Translate

Visualizzazione post con etichetta Denaro. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Denaro. Mostra tutti i post

23/06/14

L’arte contemporanea banalmente quotidiana.


 Lasciati i grandi temi sociali, l’arte contemporanea pare sempre più interessarsi al quotidiano.

Ma se all’inizio, certi artisti hanno saputo infonde, nelle opere realizzate, intense emozioni, forse derivanti dal loro percorso di vita, penso a figure come Felix Gonzales Torres o Sophie Calle, altri giovanili recenti emuli hanno declinato al tedio insignificante di una moltitudine di ordinari oggetti.

La recente fiera di ArtBasel, con le relative costellazioni di eventi paralleli, hanno proposto una serie di opere che si avvicinano troppo alla quotidianità, scivolando forse anche nell’ovvietà, per non dire dei nomi più noti che oramai non riescono che a proporre l’ennesima versione della solita opera.

Questo banale impressione, produce una certa ironia, se si valutano con i prezzi assolutamente eccezionali con i quali sono commercializzati.

Ci si domanda come mai un ricco miliardario dovrebbe spendere ingenti somme per prodotti assolutamente ovvi, sicuramente non è un gesto culture, non paiono status quo e rarissimamente sono opere d’arte.

Sarà, forse, ovvia stupidità della diffusa ignoranza legata alla rapidità del consumismo?

Una volta esistevano i mecenati, i collezionisti che investivano ingenti somme per opere d’arti, cioè oggetti eccezionali, unici, che riflettevano l’unicità del suo possessore che condivideva questa eccellenza e questa capacità di selezionare.

Oggi, evidentemente, il sistema dell’arte sfruttato questa memoria di prestigio, declinandola a un consumismo di bassa qualità e di diffusa riproduzione.

Chiaro segnale è percepire come in quest’ultimo decennio non si siano più viste opere d’arte da conservare e rivedere.

Chissà se ci sono ancora amatori d’arte che fuori da questa moda sanno creare delle raccolte d’arte uniche ed emozionate, creando un’idea di gusto e di sensibilità innovativa o se il tedio oramai è ovunque?


30/01/14

Qui o là? Mercato primario e mercato secondario


In generale il sistema dell’arte divide il mercato in due settori, chiamati mercato primario e mercato secondario.

Col primo termine s’intende il mercato delle gallerie, quando presenta/immette sul mercato, per la prima volta, uno o una serie di lavori di un artista, solitamente in corrispondenza di un evento espositivo.

Se poi un’artista è al debutto con una galleria, questa fase servirà ad inquadra il tipo di artista, spesso col supporto di un critico/curatore. Si definiscono così i suoi valori di mercato iniziali. Nel tempo si costruisce un percorso di crescita, spesso seguito in modo diretto dal gallerista, che inizialmente avrà prezzi bassi e poi, con un riscontro di mercato favorevole, aumenterà di notorietà e ovviamente di valore.

Quasi sempre questi nuovi artisti si muovo in ambiti no-profit o con gallerie di piccola/media grandezza, poi il crescere artistico potrà far cambiare il distributore, cioè la galleria, che se più grande e ricca, potrà seguirlo con maggiori investimenti, migliorando anche il processo produttivo/promozione dell’artista.

In questa fase i prezzi delle opere sono instabili e oscillanti, può succedere, infatti, che un artista emerga rapidamente ma poi che anche velocemente si perda e altri che sembravano faticassero, nel tempo si consolidano e diventato importanti.

La situazione è incerta, chi opera in quest’ambito si trova in una fase più rischiosa.

Sia le gallerie sia i collezionisti sanno che gli sviluppi sono teorici, ma è anche più interessanti e appassionanti.

Col secondo termine s’intende quando un’opera è rivenduta, comunemente questa situazione è gestita dalle case d’aste o dalle gallerie che trattano l’artista dell’opera in rivendita. In questi ultimi anni c’è stata una certa promozione di questo mercato, considerato fino a pochi anni fa poco rilevante. Questo grazie all’operato delle case d’aste Christie’s e Sotheby’s, che esauriti i grandi incassi di arte antica, oltre che ad altri prodotti di consumo, hanno dirottato la loro attenzione su nuovi prodotti, dedicandosi così all’arte contemporanea, agendo spesso con forti azioni mediatiche, soprattutto enfatizzando record di vendite.

