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31/12/21

Quirinale on Google

 Ora anche la "casa degli italiani", il Quirinale è fruibile da tutti con Google Arts and Culture, è la prima nazione ad aprire le porte del palazzo presidenziale a questa collaborazione. 






30/12/21

Kim Dacres da Gavlak

 

La galleria Gavlak di Palm Beach presenta le opere di Kim Dacres raccolte sotto il titolo Black Moves First




CS

- GAVLAK is pleased to present Black Moves First, a solo exhibition of recent sculpture by Jamaican-American artist Kim Dacres, on view from December 1, 2021 – January 2, 2022. Often contemplating themes of reclamation, Dacres is an inspired bricoleur who finds expressive potential in materials at hand, including found bicycle, motorcycle, and automobile tires in New York, which are then ceremoniously knotted, twisted, or hewn by the artist. Through careful imbrication and recontextualization, these rugged surfaces recombined ad infinitum—whether fashioning icons of  family, heritage, Blackness, or belonging—wrestle with the weight of self-representation in a system unjustly stacked against Black women.

In the traditional game of chess, Black moves second, not first. Marked by a strategic disadvantage from the onset, Black involuntarily falls into responsive and defensive play. This extended metaphor becomes inverted with Dacres’ exhibition, Black Moves First, which unveils a powerful composition of eight new sculptures that proffer a novel twist on the timeless game of chess, which, in this version, is devoid of kings, pawns, or male signifiers. Instead, the eight women of the Crown family move first with white, the viewer, to respond.


What is clear in Black Moves First is the embodied knowledge that each piece possesses. For the women represented, this is not their first game, nor will it be the last; each piece will become another and new ones will emerge. Dacres' analysis of Blackness and femininity is sharp, explicit and beautifully sentimental. To exist within Dacres' universe, even in transience, is to be unbolted.

The vibrant Blackness of Dacres' installation, contrasted against a notable absence of white chess pieces, opens a poignant mediation on questions of race, ownership, and narrative. Within Dacres' immersive staging, the exhibition's visitors are to become the white opponents that these figures collide with. Transforming the white cube into an arena for gameplay, the artist prompts her audience to analyze this territory, challenging viewers to locate their own positionality within Dacres' story.

Manifested through an enduring material which will retain its Blackness forever, never fading or deteriorating, Dacres gestures towards the inheritance of both struggle and strength, the resilience of her characters being passed down through generations. These surfaces expose the residue of Western sculptural norms via repetitious materialist interventions, reinventing the rules of whiteness by transforming its very playing field.


29/12/21

Prospettiva New Orleans

 



Prospect è un bel progetto, a scadenza triennale, alla sua quinta edizione e si svolge a New Orleans, questa è curato da Naima J. Keith e Diana Nawi, che hanno selezionato 51 progetti presentati in 20 spazi della città.



CS

Prospect 5: Yesterday we said tomorrow is the fifth edition of Prospect New Orleans, a citywide art exhibition. Inspired by New Orleans jazz musician Christian Scott aTunde Adjuah’s 2010 album Yesterday You Said Tomorrow, the title of the exhibition centers the unspoken present, the place where past and future come together, and where other courses of action become possible. The exhibition title also implies the deferral of meaningful change, which often comes slowly or not at all. The artists and ideas that define this exhibition confront this truth, and the stark realities of history, but also suggest that we might yet plot a different future.


Prospect.5 features an intergenerational group of 51 artists from the United States, the Caribbean, Africa, and Europe. The artists have created projects that emerge from research into place, express connections to the past and to land, and seek to form and reflect community. They have considered the ways in which history continues to shape the present, and their artworks are testaments to acts of ritual, selfhood, and modes of resistance that define daily life in New Orleans and beyond. Their projects offer spaces of memorialization and mourning, and of imagination and togetherness. 


Yesterday we said tomorrow takes its cues from the current moment and from New Orleans itself, a city built on inextricable layers of history. While the narratives of this history are contested and suppressed, its presence can always be felt. This exhibition, the course of which has been marked by the Covid-19 pandemic, a historic election, and Hurricane Ida, presents art as a means of defining one’s self and as a statement of opposition, and as an enduring assertion that challenges the dominant historical record. It reveals the ways that New Orleans, a beacon of culture and an embodiment of this nation’s complicated past, is a quintessentially American city, the future of which is dependent on the truths of our past and the actions of the present. 


Prospect.5: Yesterday we said tomorrow is curated by the Susan Brennan Co-Artistic Directors Naima J. Keith and Diana Nawi, with Grace Deveney, Associate Curator, and Lucia Olubunmi Momoh, Curatorial Associate.  

28/12/21

Very Peri, il colore del 2022

 


Arriva il nuovo anno ed ecco allora il colore che dovrebbe caratterizzarlo, si tratta del "Very Peri" un mix fra viola-rosso-blu PANTONE 17-3938 Very Peri, se volete essere trendy... ora lo sapete.

CS

Mostrando una spensierata sicurezza e un'audace curiosità che anima il nostro spirito creativo, il curioso e intrigante PANTONE 17-3938 Very Peri ci aiuta ad abbracciare questo alterato panorama di possibilità, aprendoci a una nuova visione mentre riscriviamo le nostre vite. Riaccendendo la gratitudine per alcune delle qualità che il blu rappresenta, integrato da una nuova prospettiva che risuona oggi, PANTONE 17-3938 Very Peri pone il futuro davanti a una nuova luce.

Viviamo in un'epoca di continue trasformazioni. PANTONE 17-3938 Very Peri è un una rappresentazione dello zeitgeist globale del momento e della transizione che stiamo attraversando. Mentre emergiamo da un intenso periodo di isolamento, le nostre nozioni e i nostri stili di vita stanno cambiando e le nostre vite reali e digitali si sono fuse in modi nuovi. Il design digitale ci aiuta ad estendere i limiti della realtà, aprendo la porta a un mondo virtuale dinamico in cui possiamo esplorare e creare nuove possibilità di colore. Con le tendenze nei giochi, la popolarità in espansione del metaverso e la crescente comunità artistica nello spazio digitale, PANTONE 17-3938 Very Peri illustra la fusione della vita moderna e come le tendenze cromatiche nel mondo digitale si manifestano nel mondo fisico e viceversa.

Pantone Color of the Year 2022 - Lee Eiseman Quote

“Pantone Color of the Year riflette quanto sta accadendo nella nostra cultura globale, esprimendo ciò che le persone stanno cercando in un colore che sperano sia la risposta ,” ha aggiunto Laurie Pressman, Vice Presidente di Pantone Color Institute. “Creando un nuovo colore per la prima volta nella storia del nostro programma colore educativo Pantone Color of the Year, riflettiamo l'innovazione e la trasformazione globale in atto. Mentre la società continua a riconoscere il colore come forma fondamentale di comunicazione e modo di esprimere, di influenzare e creare idee ed emozioni, di coinvolgimento e connessione, la complessità di questa nuova tonalità blu infusa di rosso-viola evidenzia le sconfinate possibilità che si mostrano davanti a noi.”

Abbracciando le qualità dei blu ma possedendo allo stesso tempo un sottotono viola-rosso, PANTONE 17-3938 Very Peri mostra un'attitudine vivace e gioiosa, una presenza dinamica che incoraggia la creatività che sa osare e un'espressività fantasiosa.

