Translate

31/05/24

Exposed Ogr

 


Con un corale lavoro di gruppo delle tante realtà territoriali prende avvio Exposed diffondendosi per i tanti spazi cultuali e non della città, dai manifesti stradali alle Ogr, e proprio dalle Officine Grandi Riparazioni inizia il mio percorso con ben due complessi progetti espositivi, uno presso il Binario 2, curata da Domenico Quaranta, Salvatore Vitale e Samuele Piazza, e l'altra al Binario 1 dal titolo Expanded Without, mentre il  primo si muove più prossima al territorio della ricerca fotografica l'altro si focalizza su opere che rielaborano il senso dell'immagine oltre lo scatto.



Il tema della visione aerea del primo progetto si sviluppa in diverse forme dalle riflessioni di una possibile tridimensionalità di Evan Roth all'opera installativa di Tabita Rezaire, ci sono poi alcuni scatti di Mario Giacomelli che dialogano con la ricerca territoriale di Mishka Henner, o il grande intervento narrativo di Hiwa K. seguito dai video di Susan Schuppli e Laura Cinti, Tomas Van Houtryve porta una serie di immagini dal forte valore sociale mentre sempre sul tema dei droni abbiamo la visione ironica di James Bridle.



Il secondo progetto presenta opere di grandi dimensioni di artisti affermati come  Nanda Vigola con l'opera "Frammenti di riflessione (Exoteric gate)" che apre il percorso, dalla luminosa espressione che si sviluppa poi con l'imponente Waterfall (Cascata) di Teresita Fernández. Fa da perno centrale " L’osservatore non l’oggetto osservato" di Remo Salvadori che ci porta all'installazione multimediale "Liquid Crystal Environment" di Gustav Metzger.



Si esce da questi percorso un poco rattristati, consapevoli che la bellezza dell'arte è finita per darci forme non più estetiche ma tante forti riflessioni sul vivere quotidiano, forse più socio-antropologia che arte










30/05/24

Pastorale di Ingar Krauss da Quartz Studio





 La quieta e intesa forza della quotidiana natura si manifesta negli scatti che Ingar Krauss realizza nella campagna nei pressi del fiume Oder, vicino al confine fra la Germania e la Polonia.




Luoghi distanti da ogni modernità, in cui l'artista può trovare un ambiente di normalità della dimensione umana, parte della natura stessa. 




Immagini di campi mossi dall'energia impalpabile del vento che ne plasma e forma paesaggi in cui si assemblano parti e si creano vuoti. 




Ingar Krauss - Pastorale
Quartz Studio, via Giulia di Barolo 18/D 
fino al 20 Luglio

29/05/24

Hannah Levy da DeCarlo

 


Gli spazi londinesi della galleria Massimo DeCarlo accolgono le opere di Hannah Levy, presentate col titolo Bulge, si tratta della prima personale dell'artista americana presso la galleria. Le sculture in metallo, vetro e silicone di Levy sono come frutti proibiti, che tentano il visitatore nonostante il pericolo che emanano. 




Le opere, che ricordano mobili per la casa o per l'ufficio, ferramenta, protesi, carne umana e cibo, rivelano un'ansia latente in quanto la funzione viene rimossa dalla forma, rivelandosi così misteriose e ultraterrene.

28/05/24

Calder a Lugano

 .





Veduta dell’allestimento, “Calder. Sculpting Time,” MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel 
©️ 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York

Sul Lago di Lugano presso il Masi è in corso la mostra "Calder. Sculpting Time" che esplora l'impatto profondo e trasformativo di uno degli artisti più rivoluzionari del XX secolo attraverso uno sguardo mirato. 

Alexander Calder (1898-1976) ha cambiato il modo in cui percepiamo e interagiamo con la scultura, introducendo la quarta dimensione del tempo nell'arte con i suoi leggendari mobiles – termine coniato da Marcel Duchamp che in francese si riferisce sia al "moto" che al "movente" – ed esplorando i volumi e i vuoti negli stabiles, i suoi oggetti stazionari così battezzati da Jean Arp. 


