Le gallerie d’arte operano in diversi modi e in diversi ambiti. Spesso seguendo una linea culturale ma anche proponendo diverse forme d’arte slegate per tema o tecniche fra loro.
Esistono ormai da più di un secolo, ma pare che stiano declinando per trasformarsi in veri e grandi sistemi di distribuzione, dove l’aspetto culturale è sempre più occupato da quello produttivo.
Possiamo creare una piccola graduatoria che vede al top le gallerie più industrializzate, che producono grandi fatturati e continue occasioni promozionali, con forti investimenti nella promozione attraverso i mass media, spesso con diversi punti di distribuzione, esempio più clamoroso Gagosian, ma possiamo anche citare David Zwinner o Barbara Gladstone.
In una categoria più ampia e in forte trasformazione sono quelle di media grandezza, che propongono importanti artisti e realizzano eventi significativi, fra le tante citiamo White Cube di Jay Jopling che sul mercato internazione ha saputo promuovere il gruppo di artisti legati al BYA, tra cui primeggiano Damien Hirst e Tracey Emin.
Seguono le gallerie di ambito nazionale con capacità internazionali, in Italia possiamo pensare a Sperone di Roma, con una deriva newyorchese o Massimo de Carlo, che si propone anche nella dinamica Londra. Spesso sono anche fra le più attente a intercettare i nuovi talenti e sostenerli nella crescita.
Ci sono poi quelle che non sono molto grandi ma si muovono in modo molto dinamico e con una forte capacità di creare relazioni internazionali, penso in ambito torinese, a gallerie come Franco Noero, Norma Mangione e Guido Costa, che puntano a particolari percorsi culturali.
In ogni città operano poi una marea di gallerie, realizzando semplici e piacevoli occasione di promozione artistica, senza preoccuparsi troppo di percorsi o di linee curatoriali. Fra queste alcune tentano nuove strade e a volte diventano veri luoghi di innovazione e di crescita di giovani artisti. Attualmente a Torino mi vengono in mente Moitre, Van Der e Oblom.
Al di fuori di queste considerazioni concludo segnalando che esistono luoghi che non sono gallerie ma che si muovono su un fronte ricerca e con uno spirito alquanto indipendente, luoghi di sperimentazione, a Torino un interessante progetto è lo spazio Blank di Carlo Fossati o in forma diversa il progetto Diogene, palestra d’incontro fra artisti e le nuove forme del fare creativo.