Tavolozze di colori con PANTONE 17-3938 Very Peri



INFORMAZIONI SU PANTONE COLOR OF THE YEAR

La scelta del Pantone Color of the Year è frutto di un'attenta valutazione e dell'analisi delle tendenze. In effetti, per effettuare tale selezione, tutti gli anni gli esperti del Pantone Color Institute perlustrano ogni angolo della terra alla ricerca delle nuove influenze in fatto di colore. Parliamo di influssi che possono provenire dagli ambiti più svariati, quali il mondo dello spettacolo e della produzione cinematografica, le collezioni d'arte itineranti e i nuovi artisti, la moda, tutte le sfere del design, le mete turistiche più gettonate, così come i nuovi stili di vita, di gioco e le condizioni socio-economiche. Le influenze possono derivare anche da nuove tecnologie, materiali, texture ed effetti che hanno un impatto sul colore, dalle più importanti piattaforme di social media e persino da eventi sportivi che catturano l'attenzione internazionale.

Da oltre 23 anni, il Pantone Color of the Year influenza lo sviluppo dei prodotti e le decisioni in materia di acquisti in svariati settori, tra cui moda, arredamento di interni, design industriale, imballaggio dei prodotti e graphic design.



INFORMAZIONI SUL PANTONE COLOR INSTITUTE™

Pantone Color Institute è la divisione commerciale di Pantone che mette in evidenza i principali colori stagionali delle passerelle, seleziona il Pantone Color of the Year, prevede le tendenze cromatiche mondiali e fornisce consulenza alle aziende in fatto di colore nell’identità visiva del marchio e dei prodotti. Pantone Color Institute collabora con marchi di livello mondiale fornendo previsioni sulle tendenze stagionali, ricerche sulla psicologia del colore e consulenza, per integrare nella loro strategia di design tutta la potenza, la psicologia e l’emozione del colore.

27/12/21

Prossimamente "L’occhio in gioco" al Monte di Pietà di Padova

 


Vi segnalo, fra i futuri eventi d'arte per il 2022, l'interessante progetto che la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Università agli Studi di Padova promuovono, nella ricorrenza degli 800 anni dalla fondazione dell’Ateneo Patavino, “L’occhio in gioco. Percezioni, impressioni e illusioni nell'arte dal Medioevo alla Contemporaneità”, una grande mostra che sarà allestita a Palazzo del Monte di Pietà a Padova dal 24 settembre 2022 al 26 febbraio 2023.

Ad essere proposto è un nuovo modello espositivo, che abbraccia e unisce due dimensioni: lo sguardo generale che accompagna il visitatore a comprendere l’indagine e lo sviluppo delle arti sul tema del movimento, e uno, più specifico, che indaga i rapporti tra la psicologia della percezione e la creatività. Ad annunciare ufficialmente l’evento sono Daniela Mapelli, Rettrice dell’Università di Padova e Gilberto Muraro, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.

“L’occhio in gioco” spazia su due ambiti espositivi paralleli, due percorsi per certi versi autonomi ma riuniti dal momento storico su cui entrambi si focalizzano, gli anni ’60, e dal rappresentare, entrambi, il nuovo che irrompe nell’arte.

La sezione dedicata alla percezione, al movimento, al colore, all’optical come caleidoscopio è curata da Luca Massimo Barbero mentre quella denominata “La scuola patavina di psicologia della percezione, il Gruppo N e l’arte programmata” è affidata, tra gli altri, al prof. Guido Bartorelli e al prof. Giovanni Galfano dell’Università di Padova.
 
“La scuola patavina di psicologia della percezione, il Gruppo N e l’arte programmata” si propone di valorizzare un particolare momento culturale della città di Padova, quello che vede il formarsi di un’eccellenza artistica che ha riscontro nazionale e internazionale: il Gruppo N, la cui ricerca è strettamente connessa alla realtà accademica padovana legata alla psicologia della percezione e alla sua eredità” anticipa la Rettrice Daniela Mapelli.
 
“Attraverso la presentazione al grande pubblico di opere selezionate del Gruppo N, dei suoi fondatori e di artisti legati all’arte programmata, si vuole dare vita ad un percorso che permetta allo spettatore di comprendere le problematiche metodologiche e visuali poste da questa ricerca, il contesto culturale in cui hanno operato gli artisti e, soprattutto, di avvicinarsi agli aspetti teorici sottostanti i fenomeni percettivi che vengono presi in considerazione nella realizzazione delle opere”.

Il Gruppo N, composto tra il 1960 e il 1964 da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, è indissolubilmente legata alla città di Padova.

“Fondazione Cariparo”, afferma il Presidente Gilberto Muraro, promuove questo progetto espositivo di respiro internazionale con l’obiettivo non solo di fare ricerca ma anche di valorizzare produzioni artistiche note agli esperti e agli amanti dell’arte, ma forse meno conosciute al grande pubblico. Una mostra che potenzialmente è in grado di attrarre molti visitatori provenienti da altre città. Inoltre, la presenza di una sezione scientifico-laboratoriale garantirà un notevole coinvolgimento per i visitatori di tutte le età, che potranno sperimentare e capire le ragioni psicologiche degli effetti ottici esibiti dalle opere.”.
 
La sezione della mostra a cura di Luca Massimo Barbero prende le mosse dalla raffigurazione del cosmo, con miniature e dipinti del Quattrocento che percorrono confronti con l’arte cinetica e optical e prosegue con la storia dei grandi temi affrontati nella pittura antica, manualista, post impressionista, futurista e dinamica orfica del Novecento sino alle prime prove dell’arte optical, cinetica e programmata.
 
“La rappresentazione del movimento – annota il prof. Luca Massimo Barbero - ha sempre affascinato l’umanità a partire dalla preistoria nelle immagini di animali dipinte, nelle grotte paleolitiche il cacciatore credeva in un certo senso di possedere magicamente ciò che rappresentava, di propiziarsene la cattura o l’uccisione.

In ogni tempo, però, vi sono state due diverse categorie di movimento, con continui scambi e invasioni del campo l’una rispetto all’altra, vale a dire quello statico, ma ottico (e quindi simbolico, psicologico, mentale, visivo, spettacolare nel senso panofskyano del termine, dove anche la prospettiva è un dispositivo illusionistico) che è una costante storica; quello fisico, reale, materiale, concreto, percepibile nel costruire lo sguardo per l’opera d’arte. Questa doppia via, una sorta di vademecum, di leitmotiv che attraversa tutta l’esposizione, si avvarrà non solo di opere d’arte, ma anche di una serie di preziosi documenti storici come volumi antichi, oggetti scientifici provenienti da musei internazionali e dalla città di Padova, fotografie e pubblicazioni dedicate alla percezione, al movimento, allo studio della storia del colore.”
 
  
L’OCCHIO IN GIOCO
Percezioni, impressioni e illusioni nell'arte dal Medioevo alla Contemporaneità
Padova, Palazzo del Monte di Pietà
24 settembre 2022 – 26 febbraio 2023

26/12/21

Anselm Kiefer al Grand Palais Éphémère di Parigi


 « Celan non si limita a contemplare il nulla, lo ha sperimentato, vissuto. ». Anselm Kiefer, giugno 2021 questa è una delle riflessioni che si affrontano nel Grand Palais Éphémère con l'opera di Anselm Kiefer.

Quindici anni dopo aver inaugurato la serie Monumenta al Grand Palais nel 2007, Anselm Kiefer è il primo artista a realizzare un nuovo progetto che coinvolge l'intero spazio del Grand Palais Éphémère, su invito del Rmn – Grand Palais.



