La Fondazione 107 apre la stagione autunnale il prossimo sabato 9 ottobre col progetto “ Take Care Project” curato da Federico Piccari dove saranno esposte le mascherine dei 160 artisti partecipanti, fra cui anche la mia, e le mostre personali dei vincitori:
- “Pepitabadass” di Iaia Filiberti e
- “Sutura” di Roberto Maria Lino.
Take Care Project, progetto iniziato nel 2020 in piena pandemia e giunto ora alla prima tappa espositiva con la presentazione delle 160 mascherine prodotte dagli artisti che hanno aderito all’invito. Contemporaneamente saranno presentate le due mostre personali dei vincitori del concorso: Iaia Filiberti e Roberto Maria Lino, vincitori ex-aequo.
Il Take Care Project vuole essere una metafora dei nostri tempi di cui evidenzia alcuni elementi caratterizzanti: la mascherina, l’oggetto su cui gli artisti hanno lavorato - un foglio bianco per scrivere la loro esperienza in tempo di pandemia. Il prendersi cura attraverso l’invito in un sistema a cascata. L’elemento democratico della partecipazione dove ogni artista o curatore è stato libero di invitare chi riteneva. La votazione, avvenuta via internet sul sito di fondazione 107 che ha evidenziato il potere dei social e la forza comunicativa individuale di ogni artista partecipante al progetto.
Take Care, prendersi cura, è la parola d’ordine e l’insegnamento che dovrebbe esserci rimasto impresso sulla pelle dopo le prime ondate della pandemia, l’epidemia asiatica che ha travolto le nostre vite e dato inizio a una nuova era. Prendersi cura degli altri, di chi è più debole e ne ha più necessità in una società che da troppo tempo ha esaltato il benessere individuale a scapito di un sano principio di comunità.
Il Covid19 ha trasformato le nostre vite, ha spostato gli equilibri del potere economico tra le nazioni e i continenti, ha aumentato le divergenze tra le classi sociali, ha creato un solco tra lavoratori tutelati e non, ha mutato la nostra visione del mondo e al di sopra di tutto ci ha tolto la sicurezza e la libertà, facendoci percepire quanto siamo fragili.
La pandemia ha inoculato in noi un veleno pericoloso che è la diffidenza verso i nostri simili, ha cancellato il gesto tipicamente occidentale di stringersi la mano, di abbracciarsi, di intessere relazioni, di esplorare altri mondi. Ci ha isolati in un bozzolo nella cui area è vietato l’accesso,
amplificando la condizione di emarginazione di un percorso a cui i mezzi tecnologici ci avevano già avviato.
Nelle 160 mascherine esposte gli artisti hanno espresso sentimenti contrastanti: chi ha trasformato la mascherina in un ex-voto, chi nel desiderio di un prato, chi in una scultura impossibile da indossare, chi in un messaggio scritto, chi in un incontro tra popoli, chi in una barriera di spine, chi in una forma di protesta e chi in un’amaca pronta a cullarvi.
I due vincitori del Take Care Project sono: Iaia Filiberti artista di Milano, nella mostra personale presenta “Pepitabadass” e Roberto Maria Lino artista di Napoli che presenta “Sutura”.
Iaia Filiberti ci introduce nel mondo di Pepita, il personaggio vicino al mondo del fumetto nato dalla sua penna nel 2001 che potremmo definire il suo alter ego. Badass tradotto dall’inglese vuol dire prepotente ma anche sfrontata, tosta, una che non si piega. Iaia Filiberti lavora su tematiche sociali a cui da voce attraverso Pepita, la sua posizione non è mai politically correct e si espone con piglio curioso e impavido attraverso disegni a china nera su carta. Pepita è un’eroina dei nostri giorni che trae spunto dal passato per ricontestualizzarsi nel presente. In Fondazione 107 l’artista presenterà una serie di chine di grandi dimensioni che hanno come protagonisti Pepita e le forze armate.
Roberto Maria Lino presenta “Sutura” una video performance registrata nello spazio industriale di Fondazione 107 in cui cuce uno stendardo utilizzando la stoffa degli abiti che indossa quotidianamente, strappandoseli di indosso sino a rimanere nudo e coprirsi con il drappo da lui stesso cucito e rammendato. Cuce i brandelli di stoffa intervallandoli con le pezze strappate dai camici da lavoro di suo padre, medico chirurgo di cui porta lo stesso nome.
E’ così che Roberto Lino desidera affermare la difficoltà dei rapporti familiari per le giovani generazioni nel ritagliarsi un posto autonomo in un mondo molto spesso preconfezionato. Con ago e filo manifesta il desiderio di trovare un punto di incontro nella fiducia per le reciproche scelte.
Catalogo in mostra “Take Care Project”.