Queste società producono interessanti documenti di analisi e di redditività di certi prodotti, garantendo in un certo senso la crescita di valore degli stessi.

Se le strategie delle case d’aste paiono molto più enfatiche quelle delle gallerie risultano più riservate e attente. La galleria al fine di proteggere il valore di mercato di un artista riacquista e rivende opere sempre con una particolare attenzione, tutelando in tal modo l’indice di vendita, garantendo una certa stabilità che ne valorizza e preserva l’immagine.


20/01/14

Arte, come compro? Alcune riflessioni per un acquisto artistico.


Fra pochi giorni ci saranno degli eventi fieristici a Bologna, la storica Arte Fiera e la nuova Set-up, che aprono, nel nostro paese, la stagione delle rassegne promozionali dell’arte, a cui seguirà poi la volta di Milano, fra quelle più importanti. Ma sono moltissime le occasioni, anche locali, in cui trovare piacevoli opere d’arte. Mentre se si vuole una visione più internazionale fra pochi giorni nella capitale inglese, ci sarà London Art Fair, una fiera di medio livello con tantissime proposte a prezzi molto validi.

Ma tornando al panorama nazionale le occasioni di Bologna offrono la possibilità di percepire i diversi valori di questo particolare sistema consumistico.

Quando si entra in uno dei tantissimi stand, risulta subito evidente che è difficile trovare il listino dei prezzi, ci sono le opere, spesso senza nemmeno dei cartelli con nome, data, materiale usato etc.., ma quasi di sicuro non si troverà il loro valore economico. Già questo fa capire la stravaganza di questo mercato che su una certa mancanza di trasparenza gioca una delle sue carte più suggestive.

Ci domanderemmo quanto varrà quest’opera che ci ha colpito, che ci piace e che forse vorremmo avere?

È questa sicuramente l’interrogativo più difficile a cui rispondere, soprattutto nel poter avere un giusto riscontro di qualità. Ci toccherà così dover intervistare il venditore che ci intorterà con una sua eventuale spiegazione e poi col valore economico, cosa che sarà difficile da capire se proporzionato e giusto.

Diciamo che in una fiera, trascurando i nomi storicizzati e quelli più  promossi mediaticamente, il valore di un’opera può aggirarsi fra i 4-15.000 euro, nella media, poi ovviamente contano i materiali, le dimensioni e soprattutto l’unicità. Ma a definire il giusto valore giocano tanti altri fattori.

Personalmente penso che le fiere siano il luogo della vastità in cui poter rapidamente vedere tante cose, mentre lo spazio riservato e quieto delle gallerie il luogo dove riflettere e decidere, spesso spuntando anche prezzi più vantaggiosi.

Se i giovani artisti sono offerti a valori più abbordabili, hanno il contraltare della difficile valutazione temporale, cioè dureranno o scompariranno nel panorama del mercato dell’arte?

Ma se si compra una cosa che piace (e questo secondo me è l’unico parametro significativo) forse non si rimarrà troppo delusi se la promessa di successo non sarà mantenuta. Un aiuto per la valutazione può venire dal curriculum, dalle pubblicazioni sui media e da eventuali importanti acquisti di collezionisti o enti pubblici, segnali che confermano che l’artista si sta affermando e quindi dovrebbe durare.

I nomi già affermati ma non famosi sono la realtà più diffusa, che garantisce spesso, una giusta valutazione fra prezzo e qualità.

Ci sono poi le opere dei nomi affermati e famosi che ovviamente avendo una forte richiesta hanno prezzi più alti. Ma in questo caso ci può venire in aiuto l’acquisto di un loro multiplo, dei lavori seriali, delle stampe, etc.

Un altro aspetto sono poi le tecniche, dalla tradizione della pittura, passando poi per fotografie, video, sculture, installazioni, variabili che dipendono dagli spazi a disposizioni e dai mezzi di gestione e spesso di conservazione, un aspetto che per certi tipi di opere può essere anche più oneroso dell’acquisto dell’opera stessa. Molto importante poi valutare la documentazione di originalità, cioè certificati e autentiche dell'opera.

A coda di tutto ciò si consigli di usare i mezzi tecnologici a disposizioni come il web per fare ricerche sulle opere che vi hanno colpito, ogni galleria/artista hanno oramai un suo spazio sul web, dove si possono trovare interessanti informazioni e anche opere che potrebbero piacerci di più.

