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13/03/12

Dire, fare lavorare - La cultura esiste ancora?

Phofdo - photographic project 

In questi ultimi tempi la crisi ha portato strani risvegli assopiti da un periodo di vasto consumo di quello che una volta si conosceva come “cultura”. 

La cultura era il simbolo di una nazione, quello che faceva supporre che chi viveva in quel contesto fosse legato da questi “aspetti” comuni che andavano dalla lingua alle espressioni visive, passando per la musica, la letteratura, il teatro etc. 

Ora che il mondo in questi ultimi decenni si è globalizzato, tutti sono sempre più simili, che siano nati a Cuneo o a Zapala. Pare strano pensare che anche la cultura non si sia trasformata e che il senso stesso di identità sia ancora quello di una volta. 

Ancora più strano notare che proprio chi ha sempre operato in questo sistema non abbia avvertito i grandi cambiamenti sia tecnologici sia sociali, che giustamente hanno trasformato l’idea di cultura e ciò che una volta pareva indiscutibile oggi sempre più diventa marginale. 

Tradizioni, usanze, idee, linguaggi, forme estetiche sono cambiate in modo rapido e si sono diffuse attraverso meccanismi “capitalistici” che una volta erano impensabili e che hanno raggiunto una vasta parte della popolazione, ampliando e diffondendo questa conoscenza. 

Ma dalla piazza si è passato al supermercato dalle chiacchiere col vicino ci si è spostati su un social forum elettronico. 

In questo cambiamento tutta la classe culturale, che per decenni ha vissuto quieta alla luce di uno stato che li ha lasciato operare dov’erano? 
Come mai solo oggi che gli stipendi vanno in crisi si sollevano a protestare? 
Che cosa hanno prodotto? 
Che apporto hanno dato allo comunità sociale che li ha mantenuti? 
Può ancora oggi un paese, con i grandi cambiamenti economici in corso, continuare a supportare le innumerevoli strutture sparse per il vasto territorio ? 

Se ovviamente il nostro vasto patrimonio sia fisico sia intellettuale è in crisi, sono tante le responsabilità, sicuramente sono importanti e utili i vari appelli ma forse bisognerebbe cambiare sia modi che forme e tutti dovrebbero attivarsi e responsabilizzarsi. 

Se ci sono sicuramente tanti motivi di orgoglio ci sono stati anche tanti decenni di sperpero e di irresponsabilità. Ri-criminarlo non serve al presente ma si spera che per il futuro ci sia un reale cambiamento e una reale volontà di crescita.