Con "Pour Paul Celan", Anselm Kiefer continua il suo lavoro sulla memoria europea, in cui Francia e Germania sono protagoniste. In questa mostra, sculture, installazioni e 19 tele di grandi dimensioni dialogano con la poesia sfuggente del grande poeta di lingua tedesca Paul Celan. Il lavoro di Paul Celan è stato una presenza costante nei dipinti di Anselm Kiefer fin dalla sua adolescenza, quando ha scoperto la poesia "Todesfuge" ("Death Fugue"). Continua ad esserlo ancora con questo gruppo di dipinti recenti. Questo dialogo si è intensificato negli ultimi anni, e in particolare nel 2020 durante il periodo di blocco.

Questa mostra è organizzata dalla Réunion des Musées Nationaux – Grand Palais in collaborazione con la Thaddaeus Ropac Gallery.

In associazione con la Presidenza francese del Consiglio dell'Unione Europea 2022.






25/12/21

Le favole di Esopo

 

Vi auguro buon Natale con queste belle immagini che provengono dalla Fondazione Cini dal recente restauro e digitalizzazione di una copia, unica al mondo, delle favole di Esopo, evento che celebra i 70 anni di attività di questa importante fondazione veneziana. 

L’unica copia dell’edizione veneziana delle favole di Esopo ad opera di Bernardino Benali (1490 circa), recentemente restaurata in occasione dello straordinario ritrovamento di un foglio mancante, sarà pubblicata nella Digital Library del sito della Fondazione Giorgio Cini


CS
La Fondazione Giorgio Cini conclude le celebrazioni per i suoi 70 anni di attività con uno dei più rari volumi del suo patrimonio librario: le favole di Esopo, unica copia al mondo dell’edizione veneziana dell’opera di Bernardino Benali (1490 circa) arrivata sull’Isola di San Giorgio Maggiore nel 1962, con l’acquisizione del fondo di libri antichi appartenuto a Tammaro De Marinis (1878-1969) grazie al munifico intervento di Vittorio Cini. 

Nel 2019 venne battuto a Firenze dalla casa d’asta Pandolfini un lotto della collezione Tammaro De Marinis e fra i libri e i documenti venne rinvenuto un foglio “staccato” proprio dell’edizione delle favole di Esopo conservata alla Fondazione Cini. Grazie alla presenza di una xilografia al verso della carta, è stato infatti possibile riconoscere immediatamente il foglio. Il lotto è stato acquistato grazie al contributo di Giovanni Alliata di Montereale, nipote di Vittorio Cini, che l’ha prontamente donato alla Fondazione consentendo il ricongiungimento delle parti. Il volume, scompleto di 9 fogli, è stato quindi restaurato e integrato di una delle pagine mancanti.

Il restauro e la digitalizzazione dell’antico volume, che ha rappresentato la più recente sfida del centro di eccellenza ARCHiVe, è stato reso possibile grazie al finanziamento della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Veneto e del Trentino-Alto Adigeche ha valutato positivamente la proposta di restauro e di valorizzazione del bene. 
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L’Esopo
Prima di entrare nella collezione De Marinis, l’Esopo, scompleto di 9 carte, faceva parte della collezione di Charles Butler (1821-1910). Nel 1940 un saggio di Tammaro De Marinis fornisce l’indicazione delle carte e delle xilografie mancanti. Dopo un’analisi più approfondita è stato individuato il punto preciso da cui il foglio è caduto, tra il 1940 (anno della pubblicazione di De Marinis) e il 1962 (anno in cui il volume è giunto in biblioteca); riapparendo sul mercato antiquario nel 2019 è stato possibile acquisirlo per poi integrare il volume.

Il Restauro 
L’intervento, ultimato nel novembre del 2021, ha previsto lo smontaggio totale dei fascicoli edella legatura ottocentesca. Con il restauro delle carte sono state rimosse precedenti integrazioni degradate dal tempo e alleggerite le macchie. Il volume consta oggi di 92 carte suddivise in 13 fascicoli dalla a alla ne le carte mancanti rendono mutili 3 fascicoli (c, m, n). La carta ritrovata, con la xilografia e il finale della favola n. 62, appartiene al fascicolo m e lì è stata ricollocata. Infine, l’intero volume è stato ricucito ed è stato nuovamente ancorato alla coperta che l’ha custodito negli ultimi 200 anni.

La digitalizzazione
La digitalizzazione del volume è stata effettuata dal centro ARCHiVe tramite l’acquisizione fotografica a colori e ad alta risoluzione è stata inoltre realizzata una documentazione fotografica, anche a luce trasmessa, per consentire l’analisi comparativa dei bifoli scuciti e restaurati. Le favole di Esopo saranno liberamente accessibili al pubblico, tramite la pubblicazione online nel sito della Fondazione Cini e nei principali cataloghi delle biblioteche, attuando così uno degli scopi statutari della Fondazione volto a promuovere attività culturali legate alla propria storia, alle proprie tradizioni e al proprio straordinario patrimonio.

24/12/21

Un grand tour, in tempi di pandemia


Saranno questi strani tempi di pandemia, che hanno ridotto di molto la voglia e le possibilità di spostamenti, ma la mostra "Grand Tour" delle Gallerie d'Italia del gruppo Intesa San Paolo, sta avendo un grande successo di pubblico e di consensi critici. 

Il progetto espositivo presenta materiale particolarmente vasto, dagli oggetti ricordo, che i nobili si facevano fare, souvenir ma anche sculture, suppellettili, mobili, fino a vere opere d'arte come i ritratti e soprattutto i paesaggi italici, più di 150 selezionati oggetti proveniente dalle più importanti collezioni europee e non solo. 



Era un viaggiare lento e conoscitivo, che oggi pare così raro. Fra il Seicento e la prima metà dell’Ottocento, il nostro paese fu la meta privilegiata di letterati, artisti, persone sensibili, membri della società aristocratica e colta europea che dedicavano un momento del loro vivere all'arricchimento culturale ed estetico.

La nobile committenza internazionale non badava a spese per portarsi a casa un ricordo emotivo del Grand Tour, fra Venezia e Pompei, opere e manufatti che abbellivano la grande abitazioni e che ricordavano di una terra complessa ma baciata dal caldo sole e dalla bellezza. 

Un'eccellenza creativa che nei secoli ha reso il nostro paese unico e che ancora oggi viene ammirata per la sua qualità e unicità.




23/12/21

Italgas dona Oliviero Rainaldi a Torino

 


Gli spazi pubblici di Torino in questi ultimi mesi sono stati rinnovati da privati con l'installazione di opere artistiche e dopo la scultura donata dalla galleria Mazzoleni ora è la volta dell'Italgas che rinnovando la sua sede ha donato in Largo Regio Parco due sculture di Oliviero Rainaldi.

CS

L’importante intervento di riqualificazione, progettato e realizzato da Giugiaro Architettura, ha richiesto un investimento di oltre 60 milioni di euro e ha permesso sia di rinnovare interamente il complesso dei due imponenti edifici che completano la prospettiva di Corso Palermo affacciandosi su Largo Regio Parco, sia di ridisegnare, in collaborazione con l’amministrazione comunale, il profilo dell’area pubblica antistante, restituendo in tal modo alla città uno spazio urbano inclusivo.

Entrambi gli edifici sono stati oggetto di una profonda ristrutturazione, con riprogettazione degli spazi di lavoro - open space, aree dedicate al coworking, al relax, allo sport indoor, terrazze e giardini pensili - e interventi di efficientamento energetico volti a rendere le strutture più sostenibili dal punto di vista ambientale. Entrambi gli edifici hanno ottenuto la certificazione LEED, uno standard mondiale per le costruzioni eco-compatibili, mentre per la climatizzazione degli ambienti è stata fatta una scelta prospettica: sono stati installati impianti che oggi sono alimentati con gas naturale che verrà presto sostituito con biometano e, in un futuro non lontano, con altri gas a impatto zero come metano sintetico e idrogeno verde.

