Translate

Visualizzazione post con etichetta White Cube. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta White Cube. Mostra tutti i post

15/12/24

Takis a Parigi da White Cube

 

Presso gli spazi parigini di White Cube è in corso la mostra "The Void", dedicata al rapporto tra il defunto artista greco Takis (1925-2019) e la città di Parigi. Nato Panayiotis Vassilakis ad Atene nel 1925, Takis emigrò a Parigi nel 1954, attratto dalla vivacità intellettuale della città. Qui conobbe Alberto Giacometti, già una grande influenza, e altri innovatori del nascente movimento artistico cinetico, tra cui Alexander Calder e Jean Tinguely. Parigi fu il luogo in cui iniziarono alcune delle più importanti esplorazioni artistiche di Takis, stimolate da due epifanie che avrebbero gettato le basi per la sua ossessione per le forme di comunicazione non verbali e i regni extrafisici. La prima di queste ebbe luogo nel 1955, quando l'artista vide per la prima volta le luci di segnalazione in una stazione ferroviaria di Calais, un incontro che si sarebbe sviluppato nella sua serie "Signals". Poi, nel 1958, Takis iniziò a sperimentare il magnetismo nel suo lavoro come mezzo per manifestare la "quarta dimensione" o le energie intangibili dell'universo. Riconoscendo la passione di Takis per la scienza della tecnologia, Marcel Duchamp lo soprannominò liricamente "l'aratore dei campi magnetici".

Questa mostra, la prima a Parigi dopo la morte di Takis nel 2019, narra l'immenso contributo dell'artista all'arte contemporanea attraverso una serie di momenti formativi che sgorgano dalla serie "Signals". Sebbene ispirate al sistema di segnalazione ferroviaria e agli esperimenti con la ferramenta che Takis intraprese a Montparnasse, nel sud di Parigi, le forme sottili e simili ad antenne dei "Signals" parlano anche dell'arte cicladica dell'antica Grecia e dei suoi primi lavori che fanno riferimento a Giacometti. Composte da basi a blocchi da cui si estendono alti steli, le opere di questa vasta serie sono variamente sormontate da frammenti di apparecchiature elettroniche, frammenti di bombe esplose della guerra civile greca degli anni '40, archi simili a falci o luci funzionanti. Preveggenti per il loro tempo e di natura orfica, i "Signals" incanalano le vibrazioni ambientali con oscillazioni e tremori in risposta al movimento circostante, come se restituissero le energie ambientali della stanza.




Promuovendo il suo interesse per le invisibili macchinazioni della comunicazione e della connettività, nel 1958 Takis intraprese quello che sarebbe diventato un altro esperimento durato una vita con le sculture "telemagnetiche". Preceduto da tele-, che in greco significa "raggiungere una distanza", il titolo della serie fu coniato dallo scrittore francese Alain Jouffroy dopo aver incontrato un eccitato Takis nelle strade di Parigi quello stesso anno. "The Void" presenta diverse opere esemplari di questo tipo, ciascuna delle quali comprende un pannello fissato con un potente magnete al quale vengono tirate senza speranza parti di componenti metalliche, come viti, chiavi inglesi, occhielli. Tuttavia, queste parti non riescono mai a toccare il magnete, ma vengono tenute in sospensione da cavi metallici tesi e dai rispettivi punti di fissaggio, dando origine a geometrie compositive. L'introduzione del magnetismo da parte di Takis nella sua pratica artistica segnò una svolta nella sfera delle arti cinetiche; fino ad allora, le frequenze energetiche tra forme, oggetti e corpi erano state solo rappresentate visivamente piuttosto che utilizzate attivamente. Soprattutto, le sculture 'telemagnetiche' riecheggiano la valutazione quasi spirituale dell'artista dell'elettromagnetismo come 'una cosa infinita, invisibile, che non appartiene solo alla Terra'.(1)

Più che una mera analogia o metafora per la natura ineffabile delle relazioni umane, Takis credeva che "il magnete e l'attrazione dell'amore sono una cosa sola".(2) Nel 1974, al suo ritorno a Parigi dopo un periodo come ricercatore ospite al Massachusetts Institute of Technology, USA, l'equiparazione di magnetismo e attrazione da parte di Takis ha ispirato la sua serie figurativa "Erotic": calchi in bronzo di parti del corpo maschile e femminile, che ricordano i reperti degli scavi archeologici nella sua Grecia natale. Contemporaneamente alle opere "Erotic", Takis ha iniziato a esplorare il potenziale acustico della scultura telemagnetica nella sua serie "Musicals", opere a parete in cui gli elettromagneti vengono utilizzati per azionare un ago che colpisce una corda amplificata. Nonostante la sua affiliazione con John Cage, tuttavia, Takis non si considerava un musicista; piuttosto che strumenti musicali, l'artista potrebbe aver inteso queste opere come macchine sensoriali.

