Un
artista vive della reputazione che il sistema dell’arte attribuisce al suo operato,
questa è costruita da un certo insieme relazionale che tenta di proporre sul mercato
una data idea di arte “contemporanea” e soprattutto di “artista”.
In
questi ultimi anni codesto riconoscimento sempre più non è legata al valore qualitativo
o produttivo sviluppato dalla tradizione classica, cioè pittura e scultura, ma da
altri aspetti che spesso paiono alieni alle arti visive.
In
questa fase della storia presente, la riconoscibilità artistica pare sempre più
limitata al sistema distributivo, che valorizza una certa immagine e una data diffusione
di determinati canoni. Questo sistema agisce slegato dalla storia dell’arte, fruttandone
però il carisma del passato.
Interessante
notare che sempre più gli “artisti” di tale sistema non hanno un percorso educativo
legato alle arti visive, cioè licei e scuole d’arte, ma provengono dai più disparati
percorsi educativi, producendo spesso manufatti dai bassi costi di produzione ma
dai forti valori di vendita, enfatizzati da sproloqui linguistici.
Parte
di questa linea di “dignità” è realizzata attraverso galleristi, curatori, musei,
eventi espositivi e riviste coalizzate nel produrre un’attenzione col fine di certificare
il pregio della produzione artistica sostenuta.
Tutto
questo fornisce nei confronti del mercato un’idea sul creativo, che in tal modo
può essere elevato al ruolo indicativo di “artista”.
In
realtà, come tutti sappiamo, sono centinaia le persone che agiscono artisticamente
sul tessuto territoriale, ma se una volta questi avevano almeno in ambito locale
una propria riconoscibilità, la globalizzazione li ha sotto-classificati al ruolo
di semplici “artigiani” come se proprio gli elementi classici della tradizione dell’arte,
pittura e scultura, non fossero più loro stessi parti dell’arti visive.
Come
sempre i ricorsi della storia giocano sornioni e stanno ora riportando l’attenzione,
a seguito di una forte crisi economica globale e forse anche per una saturazione
del bric-brac di cattivo gusto, alla riscoperta delle dimenticate forme artistiche
classiche, la pittura e la scultura.
Si
crea così una strana divisione del sistema dell’arte, da una parte figure che producono
particolari manufatti che non stanno nelle istanze estetiche delle arti visive ma
glorificati come artisti dal limitato mondo del market art system e una parte che
produce una serie di opere che sviluppano o molto spesso ripetono gli stilemi di
una tradizione visiva artistica riconosciuti dal vasto pubblico.
Chissà
che cosa rimarrà nella storia futura di questo strano presente?