Sappiate che oggi già un venti per cento del mercato dell’arte avviene con transizione fatte attraverso il web, anche se personalmente sono ancora legato all’idea di una bella reale visita in galleria, che confermerà la reale percezione del manufatto che ci ha affascinato.



06/01/14

Arte, il grande mistero dell'investimento


Nei giorni scorsi è uscito un ennesimo articolo sulla grande bufala dell’investimento in arte.
Come erano già usciti su alcuni giornali francesi, anche le Figarò presenta un articolo dove un esperto di mercati economici avvisa sulla finzione di questo sistema di commercio oligarchico e molto aleatorio.
Giustamente si dovrebbe parlare di differenziazione degli investimenti, vedendo una certa realtà dell’arte come un luogo di diversificazione del capitale, senza però credere troppo ad un sistema di guadagno.
Il mercato dell’arte, fino ad oggi non ha dimostrato, nel suo complesso una reale capacità d’investimento, i dati che spesso vengono promossi risultano sempre molto parziali, per cui poco significativi.
Essendo il mercato dell’arte, quello che si vede promosso attraverso diversi media, gestito da un limitato gruppo di attori, risulta molto rischioso e spesso non corrispondente alla realtà oggettiva di un sistema economico.
Più giusto vederlo come un modo diverso per impegnare il proprio denaro.
Diciamo che, con una accorta selezione delle opere, puntando sia sulla qualità tecnica che sull’effettiva unicità, può esserci una possibile alternativa di accantonamento di un capitale, ma consapevoli che per male che va si hanno dei bei lavori artistici.
Cogliamo l'occasione dell'avvio dell'anno per una serie di articoli per aiutarvi ad affrontare il mercato dell'arte, con alcuni semplici ma essenziali suggerimenti. 

04/10/13

La pubblicità, l'anima dell'arte ...




Consapevoli che i manufatti artistici hanno perso il senso storico dell’arte e son tornati ad essere oggetti artigianali, possiamo percepire come il sistema dell’arte conserva la sua positiva azione di consumo con una buona strategia promozionale che, nonostante la particolare crisi, tiene in parte il mercato.

Punti forti di questa strategia, la grande promozione pubblicitaria e la completa globalizzazione del mercato.

Strategie che hanno premiato i distributori (gallerie) che hanno saputo investire e creare ampi punti di vendita o buone rete di distribuzione parallele. Il tutto condito da un’accorta capacità di relazione con i consumatori di punta (collezionisti).

Siamo così ad un punto di svolta, come già è successo nel sistema della moda,con due distribuzioni differenziate, una di nicchia, gli originali, per una fascia di mercato più ristretta, luogo di enfatizzare del prodotto, e una di grande distribuzione rivolta ai consumatori di massa.

Il sistema dovrà comunque ibridarsi sempre di più con altre fasce di prodotto al fine di sostenere l’incessante variazione di gusto dei consumatori legati dai prodotti di largo consumo e divertimento, quali cinema, musica etc.


L’arte se ben gestita potrà diventare un’ottima alternativa alle variegate richieste di un pubblico sempre più bisognoso di prodotti di consumo visivo. 

25/09/13

La global art world inc.


Lo sviluppo del mercato dell’arte ha cambiato funzione e senso del suo stesso processo.  

Oggi l’opera d’arte nasce spesso non più come ricerca personale e intima di un artista ma sempre più come un prodotto di consumo mirato ad un determinato consumatore/collezionista. 

Per questo motivo risulta sempre più difficile dare valore all’arte in quanto non è più un percorso di riflessione, che nel suo evolversi prende forma di un oggetto, ma è un manufatto creato appositamente per essere inserito in una filiera di consumo, che nell’evento espositivo trovano un contesto di significato slegato dal processo di realizzazione.

03/09/13

Oggetti, arte e cinema - Meglio un film o una mostra d’arte?




Uscendo dal cinema ieri sera, pensavo che un qualsiasi film di media produzione superi largamente il godimento di molte mostre di arti visive frequentate recentemente. 

Oggi tendo sempre di più a percepire entrambi gli eventi come svaghi per fasce di mercato diversificate, due forme d’intrattenimento, in cui l’incidenza “culturale” è spesso un aspetto non determinante della fruizione. 

