforzo, Meese riesce a distinguersi in ogni genere con un vocabolario indipendente e unico che permette alle sue opere di emanare un'energia visiva che, secondo il curatore Robert Fleck, non ha eguali dai tempi di Picasso. Tutte le opere di Meese sono accomunate da un umorismo tendente al grottesco, nonché da una volontà creativa potente e originale. Entrambi sono guidati e sostenuti dalla lotta per una regola dell'arte, la dittatura dell'arte. Ciò che si intende qui è lo sviluppo di un nuovo ordine mondiale in cui l'arte è il potere legislativo e il libero gioco il fondamento di tutta la vita e la creazione. 

Questo approccio utopico corre come un leitmotiv in tutte le sue opere e unisce le singole parti dell'opera. per formare il Jonathan Meese Gesamtkunstwerk. Non punta all’anarchia, ma piuttosto alla regola della necessità metabolica: “L’arte è gioco totale”.



15/03/24

Dislocazioni



 

Fra le tante mostre in corso in questi giorni al Palais de Tokyo a Parigi vi segnalo l'esposizione “Dislocations” che riunisce quindici artisti, di diverse generazioni e origini (Afghanistan, Francia, Iraq, Iran, Libano, Libia, Myanmar, Palestina, Siria, Ucraina) il cui lavoro è segnato o informato dall'esperienza dell'esilio, della strappo tra qui e altrove, tra passato e presente.



 Le loro pratiche combinano know-how ancestrale e tecnologie contemporanee, gesti umili e materiali poveri. Si tratta di rendere omaggio alla necessità vitale e all’intensità della creazione artistica attraverso storie frammentate che attraversano lo sfollamento, la prigionia, la guerra, ma anche la resilienza e la riparazione.


14/03/24

Giulio Malinverni e Maurizio Pellegrin da Marignana Arte



 La galleria Marignana di Venezia propone fino a fine marzo due mostre una su Maurizio Pellegrin dal titolo  "L'immagine ritrovata" nella Project Room della galleria  con tre diverse serie di opere su carta organizzate attorno al concetto di “frammento” : collage della fine degli anni '80, fotocollage realizzati tra il 2006 e il 2008 e cianotipi più recenti del 2021. I frammenti vengono riuniti e organizzati in nuove strutture gerarchiche per produrre nuove relazioni, nuove energie, significati e simboli diversi e per parlare allo spettatore attraverso una nuova forma di comunicazione.




L'altra su Giulio Malinverni dal titolo "Il Dormiente nella Valle"  che  consolidando una collaborazione iniziata nel 2020, Marignana Arte. Il titolo scelto dall’artista – Il dormiente nella valle – è quello di una celebre poesia di Arthur Rimbaud, i cui versi evocano il conflitto tra il caldo splendore di una natura ideale e incantata (dove il sole splende dall’orgogliosa montagna) e la gelo della morte di un soldato caduto in battaglia, che sembra dormire e sognare adagiato in quella “piccola valle ribollente di raggi”.




Marignana Arte presenta una selezione dei dipinti più recenti di Giulio Malinverni, tra cui alcuni inediti su marmo, il cui tema è quanto mai vicino alle atmosfere rimbaudiane , rese attraverso una pittura che assume i toni di un viaggio nell'onirico , sospeso tra il Abissi e cieli, tra evocazioni incantate e infernali, lo spettatore sarà condotto in una dimensione di magica alterità.  La mostra è accompagnata da una pubblicazione con un testo critico di Cristina Beltrami.


13/03/24

Capsule apre a Venezia



Da alcuni giorni a Venezia ha aperto la galleria Capsule, realtà nata a Shanghai che ora si sposta anche a Venezia.

L'ideatore è il gallerista  Enrico Polato che dopo aver aperto lo spazio a Shanghai nel 2016, sviluppa con una mostra collettiva dal titolo ‘When We Become Us’“,  una mostra in un nuovo spazio presso la Fondazione Giorgio e Armanda Marchesani, nel sestiero di Dorsoduro.




CS

Con la mostra "When We Become Us²" la galleria Capsule apre a venezia, un’estensione dell’impegno duraturo e costante di Capsule a Shanghai in Cina.

Per la sua mostra inaugurale ospitano nei locali della Fondazione Marchesani  a Dorsoduro, uan collettiva, sviluppando una versione ampliata di When We Become Us, la mostra che ha segnato l'apertura di Capsule nel 2016 a Shanghai. In questa occasione lo spettacolo prende il nome di When We Become Us².

Questa mostra collettiva occupa diversi strati semantici. Da un lato offre uno spaccato della poetica che definisce il lavoro dei ventinove artisti partecipanti, fornendo una panoramica del programma della galleria (oltre ad alcune nuove collaborazioni), una panoramica delle sinergie inesplorate tra artisti che non hanno mai esposto tutti insieme Prima. D'altra parte la mostra è un'espressione sincera della metodologia abbracciata dalla galleria durante il suo percorso durato sette anni. When We Become Us² è una riflessione su cosa significhi gestire uno spazio che, pur funzionando come un organismo commerciale, è costantemente impegnato in un processo di nutrimento reciproco, crescita e dialogo continuo con gli artisti che danno vita alla galleria. È il manifesto ideale di Capsule Venice che vuole diventare un hub che unisce una profonda conoscenza dell'ecologia dell'arte contemporanea con un tocco umanistico e “artigianale”.




