Questa sera si inaugura una mostra su Harald Szeemann, organizzata dal Getty Research Institute di Los Angeles in collaborazione con il CRRI – Castello di Rivoli Research Institute, titolo dell'evento :"Harald Szeemann: Museum of Obsessions / museo delle ossessioni ", un percorso che analizza le tappe fondamentali della vita e della carriera di Harald Szeemann (Berna, 1933 – Tegna, Svizzera, 2005) attraverso una serie di tematiche che hanno caratterizzato la vicenda umana e professionale del curatore svizzero. Attraverso la presentazione di materiali d’archivio, documentazioni fotografiche e video nonché una scelta di opere d’arte che hanno caratterizzato le sue mostre più significative, la rassegna intende offrire ai visitatori uno sguardo all’interno del pensiero, delle visioni e delle ossessioni, delle controversie e delle polemiche che hanno accompagnato l’esistenza di questa figura eccezionale.
Dopo aver debuttato al Getty Research Institute di Los Angeles, che nel 2011 ha acquisito lo sconfinato archivio di Szeemann, e aver fatto tappa alla Kunsthalle di Berna e alla Kunsthalle di Düsseldorf, la mostra viene presentata al secondo piano del Castello di Rivoli con un allestimento che si sofferma sugli intensi rapporti avuti dal curatore con gli artisti torinesi, integrando nel percorso espositivo opere provenienti dalle collezioni del Castello di Rivoli e da altre collezioni private. La mostra include inoltre Grossvater: Ein Pionier wie wir / Nonno: un pioniere come noi che ricostruisce il primo progetto espositivo di Szeemann successivo a documenta 5 (1972) per il quale, nel 1974, nella propria abitazione a Berna, il curatore ripercorre la vita del nonno parrucchiere Étienne Szeemann.
La mostra
Il percorso espositivo, che si snoda attraverso le sale auliche al secondo piano del museo, si apre nella Sala 33 in cui è documentata la “Fabbrica Rosa” in Ticino che ha ospitato l’archivio e la biblioteca di Harald Szeemann. Nella sala è inoltre allestita una scultura monumentale composta dai cartellini multicolori dei bagagli emessi dalle compagnie aeree che Szeemann accumulò negli ultimi decenni della sua carriera e che testimoniano non solo la frequenza e l’estensione dei suoi spostamenti, ma anche la scelta di una professione che combaciasse con la sua grande passione per i viaggi.
Nelle Sale 32 e 21 sono invece presentati preziosi materiali d’archivio che ripercorrono gli anni in cui Harald Szeemann diresse la Kunsthalle di Berna. Nominato direttore nel 1961 all’età di ventotto anni, Szeemann divenne uno dei più giovani direttori di museo al mondo e durante la sua direzione, l’istituzione si trasformò in uno spazio internazionale in cui le ultime tendenze dell’arte contemporanea s’intrecciavano con le mostre storiche. A lui si devono importanti rassegne dedicate al Surrealismo e ad artisti come Francis Picabia, Vasilij Kandinskij, Kazimir Malevič e Marcel Duchamp, ma anche ad artisti americani come Robert Rauschenberg, Andy Warhol e Roy Lichtenstein. Szeemann fu inoltre il primo curatore a commissionare a Christo e Jeanne-Claude l’impacchettamento di un edificio: nel 1968, per celebrare il cinquantesimo anniversario del museo, venne realizzato il progetto Wrapped Kunsthalle Bern, Switzerland, 1967-68 (Impacchettare la Kunsthalle di Berna, Svizzera, 1967-68). Fu però con la celebre mostra Live in Your Head: When Attitudes Become Form (1969) che esplorava le poetiche post-minimaliste che si stavano diffondendo in quel periodo in Europa e negli Stati Uniti che Szeemann impresse una svolta radicale all’attitudine curatoriale tradizionale, stravolgendo gli spazi del museo svizzero con un allestimento incredibile e provocatorio. L’utilizzo estremamente libero dello spazio museale da parte degli artisti scatenò un acceso dibattito internazionale che lo costrinse in breve tempo a rassegnare le proprie dimissioni. Grazie al clamore suscitato da When Attitudes Become Form, Szeemann divenne il curatore più noto dell’epoca e la sua popolarità gli valse la nomina a direttore artistico di documenta 5 (1972).
L’allestimento della Sala 32 ripropone alcune delle opere iconiche che furono presentate a Berna nel 1969 in occasione di When Attitudes Become Form, tra cui una versione di Igloo con albero (Igloo with Tree), 1968-69 di Mario Merz, Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969 (Me sunbathing in Turin 19 January 1969), 1969 di Alighiero Boetti e Pipe(Tubo), 1968 di Bill Bollinger.
La Sala 21 accoglie documenti e materiali d’archivio che testimoniano gli oltre otto anni trascorsi alla Kunsthalle di Berna nel corso dei quali Szeemann strinse intense relazioni con gli artisti. Appartengono a questo periodo lettere, proposte e disegni di artisti provenienti dal suo archivio, ma anche una selezione di locandine di oltre cinquanta mostre tenute presso l’istituzione elvetica.
