Il progetto è la prima antologica in Italia su questa interessante artista statunitense, curato da Andrea Viliani con Vittoria Pavesi. Il percorso indaga la figura del collezionista, il collezionismo, il mercato dell'arte e le intersezioni tra collezioni private e pubbliche.
La mostra comprende opere che attraversano temporalmente l'intera ricerca dell'artista, dalla fine degli anni '80 alle produzioni più recenti, tra cui un’opera inedita concepita appositamente per la mostra.
Fin dal titolo «I just don’t like eggs!», tratto dal testo della performance May I Help You?, vengono evocati il linguaggio e la mentalità del collezionismo quali espressione di gusto, desiderio, distinzione, possesso, categorizzazione, negazione, esclusività, ed esercizio della scelta come una forma di potere.
foto dell'allestimento, fografie di Jürgen Eheim
Artista tra le più radicali e influenti della sua generazione, l'impegno pionieristico di Fraser nel campo dell’Institutional Critique indaga le economie sociali, finanziarie e affettive delle organizzazioni, dei settori, dei gruppi e degli individui del mondo della cultura.
Incarnando performativamente i dati che genera attraverso la sua ricerca, la sua pratica risulta tanto fisica e affettiva quanto critica e intellettuale, avvalendosi degli strumenti dell’umorismo, del pathos e dell'analisi e ricorrendo alla messa in scena discorsiva di dibattiti, azioni performative, copioni, dati e incursioni nei musei che spostano gli standard, i modelli, le regole del sistema dell'arte e ridefiniscono criticamente le nostre relazioni con esso. L'approccio sociologico e psicoanalitico dell'artista diventa così la lente per interrogare il mondo stesso dell'arte e metterne in luce le contraddizioni, le proiezioni, le volontà e i desideri. Il contesto della Fondazione Antonio Dalle Nogare –un'istituzione no-profit originata da una collezione privata con un focus sulle linee di ricerca, prevalentemente occidentali, dell'Arte Povera, Arte Concettuale e Minimal Art –rappresenta il punto di partenza di una mostra che analizza quindi il concetto stesso di arte come merce e le dinamiche stratificate (e spesso contraddittorie) tra artiste/ie collezioniste/i.
foto dell'allestimento, fografie di Jürgen Eheim
Rivelando al tempo stesso le connessioni strutturali tra il mercato dell'arte e la concentrazione di ricchezza e benessere, così come tra arte e politica, lamostra di Fraser rappresenta un'opportunità di riposizionare le categorie di cultura, classe, privilegio e la loro istituzionalizzazione sistemica, e di ripensare le nostre posizioni nel campo dell'arte, re-immaginando le strutture e le relazioni al suo interno. Prendendo avvio nell’area d’ingresso della Fondazione, destinata all’accoglienza dei visitatori, la mostra si concentra principalmente nella Sala Commission al piano terra, per poi disseminarsi e infiltrarsi in altre aree dell’istituzione –a volte come uniper-testo, a volte come una meta-mostra –fra cui le gallerie della collezione, la biblioteca, attraverso le sale e i corridoi di passaggio, e nel cortile esterno. «I just don’t like eggs!»si sviluppa così, nella sua dimensione spaziale, analogamente alle opere che presenta, e cioè come un’analisi critica e uno svelamento narrativo dei meccanismi del sistema dell’arte –che definiscono anche l’istituzione stessa che la contiene, la sua collezione, i suoi spazi architettonici, i suoi tempi espositivi e delle sue funzioni pratiche.