Le storiche sale di Palazzo Ducale a Venezia ospitano una magnifica mostra sulla pittura di Vittore Carpaccio (1460/66 ca – 1525/26 ca), celebre artista di una Venezia al volgere del XV secolo, quando la Serenissima dominava un vasto impero marittimo-commerciale e fioriva come grande centro di cultura.
Carpaccio, è stato un regista-scenografo, con la sua particolare propensione per il poetico e il fantastico, che trasporta le storie sacre dei cicli narrativi realizzati per varie confraternite nella vita vera, all’interno di fantastici scenari arricchiti di infiniti dettagli e riferimenti contemporanei all’ambiente e alla società della sua straordinaria città.
Così le sue opere, forse più di quelle di altri artisti veneziani del Rinascimento, ci restituiscono l’essenza stessa della “venezianità”, ossia lo spettacolo sfarzoso e la mitologia della Repubblica Serenissima, al suo apogeo economico e culturale.
Carpaccio fu un inventivo pittore per soggetti religiosi di destinazione pubblica e privata (dipinti d’altare, portelle d’organo, Madonne col Bambino, profonde meditazioni sulla Passione di Cristo ecc.); ma anche di opere per l’ambito civile, sia istituzionale che domestico (ritratti, mobili dipinti nonché singolari arredi, come la porta a soffietto di cui era parte la famosa tavola con le Due dame del Museo Correr, in mostra ricongiunta eccezionalmente alla Caccia in valle che la completava superiormente).
Pur con tutto ciò, riscoperta e valorizzata l’opera di Carpaccio dagli storici dell’arte tra fine Ottocento e prima metà del Novecento, nell’ultimo mezzo secolo essa è stata piuttosto trascurata dalla storiografia, specie nella ricostruzione critica degli sviluppi stilistici che procedono da Giovanni Bellini fino a Giorgione e a Tiziano; ciò è confermato dal fatto che a Carpaccio non sia stata più dedicata un’esposizione monografica dal 1963, anno della storica mostra a Palazzo Ducale.
Oggi, finalmente – specie in seguito a recenti scoperte e nuove attribuzioni, nonché a restauri straordinariamente rivelatori proprio dei maggiori cicli narrativi tuttora conservati a Venezia – si sente necessaria un’aggiornata rilettura storico-critica della pittura di Carpaccio e della sua evoluzione.
Con tali essenziali obiettivi, dalla collaudata collaborazione di Fondazione Musei Civici di Venezia e National Gallery of Art di Washington, con la cura scientifica di Peter Humfrey – riconosciuto studioso specialista del pittore e del suo contesto – è nato il progetto della mostra nelle due sedi di Washington e Venezia, fondata su una selezione mirata delle migliori opere dell’artista.
L’intento è tracciare, in termini sia tematici che cronologici, il rigoroso sviluppo della pittura carpaccesca da una prospettiva aggiornata. In questo la mostra si avvantaggia anche di un consistente nucleo di disegni autografi del pittore, autore del più ampio corpus sopravvissuto di disegni “di studio” del primo Rinascimento.
Essi rivelano la singolare immaginazione di Carpaccio, il rigore della sua tecnica nonché i suoi interessi per la prospettiva, la natura, la luce. Dipinti e disegni prestati da importanti collezioni museali e private d’Europa e degli Stati Uniti nonché da chiese di Venezia e degli antichi territori della Serenissima che li custodiscono fin dall’origine, formano in ciascuna delle due sedi selezioni leggermente differenziate e ordinate in percorsi tematici particolari.
Diversamente dall’esposizione a Washington – la prima dedicata a Carpaccio in America – quella di Venezia potrà rimandare a itinerari cittadini l’essenziale capitolo dei grandi cicli narrativi (di Sant’Orsola presso le Gallerie dell’Accademia, della Scuola Dalmata dei Santi Giorgio e Trifone) e tentare la temporanea ricomposizione di quelli dispersi (le Storie della Vergine della Scuola degli Albanesi). L’edizione veneziana si concentra sulla ricostruzione del percorso artistico e creativo del pittore dalle prime opere della giovinezza, giungendo a quelle altissime della maturità. Infine, tenta di meglio valutare anche l’ultimo capitolo della sua attività, finora severamente giudicato, contemporaneo all’affermarsi dell’innovativa pittura tonale di Giorgione e Tiziano e della loro nuova poetica.