Eccoci nuovamente in azione per la ripresa delle rassegne artistiche, vedi queste giornate londinesi, che riavviano il calendario come da tradizionale ciclo annuale.
La crisi economica ha eroso molto di questa giostra, da cui tanti sono usciti e che sempre più gira vorticosa su se stessa, incurante del mondo circostante.
Alcune fratture sono indelebilmente impresse nel carosello, sempre più sbiadito e monotono. Come già era successo nelle precedenti cadute economiche anche per questa si ha un’ulteriore sensazione, su ciò che rimane, di noia e di vacuo.
Guardando indietro, in questi ultimi anni, non si hanno memorie di vere opere d’arte ma di tanti manufatti, spesso inutili e con presuntuose aspettative, privi di particolare fascino. Anche nelle recenti fiere sempre più lo sguardo corre al passato lontano anziché a quello prossimo, segnale di una certa incapacità degli artisti odierni, o di quelli che si presuppone, essere indicati come tali, di scarsa capacità “artistica”.
Forse le strategie di globalizzazione del mercato dell’arte contemporanea non hanno saputo dare spazio alla vasta creatività, che nascosta spesso capita di incrociare, favorendo invece una massificazione di gusto oramai tipica di tanti prodotti di “consumo culturale” quali la moda, musica o cinema.