Veduta dell’allestimento, “Calder. Sculpting Time,” MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel 
©️ 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York

La mostra comprenderà oltre trenta capolavori realizzati tra il 1930 e il 1960 – gli anni più innovativi e prolifici di Calder – dalle prime astrazioni o sphériques a una magnifica selezione di mobiles, stabiles e standing mobiles di varie dimensioni.

"Sculpting Time" presenterà anche un'ampia serie di constellations di Calder, un termine proposto da Duchamp e James Johnson Sweeney per gli amati oggetti dell'artista realizzati in legno e filo metallico nel 1943, periodo in cui il metallo scarseggiava a causa della Seconda guerra mondiale.

A cura di Carmen Giménez e Ana Mingot Comenge, la mostra è realizzata grazie a Fondazione Favorita.


Veduta dell’allestimento, “Calder. Sculpting Time,” MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel 
©️ 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York

Alexander Calder (1898, Lawnton, Pennsylvania - 1976, New York City), la cui illustre carriera ha attraversato gran parte del ventesimo secolo, è lo scultore più acclamato e influente del nostro tempo. Nato in una famiglia di celebri artisti di formazione classica, Calder ha utilizzato il suo genio innovativo per cambiare profondamente il corso dell'arte moderna. Negli anni venti ha iniziato a sviluppare un nuovo modo di scolpire: piegando e torcendo il filo metallico, ha essenzialmente "disegnato" figure tridimensionali nello spazio. È famoso per l'invenzione del mobile, i cui elementi sospesi e astratti si muovono e si bilanciano in un'armonia mutevole. A partire dagli anni cinquanta, Calder si è dedicato sempre più alla realizzazione di sculture all'aperto su larga scala in lastre d'acciaio imbullonate. Oggi questi imponenti giganti portano la bellezza nelle piazze pubbliche delle città di tutto il mondo.

27/05/24

I paesaggi di Simone Forti



Alla  Videoteca della GAM di Torino è in corso un’esposizione dedicata a Simone Forti (Firenze 1935), che pone in dialogo due recenti acquisizioni della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT: opere storiche realizzate da Forti all’inizio degli anni Settanta: un video, Bottom, del 1973 e una serie di 4 disegni, Illuminations, del 1972.




La serie di opere su pergamena Illuminations nasce dalla meditazione che l’artista condusse sulla forma circolare mentre il video Bottom, presenta il paesaggio americano, proposto con quattro cartoline, di spazi naturali, sconfinati, accostando a ciascuno un intimo suono.



Via Magenta, 31
10128 Torino TO

26/05/24

Charles Ray da Matthew Marks




 Presso la galleria Matthew Marks, nella sede in 522 West 22nd Street, sono proposte tre nuove sculture di Charles Ray, opere realizzate negli ultimi cinque anni, in cui l'artista continua la sua indagine sugli elementi fondamentali della scultura: scala, peso e mezzo.

Tutti si tolgono i pantaloni almeno una volta al giorno (2024) è una scultura alta 9 piedi di una donna che si veste. La scultura è realizzata in carta fatta a mano e si basa su un modello in scala reale originariamente realizzato in argilla. Unendo il contemporaneo e il classico, l'opera si basa sulle antiche tradizioni della statuaria.





Due ragazzi morti (2023) è scolpito da tre solidi blocchi di marmo italiano, uno per ogni figura e un terzo per la base. Raffigura due uomini nudi, appena più grandi della grandezza naturale, distesi fianco a fianco su un piedistallo rettangolare. In alcuni punti la superficie liscia della loro pelle presenta una perfezione inquietante, mentre in altri rivelano la loro corporeità intrinsecamente imperfetta. Come descrive Ray, “la finalità della morte è una finestra attraverso la quale lo spettatore può contemplare i misteri e la natura inspiegabile della nostra esistenza. La scintilla della nostra vitalità, la salute dei nostri corpi, proviene oggi dallo stesso fuoco degli antichi?





8FLU100 (2024) è una scultura di carta lunga ventiquattro pollici che rappresenta un'auto incidentata. Il titolo si riferisce alla targa dell'auto. Per realizzare la scultura, fogli di carta giapponese sono stati meticolosamente tagliati in centinaia di pezzi. Ogni pezzo viene inciso e piegato, quindi assemblato a mano per ricreare con precisione il veicolo. Come Ray ha scritto riguardo alle sue sculture di carta: “La fragilità dell'opera e il peso prossimo allo zero emergono dai disegni. Questa scultura è un disegno ma disegnato con lo spazio e il tempo.”