Dopo aver lasciato la direzione della Kunsthalle di Berna, Szeemann si dedicò alla professione di curatore indipendente proponendo a varie istituzioni museali progetti la cui condizione essenziale era l’indipendenza. Il primo incarico gli fu affidato nel 1970 dal Kölnischer Kunstverein di Colonia per il quale curò la mostra Happening & Fluxus. La rassegna, organizzata insieme all’artista Wolf Vostell, si proponeva di storicizzare gli anni sessanta attraverso più di seicento documenti e immagini che testimoniavano lo sviluppo dell’arte performativa a livello mondiale, ma le caotiche performance che ebbero luogo in occasione dell’inaugurazione – molte delle quali a contenuto sessuale e violento - offesero il pubblico e offuscarono gli esiti della ricerca.
La svolta arrivò nel 1970 quando Szeemann fu eletto segretario generale di documenta 5 a Kassel. Definendo il progetto e supervisionando un team di importanti curatori, Szeemann riuscì nel proprio intento di riattualizzare e radicalizzare il programma della manifestazione che vide coinvolti oltre 200 artisti in 100 giorni consecutivi di spettacoli ed eventi che si svolsero nell’estate e nell’autunno del 1972. La mostra, intitolata Befragung der Realität – Bildwelten heute (Interrogare la realtà – le immagini del mondo di oggi) esplorava temi che spaziavano dall’arte concettuale a quella performativa, dalla Pop art alla propaganda politica, dalle utopie architettoniche alla fantascienza, dai musei d’artista all’arte dei malati mentali.
La mostra, tuttora considerata come la più significativa e ambiziosa degli anni settanta, ha contributo a stabilire nuovi criteri organizzativi per le grandi retrospettive internazionali.
Nella Sala 22, che accoglie le opere Infinito (Infinite), 1971 di Giovanni Anselmo e Svolgere la propria pelle – finestra (To unroll one’s skin – window), 1970 di Giuseppe Penone, oltre a importanti documenti d’archivio sono ospitati gli straordinari rotoli di carta a quadretti che rivestivano l’ufficio di Szeemann in cui erano elencati ogni artista, ogni sezione e ogni scadenza di documenta 5, che per l’occasione sono stati digitalizzati e assemblati, mentre l’ambiente raccolto della Cappella accoglie l’installazione Objekts from the forest (Oggetti dalla foresta), c. 1951-72 di Armand Schulthess.
Nel decennio che seguì documenta 5, Szeemann ridusse progressivamente il suo coinvolgimento nei confronti dell’arte contemporanea, decidendo di trasferirsi nel Canton Ticino, dove lavorò a una complessa trilogia di mostre: Junggesellenmaschinen /Les machines célibataires (Le macchine celibi), 1975, Monte Verità / Berg der Wahrheit: Le mammelle della verità / Die Brüste der Wahrheit, 1978, e Der Hang zum Gesamtkunstwerk: Europäische Utopien seit 1800 (Tendenza verso l’opera d’arte totale: utopie europee dal 1800 circa), 1983, che presentavano una nuova interpretazione della modernità. Questa trilogia di mostre è considerata come un ulteriore tentativo di radicalizzare le avanguardie dell’inizio del ventesimo secolo. Oltre ai documenti e a una selezione di opere d’arte esposte in occasione delle tre mostre, nelle Sale 23 e 24 è presentato parte del materiale proveniente dalle collezioni di ricerca di Szeemann relativo alle idee che interpretava come modelli utopici: la Patafisica, l’anarchismo e i movimenti riformisti della vita. Le sezioni del suo archivio relative agli artisti visionari - mistici, autodidatti, artisti considerati disturbati mentalmente e altri geni fantasiosi – includono figure che ricorrono più volte nel corso della carriera di Szeemann, avendogli fornito gli strumenti per la comprensione del processo creativo e del ruolo che l’arte può avere nella società.
Le Sale 23 e 24 sono dedicate alla mostra Junggesellenmaschinen /Les machines célibataires (Le macchine celibi) del 1975 che indaga la crescente incidenza dell’estetica della macchina sia nell’arte visiva sia nella letteratura europea tra il 1875 e il 1925. La mostra, ispirata al libro omonimo di Michel Carrouges del 1954 che per primo propose similitudini tra l’opera di Duchamp La Mariée mise à nu par ses célibataires, même (La sposa messa a nudo dai suoi scapoli) e le macchine descritte nelle opere degli scrittori Alfred Jarry, Franz Kafka e Raymond Roussel, presentava sezioni dedicate al Giainismo, alla mitologia greca, all’antropomorfismo, ai robot e agli androidi, alla femme fatale e alle macchine artistiche ed erotiche. La retrospettiva, per la quale Szeemann creò manifestazioni fisiche di alcune di queste macchine letterarie commissionando interpretazioni di grande formato di impossibili apparati meccanici, presentava modelli delle invenzioni di Leonardo da Vinci, oggetti di cultura popolare e opere recenti di arte cinetica. Come primo progetto di grande formato della sua Agentur für geistige Gastarbeit (Agenzia per il lavoro spirituale all’estero), la mostra presentò notevoli sfide logistiche per Szeemann.
