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17/09/11

Oro - Francesca Grilli



Il lavoro di Francesca Grilli è attraversato dai temi della memoria e della testimonianza; per l’artista la storia, individuale e collettiva, è un campo di possibilità, un insieme di circostanze e di avvenimenti, talvolta realizzati, talvolta tralasciati o rimossi, talvolta indescrivibili, non direttamente trasmissibili, ma sempre pronti a riaffiorare. Le sue opere, sottese da profonda lucidità analitica, tendono a prendere la forma di narrazioni sottili, ma cariche, fatte di slittamenti e di sottotesti. L’aspetto performativo vi assume un ruolo importante.

Nel caso di ORO, come in alcuni altri suoi recenti progetti, l’artista si è spinta indietro nel tempo e nella storia della cultura occidentale, alle fonti della conoscenza moderna. A riemergere è stato l’ambito complesso del sistema di pensiero esoterico e alchemico. Nella filosofia alchemica si fondevano ricerca scientifica e desiderio di salvezza, principi immateriali e considerazioni riguardanti la natura corporea di ciò che sta al mondo. L’idea di un possibile sviluppo spirituale e la valenza di crescita e di liberazione relativi all’individuo e all’umanità intera erano associati a un elemento di assoluto valore simbolico, l’oro.

Da qui le suggestioni per un composito progetto che, in un continuo rimando tra passato e presente, fa riferimento a un senso di decadenza e di catastrofe e dà forma tangibile all’ansia di rinnovamento rispetto ai tempi presenti, al senso di un passaggio d’epoca ormai necessario e ineludibile.

Nella mostra Francesca Grilli esprime, fin dal titolo, l’auspicio per una rinnovata epoca di abbondanza: come gli alchimisti credevano nel riproporsi di quattro ere storiche, l’Età dell’Oro, dell’Argento, del Bronzo e della Lega in Ferro – che si sarebbero ciclicamente ripetute - così Grilli manifesta la convinzione di un'organica ciclicità e di un imminente passaggio dalla contemporanea Età del Ferro a una nuova Età dell’Oro. Una trasformazione profonda, simboleggiata nella figura di un falco in volo all’interno della Biblioteca del monastero Benedettino di San Giovanni a Parma, dove il video è stato girato.

Se la biblioteca è luogo per eccellenza del trasferimento intergenerazionale della conoscenza e della trasmissione interculturale, la Biblioteca di San Giovanni combina, nei suoi affreschi, elementi storici, simbolici e sapienziali tratti dalla tradizione biblica e classica e da quella alchemico-cabalistica. Sullo sfondo di questi contenuti, in un’atmosfera di enigmatica sospensione, Francesca Grilli dà corso a una sorta di rituale arcano liberando un falco e consentendogli di volteggiare, libero, ma anche costretto, tra le pareti affrescate. Mentre il falco vola, e il suo movimento si rispecchia nei motivi mitologici raffigurati, una voce recita il testo ovidiano su Re Mida parafrasato nel silbo gomero, antichissima lingua fischiata in via d'estinzione, praticata oggi nell'isola de La Gomera, nelle Canarie; il silbo, lingua eletta secondo gli alchimisti, è una sorta di traslitterazione fonetica ispirata al linguaggio degli uccelli ossia, secondo la leggenda, al mitico linguaggio universale che precedette la costruzione della torre di Babele e la diversificazione delle lingue.

“Si narra – scrive Francesca Grilli - che quando Dio ordinò ad Adamo di imporre alle cose create i nomi più adatti, quelli che sapessero definire perfettamente le loro intime caratteristiche, egli abbia "parlato" con la lingua degli uccelli. Abbia cioè usato la fonetica perfetta per condensare in una "parola" tutto l'essere di ogni cosa creata.”

Al termine del racconto il falco si posa e divora della carne, tornando a soddisfare i propri istinti di predatore.

Il progetto comprende una serie di sculture in bronzo, ferro e argento, relative all’immaginario del falco: 33 penne di falco realizzate in bronzo e trattate con ferro, e 2 paia di ali, in bronzo e in argento. La loro collocazione sul pavimento allude alle penne perse durante la muta, ma i metalli utilizzati fanno riferimento alle tre Età alchemiche dell’Argento, del Bronzo e della Lega in Ferro; l’averle orientate verso il basso dice un volo verso il sottosuolo, o la caduta, il momento di involuzione in cui la piuma, appesantitasi, abbandona ogni volatile leggerezza.

Ma come ogni muta, la perdita delle penne porta con sé un significato di transito e di trasformazione. Nello spazio della galleria, al piano superiore, è esposta una serie di autoritratti nei quali l’ectoplasmatica figura dell’artista appare all’interno di vibranti auree luminose. Si tratta di Polaroid scattate con un apparecchio fotografico capace di catturare il campo magnetico dell’individuo. Le immagini sono state realizzate nell’arco di tre mesi durante i quali Francesca Grilli ha ingerito progressivamente dosi di oro in fiala.

Il progetto prevede la presenza, ad alta intensità emotiva, di un falco: la contiguità con l’animale, vivo e libero, immette nello spazio pur rarefatto della mostra un senso di energia, ma anche di soggezione, di inquietudine, di forte instabilità. Gabi Scardi