Takis era profondamente affascinato dalle macchinazioni invisibili che animano la vita moderna, ma le sue sculture sono anche incarnazioni di idee con distinte qualità formali e tattilità ponderata. Incentrate sulle principali preoccupazioni di Takis, dall'interpersonale all'extra-fisico, le opere d'arte selezionate ratificano il contributo sostanziale dell'artista ai campi dell'arte e del pensiero scientifico, evidenziando allo stesso tempo i suoi sforzi duraturi. Collocando Takis nel contesto dei suoi pari, amici e attività artistica nella città di Parigi, "The Void" celebra i momenti cruciali che hanno avuto un impatto sull'artista pioniere, punti di riferimento a cui sarebbe tornato per tutto il resto della sua carriera artistica.






Dagli anni '60, Takis ha partecipato a numerose mostre internazionali, tra cui Documenta a Kassel, Germania (1977 e 2017); la Biennale di Venezia (1995); e la Biennale di Parigi, dove gli è stato assegnato il primo premio nel 1985. Più di recente, il suo lavoro è stato esposto in importanti mostre personali presso lo Stavros Niarchos Foundation Cultural Centre (SNFCC), Kallithea, Grecia (2021); il MACBA Museu d'Art Contemporani de Barcelona (2019); la Tate Modern, Londra (2019); il Palais de Tokyo, Parigi (2015); e la Menil Collection, Houston (2015). Tra i musei che ospitano le sue opere ci sono il Centre Pompidou, Parigi; il MoMA e il Guggenheim Museum, New York; la Menil Collection, Houston; la Tate, Londra; e la Peggy Guggenheim Collection, Venezia. Nel 1987 Takis ha completato Foret Lumineuse (Foresta luminosa) , un'installazione in 39 parti nell'Esplanade de La Défense, Parigi e la più grande commissione d'arte pubblica della città.

(1) Takis in L'oeil du Décorateur , n. 199, novembre 1964, p. 39, citato e tradotto in Tony Kamps, Takis , White Cube, Londra, 2023, p. 64.
(2) 2 Takis in conversazione con Maïten Bouisset, in Guy Brett e Micheal Wellen (a cura di), Takis , Tate Publishing, Londra, 2019, p. 116.

06/02/24

Theaster Gates alla White Cube di New York




 
Gli spazi della White Cube a New York ospitano la suggestiva mostra personale  "Hold Me, Hold Me, Hold Me" ideata dall'artista Theaster Gates.




Sono proposti una serie di recenti abbinamenti materici - attraverso pittura, scultura e installazione d'archivio - indicativi di dispositivi armonici musicali. 




Spostando l'ideologia dell'arte da quella visiva a quella metronomica, Gates esplora come il suono contenga dolore e sofferenza, gioia, temporalità, memoria e contingenza.


23/01/24

Il corpo politico di Antony Gormley

 


Presso gli spazi di White Cube Bermondsey a Londra Antony Gormley indaga, in cinque distinti lavoro, il "Body Politic"; il rapporto della nostra specie con il suo habitat creato industrialmente. Per Gormley, ciò avviene in un momento urgente in cui il nostro bisogno di rifugio è in tensione dinamica con il nostro bisogno di vagabondare: la nostra fondamentale natura migratoria.




Costituendo la spina dorsale della mostra, otto sculture in cemento tracciano un percorso lineare dal cortile attraverso il corridoio della galleria. Concepito da Gormley come "bunker intimi per uno", ogni iterazione di Retreat (2022-23) è realizzata in cemento armato spesso 55 mm, in scala del corpo dell'artista. Collettivamente, le sculture consolidano, strutturano e incarnano uno spettro di posture corporee – variamente equilibrate, compresse e tese. Piccoli orifizi quadrati nella posizione della bocca offrono accesso visivo a un vuoto interno delle dimensioni del corpo. Come ha detto Gormley, "L'unico posto dove possiamo trovare la vera libertà è nell'infinita oscurità del corpo a nostra disposizione una volta che il corpo è fermo". Queste opere evocano e incarnano lo spazio in cui tutti entriamo nel momento in cui chiudiamo gli occhi. Considero questo lo spazio più pertinente e potente della libertà personale e queste opere lo celebrano.'




Presentando un "terreno", radicato come Retreat , Gormley's Resting Place (2023) si sviluppa attraverso la distesa della South Gallery II, evocando un denso paesaggio urbano. Questo campo di blocchi di argilla cotta materializza 244 forme corporee come un terreno labirintico. Siamo invitati a superare questo labirinto di corpi a riposo: proni, divaricati, fetali, distanziati con lo spazio appena sufficiente per il nostro passaggio. Evocano una serie di situazioni, dall’abbandono dei corpi sulla spiaggia alla difficile situazione di coloro che sono stati sfollati con la forza a causa di crisi di conflitto, cambiamento climatico o scarsità di risorse. In un saggio sulla mostra di prossima pubblicazione, Teresa Kittler ha scritto che Resting Place “parla anche di una più ampia accettazione culturale del diritto del denaro, dei beni, delle idee e dei turisti a viaggiare – un fenomeno accelerato dalle nuove tecnologie – allo stesso tempo della crescita nazionale. i governi controllano o negano questo diritto ai migranti”.