Charles Ray (nato nel 1953) vive e lavora a Los Angeles. Il suo lavoro è stato presentato a Documenta (1992), alla Biennale di Venezia (1993, 2003, 2013) e alla Biennale del Whitney (1989, 1993, 1995, 1997, 2010) ed è stato oggetto di numerose mostre museali tra cui il Whitney Museum. of American Art, New York (1998), il Kunstmuseum Basel (2014), l'Art Institute of Chicago (2015), il Centre Pompidou, Parigi e il Metropolitan Museum of Art, New York (entrambi 2022). 

25/05/24

Rosso Ghirri


 
Fra le proposte più stimolanti della rassegna Exposed sicuramente l'iniziativa del MAUTO - Museo Nazionale dell’Automobile nel presentare una serie di scatti di  Luigi Ghirri che documentano le fasi di produzione all’interno dello stabilimento della casa automobilistica Ferrari.

La mostra intitolata Luigi Ghirri. Rosso Ferrari è ospitata nella Project Room del museo torineese. 

Un intrigante allestimento mette in dialogo gli scatti fotografici con una serie di modelli della nota casa di Maranello. 




CS
Un progetto fotografico realizzato da Luigi Ghirri a Maranello prende vita nella Project Room del MAUTO - Museo Nazionale dell’Automobile da giovedì 2 maggio a domenica 2 giugno, in occasione di EXPOSED Torino Foto Festival. La mostra, dal titolo Luigi Ghirri. Rosso Ferrari, ripercorre il lavoro – tra commissionati e ricerca personale – che il fotografo ha dedicato allo storico marchio di automobili.
 
Nella seconda metà degli anni Ottanta, Luigi Ghirri documenta le fasi di produzione all’interno dello stabilimento: dagli uffici dei progettisti ai laboratori per la lavorazione del pellame alle officine meccaniche, in un racconto incentrato su quei processi di assemblaggio e trasformazione che caratterizzano e accomunano l’automobile e la fotografia.

In questa direzione va anche la serie dedicata a una replica in scala di una Ferrari F40 prodotta dalla ditta Agostini. Lo scenario, un campo da golf, e la presenza del pilota-bambino accentuano il senso di surreale sospensione che scaturisce dalla vettura in miniatura.

La stessa estraniazione che ritroviamo nell’ultima sezione, dedicata all’allestimento di Pierluigi Cerri per l’esposizione del 1988 al Forte di Belvedere di Firenze, dove le architetture rinascimentali dello sfondo partecipano alla composizione insieme ad alcuni dei modelli Ferrari più iconici e alle strutture in vetro di Cerri.






La Mostra è completata da un importante nucleo di fotografie provenienti dalla collezione di Jacobacci & Partners – realtà che dal 1872 riconosce, valorizza e tutela le eccellenze della creatività italiana. Questa selezione di opere fa parte dello stesso ciclo su Ferrari ed è la sintesi di un percorso in cui il fotografo interpreta l’identità del prestigioso marchio automobilistico. Le immagini della produzione, gli scorci dell’esposizione, ma anche gli interni del Museo Ferrari a Maranello, sono momenti di un racconto in cui la piccola dimensione di una fotografia ha il potere di custodire tutta la profondità di una storia.

Cinquanta scatti esposti – 28 provenienti dall’Archivio Luigi Ghirri e 22 dall’Archivio di Jacobacci & Partners – accompagnati dalla Ferrari F40 del 1990 in prestito dalla Fondazione Gino Macaluso per l’Auto Storica e da una scocca in vetroresina della F40 Baby

24/05/24

Mutazioni alla Fondation Beyeler


vista dell'installazione alla Fondazione Beyeler, Riehen/Basilea, 2024 © 2024, ProLitteris, Zurigo Foto: Mark Niedermann 


