Translate

25/09/19

who knows one



L'artista Haim Steinbach si espone come curatore presso Vistamare col progetto "who knows one" una varia collettiva con gli artisti :Darren Bader, Kenji Fujita, Liam Gillick, Rachel Harrison, Alfredo Jaar, Zerek Kempf, Peter Kogler, Joseph Kosuth, Agnieszka Kurant, Miltos Manetas, Helen Marten, Moshe Ninio, Susan Philipsz, Magali Reus, Mika Rottenberg, Nancy Shaver, Eran Schaerf, Gwen Smith, Ettore Spalletti, Steel Stillman, Slavs and Tatars, Noncommittal, Joe Winter.

L'evento si inaugurerà il prossimo 28 Settembre e durerà fino alla fine si Febbraio 2020, presso gli spazi di Vistamare a Pescara

L’artista ha invitato ventitré artisti, diversi per provenienza e percorso, scegliendo di porre una domanda who knows one, che permettesse loro di interrogarsi sul significato stesso dell’opera d’arte, domanda che coinvolge anche il fruitore finale dell’opera, lasciando tutti impegnati nella ricerca di una risposta.

Il quesito iniziale who knows one (letteralmente ‘chi sa che cosa è il numero 1’) è una filastrocca, uno scioglilingua per i bambini tratto da un testo ebraico dell’Haggadah (circa 1500 a.c.) – un compendio di omelie rabbiniche e racconti che incorporano il folclore, gli aneddoti storici e i consigli pratici – che mette in campo dubbi riferibili non solo al mondo dell’arte ma a sistemi di pensiero filosofico e religioso più ampi, che costringono l’individuo a interrogarsi sul senso stesso dell’esistenza.

Ciascun artista ha risposto utilizzando strumenti a lui congeniali e il percorso espositivo si snoda attraverso una serie di lavori, di natura differente e spesso enigmatici, in cui la parola ha un ruolo prominente.


La domanda “who knows one” è tratta dall’omonima poesia allegorica, parte del testo ebraico dell’“Haggadah”, e che viene letto attorno al tavolo della cena in occasione della Pasqua ebraica. Il contenuto della poesia è storico e insieme etico nel suo riferimento all’Esodo e ai Dieci Comandamenti (“who knows ten”) ed evidenzia le complessità e le contraddizioni della ricerca volta a scoprire: che cosa ci faccio qui? chi sono? dove sto andando?

Nel 1948 Barnett Newman dipinse il quadro “Onement I” e, secondo il Museum of Modern Art, era “la prima volta in cui l’artista usava una striscia verticale per definire la struttura spaziale del suo lavoro.”

Che cosa significa “primo”, come si fa a catturare un istante nel tempo? Così come per Newman, anche l’ultima poesia di Samuel Beckett, “What is the Word”, indica un tentativo essenziale di catturare un’idea. Un’opera finita è tanto una definizione quanto una domanda.

L’allegoria di “who knows one” solleva anche l’interrogativo su dove sia Dio. E al tempo stesso afferma che Dio è uno. Suscita una domanda sull’essere.

In questo caso la domanda posta dal titolo agli artisti invitati a partecipare a questa mostra è stata capovolta, come se fosse rimbalzata agli artisti. Mette in questione la premessa dell’appello, come per dire: “Tu che cosa sai?” “Io che cosa so?” E in ogni caso: “A che serve tutto questo?”
—Haim Steinbach



Haim Steinbach (Rehovot, Israel, 1944) ha partecipato nel 1997 alla Biennale di Venezia all’interno della mostra internazionale curata da Germano Celant. I suoi lavori sono nella collezione permanente di molti musei internazionali: il Museum of Modern Art, New York; Museum of Contemporary Art, Los Angeles; Centre Georges Pompidou, Parigi; Menil Collection, Houston; Städel Museum, Francoforte; Tate Modern, Londra; Guggenheim Museum, New York; Stedelijk Museum, Amsterdam; Israel Museum, Gerusalemme; Museum Moderner Kunst di Vienna e il Museum of Contemporary Art di Chicago.