Nella Galleria Nord una serie di sei 'Weave Works' mappa il volume del corpo umano. Realizzate con barre di ghisa ortogonali e reticolate ed esposte agli elementi, queste sculture arrugginite consentono allo spazio e alla luce di attraversarle, creando l'illusione di uno spostamento della densità e di unire lo spazio scultoreo e architettonico. In contrasto con le norme indipendenti della scultura, tre delle opere di Test (2021–23) sono appoggiate alle pareti della galleria e le altre tre le toccano, coinvolgendo la stanza come parte dell'opera e rendendo i visitatori consapevoli della loro posizione al suo interno, così come il loro movimento al suo interno.



All'interno della Galleria Sud I, tre spessi nastri di acciaio laminato nero si estendono dal pavimento, dal soffitto e dalle pareti, convergendo al centro della stanza per creare una zona corporea di linee ortogonali aggrovigliate. Come nel caso di Test, Bind (2023) si attiva e viene attivato dall'architettura a cui è legato. Lo spettatore è invitato ad abbassarsi e tuffarsi attorno a questo potente disegno tridimensionale.




L'opera finale, Stand (2023), posizionata nella galleria 9x9x9, è costituita da una pila di travi in ​​acciaio Corten tipo Jenga e raggiunge un'altezza di quasi 5 metri. Questa scultura riconosce l'entropia della sua stessa costruzione e la vulnerabilità intrinseca di tutte le creazioni create dall'uomo, celebrando la capacità della scultura di essere un punto focale sia di speranza che di paura.

Tra santuario e controllo, libertà e disciplina, 'Body Politic' fa appello alle qualità intrinseche della scultura – silenzio, immobilità e materialità – per consentire ai visitatori di diventare più consapevoli delle proprie libertà di movimento e di mente.

Per celebrare l'occasione della mostra, il prossimo catalogo della mostra Body Politic sarà pubblicato nel dicembre 2023, con un testo di Teresa Kittler. 

06/08/18

Jay Jopling festeggia i 25 anni della galleria White Cube






Son già passati 25 anni da quando la White Cube di Jay Jopling apriva i suoi battenti in Duke Street a Londra.

Per festeggiare questo evento la galleria ha allestito un bel progetto condiviso fra gli spazi di St.James e di Bermondsey con i suoi storici artisti.



CS
Memory Palace' is a major group exhibition extending across White Cube’s London galleries in Bermondsey and Mason’s Yard.


Featuring more than 90 recent works by over 40 artists, 'Memory Palace' seeks to inspire reflections on the forms and themes of memory. The exhibition’s architecture leads the viewer through six aspects of memory: Historical (at White Cube Mason's Yard), Autobiographical, Traces, Transcription, Collective and Sensory (at White Cube Bermondsey).

Autobiographical - Featuring Franz Ackermann, Etel Adnan, George Baselitz, Tracey Emin, Gilbert & George, Magnus Plessen, Raqib Shaw, Christine Ay Tjoe and Liu Wei 


As history began to be defined as a discipline, so the sense grew that memory was subjective and concerned with the inner life. During the Enlightenment and Romantic period, the concept of memory emerged as something personal and bound up with identity. In modern times, mass media forms such as reality TV, exposés and chat shows have made ubiquitous the disclosure of personal histories. Art is an ideal medium for the intimate and confessional, lending itself to diaristic and autobiographical forms. As these artists show, all experience can be manifest in art, whether captured in the moment or recollected in tranquillity.

Traces - Featuring Darren Almond, Miroslaw Balka, Antony Gormley, Andreas Gursky, David Hammons, Mona Hatoum, Runa Islam, Rachel Kneebone, Ibrahim Mahama, Virginia Overton, Jeff Wall and He Xiangyu

We can think of an artwork as a memory of the gestures or actions that produced it: the record of a line, a brushstroke, a thumb in wet clay. In a cast, an impression or a print, a memory is anchored through an indexical relationship with the subject: the artwork and that which it has touched. In its inception, photography was also felt to have a direct existential relationship with the subject, a quasi-magical capturing of the essence. Now, in our digital age, it is perceived as unreliable and easily manipulated: just as our understanding has grown that memory can be false, unreliable or partial.




Transcription - Featuring Cerith Wyn Evans, Christian Marclay, Harland Miller, Sarah Morris, Eddie Peake and Jessica Rankin

The Memory Palace technique develops the skill of committing to memory without making an external record. However, the idea of memory has been indivisible from the means of recording it since Plato defined the concept using the metaphor of memory as a wax tablet. As memory is equated with inscription, so too is forgetting with erasure. Transcribing memories is a means of sharing them, and of declaring them, whether in the form of an inscription on stone or a graffiti tag. These artists use text in a variety of ways and show how other forms of notation can record the memory of sound or movement.

Collective - Featuring Sergej Jensen, Elad Lassry, Jac Leirner, Christian Marclay, Josiah McElheny, Beatriz Milhazes, Gabriel Orozco, Damián Ortego, Haim Steinbach and Fred Tomaselli

The material world offers a vital framework for the formation of collective memory. The everyday objects that surround us and products we consume, the pop culture images and major news events that are part of our shared experience, merge to create our group consciousness. It is a form of memory that resides not in an individual mind but in a common realm. These artists summon collective memory, drawing on the power of the recognisable or shared events and familiar objects.