E' un continuo divenire il progetto che la  Fondation Beyeler ha inaugurato nei giorni scorsi e che durerà fino all'11 Agosto 2024. L'iniziativa, realizzata in cooperazione con la Luma Foundation, porta il titolo "Dance with daemons " e vedrà la partecipazioni di diversi curatori ed artisti, in un percorso in contiuna trasformazione. 


vista dell'installazione Rachele Rosa A che ora è il paradiso, 2024  © Rachel Rose 

Per la prima volta negli oltre 25 anni di storia della Fondazione Beyeler, l'intero museo e il parco circostante saranno trasformati nel luogo di una presentazione sperimentale di arte contemporanea. Con il contributo di Michael Armitage, Anne Boyer, Federico Campagna, Ian Cheng, Chuquimamani-Condori e Joshua Chuquimia Crampton, Marlene Dumas, Frida Escobedo, Peter Fischli, Cyprien Gaillard con Victor Man, Dominique Gonzalez-Foerster, Wade Guyton, Carsten Höller con Adam Haar, Pierre Huyghe, Arthur Jafa, Koo Jeong A, Dozie Kanu, Cildo Meireles, Jota Mombaça, Fujiko Nakaya, Alice Notley, Precious Okoyomon, Philippe Parreno, Rachel Rose, Tino Sehgal, Rirkrit Tiravanija e Adrián Villar Rojas. Il Summer Show è concepito come un “organismo vivente” che cambia e si trasforma durante tutta la sua durata.

Connessioni e interrelazioni tra le singole opere si sviluppano in stretto dialogo con gli artisti. Questo scambio si estende anche alle opere della collezione interna, che sono parte integrante del progetto. Mentre un certo numero di dipinti, sculture, film, installazioni e performance sono stati creati appositamente per il sito, altri sono versioni adattate di opere esistenti.

vista dell'installazione Fondation Beyeler, Riehen/Basilea, 2024 Thomas Schütte, Hase, 2013, Bronzo patinato; Fujiko Nakaya, Senza titolo, 2024, Acqua potabile, 600 ugelli Meefog, Sistema motore con pompa ad alta pressione, Courtesy dell'artista © 2024, ProLitteris, Zurigo  foto: Mark Niedermann  

La mostra è organizzata dalla Fondation Beyeler in collaborazione con la Fondazione LUMA.
Concept di Sam Keller, Mouna Mekouar, Isabela Mora, Hans Ulrich Obrist, Precious Okoyomon, Philippe Parreno e Tino Sehgal in stretta collaborazione con i partecipanti.

Team di progetto Fondazione Beyeler: Angelika Bühler, Dorothee Dines, Ulrike Erbslöh, Markus Gross, Iris Hasler, Matthias Kohler, Michiko Kono, Ben Ludwig, Regula Moser, Christoph Thüer, David Vogt e Steffen Zarutzki.

23/05/24

David Zwirner 30 anni




Era il 23 Maggio 1993 quando a New York, nel quartiere di Soho, David Zwirner apriva la sua prima galleria in Greene Street.

Ora i suoi spazi si sono diffusi da Hong Kong a Parigi, passando per Londra e Los Angeles, dove si farà una grande festa per i nuovi spazi che apriranno con una grande collettiva dei suoi artisti.

I nostri più sinceri auguri per il successo ottenuto e per il prossimo futuro.

CS

Fin dall'inizio, gli artisti sono stati al centro del percorso della galleria. Quando David Zwirner aprì le sue porte, nel 1993 a SoHo, incontrò Stan Douglas, Toba Khedoori, Raymond Pettibon, Jason Rhoades, Diana Thater, Luc Tuymans, James Welling e Franz West nel primo anno. Tre decenni dopo, fanno ancora parte della galleria, tra circa ottanta straordinari artisti e gruppi che si sono uniti a loro: da Lipsia, San Paolo, Londra, Trinidad e da qualsiasi altra parte del mondo dove si possa aprire uno studio.

Quando stava progettando di aprire la sua prima galleria, una delle massime che David Zwirner aveva assorbito dal grande gallerista tedesco Konrad Fischer era, in effetti, “Fai in modo che ogni mostra conti”. Più di 650 mostre, sono una testimonianza di questa etica – e del lavoro innovativo dei nostri artisti pionieristici.Grandissimo il numero di opere che sono passate dalle nostre gallerie per essere esposte nei musei di tutto il mondo.