L’edificio al civico 11 è sede anche dell’Heritage Lab Italgas, il nuovo spazio fisico e virtuale, frutto di un importante progetto di trasformazione digitale dell’archivio storico, della biblioteca e dell’emeroteca. Aperto al pubblico, l’Heritage Lab Italgas custodisce quasi 200 anni di patrimonio storico aziendale con un archivio di oltre 3 chilometri lineari di documenti, circa 12.000 tra volumi, monografie, periodici e collezioni, oltre a fotografie, opere d’arte e oggetti dell’industria del gas dalle sue origini a oggi. Ai visitatori viene offerta un’esperienza immersiva che permette di toccare con mano il percorso di digitalizzazione, assistendo alle attività di catalogazione, archiviazione e virtualizzazione delle testimonianze storiche.

Largo Regio Parco ospita anche due importanti unità deputate alla sicurezza, entrambe attive 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno: il Cis, Centro Integrato di Supervisione, una infrastruttura operativa dotata delle più avanzate tecnologie per il monitoraggio in tempo reale dei 74 mila chilometri di reti di distribuzione del gas gestite da Italgas lungo tutta la Penisola, e il G-SOC, Group Security Operation Center che presiede alla protezione attiva delle infrastrutture fisiche e digitali, all’intelligence sulle minacce Cyber e all’analisi dinamica dei rischi, garantendo la protezione costante degli asset del Gruppo.

In corrispondenza degli ingressi principali dei due edifici si ergono gli elementi dell’opera “Flammarion”, realizzata dall’artista Oliviero Rainaldi per Italgas e per la città. Il complesso si articola in più parti ed è composto da un gruppo scultoreo principale, posizionato davanti al civico 9, e da due elementi singoli collocati rispettivamente al civico 11 e in Corso Palermo 4. Nella sua collocazione diffusa, “Flammarion” si ispira al concetto delle costellazioni quali insiemi di corpi celesti distribuiti nello spazio secondo uno schema geometrico riconoscibile, studiate e divulgate a fine Ottocento dall'astronomo Camille Flammarion. Gli spazi adiacenti le sculture, attrezzati con sedute e arredo verde, sono stati concepiti per essere fruiti dal pubblico in un’ottica di interazione tra azienda, città, abitanti.

“Dal ritorno in Borsa, avvenuto nel 2016, è iniziata per noi una nuova stagione di crescita – ha dichiarato Paolo Gallo, Amministratore Delegato di Italgas – e la Società è tornata ad assumere un ruolo da protagonista nello scenario internazionale. Stiamo investendo oltre 200 milioni di euro per rinnovare, riqualificare e ripensare le nostre sedi in Italia ridisegnando gli ambienti di lavoro poiché riteniamo che il benessere dei nostri colleghi sia fondamentale per lo sviluppo e la crescita sostenibile dell’azienda. Con l’Heritage Lab, puntiamo a coinvolgere e creare valore per cittadini, imprese, scuole e istituzioni locali, in un dialogo costante e aperto con il territorio. Per la città e la sua immediata cintura stiamo realizzando un programma di investimenti di oltre 500 milioni di euro, principalmente destinato all’ulteriore estensione delle reti e alla trasformazione digitale di quelle esistenti, ma che avranno ricadute economiche importanti per il tessuto economico locale, in termini sia di PIL sia di occupazione”.

22/12/21

Prossimamente Ocean Space a Venezia

Sinistra: Diana Policarpo: immagine del viaggio di ricerca alle Isole Selvagge in Portogallo. Cortesia dell’artista .
Destra: Dineo Seshee Bopape: Prep Sketches (Mawatle), gessetto su carta, 2019 – 2022, 23x31cm . 


Prossimamente The Soul Expanding Ocean #3: Dineo Seshee Bopape & #4: Diana Policarpo all'Ocean Space a Venezia.


Affrontiamo ora i progetti di quel bel centro policulturale che la TBA21 –Academy a in Venezia con l'Ocean Space.

La stagione 2022 vedrà la presenza dell'artista sudafricana Dineo Seshee Bopape e dell’artista portoghese Diana Policarpo.

Nell’ambito del ciclo espositivo biennale The Soul Expanding Ocean curato da Chus Martínez, le due artiste indagano storie coloniali inabissandosi nell’invisibile, con modalità immersive e stratificate, ricche di narrazioni interconnesse con l'Oceano, realizzando uno spazio generoso nel quale il pubblico è invitato a percepire, vedere e ascoltare.

Le commissioni coincidono con la 59a Esposizione Internazionale d'Arte, la prima Biennale Arte a Venezia a tre anni dall'inizio della pandemia. Il programma di TBA21–Academy propone una  comprensione sistemica delle strutture e dei cicli della natura in relazione all'arte e alla cultura, mirando a recuperare lo spazio per un pensiero speculativo sul nostro futuro ecologico rispetto al  pianeta Terra.

The Soul Expanding Ocean #3: Dineo Seshee Bopape 
Ocean! What if no change is your desperate mission?

Per la sua esposizione personale a Ocean Space, Bopape ha lavorato con vari mezzi tra cui il video, i suoni, i sogni e l’argilla

La commissione è ispirata da una residenza di ricerca alla quale sta attualmente partecipando  l’artista presso Alligator Head Foundation, un progetto giamaicano guidato da TBA21−Academy,  che si occupa di gestire l’East Portland Fish Sanctuary e che è incentrato sulla confluenza tra  scienza, arte e comunità.

L’approccio di Bopape fonde sapere storico, saggezza tradizionale, senso di illusione, immaginazione e speranza per creare un’opera sull’azione post-coloniale dell’Oceano. Con questa  commissione l'artista muove un ulteriore passo verso il connubio tra terra e memoria del mare. La modalità in cui la memoria della schiavitù sommersa nell’Oceano viene comunicata, attraverso una complessa giustapposizione di materiali e linguaggi artistici, è concepita come un'opportunità per ammaliare e decifrare la vita quotidiana contemporanea e contribuire alla sua trasformazione.

Gli schemi astratti del movimento dell'Oceano ricordano le smagliature di un corpo che denotano una sorta di elasticità, come i fiumi che rompono il terreno, sollevando cicatrici ondulate che  spuntano nei paesaggi montuosi. Si assiste alle possibili distensioni e iterazioni del corpo dell'Oceano, nella memoria, nello spazio, attraverso ritmi mutevoli. Le acque viste come ferite aperte, che hanno trasportato gli schiavi attraverso l'Oceano, e le gocce di pioggia che sarebbero cadute su coloro che sono annegati in mare, hanno dato vita ad un’idea dell’Oceano come un corpo premuroso, quasi materno che trattiene con sé queste storie. Da questi immaginari l'artista ha creato una serie di migliaia di disegni, che costituiscono la base di un'animazione digitale.

Bopape ha partecipato al secondo viaggio alle Isole Salomone organizzato da TBA21–Academy con la curatrice della mostra Chus Martínez, nell’ambito del programma di fellowship The Current II guidato sempre da Martínez. La sua esperienza dell’Oceano alle Isole Salomone ha dato vita a modi immersivi per creare connessioni tra questo nuovo esperire sensoriale, gli antenati, le vie degli schiavi e una pratica in grado di toccare il pubblico così come gli spiriti dell’Oceano hanno toccato l’artista.

