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15/03/12

New York Biennale batte Triennale 1/0



Whitney Museum of American Art
La nuova edizione della Biennale del Whitney si presenta senza un reale titolo e con un grande ritorno alla manualità più quotidiana, quasi intimista. La scelta del quarto piano dedicato completamente alle performance conferma un’esigenza di presente e d’immediatezza come le tante opere presenti che paiono tasselli di un segno immediato e atto a formare un diario di emozioni.


In un allestimento molto ampio le opere hanno tutte un giusto equilibrio fra manufatto artigianale e fisicità umana. Un dimensionamento che torna reale, come lo studio/camera da letto traslato nei locali da uno degli artisti.


Molte opere molte esperienze, tanta umanità che si offre allo sguardo e al dialogo, senza però un’imposizione ma come un viaggio in treno quando incontrando qualcuno s’inizia a parlare del tempo e si finisce a raccontarsi del proprio vivere.


Forse tutta la crescente tecnologia elettronica e la pesante crisi economica sta producendo un forte bisogno di normalità e semplicità che gli artisti percepiscono e trasformano in opere più immediate, lasciando le elucubrazioni ad altri tempi.


La protesta avviata da Arts & Labor di Occupy Wall Street nei giorni dell’inaugurazione pareva una coerente azione all’insieme critico dell’evento, che lasciati gli attimi più tradizionali dell’ouverture conferma un disagio alla grande trasformazione del nostro presente.





New Museum
Va sicuramente peggio al New Museum, dove l’evento triennale che è stato ideato sotto il titolo "I Ungovernables", risulta già datato e svilito da una selezione molto rigorosa quanto già vecchia, giacché molti già ben inseriti nel sistema arte.


In un allestimento scolastico dove a ogni opera è seguito un ampio testo di giustificazione, visto l’aleatorio lavoro artistico di costruzione a vantaggio dell’ennesima pistolino socio-cultural-esoterico.


Si conferma così questa sensazione che questo spazio più che innovativo sembra solo un modaiolo luogo promozionale.


Una proposta artistica assolutamente fricchettona, una marea di oggetti già usati e ri-ri-ri-assemblati senza troppa fantasia, le solite pratiche processuali post-concettuali, le abituali provocazioni che giocano all’impegno sociale, la normale noia di un’arte che non vuole farsi guardare e nemmeno tanto capire, tanto poi sarà ripetuta al prossimo evento.


Due occasioni di presentare arte che sempre di più approfondisce la dicotomia fra un universo impermeabile al mondo esterno autoreferenziale e vacuo e una realtà che prende una sua strada sperimentando percorsi sempre più difficili ma forse possibili.