Nella Sala 25 sono invece allestite le opere Harry, ca. 1975 e You Missed My Masterpiece, 1975 di James Lee Byars.
La Sala 27 è interamente dedicata alla comunità utopica del Monte Verità nel Canton Ticino: da quando negli anni settanta dell’Ottocento l’ideologo anarchico Mikhail Bakunin visse nella regione, e da quando alcuni seguaci della teosofia e di Annie Besant vi si stabilirono, la collina divenne un centro in cui furono messi alla prova molti esperimenti utopici e vari tentativi di trasformare la società. La comunità riuniva movimenti di anarchici, nudisti, vegetariani, ballerini e artisti che si svilupparono nella regione di Ascona dove Szeemann trascorse gli ultimi trent’anni della sua vita e dove trovò un’importante ripresa della storia modernista: una comunità di avanguardie, ma con solide fondamenta in idee spirituali, visionarie e utopiche. La mostra Monte Verità / Berg der Wahrheit: Le mammelle della verità / Die Brüste der Wahrheit dedicata nel 1978 da Szeemann alle comunità creative insediatesi nei dintorni dell’omonima collina ad Ascona, forniva una visione olistica e trans-storica della montagna, evidenziando il simbolismo e la potenzialità di cambiamento attraverso gli eventi che si svolsero in occasione della rassegna. Szeemann aveva suddiviso la mostra in quattro temi principali che aveva fatto coincidere con le mammelle di una divinità della Verità, una dea di sua stessa invenzione.
Nella sala è inoltre allestita l’opera Sedia a intreccio “sedia del vegetariano” (Woven Chair, “chair of the vegetarian”), c. 1910 di Karl Gräser e i tre abiti di Charlotte Bara per le danze del 1920.
Nella Sala 28 sono raccolti i documenti legati all’ultima mostra della trilogia, forse quella più ambiziosa concepita da Szeemann: Der Hang zum Gesamtkunstwerk: Europäische Utopien seit 1800 (Tendenza verso l’opera d’arte totale: utopie europee dal 1800 circa). Ispirata al concetto di gesamtkunstwerk di Richard Wagner, che cercò di unificare tutte le arti per raggiungere una consapevolezza sensoriale amplificata che permettesse di liberare il pubblico dalla stasi della vita tecnologica per tornare alla natura, la mostra curata da Szeemann presentata presso la Kunsthaus di Zurigo nel 1983 includeva opere visive, cinematografiche, di danza, performance e sonore realizzate da circa quattro dozzine di visionari allo scopo di creare un’opera d’arte totale (gesamtkunstwerk).
La mostra include inoltre Grossvater: Ein Pionier wie wir / Nonno: un pioniere come noi, originariamente presentata nel 1974 da Szeemann nel proprio appartamento sopra il Café du Commerce in Gerechtigkeitsgasse 74 a Berna. Dedicata al nonno ungherese Étienne Szeemann - famoso coiffeur al servizio delle famiglie reali che aveva inventato un congegno per le onde della permanente - la mostra comprendeva oltre 1.200 oggetti appartenenti all’antenato del quale il curatore condivideva l’atteggiamento pioneristico verso l’esistenza. Nell’affascinante arrangiamento, Szeemann aveva tessuto la storia di una vita lasciando che l’allestimento interno diventasse una biografia. A metà tra un museo d’artista e l’esperimento surrealista, la mostra utilizzava i beni del nonno di Szeemann per produrre una serie di giustapposizioni dinamiche in grado di esplorare contemporaneamente i contorni della biografia del nonno, le migrazioni dei popoli in Europa, le guerre del ventesimo secolo e lo sviluppo dell’acconciatura come modernismo parallelo a quello artistico e l’assenza di curatela come un’attività creativa.
Nelle Sale 29, 30 e 31 del Castello sono stati minuziosamente ricreati gli ambienti che Harald Szeemann, in occasione della piccola mostra dedicata al nonno, aveva animato con centinaia di fotografie in bianco e nero che ritraevano l’antenato, bauli da cui riaffioravano manoscritti densi di appunti, un vecchio armadio da cui spuntavano abiti, cappelli e trine di inizio secolo scorso, uno scrittoio con numerosi stipetti sormontato da oggetti di varie fogge, ma anche un tavolo da toilette con pettini e spazzole e una primordiale macchina per le onde della permanente ideata dal nonno.
Harald Szeemann: Museum of Obsessions / museo delle ossessioni
A cura di Glenn Phillips e Philipp Kaiser con la collaborazione di Doris Chon e Pietro Rigolo