‘Immagina di vedere il mare con una pioggia torrenziale, alle Isole Salomone. Stai nuotando e, all’improvviso, ti ritrovi sotto un acquazzone scrosciante, così fitto, così potente, come mai t’è capitato prima. Ti abbassi leggermente sott’acqua, come a cercare rifugio. Strano, chi avrebbe mai pensato di doversi immergere sott’acqua per aver un tetto sopra la testa...! Con il naso a fior d’acqua, gli occhi assistono al motivo che milioni di gocce creano sulla superficie dell’Oceano. Eppure, nella loro bellezza, ricordano all’improvviso i segni lasciati dalle ferite sulla pelle. Milioni di vite sfregiate, colpite dalle armi, gettate alla morte nell’Oceano dopo patimenti inenarrabili’. - Chus Martínez 


The Soul Expanding Ocean # 4: Diana Policarpo 
Ciguatera

Servendosi principalmente del suono e dell’installazione, nella sua opera Diana Policarpo s’ispira allo studio artistico di storia e natura, contribuendo a un chiaro linguaggio artistico ed estetico. 

L’ultima opera commissionata all’artista per Ocean Space vedrà lo sviluppo di  un’installazione scenografica . La commissione prende spunto da un viaggio di ricerca alle Isole Selvagge portoghesi, situate tra l’arcipelago di Madeira e le Canarie, che sono diventate un caso di studio nella mappatura delle storie coloniali attraverso il tracciamento della biodiversità naturale. 

I temi centrali per lo studio del paesaggio delle rocce includono l'empatia per l'Oceano e la salute ambientale. Attraverso la presentazione di video, audio e disegni sul microbiota dell'Oceano, Policarpo trasmette una sensa zione estetica del paesaggio mentre offre una comprensione concettuale dei problemi che la costa affronta, comprese le alghe e i pesci che la abitano. Il suo lavoro è unico nel raccontare una storia quasi fantascientifica, modificando il modo in cui vediam comunemente il mondo naturale coinvolgendo attivamente lo spettatore nell'esperire le consistenze, percepire le immagini e immergersi nelle atmosfere di luce.

Questo nuovo lavoro segna un notevole salto di scala nell’ambizione di diventare la più grande installazione scultorea della Policarpo ad oggi, offrendole l’occasione di esprimere totalmente il proprio linguaggio artistico. Nel suo approcciarsi alla scultura, trasparenza e fluidità assumono una valenza politica ed estetica centrale. Nell’intento dell’artista, le nostre esperienze corporee ne saranno toccate e trasformate, divenendo esse stesse una sostanza liquida simile all’acqua, capace di aderire alle ambientazioni create dall’artista. Attraverso la materialità delle opere d’arte, si avrà la sensazione di trovarsi dentro l’Oceano e da lì di riflettere .

‘I nostri occhi diventano lenti, vediamo come un microscopio, vediamo come una telecamera che registra le profondità dei mari, vediamo come un drone. Diana Policarpo gioca con la nostra presenza fisica nello spazio per rendere visibili  i molti modi in cui l'oceano dà senso alla vita. L'installazione è un'isola, un'isola selvaggia, non toccata dagli 
umani’ . - Chus Martínez


Ocean Space 
Campo S. Lorenzo, 5069
30122 Venezia
www.ocean-space.org

21/12/21

Prossimamente Italo Zuffi al MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna

 Italo Zuffi, Ho difeso il tuo onore, 2010, performance, Courtesy l'artista

Proseguiamo con le segnalazioni per il prossimo anno e oggi parliamo di "Fronte e retro" che è il titolo della mostra personale di Italo Zuffi (Imola, 1969) che si articolerà in due spazi, il MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna e Palazzo De’ Toschi, sede delle iniziative dedicate all’arte contemporanea di Banca di Bologna. Il progetto, che aprirà al pubblico il 20 gennaio prossimo come main project del programma di ART CITY Bologna 2022, permette di presentare per la prima volta in modo esteso il lavoro di uno degli artisti italiani più importanti tra quelli nati alla fine degli anni Sessanta.

Per il MAMbo la mostra prosegue il lavoro di indagine sull’arte italiana che il museo porta avanti da anni, a conferma della linea di ricerca che discende storicamente dalla GAM, presentando un artista legato al territorio in cui sorge il museo stesso; mentre per Banca di Bologna, nella Sala Convegni di Palazzo De’ Toschi, si tratta della prima personale dedicata a un artista italiano.

Fronte e retro è idealmente divisa in due momenti, in grado di richiamarsi e rilanciarsi reciprocamente: da una parte, al MAMbo, un percorso che permette di rileggere il lavoro dell’artista prendendo in considerazione uno spettro di opere che va dagli esordi, alla metà degli anni Novanta, fino al 2020. Dall’altra, a Palazzo De’ Toschi, una serie di nuove produzioni, di lavori realizzati per l’occasione e in reazione alle caratteristiche dello spazio, tocca alcuni degli aspetti nodali della sua ricerca recente.

La mostra, nel suo insieme, ruota attorno ad alcuni nuclei tematici che da sempre sostengono il lavoro di Zuffi e si traducono in contrasti e opposizioni che possono agire sul corpo (talvolta quello dell’artista stesso) come sulla forma scultorea: tra le idee di costruzione e al contempo di distruzione/caduta; di lavoro e, insieme, di dispersione di energia; di mollezza e di rigidità; di fragilità e di competizione (soprattutto rispetto al sistema dell’arte).

I lavori presentati al MAMbo – opere di scultura, fotografia, video e performance, linguaggi attorno a cui si è sviluppata nel tempo la poetica di Zuffi – ricostruiscono il percorso dell’artista attraverso accostamenti inediti e senza necessariamente seguire una progressione cronologica.

Le opere esposte, oltre cinquanta, sono le più note ed emblematiche dell’artista ma anche alcune di quelle meno viste e generano nuove ipotesi di dialogo tra loro. Tra queste, ad esempio, due video degli inizi: The Reminder, l’immagine di un corpo che si tende e irrigidisce fino al limite delle sue possibilità, e Perimetro, all’interno del quale un corpo cerca di stabilire la sua relazione con lo spazio generando un senso di attesa e perpetua irrisoluzione.

La Sala delle Ciminiere, invece, fa emergere alcuni degli aspetti più importanti della pratica scultorea dell’artista, attraverso una selezione di Scomposizioni e di Osservatori trasportabili, realizzati a cavallo tra anni Novanta e Duemila attorno all’idea di architettura, in diretto dialogo con gli spazi recuperati su progetto di Aldo Rossi, fino a una serie di cavalletti, oggetto emblematico della sua pratica, richiamo a un’idea di lavoro e di scultura che può mostrarsi nel suo svolgersi, senza necessariamente trovare una forma definitiva e The Mystery Boy, una serie di immagini in cui  si vede un ragazzo, disteso sul pavimento, che sembra investire tutta l’energia e la concentrazione di cui è capace attorno a un’azione apparentemente inutile.

Un’attenzione particolare è dedicata ai lavori che l’artista riunisce sotto il tema della competizione: Italo Zuffi esplora “dall’interno” i meccanismi del potere – soprattutto del sistema dell’arte contemporanea – così come si riflettono sia nelle istituzioni che li rappresentano e li sostengono, sia nella società in generale e li sovverte, li ridicolizza, li interpreta con azioni, performance e happening capaci di coinvolgere il pubblico e diventare opere/tracce in mostra.