Nel corso degli anni siamo cresciuti insieme ai nostri artisti. Dalla nostra prima sede al 43 di Greene Street a Manhattan - "per gli standard odierni, poco più di un guardaroba", ha osservato un artista - la galleria ora comprende dodici spazi distinti tra New York, Londra, Parigi, Hong Kong e, più recentemente , Los Angeles, dove apriremo un nuovo edificio nel maggio 2024, progettato dalla collaboratrice di lunga data Annabelle Selldorf, l'architetto che ha progettato tutti gli spazi della galleria.

“Costruire e gestire una galleria per tre decenni è una grande espressione di lavoro di squadra. Davanti e al centro ci sono gli artisti e il loro straordinario lavoro. Dietro di loro c'è la galleria, con le sue tante persone laboriose, e poi, ovviamente, tutt'intorno, il pubblico: altri artisti, curatori, critici, collezionisti, consulenti, colleghi e tutte le persone che amano guardare l'arte. Così tante persone hanno dovuto contribuire per portare la galleria a questo traguardo; Sono infinitamente grato a ognuno di loro per l’aiuto che ho ricevuto lungo il percorso”.

22/05/24

Tra l'infinito e l'immenso



"Tra il finito e l’immenso" è il titolo della collettiva fotografica dedicata alla montagna che la galleria Riccardo Costantini fa con le stupende opere di Mario Daniele, Pierluigi Fresia, Claudio Orlandi, Francesco Pergolesi, Edoardo Romagnoli e Gustav Willeit.



Prendendo spunto da una frase di John Dennis  Marco Enrico Giacomelli ci racconta, nel suo testo di presentazione, di una traiettoria che incontra le diverse espressioni e ne rimane affascinato. 




Tanti interessanti approcci alla immense vette che condividono il sublimi di questi luoghi.




Riccardo Costantini
Via Goito 8, Torino 
Aperta fino al 27 Maggio. 

21/05/24

Italo Cremona alla GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino



La serie di autoritratti presenti all'inizio della mostra manifestano subito la capacità poliedrica di esprimersi artisticamente di Italo Cremona.

Si tratta di un personaggio che non si è espresso solo con la pittura ma anche con diverse forme artistiche come la scrittura col testo “Acetilene”, scritto per il periodico "Paragone", da cui è tratta la frase che da il titolo alla mostra   “Tutto il resto è profonda notte”.




Italo Cremona è un personaggio fantasioso, creativo, sperimentale, che questa antologica evidenzia con una selezione di opere che manifestano la sua continua ricerca e variazione espressiva, vivendo intensamente e in prima persona il suo tempo e i suoi cambiamenti. 

Un percorso, con oltre cento opere provenienti da importanti musei e collezioni private, che attraversa diverse sperimentazioni, dal realismo al surrealismo, sempre rivisitate in una chiave molto personale, producono una pittura elegante e ricercata, che spesso si declina in una forma di intimismo fantasioso e quasi mistico. 




L' esposizione segue la progressione cronologica delle stagioni creative di Cremona, con alcune sale focalizzate sui temi che l'artista ha ripreso più volte. E' stata anche allestita una sala, eletta a cabinet des folies, dedicata alla prolungata frequentazione del fantastico, del grottesco e del surreale, con una selezione di dipinti dove la pennellata sembra farsi sempre più esatta e nitida quanto più si avventura nell’espressione del bizzarro. 

La mostra, curata da Giorgina Bertolino, Daniela Ferrari, Elena Volpato, è frutto della collaborazione tra la GAM di Torino e il Mart di Rovereto, dove la mostra si trasferirà il prossimo autunno.



18 ottobre 2024 - 26 gennaio 2025
Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto





20/05/24

Abetare al Met con Petrit Halilaj

 


E' tornato l'attesissima progetto del Roof Garden Commission del Met, che quest'anno vede la partecipazione dell'artista kosovaro Petrit Halilaj (nato nel 1986, Kostërc, ex Jugoslavia), l'intervento è visibile fino al 27 ottobre 2024. 

