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09/02/10

Torino, giorni di febbraio



Galleria Norma Mangione intervento esterno di Lara Favaretto

In una giornata più primaverile che di tardo inverno ho fatto il mio solito giro per mostre nel centro di Torino. Il giretto è iniziato dalla interessante mostra realizzata presso la Fondazione Merz da Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini sul tema degli affetti familiari, in particolare sulle relazioni fra genitori e figli, tanto più se adottivi. Un evento raccolto sotto il titolo di “Messico Famigliare” articolato in poche ma intense opere. Al piano superiore tre lavori critici, tristi, dolorosi. Una scritta al neon, un pannello luminoso e una struttura narrano delle incomprensioni generazionali, della superficialità delle parole. Al piano inferiore uno spazio più emotivo, intimo. Infatti nella proiezione con commento degli artisti, su una raccolta di superotto familiari, si dipana la parte più interessante della mostra. Un diario emozionale, costellato da citazioni, che trasmette un sentimento comune, in un atteggiamento propositivo e aperto. Davanti, a terra, un pannello luminoso con su la prima frase che la figlia adottiva degli artisti ha detto, posta su un cielo stellato con l’impronta delle scarpine.

Pochi isolati più in là, presso la Fondazione Re Rebaudengo, la mostra di Paola Anziché e Paolo Piscitelli, allestita nella prima stanza mentre è ancora in corso la mostra “Indagine di un cane”. I lavori proposti paiono datati, per essere “giovani artisti”, l’opera di Paola Anziché ricorda troppo il lavoro di Trisha Brown presentato a Documento due anni fa, e tante altre che con tutti sti nodi e fili hanno già circunnavigato il globo più volte. Mentre quelli di Piscitelli sono delicati interventi ma uguali alle centinaia che si vedono in qualsiasi mostra giovanile, riccamente riproposti nella miriadi di pubblicazione di arte contemporanea.

Questo ci pone sempre più in una situazione d’urgenza per capire che senso abbia continuare a vedere e produrre questo affettamento al minimo espressivo inutile. In questi ultimi anni è aumentato in modo vertiginoso questa ricerca di desueti gesti, pleonastici attimi emozionali, assemblaggi casualistici più o meno ordinati, azioni vacue e superflue. Oramai siamo inondati da miriadi di artisti che sono precipitati nel vuoto, non c’è bellezza, non c’è motivazione, non c’è un percorso, non c’è senso. Sanno troppo di esercizi scolastici, dei tanti ripetitivi problemini risolti per educarsi al fare artistico, che oramai nemmeno la memoria ha voglia di ricordare. Ma qualcuno ha visto che cosa facevano i vari situazionisti, fluxiani, concettuali pochi anni fa? Ci sono tanti testi, tantissime enciclopedie, centinai di siti, sarebbe bello e utile documentarsi un pochino di più. Dedicare un attimo a capire se quel manufatto è realmente necessario oggi. Fa piacere quindi sapere che proprio in questi giorni la Pinacoteca Agnelli ha reso accessibile, nei suoi spazi al Lingotto, una stupenda biblioteca dove potersi istruire, conoscere.

Mi pare urgente avere il coraggio del silenzio in cui lasciare cresce pensieri e gesti più personali e autentici.

Proseguendo verso il centro si incontrano due collettive, con artisti dei decenni passati (Rama, Uncini, Mainolfi, Nagasawa, …), presso la Galleria Carlina e la Galleria Martano, da cui potrebbero nascere interessanti stimoli per i giovani artisti. Altre riflessioni e sensi del fare potrebbero poi scaturire alla Galleria Mangione dove un’altra collettiva ideata da Adam Carr si interroga sul senso e sul fare “in una galleria”. Una raccolta di opere che si chiedono, ripensano, dubitano del ruolo e del valore di una galleria d’arte. Molto interessante sia per la forma sia per il valore propositivo delle opere esposte o narrate in un apparto documentativo stimolante ad ulteriori approfondimenti.

Una fresca pausa presso lo spazio Cripta747 nella galleria Umberto 1 dove sono proposti due lavori uno, quello che ho trovato più interessante, degli artisti Alis/Filliol da titolo “calco di due corpi in movimento nello spazio” e l’altro curato da Beniamino Foschini dal titolo Tactile.

Si passa poi all’ In Arco dove è in corso una mostra di recenti lavori pittorici di David Bowes. Da Dieffe una serie di fotografie balneari di Barbara Wistarini e alla Weber & Weber un’altra mostra fotografica su un fantomatico codice Duval ideata dall’artista Adriano Eccel, piacevoli fotografie inquadrate con cornici troppo improprie.