All’interno del percorso, inoltre, alcuni elementi (non del tutto configurabili come sculture) si completeranno attraverso le performance: si tratta, più che di oggetti di scena, di oggetti in attesa, o attorno ai quali si è già consumata l’energia di un’azione. Le performance attiveranno lo spazio in più punti e si svilupperanno a comporre un calendario che toccherà giornate diverse durante tutta la durata della mostra.

La mostra a Palazzo De’ Toschi si concentra soprattutto sulla pratica scultorea, configurata come fedele riproduzione di una forma, e messa in discussione della stessa attraverso intrusioni e frammentazioni. Questa parte del progetto, inoltre, evidenzia uno degli aspetti fondamentali della ricerca di Zuffi degli ultimi anni: quello dell’indagine attorno alla parola, usata sia in forma poetica (si intitola Poesie Doppie una raccolta di brevi testi poetici dell’artista, scritti tra il 2013 e 2014) sia come elemento da cui si genera la forma scultorea.

L’allestimento, che ogni anno reinterpreta in maniera completamente nuova lo spazio della Sala Convegni di Palazzo De’ Toschi, ha uno dei suoi baricentri nel dialogo tra due opere commissionate per l’occasione: Civilizzando, un lavoro che si sviluppa a partire dalla parola, usata qui come strumento di descrizione di azioni semplici e quotidiane, accostate a generare processi di azione, reazione e sintesi; e una nuova versione de Gli ignari, uno dei lavori più importanti degli ultimi anni: una serie di nature morte in ceramica accompagnate dal suono di un fischio – in questo caso ricollocato in un inedita partitura. Ciascuna delle due opere è installata sulle pareti di una struttura triangolare, con una forte presenza scultorea all’interno dello spazio: i due poli, veri e propri dispositivi fruibili su ogni lato, sono dotati di un’illuminazione autonoma e permettono al visitatore di creare un proprio percorso nell’oscurità della sala.

Nella stessa Sala Convegni verrà anche presentato un terzo lavoro installativo, una riflessione sulla scultura a partire da una combinazione di elementi replicati – un frutto e un carrello su cui è posato – che recano su di sé le tracce di una alterazione che sembra tradurre l’idea di un contrasto e di un desiderio di ridefinire la forma attraverso un intervento reiterato.

Infine, anche questa sede sarà animata da interventi performativi – in parte strettamente legati alle opere scultoree – a sottolineare ancora una volta l’importanza di questo mezzo espressivo nell’opera di Italo Zuffi.


Biografia Italo Zuffi

Nasce a Imola nel 1969. Vive a Milano.
Artista visivo, lavora con performance, scultura e scrittura.
Studia all’Accademia di Belle Arti di Bologna e al Central Saint Martins College of Art & Design di Londra. Nel 2001 gli viene assegnata la Wheatley Bequest Fellowship in Fine Art (Sculpture) all’Institute of Art & Design, School of Art di Birmingham (UK).
Insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, e alla Libera Università di Bolzano, Facoltà di Design & Arti. Dal 2011 al 2019 è stato Visiting Lecturer in Performance alla Royal Academy of Art di L’Aja (NL).  Nel 2013 fonda con Margherita Morgantin il collettivo Pawel und Pavel.

20/12/21

Depot, il fascino del magazzino...


Il problema delle opere archiviate è sempre uno dei grandi dilemmi dei musei. Si espongono i pezzi più pregiati e il restante, spesso anche il 70 o 80 per cento della collezione, rimane chiuso nei depositi, in parte per proteggerli ma anche perché lo spazio è poco.

Ma la recente apertura del Depot di Rotterdam ha suscitato particolare interesse, soprattutto la strategia di apertura che rende fruibile una vasta parte della collezione, oltre 150.000 pezzi.



Questo nuovo edificio, progettato da MVRDV, è parte del  Museum Boijmans Van Beuningen nel Museumpark di Rotterdam e raccoglie opere da oltre 172 anni. Svolge funzione di conservazione, recupero anche partecipazione culturale all'idea di produrre e collezionare arte. 

La visita è strutturata a gruppi che vengono accompagnati per questi innovativi spazi, e poi alla fine si può andare sul bosco di betulle in cima e rilassarsi.




19/12/21

Forof .. prossimamente a Roma


 Dopo lo spazio culturale Palazzo Rhinoceros di Alda Fendi ora un altro componente di questa celebre famiglia aprirà una realtà artistica nei pressi del centro romano. 

Si tratta della figlia di Alda Fendi, Giovanna Caruso Fendi, collezionista e appassionata di arte che ha deciso di trasformare gli spazi di Palazzo Roccagiovine, già sede della Fondazione Fendi, vicino al Foro di Traiano per il nuovo progetto FOROF. 

Sarà aperto a Gennaio e ospiterà diverse tipologie di eventi artistici, ma per sapere tutte le novità a cui stanno lavorando consultate la pagina fbook   

18/12/21

Prossimamente Useless Bodies alla Fondazione Prada di Milano

 Elmgreen & Dragset  opera The Outsiders, foto di Sebastiano Pellion di Persano

Un anno nuovo sta arrivando e vediamo alcune delle future novità che ci attendono nel fantastico mondo dell'arte. Partiamo dalla Fondazione Prada che alla fine di marzo presenterà nella sua sede milanese “Useless Bodies?”, una mostra del duo di artisti Elmgreen & Dragset.

 “Useless Bodies?” sarà una delle indagini tematiche più estese mai realizzate da Fondazione Prada. 

Concepita per quattro spazi espositivi e il cortile della sede milanese, per un totale di oltre 3.000 m2, la mostra esplora la condizione del corpo nell’era post-industriale, in cui la nostra presenza fisica sembra avere perso la sua centralità tanto da risultare ormai superflua. 

Questo mutamento ha un impatto su ogni aspetto della nostra vita: dalle condizioni di lavoro alla salute fino alle relazioni interpersonali e al modo in cui registriamo le informazioni. Il progetto affronta anche le modalità con cui gli individui si adattano fisicamente a un mondo sempre più dominato da un immaginario bidimensionale, in particolare in riferimento dell’attuale pandemia.

La percezione del corpo è un tema centrale per Elmgreen & Dragset e attraversa molti aspetti della loro pratica scultorea e performativa. Nel corso della loro carriera, gli artisti hanno infatti affrontato questioni centrali come la crescita, l’intimità, l’identità, i diversi modi di vivere e di percorrere la dimensione pubblica.

Seguendo un percorso espositivo che da i due piani del Podium si sviluppa nella galleria Nord e nella Cisterna, il pubblico incontra una sequenza di installazioni immersive. La sede milanese di Fondazione Prada si trasforma quindi in una pluralità di universi identificati da atmosfere, estetiche e temi specifici.

17/12/21

Prossimamente al Castello di Rivoli 2022


Olafur Eliasson - The sun has no money (Il sole non ha soldi), 2008
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
in comodato da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT
Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Foto Paolo Pellion


Notizie molto interessanti per il  2022 ci arrivano dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, con un programma molto ricercato, primariamente sostenuto dalla Regione Piemonte, che prevederà importanti nuove mostre, attività educative, di ricerca, di cura delle Collezioni e attività collaterali.


CS

Il 2022 vedrà l’inaugurazione dell’attesa mostra Espressioni. L’epilogo in primavera, nonché la mostra personale di Olafur Eliasson in autunno.