Per la sua prima grande installazione all'aperto, Halilaj ha trasformato l'Iris and B del Museo. Gerald Cantor Roof Garden con un lavoro tentacolare che esplora l'intersezione tra realtà e fantasia attraverso il ricco mondo dei disegni dei bambini. Le sculture in metallo dell’installazione si ispirano agli scarabocchi, ai disegni e agli scarabocchi dei bambini trovati sui banchi della scuola che ha frequentato a Runik, in Kosovo, così come nelle scuole in Albania e nei paesi dell’ex Jugoslavia, che stanno ora attraversando un significativo cambiamento culturale e sociopolitico. 

L'incarico per il Roof Garden: Petrit Halilaj, Abetare è l'undicesimo di una serie di incarichi site-specific per lo spazio esterno.

La mostra è supportata da Bloomberg Philanthropies.

Ulteriore supporto è fornito dal Diane W. e James E. Burke Fund, Cynthia Hazen Polsky e Leon B. Polsky e dalla Edward John & Patricia Rosenwald Foundation.

"Il Met è entusiasta di svelare l'intervento di Petrit Halilaj per l'Iris and B. Gerald Cantor Roof Garden e di condividere la conversazione profondamente significativa che invita tra il lavoro dell'artista, il Museo, lo skyline di Manhattan e oltre", ha affermato Max Hollein, The Met's Marina Kellen Direttore e Amministratore Delegato francese. “Il lavoro stimolante e multistrato di Petrit Halilaj – che è profondamente radicato nella storia e nella patria dell’artista e nel suo pensiero lungimirante e di portata internazionale – riformula con forza il ruolo complesso dell’immaginazione infantile nella rivisitazione degli eventi della storia”.




"Gli scarabocchi casuali degli scolari fatti sui banchi in momenti di noia o distrazione rivelano le fantasie e i sogni delle loro menti", ha detto Halilaj. “Ho iniziato a esplorare questo aspetto nella mia pratica nel 2015, e da allora è stato importante per me estendere i sogni della mia scuola in Kosovo all’Europa, una parte del mondo da cui il mio Paese era ancora isolato. Ora, nel 2024, numerosi banchi e scarabocchi provenienti dalle scuole dei Balcani vengono esposti in un nuovo contesto e in un nuovo continente. Il mio lavoro qui al Met è dedicato a tutti i bambini le cui vite sono state interrotte e profondamente segnate dalle guerre in tutto il mondo. Spero che i loro sogni ci portino verso un futuro migliore”.

Halilaj è noto per installazioni immersive che esprimono il desiderio di alterare il corso delle storie personali e collettive, creando mondi artistici complessi che rivendicano spazio per libertà, intimità e identità. Per la commissione del Met, disegni furtivi provenienti dai banchi dei bambini sono stati ingranditi in sculture metalliche tridimensionali, ognuna delle quali conserva la traccia del disegno originale. Insieme, portano alla luce del pubblico la memoria collettiva e il potere immaginativo di generazioni di studenti le cui vite sono state segnate da conflitti traumatici e divisioni territoriali. Negli anni ’90 il Kosovo ha vissuto l’ultima di una serie di guerre nella regione dei Balcani, durante i quali a molti bambini è stato negato l’accesso all’istruzione per motivi ideologici. Abetare prende in prestito il titolo dal libro utilizzato dall'artista e dai suoi coetanei per imparare l'alfabeto a scuola, in cui ogni lettera è collegata a una lezione di immagini e testo.

La commissione condivide il DNA concettuale con il suo precedente corpus di lavori, il progetto Abetare del 2015 avviato al Kölnischer Kunstverein, incentrato esclusivamente sulla ricerca di Halilaj in Kosovo. Qui, aprendo il suo progetto a esperienze che vanno oltre la sua storia geografica, nazionale ed etnica – attraverso la regione dei Balcani – complica categorie binarie e puramente opposte che mettono una nazione contro una nazione, o qualsiasi ideologia contro un’altra, inclusi “Est” e “Occidente”: nessuno dei quali potrà mai rappresentare pienamente l’esperienza dell’individuo. Abetare al Met crea una rete tra queste nazioni ed esperienze attraverso simboli e linguaggio, proprio come la scultura più grande dell’installazione, Spider, potrebbe tessere una rete che collega queste esperienze condivise con la città, il Museo e il mondo.