Sensory - Featuring Ellen Altfest, Cerith Wyn Evans, Robert Irwin, Imi Knoebel, Liza Lou and Virginia Overton

We think of memory as located in the mind, yet Aristotle noted the physical basis of memory, overlooked by Plato in his emphasis on the visual. To psychologists, sensory memory is a short-term impression registered through the senses without conscious control. For Proust, the sensory basis of memory resided in all the senses but sight: hearing, smell, taste, touch. He distinguished voluntary from involuntary memory; the latter may be triggered by a sensory experience, which summons uninvited a flood of recollection, sensation and emotion beyond the reach of intellect or visual memory. These artworks focus our attention on perceptual phenomena of light or colour, or appeal to our senses of touch and even smell.




18/01/18

Le immagini barbose di G&G



Una entusiasmante forza cromatica ha invaso gli spazi della White Cube Bermondsey  a Londra.



Si tratta dell’energia estetica del duo Gilbert & George che nella elegante forma delle vetrate medioevali propongono la recente serie di "The beard pictures".




Pura forza dell’immagine e del colore che queste grandi artisti da anni sanno proporre in una chiave sempre attuale e fortemente critica.



Fotografie del nostro reporter londinese Michele Sisto.



30/04/17

Paper di Fred Tomaselli



La galleria White Cube nei suoi spazi di Londra ospita una mostra di Fred Tomaselli, fino al 13 Maggio.



CS

White Cube is pleased to present ‘Paper’, an exhibition of new and recent works by Fred Tomaselli. As its title suggests, the exhibition focuses on works on paper and includes photograms, collages and interventions onto the front page of The New York Times.

Tomaselli began working on ‘The Times’ series in 2005 during the Bush administration and has increasingly focused on this project in the ensuing years. Using large-scale digital facsimiles of the newspaper’s front page, these works highlight the tragedy, reality and absurdity of global politics through the addition of a combination of abstract, sardonic and cosmic imagery. Seeing his intervention into this ‘paper of record’, as just another subjective, editorial decision, among the many that go into the production of news, Tomaselli attempts to engage directly with both the images and accompanying text.

Titled simply with the date on which they were published, the works are the record of important events from the past few years, albeit distributed via a medium that, in the face of increasing digital information, is fast disappearing. Tomaselli has noted that these political, bucolic images are the ‘daily facts’ of his own life, offering a time line of his own experiences. Seeking to stop time and allow the works to resonate as their facts ‘vaporize into obsolescence’, landmark events are frozen and presented for closer scrutiny: the ‘perp-walk’ by bad actors, the warming of the planet or the actions of global leaders.

Both emotive and humorous, these pictorial subversions of familiar news images recall the dark humour of the German Expressionists, but more specifically the ‘Constellation’ drawings of Joan Miró begun in 1939 at the outset of WWII. In these drawings Miró arranged abstract shapes on paper like a constellation of stars, appearing to offer a serene, cosmic and infinite vision which transcended the horrors of the daily destruction of war. Similarly, Tomaselli says he is attempting to convey the ‘bipolar relationship between beauty and pain’ that defines current existence. In one work, for example, a Ukrainian woman mourning the tragedy of the Malaysian plane crash, carries a bouquet of flowers that obscures her face, the forms of which have been extended with real leaves, paint and photo-collage, into a stylised, all-over Mogul-like pattern spreading across the entire image. In another, a team of negotiators in the Iran nuclear deal burn out their eyes by staring into the sun, our solar system’s original nuclear furnace.

Tomaselli is a visual taxonomist who uses a process of collecting and cataloguing visual data – from newspapers, magazines or field guides to anatomical or botanical illustrations – as a way to interpret and understand the world. Produced alongside his paintings, the resulting collages exhibit a more direct and unmediated relationship with their source material, emerging out of what the artist calls ‘the rubble of utopian thinking’ − itself the legacy of a failed ‘60s transcendentalism combined with the volatile anger of punk. In this way, his delicate, complex and polymorphous images are able to deal with both an abundance of hedonistic beauty as well as ugly, political reality. In some places the hallucinatory, transformative nature of his imagery is overt, while in others it is more discreet. An infographic about global warming, for example, has been obfuscated by swirling amoeba-like patterns in orange, red and purple. While another image shows former billionaire investor Raj Rajaratnam, who was so scrutinised by the media during his insider trading scandal, reduced to simply an x-ray.




Like ‘The Times’ series of works, Tomaselli’s photograms and chemical portraits employ another dying, analogue media – that of chemical based photography. For the artist, paper is essentially the material that is being replaced by screens. First produced in the 1990s, Tomaselli’s chemical portraits attempt to get ‘into the inner and outer space of the sitter’: the process begins with the sitter answering a list of questions such as their date of birth and drug history. With this information Tomaselli creates images of constellations using the photogram process, depicting his sitter’s astrological sign and characteristics, reflecting the idea that in many cultures the exact time of birth determines the course of a person’s life. The artist adds, as collaged elements, any drugs that the sitter has used in order to suggest the modified reality that makes-up every individual experience. Exhibited with one image for each month of the year, the group of portraits alludes to a community of friends, while chronicling the passing of time.

Other photograms in the exhibition incorporate leaves grown in the artist’s own garden, harvested and then preserved. These flattened leaves are arranged onto photographic paper, which is then exposed to light and developed into photographs. The resulting images are painted over with colourful, hard-edged geometric patterns evoking floral still lifes, which ultimately remind us that nature and beauty persist despite the absurdity and horror of the world.

