E’ stato recentemente tradotto in italiano il saggio “Il piacere della pittura” scritto da Clive Bell, esponente del gruppo di Bloomsbury, nei primi decenni del secolo scorso. Un bel testo le cui riflessioni sono tuttora valide, soprattutto da quando i grandi musei macinano milioni di visitatori che transitano rapidamente da un’opera all’altra, come uno struscio domenicale sulle vie del corso.
Quali sensazioni scaturiscono da un quadro e perché? Questi e tanti altri interrogativi sono proposti e analizzati per aiutarci a un godimento meno “consumistica”. Quante emozioni crescono se lo sguardo è meno distratto. Spesso si è assolutamente incapaci a “leggere” l’opera artistica e si rischia di vedere solamente “oggetti” resi noti dai media come “capolavori”.
Sono tante le riflessioni che questo testo presenta e analizza in uno stile pungente e ironico nella migliore tradizione british. Un testo che affronta l’ancora attuale questione di come un’opera debba essere fruita e di quale sia il reale valore di un’estasi artistica. Il pregio della pittura nasce non solo dalla sua funzione visiva ma anche da quella cognitiva, dalla capacità di trasformare i pensieri e le idee in forme sensibili allo sguardo che parlano al nostro animo.
Attraversando così i più noti musei, dalla National Gallery ai Musei Vaticani realizziamo una piacevole passeggiata seguendo un testo ricco di spunti e di piaceri.