In Abetare, riferimenti culturalmente specifici a diverse ideologie politiche, religioni ed eroi locali convivono con simboli più universali e accenni giocosi alla cultura pop, alla storia dell’arte e allo sport. Distribuiti attorno al The Iris e al B. Gerald Cantor Roof Garden, i “disegni nello spazio” si fondono con l’architettura e il paesaggio circostanti per creare una scenografia multivocale con una narrazione aperta. Celebrazione dell’impulso condiviso per l’espressione personale e per lasciare un segno, Abetare è un’opportunità di scoperta e un invito ad espandere la nostra capacità di immaginare futuri trasformativi.

Informazioni sull'artista 

Petrit Halilaj è un artista kosovaro nato nel 1986 che ha sopportato la guerra nella regione dei Balcani negli anni '90. Dopo un periodo formativo in Italia, dove ha studiato arte all'Accademia di Brera a Milano, si è trasferito a Berlino nel 2008, dove tuttora vive e ha il suo studio. I suoi progetti comprendono una varietà di media, tra cui scultura, disegno, poesia e performance. Spesso incorporando storie materiali della sua terra natale e manifestandosi come ambiziose installazioni spaziali, il suo lavoro distilla relazioni personali, ricordi ed esperienze in proposte scultoree. 

Il lavoro di Halilaj ha costantemente ottenuto riconoscimenti internazionali negli ultimi anni, con importanti mostre tenutesi presso TBA21-Academy’s Ocean Space, Venezia (2023); Tate St Ives (2021); Museo Reina Sofia, Madrid (2020); Centro Paul Klee, Berna (2018); Fondazione Merz, Torino (2018), New Museum, New York (2017); Hangar Bicocca, Milano (2015); Kölnischer Kunstverein, Colonia (2015); e Bundeskunsthalle, Bonn (2015). Nel 2013 ha rappresentato il suo paese nel primo padiglione del Kosovo alla Biennale di Venezia. Nel 2022 ha partecipato a Manifesta 14, tenutasi a Pristina, in Kosovo. Nel novembre 2023, una retrospettiva del suo lavoro è stata inaugurata al Museo Tamayo, Città del Messico. 

La commissione Roof Garden: Petrit Halilaj, Abetare è concepita dall’artista in collaborazione con Iria Candela, curatrice di arte latinoamericana Estrellita B. Brodsky del Met presso il Dipartimento di arte moderna e contemporanea. 

La mostra è accompagnata da una pubblicazione che include un'intervista tra Halilaj e Candela e un saggio di David Breslin, Leonard A. Lauder Curatore Responsabile del Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea del Met. La pubblicazione sarà disponibile per l'acquisto presso The Met Store. Il catalogo è reso possibile dal Fondo di dotazione della Mary and Louis S. Myers Foundation. 

I programmi educativi correlati verranno pubblicati sul sito web del Met non appena saranno disponibili. La serie Roof Garden Commission è stata fondata nel 2013 dal Dipartimento di arte moderna e contemporanea del Met. La serie di commissioni site-specific su The Iris e B. Gerald Cantor Roof Garden ha presentato lavori di Imran Qureshi (2013), Dan Graham (2014), Pierre Huyghe (2015), Cornelia Parker (2016), Adrián Villar Rojas (2017 ), Huma Bhabha (2018), Alicja Kwade (2019), Héctor Zamora (2020), Alex Da Corte (2021) e Lauren Halsey (2023). La Commissione Roof Garden: Petrit Halilaj, Abetare sarà presente sul sito web del Met, nonché su Facebook, Instagram e Twitter tramite l'hashtag #CantorRoof e #MetPetritHalilaj.


Tutte le immagini PetritHalilaj (bornKosovo,1986)   Installation  view of The Roof Garden Commission: PetritHalilaj, Abetare, 2024 Courtesy of  the artist; Chert Lüdde ,Berlin ;  kurimanzutto, Mexico City / New York ; Mennour, Paris. Image credit : The Metropolitan Museum of Art, Photo by HylaSkopitz