04/04/17

Josiah McElheny alla White Cube



La White Cube di Londra presenta fino al 9 Aprile una  mostra di Josiah McElheny



CS

White Cube is pleased to present ‘The Crystal Land’, an exhibition by Josiah McElheny, which narrates a decade of the artist’s efforts to visualise alternative histories of Modernism. Presenting works made between 2008 and 2017 in various media, including sculpture, painting, film, installation, photograms and posters, the exhibition asserts McElheny’s view that ‘reconstructing history’ can be a creative process itself and that aesthetics are always political.

The exhibition is divided into three distinct sections, each of which is inspired by an individual: the artist Robert Smithson, the writer Paul Scheerbart and the physicist Andrei Linde. In the first part of the exhibition, McElheny draws on some of Robert Smithson’s lesser-known works and writing from 1964─66, including his essay The Crystal Land which was published in Harpers Bazaar in 1966 and from which the exhibition borrows its title. Smithson’s series of ‘paintings’ from that same period ─ reflective plexiglass and painted metal, fashioned into three-dimensional, crystalline constructions ─ complicated the prevailing Modernist rejection of painting as a window onto the world and assertion of painting as pure surface. Using these works as models, McElheny has created his own series of ‘Crystal Landscape Paintings’, taking the form of faceted wall reliefs constructed out of painted metal and glass mirror with illuminated interior chambers. Inside these chambers, infinitely repeating images of crystalline, abstract reflective shapes recede into the distance. Interspersed among these ‘paintings’ are a series of new ‘Anti-Vortex Drawings' in which lines appear to float inside glass against a fractured mirrored background, and a group of silver gelatin photograms, studies for new crystalline forms in which geometric shapes extend into black. In these works, McElheny proposes that an imaginary world could be something physical after all.




After the intimate vistas of McElheny’s 'paintings', he offers a different kind of contemplation in the second part of the exhibition, through the combination of image and language. Here, movie posters beckon the audience into a ‘glass cinema’, whose subtle, multi-coloured light emanating from glass-block windows, sets the tone for the film playing inside. The Light Club of Vizcaya: A Women’s Picture (2012) emerged out of McElheny’s interest in the work of Paul Scheerbart and is part of his effort to bring the German author’s writing into the 21st-century – a project that includes the publication of two scholarly books on Scheerbart as well as a series of sculptures, drawings and performances based on his ideas. In this film, McElheny develops Scheerbart’s short story The Light Club of Batavia: A Ladies' Novelette (1912), a fantastical tale about a group of socialites who meet at a hotel in Batavia (now known as Jakarta) and decide to build a spa at the bottom of an abandoned mineshaft so that they can ‘bathe’ in light. With a script written by Canadian poet Rachel Zolf and a voice-over narrated by the artist Zoe Leonard, McElheny presents a poetic, ‘speculative expansion’ of Scheerbart’s original text, re-staging it in a different locale to create a story-within-a-story that playfully deals with themes of gender, sexuality, society and nature. Presenting an alternative view of Modernism, as experienced by a female protagonist, the work deals with Scheerbart’s notion of universalist politics as a wholly other possible path of history. It proposes that Modernism might have been redirected from efficiency and restraint to expand the concept of the human.

In the third part of the exhibition, the scale of McElheny’s ‘models for worlds’ expands to its largest possible size with the installation Island Universe (2008). Fusing art, science, information and materiality, the installation sets out to describe the world, the universe and the multiverse as a set of infinite, individual possibilities and interpretations. Appearing like a magnificent set of constellations, it comprises five suspended sculptures made from chrome-plated aluminum and glass encoded with highly accurate scientific information. The project was inspired by the aesthetically hybrid, starburst forms of nickel-plated brass and cut-glass crystal chandeliers of the Metropolitan Opera in New York, which were produced by the design company Lobmeyr in Vienna in 1965 and combine both 19th-century and modernist motifs. McElheny saw them as a kind of ‘Pop image of the Big Bang’ and in an extensive collaboration with the astronomer David H Weinberg, went on to create models that depict various alternative interpretations of this event. In Island Universe, he presents a set of possible universes through sculptures whose every element have their own individual, cosmological equivalent. Creating multiple reflections of their own forms, the viewer’s body and the space of the gallery in which they hang, they show us a universe without hierarchy where an infinite number of unique, true histories of the world can coexist.

The Super 16mm film Island Universe (2005─08), shot on location at the Metropolitan Opera in New York, is presented on a continuous loop in the auditorium every Sunday for the duration of the exhibition.

13/09/13

Sempre più grandi - da galleria a museo …

Galleria Gagosian mostra di Calder/Prouvé

Ha iniziato la White Cube, due anni fa con una galleria di 58.000 metri vicino alla Tate Modern, seguito a ruota dalla Gagosian con lo spazio di Le Bourget a Parigi, dove anche la Thaddaeus Ropac ha portato a 50.000 metri quadrati le sue possibilità espositive a Patin.