“Nel XXI secolo il Museo d’Arte Contemporanea si sta re-immaginando”, afferma il Direttore Carolyn Christov-Bakargiev, “non più solo contenitore di grandi mostre temporanee ma luogo radicato nella sua comunità locale e generatore di arte nel territorio di appartenenza; il museo deve essere contemporaneamente anche capace di proiettarsi internazionalmente nel mondo. Lo Slow museum è un luogo che appartiene al pubblico e agli artisti, di produzione artistica e di ricerca; è caratterizzato da una moltitudine di diversi eventi, ciascuno dedicato a una micro comunità di interesse. La sfida è fare interagire queste micro comunità al fine di una crescita collettiva anziché rinforzare l’esistenza di bolle di interesse separate. Il museo contemporaneo è anche archivio e collezione, cioè costruzione di un passato per i nostri posteri capace di raccontare la nostra epoca in futuro, ed è infine palestra per i sensi e per l’esercizio della nostra fisicità, fonte di ogni vera conoscenza e ancor più importante nel XXI secolo caratterizzato nella vita quotidiana dalla digitalizzazione e dalla perdita di esperienze corporee”. 

 

Programma in sede

 

1. Espressioni. L’epilogo

Il 12 aprile 2022 sarà inaugurata la mostra collettiva Espressioni. L’epilogo (13 aprile – 17 luglio 2022) a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, Marcella Beccaria, Marianna Vecellio, Andrea Viliani e Fabio Cafagna con l’assistenza curatoriale di Anna Musini. Espressioni. L’epilogo segue e conclude il programma di mostre inaugurate nel 2020. La nuova mostra, che si snoderà negli spazi del Castello, della Manica Lunga e della Casa del Conte Verde a Rivoli, oltre a capolavori di William Turner (Londra, 1775 – Chelsea, 1851), Gustav Klimt (Baumgarten, 1862 – Vienna, 1918), Francisco Goya (Fuendetodos, Spagna, 1746 – Bordeaux, 1828), James Ensor (Ostenda, 1860–1949) e Jean-Michel Basquiat (New York, 1960–1988), includerà numerose nuove produzioni artistiche, performance e progetti ‘focus’ di Marianna Simnett (Kingstone-upon-Thames, Regno Unito, 1986), Silvia Calderoni (Lugo, 1981), Grada Kilomba (Lisbona, 1968), Uýra Sodoma (Emerson Pontes da Silva, Santarém, Pará, 1991), Irene Dionisio (Torino, 1986), Lina Lapelyte (Kaunas, Lituania, 1984), Richard Bell (Charleville, Australia, 1953), Adrián Villar Rojas (Rosario, Argentina, 1980), Tabita Rezaire (Parigi, 1989), Cooking Sections (Daniel Fernández Pascual, 1984 e Alon Schwabe, 1984), Precious Okoyomon (Londra, 1993), Bracha L. Ettinger (Tel Aviv, 1948) e Agnieszka Kurant (Lódz, 1978).

La mostra Espressioni indaga la storia dell’espressionismo nelle sue varie declinazioni quale conseguenza delle rivoluzioni tecnologiche e scientifiche lungo tutta la storia umana, fino alla singolarità esasperata e la vanità di massa del nostro tempo. Accanto a una selezione di opere provenienti dalle Collezioni del Castello di Rivoli e della Collezione Francesco Federico Cerruti per l’Arte, includerà prestiti nazionali e internazionali provenienti da istituzioni prestigiose come Collezione Peggy Guggenheim, Venezia; Collezioni Intesa Sanpaolo; Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma; Gallerie dell’Accademia, Venezia; Fondation Carmignac, Parigi/Île de Porquerolles; Fondazione Giorgio Cini, Venezia; Kunstsammlungen Chemnitz, Chemnitz; Maria Lassnig Foundation, Vienna; The Metropolitan Museum of Art, New York; Museo di Capodimonte, Napoli; Museo Poldi Pezzoli, Milano; Musée d’Art de Nantes, Nantes; Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona; Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid; Palazzo Coronini Cronberg, Gorizia; Stiftung Seebüll Ada und Emil Nolde, Seebüll; Tate, Londra; nonché da diversi prestatori privati.

Tra le presenze ‘focus’ di Espressioni, si ricordano a esempio la nuova opera di Richard Bell (Charleville, Australia, 1953) appositamente concepita per il Museo che sarà allestita nella Sala Progetto e nel giardino prospiciente la Manica Lunga. La pratica dell’artista e attivista politico australiano aborigeno ruota attorno alla produzione di video, installazioni, pitture e testo. Per Bell l’‘arte aborigena’ è un’invenzione del sistema turistico australiano rivolto alla promozione dell’arte australiana ‘autentica’ a discapito di quella aborigeneità contemporanea che necessita di emancipazione e riassegnazione di significato nel dibattito delle idee generali.

Le sale personali Bracha L. Ettinger. Bracha’s Notebooks presentano una serie di 5 dipinti e circa 50 quaderni utilizzati dall’artista per annotare le sue riflessioni, associazioni e appunti di lavoro, unendo fra loro parola e disegno. I quaderni, scritti in tre lingue (francese, inglese ed ebraico), testimoniano la duplice attività di Bracha L. Ettinger la cui pratica artistica si intreccia con il suo lavoro e la sua ricerca di filosofa e psicanalista. Inoltre, la sala di Agnieszka Kurant Crowd Crystal riflette sul potenziale insito in ciascuno di noi capace di influenzare il cambiamento sociale all’interno di una collettività, in particolare all’interno del mondo digitalizzato. Crowd Crystal di Kurant indaga l’impatto dei fenomeni di intelligenza collettiva in natura, nella cultura e nelle intelligenze non umane – dai batteri e altri organismi unicellulari fino all’intelligenza artificiale. Dal punto di vista dell’espressione di una soggettività collettiva, una sala della mostra Espressioni. L’epilogo sarà dedicata alla storia della Street art per la cura di Gianluca Marziani.

La mostra Espressioni è realizzata grazie al contributo straordinario della Fondazione CRT.

 

 

2. Paolo Pellion di Persano

 Nel contesto della donazione dell’archivio di Paolo Pellion di Persano (Castagneto Po, 1947–2017) al Museo, è stato acquisito un importante nucleo di sue opere fotografiche. A partire da questa donazione e acquisizione, nella primavera 2022 il Castello di Rivoli presenterà la mostra a cura di Andrea Viliani organizzata dal CRRI, dedicata alla figura di uno dei più importanti fotografi italiani contemporanei che ha lavorato in stretta collaborazione con gli artisti dell’Arte Povera. La mostra sarà l’occasione per ripercorre l’attività espositiva del Castello di Rivoli a partire dalla mostra inaugurale Ouverture (1984) fino al 2012, che Pellion ha documentato nel corso della sua carriera. Le opere fotografiche donate al Museo saranno oggetto del programma di digitalizzazione e archiviazione dei materiali documentari dell’artista conservati presso il CRRI.

Le attività del CRRI sono sostenute dalla Fondazione Compagnia di San Paolo.


