Nel
decennio scorso, in una fase particolarmente euforica del sistema
economico, nasceva l’idea della cultura come traino turistico,
sfalsati dal caso Guggenheim di Bilbao, ma passati pochi anni ci
troviamo ora con tante cattedrali vuote e inutili.
Forse
è tempo di capire sempre di più se effettivamente queste mega
strutture possono realmente funzionare o se non sarebbe meglio
avviare progetti di reale azione sul territorio che nel tempo
possono ingrandirsi.
Proprio
il gruppo Guggenheim ha aperto e chiuso diversi di queste iniziative
macinando tantissime risorse, lasciando poi tante le amministrazioni
con enfatici spazi espositivi assolutamente sotto-utilizzati,
sicuramente prima degli spazi ci vorrebbe una realtà autentica e
pulsante.
Questa
lezione forse può servire a capire che un museo non può essere
imposto ad un luogo ma necessita di nascere come parte della realtà
territoriale stessa, riflesso vivo della cultura sociale che lo
ospita.
Guardando
al nostro territorio siamo molto perplessi sulle tante strutture
pubbliche aperte in questi ultimi anni, soprattutto se li
consideriamo come luoghi di cultura, queste hanno sempre più preso
un ruolo di semplice vetrina promozionale, gestita attraverso
conoscenze e relazioni curatoriali, sostenute da azioni temporanee
per l’evento espositivo dalla galleria immanicata.
Spesso
poi, tutto ci viene proposto come opportunità e crescita culturale
anche se non si capisce mai bene chi è bisognoso di questa cultura.
A
me pare banalissima promozione di un prodotto commerciale ammantato
della vecchia storia dell’arte.
Personalmente
sarei dell’idea di chiudere tutti i così detti musei di arte
contemporanea e trasformarli in spazi espositivi a pagamento, visto
che l’uso quasi sempre non è aperto alla comunità sociale ma deve
sottostare a poche trasparenti percorsi di selezione.
Un
museo di arte contemporanea è il classico esempio di assurdità,
come si può museificare il presente, proprio su questa ridicolaggine
ottimi affaristi hanno trovato da anni spazi per usare, con soldi
pubblici, e promuovere prodotti trattati poi in sede privata, una
delle tante vergogne della così detta cultura, diffusasi in tutta
Europa.
Potrei
capire l’idea di spazi pubblici atti a promuovere, in una
circolazione aperta e trasparente, la realtà artista territoriale
nel suo complesso, ma vedere queste inutili e costose cattedrali ad
uso di limitate supposta élite, risulta alquanto triste.
Tornando
al gruppo Guggenheim viene anche un altro segnale della finta idea di
cultura proposta. Scrivo della complessa gestione, spesso sul filo
dei diritti umani, che si è svolta ad Abu Dhabi, dove la finzione
del lusso e dello cultura di questo ricchissimo paese, vive sullo
sfruttamento di manodopera limitata nella dignità.
Ma
questo è sempre più un complesso problema delle democrazie
occidentali, che sempre di più vivono sullo sfruttamento oligarchico
di altri paesi, vedi la situazione cinese o quella russa, vedasi fra l'altro un’assurda manifestazione come “Manifesta” sponsorizzato
con soldi europei a San Pietroburgo.