In questi anni la falsa ipotesi del valore “artistico” di molte opere viste nelle gallerie/musei come “superiori” ad altri prodotto è sempre più insostenibile, un esempio ne sono i tantissimi noiosissimi video “artistici”, per fortuna in scomparsa, che anziché essere proposti in un pratico sito come YouTube, vengono allestiti in spazi per giustificarne qualche valore, ma la cui realizzazione molto spesso è inferiore alla media dei video visti nei siti web, in modo pratico e senza un inutile dispendio di tempo, ma forse proprio un reale confronto renderebbe molto evidente la cosa per cui meglio rifugiarsi in un luogo poco visitato come una galleria che al giudizio di una vasta platea. 

Questa strana situazione, forse, ha le sue cause nelle scelte delle oligarchie del mercato dell’arte, avviate per pratiche necessità di ritorno d’investimento, avviata svuotando la forte valenza del fare artistico eccezionale e appiattendo il ruolo creativo a una funzione di brand (sia per gli artisti di oggi che di ieri) proponendo “l’opera artistica” come un qualsiasi prodotto da commercializzare in tutto il mondo, con relativa iperproduzione, svuotando proprio il senso di unicità/esclusività del “manufatto”, questo si percepisce molto bene nei nuovi recenti siti di vendita d’arte contemporanea. 

Infatti la commercializzazione delle opere via web è una prassi alquanto consolidata. Iniziata alcuni anni fa come pratico veicolo informativo fra artista/galleria e cliente, ora sta prendendo sempre più un ruolo prioritario anche per la vendita, che avvengono sempre più direttamente senza una visione reale dell’opera, come già succede per qualsiasi prodotto commerciale. Questa consuetudine ha poi preso una dimensione molto forte con i nuovi siti che vendono direttamente, e in modo aggressivo, opere artistiche anche di affermati nomi dell’arte, cosa che “svuota” l’ultimo filo di fascino al prodotto stesso, conformandolo a qualsiasi banale oggetto di largo consumo. 

Non si capisce se siamo alla conclusione di questa parabola del sistema dell’arte o a una sua possibile trasformazione, che sicuramente ne farà perdere fascino, ma forse riuscirà a diffonderne le istanze.

20/07/13

Art subprime ...



"Arte contemporanea come i titoli subprime?" è il titolo di un’interessante articolo di Paolo Manazza su Il Mondo di questa settimana, che mette in guardi i tanti romantici investitori d’arte, ma non è il primo articolo che manifesta sempre più apertamente come questo “sistema dell’arte” sia in mano a un gruppo ristretto di operatori che sfalsano il reale valore del mercato stesso, vedremo nei prossimi mesi cosa succederà.

30/06/13

I collezionisti sono stupidi? A volte sorge il dubbio



Si è appena conclusa un’ennesima positiva edizione di ArtBasel e viene spontaneo domandarsi sei i collezionisti siano furbi o stupidi? 

Intendo furbi se sanno vivere in modo piacevole l’esperienza fieristica e ne traggono il giusto godimento, stupidi se supinamente vi partecipano come prassi per poter “stare” in un sistema di significati a cui credono, ma senza averne reale interesse o forse capacità. 

Questo si percepisce soprattutto quando gli “acquisti” risultano molto “noiosi”, vedi le tante repliche di opere artistiche che anche in una fiera di pregio si vedono in giro. 

Perché, persone che vogliono fingersi intelligenti e capaci, acquistano opere-repliche, pagandole come privilegi, anziché cercare una via personale ed esclusiva, come dovrebbe essere la realtà dell’arte? 

Perché anche nell’arte il gioco dei multipli è diventato prassi comuni in un universo dove l’unicità era la base del valore artistico? 

Perché sempre più l’enfasi sul collezionismo e sinonimo di omologazione e non di originalità? 

Perché il rapporto fra pezzo e qualità è spesso a scapito della qualità? 

Interrogativi che trovano complesse risposte e che mettono in discussione il reale senso del sistema dell’arte stesso, che sempre di più erode il suo fulcro (la bellezza e l’unicità) a vantaggio di una finzione che sempre più ha il fiato corto. 

Dopo pochi anni di euforico grande mercato del contemporaneo la realtà si sta già depauperando, le opere sembrano sempre più oggetti, questo è molto pericoloso, l’arte non è un solo oggetto fisico da consumare, ma una trasformazione di un pensiero/percorso, svuotarlo del suo senso è snaturare il valore stesso dell’arte. 