Quest’anno a New York, nel quartiere di Chelsea, la galleria Hauser & Wirth ha trasformato in galleria una pista di pattinaggio, segnali che rendono sempre più evidente che la moda per gli spazi vastissimi ha preso piede nel mondo delle gallerie d’arte. Ora anche la tedesca Galerie Max Hetzler ha aperto due nuovi spazi a Berlino Ovest, uno al Bleibtreustraße 45, e l'altro in Goethestraße 2/3, mentre il prossimo anno ha annunciato che aprirà una nuova sede a Parigi vicino al Centro Pompidou.

Spazio Pantin della Galleria Thaddaeus Ropac mostra di Georg Baselitz  


In tal modo, sempre più queste realtà, possono proporre diverse tipologie di arte e suscitare attenzione da parte di un vasto pubblico “gareggiando” con i musei che spesso non riescono ad avere le stesse dinamiche capacità organizzative. 

21/05/13

20 years of White Cube ...



Alla fine di questo mese la galleria White Cube compie vent’anni di attività, un grande traguardo per un’avventura nata quasi per gioco. 


Jay Jopling era un giovane ragazzo incuriosito dal mondo della nascente arte inglese che aprì una piccola stanza al secondo piano di Duke Street, in affitto da Christie, dipingendola di bianco. Così si avviò l’avventura di un gallerista molto sensibile agli umori artistici dell’epoca e abile a giostrarsi in tempi di trasformazione del sistema dell’arte che si stava sempre più rinnovando verso rivoluzionarie strategie di diffusione. 

Punto forte del suo operatò fu il suo grande “fiuto” per i nuovi artisti che si stavano formano nel panorama inglese, frai tanti nomi ricordiamo Antony Gormley (esposto nel 1994), e Damien Hirst (esposto nel 1995). Giovani promesse che frantumavano i vecchi assodati gusti, rinnovandoli con nuove visioni e strategie di promozioni, abilmente sostenuti dal gallerista stesso, diventando nel tempo certezze di una nuova storia di fare arte. 

Poi tutta una storia in salita con i famosi spazi in Hoxton Square, ora chiuso in favore di quelli più significativi di Bermondsey, e centrali di St. James. 

Pare che i futuri sviluppi vadano oltre il mercato inglese per puntare su nuove sedi come Hong Kong e San Paolo. 

Le mostre in attualmente in corso presso i suoi spazi sono, a Bermondsey Julie Mehretu e Liminal Squared mentre a Mason's Yard sono proposti Eberhard Havekost e Cosmos Now a San Paolo The Gesture and the Sign

12/10/12

Alcuni stand di galleri a Frieze



Gabriel Kuri 'Untitled' 2011 Kirsten Pieroth 'Inflated Dinghy' 2009 - Stand della Galleria Franco Noero a Frieze

Jason Rhoades 'Junk (idol 36)' (2005) Hauser + Wirth, London

Geoffrey Farmer, 'Grey Skies' (2012) Casey Kaplan, New York

Damián Ortega 'Tusks' (2012) White Cube, London

08/10/12

All London - Il cuore dell’arte contemporanea batte intenso nella capitale britannica.




 La stagione autunnale delle gallerie londinesi è molto varia, particolarmente ora che è in corso la grande settimana di Frieze, che quest’anno raddoppiata con la nuova sezione di Master, attirando collezionisti danarosi da tutto il mondo.

Le tantissime gallerie, sicuramente si superano le centinaia, offrono uno spaccato e una varietà di proposte che copre ogni gusto e possibilità di spesa.

Ecco alcune delle proposte che più mi hanno incuriosito, iniziamo sicuramente dalle due mostre di punta, quella sui Pre-Raffaelliti e quella di Tino Seghal entrambi alla Tate, la prima alla Britan in Millbank e l’altra la Modern in Bankside.

Alla Britan la meraviglia delle opere non necessita di nessun commento, forse qualcuno lo potrebbe far suscitare la mostra sul Turner Prize. La seconda se pensata come arte visiva è sicuramente brutta, ma se iscritta nelle tendenze sempre più teatrali che l’arte contemporanea proprone, risulta mediocre, ho visto spettacoli più belli e interessanti. Ci si può consolare con la mostra su Edvard Munch o visitando una delle tante performance nei suggestivi Tanks, buttando un occhio alla nuova struttura che sta sorgendo accanto e che prevederà a breve la chiusura della grande hall.

Lasciando la Tate Modern si può passere alla vicina Hayward Gallery dove c’è in corso una ampia mostra su nuovi artisti cinesi o sula grafica punk. In alternativa salire verso il nuovo grattacielo di Renzo Piano e dirigersi dopo il ponto alla Whitechapel, per una serie di mostre con ben due artisti italiani, Giuseppe Penone e alcuni lavori di Maurzio Cattelan scelte dalla collezione Sandretto Re Rebaudengo, che quest’anno è ospite del centro come collezionista, per cui a rotazione saranno presentati in diversi eventi molti suoi pezzi.

In zona  Serpentine Gallery, dove Sabato prossimo si svogerà l’ennesima maratona, quest’anno sulla memoria, che ora inizia a essere sempre più noiosetta,ha in corso una discutibile mostra di Thomas Schutte, sicuramente più bello il Padiglione Estivo di Ai Weiwei e Herzog e Meuron mentre alla vicina V&A Museum per vedere la rinnovata sezione dedicata alla moda. Accanto non perdetevi nel Museo delle Scienze la mostra su Alan Turing. Se scendete un poco più giù c’è la Saatchi Gallery con la collettiva fotografica, discreta.

