Foto di Dario Lasagni
Da
alcuni giorni è stato aperto un nuovo spazio culturale in Via Orobia 26
nell'area della Fondazione Prada, a sud
di Milano, che si sta convertendo in una zona di promozione culturale.
In
un edificio minimale, ha aperto i battenti l'ICA Milano – Istituto
Contemporaneo per le Arti. Una hub per la creatività che nasce dalla volontà di
scoperta e condivisione di cinque persone con un grande sogno: la costituzione
di un ecosistema ideale per le arti e la cultura contemporanee, in cui gli
artisti possano trovare uno spazio libero d’azione in grado di mettere in scena
le principali urgenze della ricerca attuale.
Diretta
da Alberto Salvadori, l’ ICA Milano presenta la mostra inaugurale, curata con
Luigi Fassi, Apologia della Storia – The Historian’s Craft, ispirata a Apologie
pour l’histoire ou Métier d’historien, volume fondamentale scritto nel 1944
dallo storico francese Marc Bloch, una delle figure centrali del pensiero
contemporaneo, e pubblicato postumo nel 1949.
La
giornata, un poco uggiosa e questi spazi vissuti, accolgono il visitatore in modo
morbido, in un tracciato che attraversa il piano terra e il primo in un
susseguirsi di riflessioni e bellezza estetica. Aprono il percorso The
Conscience di James Lee Byars, affiancata da The Prophet di Ryan Gander, in un
dialogo sul mistero dell’umanità.
Si
prosegue, al piano superiore, in una sensazione di disorientamento con l’opera
di Javier Téillez, che ci porta verso i mondi più fisici proposti dagli altri
artisti. Il testo ispiratore è così sviluppato in un percorso di percezioni
casuali, parti della grande storia umana, attimi di quotidianità che compongono
la complessa trasformazione del nostro presente collettivo, in una continua
evoluzione delle emozioni singole.
La
mostra riunisce le opere di Yto Barrada (1971, Francia), Lothar Baumgarten (1944
– 2018, Germania), James Lee Byars (1932, USA – 1997, Egitto), Nanna Debois
Buhl (1975 – Danimarca), Ryan Gander (1976, Regno Unito), Haroon Gunn-Salie
(1989, Sudafrica), Arjan Martins (1960 – Rio de Janeiro, Brasile), Santu
Mofokeng (1956, Sudafrica), Antonio Ottomanelli (1982, Italia), Paul Pfeiffer
(1966, Hawaii), Javier Téllez (1969, Venezuela), Mona Vatamanu & Florin
Tudor (1968, Romania; 1974, Svizzera).
Seguirà
la prima personale in Italia dello scultore svizzero Hans Josephsohn, ideata in
collaborazione con il Kesselhaus Josephsohn e la galleria Hauser and Wirth.
Parallelamente
c’è un ricco programma di iniziative che
vanno dal cinema alla letteratura, col fine di creare un luogo trasversale a
diverse discipline visive, ma non solo, per essere più laboratorio attivo che
semplice luogo di visita passiva.
Via
Orobia 26
20139
Milano