Sicuramente si tornerà a una ricercata unicità, a un senso forte, che questo sia sempre meno nel mondo dell’arte sarà sempre più possibile, poiché questo mondo ne sta negando il suo senso.

15/02/13

La finzione dell’informazione artistica italiana.


  
Il sistema dell’arte italiana nel suo lento declino rivela strategie perdenti nelle sue finte promozioni culturali.

Riviste, una volta autorevoli, oggi diffondono informazioni distorte per sostenere eventi di dubbio gusto. Una rete d’informazione sempre più appiattita all’annullamento della qualità, col fine di promuovere prodotti di facile smercio, enfatizza eventi o crea apparenti interessi con strategie di attenzione relegate a figure “fantasme”.

In certi spazi si scrivono cose che non combaciano con la realtà, col fine di illudere innocenti collezionisti sulla reale attrazione per manufatti dal basso costo di produzione ma dall’alto prezzo di vendita.

Sono già tanti i collezionisti che hanno scoperto la truffa dell’arte.

In questo particolare momento si scoprono i reali valori di certe produzione artistiche che hanno prodotto una montagna di rifiuti che ora toccherà anche mandare al macero.

Va beh come sempre chi è causa del suo mal pianga se stesso...


01/02/13

Bassa marea ..


Phofdo - photographic project 

In questi ultimi anni dopo la grande baldoria degli anni 00 si sta attraversando una fase di crisi, che in parte mette in discussione certe figure artistiche, quali Damien Hirst, Jeff Koons o Murakami. 

Artisti che erano icone di un fulgido momento che ora pare scricchiolare e frammentarsi. 

Si ripete così quello strano meccanismo simile al flusso del mare nei suoi alti e bassi, momenti di avanzamento e momenti di ritiro. 

Ora siamo al rientro di questa onda, dopo essere stati ricoperti da centinai di manufatti molti discutibili, molto verrà spazzato via, ci saranno altre maree e nuove ondate porteranno inutili sviluppi, ma cosa resterà nel tempo sulla battigia? 

16/04/12

L’arte ( non solo quella contemporanea) dalle stelle alle vetrine?



In questi ultimi decenni la cultura è lentamente scomparsa dalle pagine dei giornali, dalle trasmissioni televisive, dal dibattito sociale, trasformandosi in quella nuova realtà che la classe borghese ha raccolto sotto il nome di spettacolo. In questo grande calderone è finito tutto quello che si svolge durante il “tempo libero” cioè quando non si lavora. 

La trasformazione ha coinvolto anche l’arte che ha smesso la sua funzione narrativa e storica per tentare di trasformarsi ed inserirsi in questo nuovo universo consumistico.

I musei da luogo di raccolta, analisi e riflessione sono diventati grandi attrattori di spettatori, spesso nel senso di coloro che guardano senza capire. Luoghi che si sono attrezzati per essere usati al meglio per ospitare questa marea di gente, così sono apparsi bar, ristoranti, punti vendita di ogni ben di dio e gli stessi musei sono usati come vetrine per promuovere prodotti commerciali (dalle macchine ai vestiti).

Il mondo degli artisti, per adattarsi a questo nuovo sistema, si è messo a produrre ogni tipo di manufatto, interessati ad ogni sorta di problema/tematica possibile, dando varietà alla filiera produttiva.

Colpisce poi che le immagini sono create sempre più da chi di arte non sa proprio cosa sia, cioè non ha svolto quegli studi che fanno supporre che ci sia un legame fra la storia dell’immagine e la sua creazione artistica.
 Ma soprattutto nell’arte alla tradizioni della committenza si è aggiunto un nuovo attore che fa produrre e distribuisce “oggetti artistici” le “gallerie”.

I galleristi, forse i veri artefici del nuovo mondo dell’arte, riescono a fare cose incredibili, cioè a vendere uno scatto di una polaroid, un oggetto polveroso, una mediocre disegno, un assemblaggio da mercatino delle pulci, il cui valore reale mediamente sarebbe di pochi euro, in una miniera d’oro (ecco qui spiegato forse l’amore per il termine galleria …).

Supportati da una vasta realtà di critici, curatori, giornalisti che, spesso stipendiati proprio dalle gallerie, fantasiosamente frugano nei più reconditi universi della parola per dare giustificazione a questa trasformazione, saccheggiando di ogni senso tutto la storia culturale umana.