Il British Museum propone una bella mostra su Shakespeare mentre la National Gallery ci invita ad approfondire gli ultimi lavori di Richard Hamlton . accanto la Portrait Gallery ha una piacevole mostra sulla vita del Principe Henry Stuart. Come vedete già con i musei si saturano due o tre giorni, ma  per i più tenaci vi propongo alcune gallerie.

Passate in rassegna le top, WhiteCube ( con diversi eventi tra cui quello più suggestivo di Cerith Wyn Evans); Lisson (con un sempre fantastico Anish Kapoor); Gagosian, molto bella la mostra dedicato a Franz West, un poco più ovvio quella di Giuseppe Penone. Hauser Wirt con due artisti molto borderline Paul McCarthy e Thomas Houseago.    Haunch of Venison ci sono le sculture di Joana Vasconcelos e le opere di Justin Mortimer.  
Da Richard Young Gallery con le opere di Ellie Davies, da Matt’s Gallery la seconda parte della collettiva “Return to menu”. Molto particolari i lavori della collettiva “Let there be light” da Gazelli Art House. Molto interessante la selezione storica “Essence of Place” da Mummery+Schnelle. Forte l’intervento di Michael Dean da Cubitt. Confronto forte fra gli arstisti Halima Cassell e Kate McLeod alla Royal British Society of Sculptors. Confronti anche al Freud Museum con Mieke Bal & Michelle Williams Gamaker e Renate Ferro.

Se avete ancora del tempo libero, ci sono altre tre fiere che si possono visitare l’intima Sunday, vicino a Frieze, Moniker, dedicata alla street art, e il centrale e molto elitario PAD (Padiglione dell’Arte e del Design) in Berkeley Square.

Come sempre vale il consiglio di scarpe comodo e un buon ombrello visto le previsioni non proprio ottimali.

foto 1 Hayward Gallery "Someday all the adults will die!"
foto 2 V&A Museum nuova sezione moda
foto 3 Cubitt Michael Dean

12/10/11

White Cube 3 ...


Il sistema arte pare nei suoi aspetti più commerciali di non aver sentito della grande recessione in corso.

Proprio in questi giorni a Londra durante le giornate di Frieze, segnali come l’apertura del terzo spazio del gruppo White Cube pare confermare questa impressione.

La nuova sede, posta in Bermondsey street a sud di Londra non troppo distante dalla Tate, è un fantastico spazio di oltre 5000 metri quadrati. In realtà son ben due spazi espositivi e uno intermedio da considerare più come luogo di sperimentazione e incontro.

Le aree sono così divise in lato sud, dove è in corso una collettiva con gli artisti più noti di questa galleria, Andreas Gursky, Wade Guyton, Eberhard Havekost, Damien Hirst, Gary Hume, Sergej Jensen, Jacob Kassay, Brice Marden, Agnes Martin, Gabriel Orozco, Eileen Quinlan, Sterling Ruby, Robert Ryman, Erin Shirreff, Hiroshi Sugimoto and Jeff Wall, lato nord, che presenta una mostra con gli artisti emergenti Marieta Chirulescu, Mary Corse, Kitty Kraus e lo spazio definito 9x9x9 che propone una progetto ideato da Cerith Wyn Evans.

Intanto negli spazi storici di Hoxton Square è in corso una bella mostra Elad Lassry

Alla White Cube Mason's Yard c’è il lavoro di Raqib Shaw: Paradise Lost

09/10/11

Fall or Frize - La fiera più allegra dell’arte contemporanea.


Un autunno particolarmente morbido ci avvia nei prossimi giorni alla nuova edizione di Frieze che si svolgerà dal 13 al 16 Ottobre a Regent Park sotto il solito elegante tendone ri-allestito per l’occasione dagli architetti Carmody Groarke . E mentre al coperto ci sono le opere più preziose, fuori, immerse nei bei giardini inglesi, trovano spazio la sezione delle grandi sculture.

Di corredo a questo momento prettamente fieristico, ci sono molti eventi che sono offerti al vasto pubblico internazionale presente. Tra i tanti vi consiglio Frame con le gallerie più giovani, i famosi incontri, ma ci si può svagare alla rassegna video (quest’anno ci saranno i lavori di John Bock, Daniel Buren, Adam Curtis, Alison Knowles e Taryn Simon) o nella sezione più sperimentale nello scoprire le commissioni agli artisti Bik Van der Pol, Pierre Huyghe, Christian Jankowski, Oliver Laric, LuckyPDF, Peles Empire, Laure Prouvost e Cara Tolmie. Intanto cresce l’attività per l’edizione newyorkese che si svolgerà il prossimo anno a Maggio.

Per l’occasione tutta la città di Londra propone rassegne e mostre di gran pregio, la più spettacolare è la presentazione del grande intervento di Tacita Dean, parte dell’iniziativa The Unilever Series, nella Turbine Hall della Tate Modern e vedere anche l'ampia retrospettiva su Gerhard Richter.

