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14/03/13

Uno nessuno centomila??



Spesso si parla dell’arte come di un fatto sociale, di un evento che riguarda tutti, ma è proprio così? 

Per capire quant’è il reale pubblico, bisogna fare subito una discriminante fra il fruitore turistico e il fruitore legato al sistema dell’arte. 

Nel primo caso i numeri sono particolarmente incoraggianti, il nostro paese, nonostante una certa disattenzione, continua a richiamare folle di appassionati al nostro meraviglioso patrimonio artistico storico, folle che però manifestano maggior interesse per la nostra storia che per il nostro presente artistico. 

Per i secondi la cosa risulta più limitata, prendendo come riferimento le tre fiere di arte (contemporanea e moderna) più visitate, Torino, Bologna e Milano, e supponendo che molti non siano gli stessi visitatori agli eventi, si giunge a un mediocre ottimistico numero di 120.000 persone, un numero veramente minimo che non giustifica certi investimenti e certe finzioni di valore culturale da sempre manifestato da questo sistema, tanto più risaputo come oligarchico e aleatorio, chiuso al dinamismo della pluralità poiché teso a supportare una limitata selezione di artisti, legati al sistema di vendita. 

La cosa più ironica di tutti è che nel sistema dell’arte si parla spesso di libertà, di confronto e di valori, tutte tematiche che poi il sistema stesso non evidenzia ma anzi spesso limita e seleziona su valori molti discutibili. 

Analizzando il sistema artistico contemporaneo italiano ci si rende conto come la pluralità artistica sia assolutamente bloccata, come la maggioranza dei processi di valore sia legata più alle relazioni sociali che al merito artistico.. 

Nel sistema artistico italiano conta di più entrare nei giusti “gruppi artistici/critici” (soprattutto nelle città di Milano, Torino e Roma) che avere doti artistiche, e questo spiega forse anche perché a livello internazionale le presenze italiane siano sempre più ridotte, se non del tutto scomparse. Infatti non premiando la qualità ma i contatti non si può sicuramente confrontarsi con la professionalità straniera dinamica e ricca di variabilità. 

Basta tracciare una breve analisi degli artisti che espongono in certi musei/spazi/eventi e notare come una cerchia alquanto ristretta di nomi si ripresenta in modo quasi monotono, spesso con opere che sono portate in “pellegrinaggio” in eventi costruiti con fittizia pluralità di motivazioni, simil curatoriali/critiche. 

Un altro aspetto è la mancanza di trasparenza e motivazione della selezione. Sicuramente fino a quando i parametri di giudizio delle selezioni non saranno pubblici e aperti, non si potrà sicuramente capire il reale valore del nostro sistema, che così facendo si chiude sempre di più allo sviluppo e alla varietà tanto enfatizzata. 

Questi aspetti sono sufficienti per capire come mai il sistema dell’arte, che in altri paesi è popolato da un grande flusso di appassionati, nel nostro è sempre più rarefatto. Pubblico che non rinuncia alla sua passione all’arte ma che ha capito che deve andare a cercarla altrove, in luoghi meno istituzionalizzati e patinati, ma sicuramente più avvincenti e autentici.