La cosa più affascinante di questo ampio mercato è la fantasiosa idea dell’originalità e dell’unicità, che è un’ombra di un lontano passato dove effettivamente una cosa era unica ed irripetibile. Oggi come per tutti i prodotti è solo una scelta commerciale, illusoria, che fa si che un prodotto sia realizzato in due esemplari o in centinaia di essi, variando quindi il suo valore commerciale.

 Siamo così passati dalla “meraviglia” alla “paccottiglia”, chissà quanto durerà?

06/09/11

Denaro e Bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità




Capolavori di Botticelli, Beato Angelico, Piero del Pollaiolo, i Della Robbia, Lorenzo di Credi – l’élite del Rinascimento –

illustrano come il fiorire del moderno sistema bancario sia stato parallelo alla maggiore stagione artistica del mondo occidentale: la mostra collega quell’intrecciarsi di vicende economiche e d’arte agli sconvolgenti mutamenti religiosi e politici dell’epoca.

Denaro e Bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità racconta la storia dell’invenzione del sistema bancario moderno e del progresso economico cui ha dato origine, ricostruendo la vita e l’economia europea dal Medioevo al Rinascimento. I visitatori possono entrare nella vita delle famiglie che ebbero il controllo del sistema bancario, cogliendo anche il persistente conflitto tra valori spirituali ed economici.Il mito del mecenate è strettamente legato a quello dei banchieri che finanziarono le imprese delle case regnanti, ed è proprio quella convergenza che favorì l’operare di alcuni dei più importanti artisti di tutti i tempi. Un viaggio alla radice del potere fiorentino in Europa, ma anche un’analisi di quei meccanismi economici che – mezzo millennio prima degli attuali mezzi di comunicazione – permisero ai fiorentini di dominare il mondo degli scambi commerciali e, di conseguenza, di finanziare il Rinascimento. La mostra analizza i sistemi con cui i banchieri crearono immensi patrimoni, illustra la gestione dei rapporti internazionalie chiarisce anche la nascita del mecenatismo moderno che ha origine spesso come gesto penitenziale per trasformarsi poi in strumento di potere.

Curata dalla storica dell’arte Ludovica Sebregondi, autrice della Iconografia di Girolamo Savonarola. 1495-1998, e dallo scrittore e traduttore Tim Parks, autore de La fortuna dei Medici, questa mostra è concepita come un “duetto”, in cui i due curatori presentano diversi e talvolta opposti punti di vista sull’interpretazione del tema trattato. L’obiettivo è quello di fornire ai visitatori l’opportunità di guardare l’arte trasversalmente attraverso una prospettiva interdisciplinare coinvolgendo economisti, politici e diplomatici e raccontando le radici del Rinascimento fiorentino dall’ottica delle relazioni – palesi ma anche segrete – fra arte, potere e denaro.

L’esposizione si avvale della consulenza storica di Franco Franceschi, Professore di Storia medievale all’Università degli Studi di Siena-Arezzo e di un prestigioso comitato scientifico, composto da Cristina Acidini, Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze (Presidente); Alessandro Cecchi, Direttore della Galleria Palatina e dei Giardini di Boboli; Dora Liscia, Professore di Storia delle Arti Applicate e dell'Oreficeria all’Università degli Studi di Firenze; Robert Mundell, premio Nobel per l'Economia; Beatrice Paolozzi Strozzi, Direttore del Museo Nazionale del Bargello; Jacob Rothschild; Gerhard Wolf, Direttore del Kunsthistorisches Institut in Florenz-Max Planck Institut.

Centrali, per illustrare questi percorsi, i capolavori realizzati per le famiglie di banchieri, mentre la mostra si chiude con la visione di una società in crisi, con quel ciclone politico-religioso che fu Savonarola. Il frate, con i “bruciamenti delle vanità”, arrivò a negare quanto il Rinascimento aveva rappresentato, pur costituendone parte integrante.

La mostra si avvale anche di dettagliate raffigurazioni del mestiere del banchiere (opera di straordinari artisti fiamminghi) per raccontare il periodo in cui Firenze era la capitale finanziaria del mondo. Vengono anche adeguatamente chiariti, con l’ausilio di strumenti multimediali, gli antichi percorsi del denaro e del commercio.

Organizzazione: Fondazione Palazzo Strozzi
Da un'idea di: James M. Bradburne
A cura di: Ludovica Sebregondi e Tim Parks