Parallelamente si sviluppano diversi altri eventi tra cui ricordiamo la presentazione di opere stampate al Whitechapel per sostenere iniziative artistiche e la fresca fiera alternativa di Sunday.

Anche quest’anno ci sarà la Maratona artistica organizzata da Hans Ulrich Obrist alla Serpentine Gallery, che affronterà il tema dell’arte in una visione naturalistica.

Da non dimenticare poi l’apertura del nuovo spazio della White Cube a Bermondsey e l’intervento di Grayson Perry al British Museum.

Fra i tanti momenti da non perdere le aste di Phillips de Pury, Sotheby’s, il 13 ci sarà 20th Century Italian Art, mentre da Christie’s il 14 si svolgerà “The Italian Sale”.

15/04/10

Gli spazi privati dell'arte londinese


Dopo aver trattato degli spazi pubblici una breve panoramica sulle gallerie private londinesi.

Il mercato dell’arte a Londra è sicuramente dinamico e libero. Tantissime le occasioni d’incontro e di confronto, tantissimi gli spazi off e le gallerie più potenti. Segnalo quelle che più mi hanno colpito e che mi hanno dato spunti per certi lavori che sto sviluppando e che spero di poter presentare prossimamente.

Da Haunch of Venison una serie di interventi di Chiharu Shiota, un mix fra Paolini e Saraceno, e Jitish Kallat molto intenso e con una elegante attenzione alla forma e al dettaglio. Molto bello l’intervento sullo scalone. Da Cell un avvincente progetto di Celine Condorelli, un processo creativo architettonico, stimolante e fresco. Alla Wilkinson Gallery serie di opere di Fiona Mackay, Morag Keil, Manuela Gernedel. Mentre Limoncello propone le opere “oggetti quotidiani” di Matthew Smith. Molto belli i due progetti ideati da Tim Etchell presentati da Gasworks, in particolare Art Flavours dedicato alla trasformazioni di alcune parole in gusti di gelato.

Molto formale e minimalista la recente produzione di sculture di Tony Cragg dalla Lisson. Chisenhale Gallery ha nei suoi spazi un intervento sonoro interattivo di Florian Hecker, molto ben presentato. Una bella pittura in forma plastica per Christopher Stevens da Mummery + Schnelle mentre nella Project Room ci sono i bei lavori “fotografici” di Mariano Mauricio. White Cube in Mason’s Yard propone un Franz Ackermann molto ben allestito. Da Raven Row uno stimolante progetto espositivo che sotto il titolo “A History of Irritated Material” presenta una serie di ingerenze “sociali” di gruppi attivisti come Group Material, Inspection Medical Hermeneutics, Sture Johannesson. Molto interessante. Da Gagosian Gallery in Britan Street c’è "Crash," raffinata collettiva in omaggio ad una novella di JG Ballard. Mentre in Davies Street sono allestiti una serie di tavole a matita e tecnica mista di Arshile Gorky, in contemporanea alla bella mostra alla Tate Modern. Timothy Taylor mette in mostra una serie di ritratti di Alex Katz e propone una sezione chiamata The Viewing Room in cui viene proposto un giovane artista, il primo è Christopher Hanlon appena diplomatosi al Royal College of Art di Londra con una serie di quadri a tema molto quotidiano e minimale. Sempre affascinanti Ilya e Emilia Kabakov che da Sprovieri presentano il progetto pittorico “The Flying paintings”. Semplici e suggestivi i video di Frances Young in visione da Madder139. Da Danielle Arnaud c’è Paulette Phillips con due interventi sul tema documentaristico architettonico, molto formali e un poco banali. Al Barbican Center una serie di mostre la più significativa quella sui design Rod Aron, anche se riguardando questi pezzi d’arredo paiono già così datati.

La Saatchi Gallery continua il suo percorso di proposte collettive in tema etnici contemporanei, ora è la volta dell’India con “The empire strikes back: indian art today”, come le altre volta la sensazione è di opere prive di nazionalità, se non in rari casi i lavori paiono possibili ovunque, una sensazione di svuotamento espressivo è molto presente. Fra i tanti si salva Jitish Kallat, attualmente anche in mostra da Haunch of Venison. Mi delude un poco la mostra da Hauser & Wirth in Old Bond Street con i pezzi di Subodh Gupta, più avvincente Bharti Kher nella sede di Piccadily. Da Victoria Miro un Idris Khan con dei lavori di grandi dimensioni legati alla cultura islamica, molto minimali e un poco ovvi, per le forme e le idee,ma tutto molto raffinato.

Josh Lilley mette in mostra i simpatici assemblaggi di Rebecca Nassauer. Mentre presso la Galleria Nettie Horn organizza una collettiva sotto il titolo Sensescapes con un gruppo di artisti diversi per tematica ma molto congrui nella forma espressiva. Da Thomas Dane Gallery una volta tanto dei video che mi piacciono, dell’irlandese John Gerrard, semplici e molto suggestivi. Fra le tante cose viste concludo citando ancora lo spazio The Woodmill in Bermondsey, con più di 50 studi per artisti e 2 gallerie, il dinamismo privato sa creare cose che da noi paiono quasi impossibili, come artista Londra sarebbe proprio una terra felice.