 

3. Olafur Eliasson

 Dal 21 settembre 2022 al 29 gennaio 2023 al terzo piano della Manica Lunga sarà presentata la mostra a cura di Marcella Beccaria dedicata a Olafur Eliasson (Copenhagen, 1967), artista contemporaneo interessato al cambiamento climatico e alla percezione, che pone gli spettatori al centro della propria indagine artistica in complesse installazioni luminose. La mostra sarà costituita da una grande installazione inedita appositamente creata per la Manica Lunga che modifica l’intero spazio in una gigantesca macchina ottica. L’artista trasforma la Manica Lunga, che misura 147 metri in lunghezza e 6 metri in larghezza, edificata come pinacoteca di Casa Savoia nel 1630 circa, in un luogo di intensa esperienza percettiva e sensoriale, un luogo che ricorda le ricerche sull’ottica del passato mentre al contempo esalta l’importanza della corporeità e della presenza fisica nell’era digitale. Utopica e sottilmente rivoluzionaria, la pratica di Eliasson unisce la memoria dell’incontro con la natura alle ampie diramazioni della ricerca scientifica e del pensiero ecologico per immaginare un futuro felice per il pianeta e la società. Nel 1999 Eliasson ha presentato al Castello di Rivoli Your Circumspection Disclosed (La tua circospezione svelata, 1999), sua prima installazione in un museo italiano. Nata dall’incontro con l’architettura del Castello, l’opera è, secondo le parole dell’artista, “un’estensione dell’occhio, o meglio una macchina per vedere”. Nel 2008 l’artista ha realizzato The sun has no money (Il sole non ha soldi, 2008), presentata in occasione della collettiva 50 lune di Saturno (2008), entrata a far parte delle collezioni del Museo grazie alla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Il tema introdotto dal titolo The sun has no money è riconducibile a una serie di ricerche condotte dall’artista in quel periodo, segnato da una grave crisi economica su scala globale. La mostra includerà inoltre l’allestimento di una sala di lettura aperta al pubblico, dove saranno raccolti i quasi cento cataloghi che ad oggi coprono la produzione dell’artista, a partire dalle primissime mostre personali dagli anni novanta a oggi.

Sarà inaugurata in collaborazione con la mostra che Palazzo Strozzi a Firenze dedicherà in contemporanea all’artista.

La mostra di Olafur Eliasson è resa possibile anche grazie al contributo aggiuntivo di Fondazione CRT.


 

 4. Vegetali e minerali. Azioni di compostaggio e coesistenza ecologica

 Dal 3 novembre 2022 a fine febbraio 2023 al terzo piano del Castello sarà presentato il ciclo di opere e azioni Vegetali e minerali. Azioni di compostaggio e coesistenza ecologica, a cura di Andrea Viliani e Marianna Vecellio. La mostra, organizzata dal dipartimento curatoriale con il CRRI, si sviluppa attraverso performance, azioni e rievocazioni che pongono l’enfasi sui temi del suolo, scarto, co-evoluzione, cooperazione e coesistenza ecologica in stretta relazione con le opere degli artisti. Lo spazio espositivo della mostra diventerà luogo di mescolanza e della trasformazione continua degli stati di materia, di alleanze trasformative del vivente attraverso azioni che riportano al centro dell’immaginario documenti e memorie. Detto anche terricciato o composta, il “compostaggio” è il risultato di un processo biologico risultante dall’ossidazione di un misto di materie e scarti organici, quali i nitrati e i carbonati, che esposti alla presenza di ossigeno si decompongono e ricompongono in terreno fertilizzante. È per questa sua capacità internamente trasformativa che il concetto di compost, ibridato alla parola ‘host’ di ospite, diventa l’ambiente ideale per prefigurare le infinite potenzialità di una perenne e circolare trasformazione delle identità e degli spazi. L’immagine del terriccio che si trasforma organicamente permea l’ambiente espositivo in cui le immaginifiche anticipazioni prospettate dalla filosofa Donna Haraway sulla coesistenza tra forme di vita differenti si manifestano coinvolgendo l’opera di Joseph Beuys (Krefeld, 1921 – Düsseldorf, 1986) e Michael Rakowitz (New York, 1973), tra gli altri.

 

 

5. La Collezione Cerruti

 Nel 2022 proseguiranno le visite guidate a Villa Cerruti a cura delle Artenaute del Castello di Rivoli. Per ampliare l’offerta educativa, accanto alle visite generali che ripercorrono la storia della collezione, soffermandosi sul gusto e sulla biografia di Francesco Federico Cerruti (Genova, 1922 – Torino, 2015), saranno promosse nuove visite tematiche con l’intento di approfondire la conoscenza di nuclei peculiari di opere. Le visite prenderanno in considerazione i seguenti argomenti: Pittura e scultura dal Trecento al Cinquecento; Ritratti in collezione; Giorgio de Chirico, la Metafisica e il Surrealismo; Arredi, tappeti e arti decorative; Manoscritti, antichi libri decorarti e legature di pregio. Il programma culturale delle Collezione Cerruti sarà curato da Laura Cantone e Fabio Cafagna.

Le attività della Collezione Cerruti sono rese possibili grazie al contributo della Fondazione Cerruti.

 

 

6. COSMO DIGITALE

 Tutte le mostre presentate al Castello di Rivoli saranno accompagnate da programmi digitali. Per ogni evento collaterale sarà inoltre prevista una diretta streaming del Castello di Rivoli e la pubblicazione di estratti da 1 minuto sui canali social. Tutti i contenuti digitali saranno disponibili all’interno del COSMO DIGITALE, sede virtuale del Museo a cura di Giulia Colletti che a partire da gennaio 2022 si arricchirà di nuovi contenuti ed eventi inediti con cadenza settimanale. Dal 2022, COSMO DIGITALE ospiterà inoltre una nuova serie di podcast commissionati a sound artists, poeti e scrittori dal titolo Marginalia, nonché la ricerca del filosofo in residenza per l’anno 2022, Federico Campagna.

Le attività del COSMO DIGITALE rientrano in un programma di upgrade tecnologico reso possibile dalla Fondazione Compagnia di San Paolo.


 

 Programma espositivo fuori sede

 

1. Arte e ecologia dall’Arte povera a oggi

 In collaborazione con le OGR - Torino, dal 28 aprile al 25 settembre 2022 il Castello di Rivoli organizza presso le OGR di Torino una mostra che verterà sulla storia dell’Arte povera e l’emergere di tematiche ecologiche nell’arte dagli anni Sessanta a oggi. La mostra sarà co-curata da Carolyn Christov-Bakargiev, Marcella Beccaria e Samuele Piazza e verrà allestita una selezione di opere importanti che sono parte della Collezione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT in comodato al Castello di Rivoli.

 


2. 17° Biennale di Istanbul

In collaborazione con la Biennale di Istanbul, il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea realizza il progetto inedito di Renato Leotta, Posidonia – Concertino per il mare (Little Concert for the Sea, 2022), che affonda le sue radici nell’osservazione dell’ecosistema dei fondali del Mediterraneo. Proponendo una possibile forma di comunicazione interspecie, esso consiste nel tentativo di tradurre la struttura interna delle foglie di Posidonia oceanica in uno spartito musicale da eseguire come concerto udibile dall’orecchio umano. Portando all’attenzione l’importanza vitale di un ecosistema in pericolo, Concertino per il mare funge da invito ad ascoltare le storie di migrazione, adattamento, incontri e lotte per la sopravvivenza della Posidonia attraverso il tempo, da un passato lontano fino a un futuro incerto. Il progetto Posidonia – Concertino per il mare è vincitore dell’Italian Council Edizione 10, bando internazionale promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura a supporto della creatività contemporanea italiana.

 


3. Arte pubblica nel Cuneese

In occasione del ventennale della Fondazione CRC, tra la primavera e l’autunno del 2022 saranno presentate opere di arte pubblica realizzate da importanti artisti contemporanei italiani e internazionali prodotte dalla Fondazione CRC e curate da Carolyn Christov-Bakargiev per il Castello di Rivoli. Le opere saranno collocate ad Alba, Mondovì, Cuneo e Bra.