È anche il primo passo di Capsule verso la costruzione di un legame duraturo con la città di Venezia, agendo da catalizzatore, per fornire un luogo di esperienza in cui artisti, pubblico, professionisti dell’arte, collezionisti e la comunità in generale diventano “noi”.

Capsule Venice presenterà quattro mostre, accompagnate da un programma di eventi, progetti site-specific e attività culturali curati dalla curatrice indipendente Manuela Lietti che coinvolgeranno i versatili spazi interni ed esterni della sede per tutto il 2024. 

Capsule Venice Sestiere Dorsoduro 2525, 30123 Venezia, Italia

12/03/24

Vivian Suter a Milano



La sede milanese della galleria Kaufmann Repetto propone la mostra Tintin Nina di Vivian Suter Disco, che comprende più di cinquanta opere di grandi dimensioni risultanti dal lavoro dell'artista una ricerca decennale immersa nella lussureggiante foresta pluviale guatemalteca. 




Questa serie di le tele incarnano l’alleanza creativa di Suter con le vicissitudini del terreno e il tempo, introducendoci alla rapsodia incessante della natura e delle sue profondità connessione con la pratica dell’artista. Ciò risuona anche nella presentazione fluida e non gerarchica delle opere, spesso sovrapposte, sospese e ondeggianti nello spazio, assorbito nell’ecosistema e nello spirito dell’ambiente circostante l’artista.




11/03/24

Meg Webster al Dia Beacon




 Molto interessante l'omaggio che il Dia Beacon rende all'artista Meg Webster, fra le figure più appartate ed interessanti di una Land Art ambientale, con opere che attingono all'arte minimalista e materica degli anni '60 e '70,  usando materiali naturali - come terra, sabbia e sale - in ambienti chiusi dalla metà degli anni '80, modellandoli in sculture elementari e sensorialmente ricche. Il suo lavoro spazia da semplici volumi geometrici, giardini e installazioni idrauliche e di luce crescente che possono essere collocate all'interno o all'esterno della galleria.

Questa proposta del lavoro di Webster offre i suoi caratteristici lavori in terra concavi e convessi, recentemente entrati nella collezione di Dia, integrati da sculture costruite in cera d'api, muschio, sale e bastoncini. Presentati nelle gallerie adiacenti ai giardini occidentali, i materiali organici della mostra costituiscono un ecosistema in cui colore, profumo e suono entrano in dialogo con gli elementi naturali esterni. 




Presentate insieme alle opere dei colleghi Michael Heizer, Donald Judd e Richard Serra, tra gli altri, le sculture di Webster apportano una prospettiva ecologica unica alle preoccupazioni formali che animano l'arte nella collezione di Dia.

Meg Webster è curata da Matilde Guidelli-Guidi, curatrice e co–responsabile del dipartimento, con Liv Cuniberti, assistente curatoriale.




Tutte le mostre al Dia sono rese possibili dall'Economou Exhibition Fund.

Meg Webster è resa possibile dal supporto principale delle Loro Eccellenze Sheikh Jassim e Sheikha Al Mayassa Al-Thani. Significativo sostegno da parte della Berkowitz Contemporary Foundation. Supporto aggiuntivo da parte di Agnes Gund, Anne Mosseri-Marlio e Reto Wey, Marsha e Jeffrey Perelman e Deedie Rose. Un ringraziamento speciale alla Paula Cooper Gallery, New York.


10/03/24

Le nature morte di Max Weber


La galleria newyorchese Schoelkopf  dedica una bella mostra alle opere di Max Weber, con una selezione di 26 dipinti e opere su carta, provenienti dalla Fondazione Max Weber che abbracciano l'intero ambito della pratica della natura morta dell'artista, lunga tutta la sua carriera dal 1907 al 1955. 



Informato da Paul Cézanne e Pablo Picasso , le nature morte di Weber occupano una posizione centrale tra l'avanguardia europea e il modernismo americano. La mostra, che comprende una varietà di materiali tra cui olio, collage di foglie d’oro, pastello, guazzo e acquerello, indaga gli importanti contributi e le reazioni di Weber a una serie di movimenti del ventesimo secolo come cubismo, fauvismo e surrealismo. 



Nel 1914, Weber affermò che "arte e vita non sono separate", posizionandosi all'interno di una tradizione modernista di dipingere la vita quotidiana, dalle vivaci scene impressioniste dei caffè alle rappresentazioni pop hard-edge di oggetti prodotti in serie. Weber si distinse per la sua profonda convinzione che gli oggetti esistono come simboli di cultura e civiltà e dovrebbero essere misurati in base alla loro utilità, spiritualità e intelletto.


foto: Olivia Divecchia