La galleria bolognese P420 propone la prima mostra personale dello scultore camerunense Victor Fotso Nyie (Douala, 1990, vive e lavora tra Faenza e Rieti) dal titolo Rêve Lucide.
La mostra comprende una serie di sculture in terracotta eseguite tra il 2021 e il 2023. Adagiate su basamenti in mattoni e su un letto di terra, le figure sono disposte nello spazio secondo un ordine narrativo non lineare né gerarchico. Si rivelano ai nostri occhi come una costellazione che evoca un ambiente dominato dal silenzio, a metà strada tra un paesaggio lunare e un luogo sacro di sepoltura. Con un linguaggio plastico intriso di realismo magico, Fotso Nyie impiega l’argilla come veicolo di trasmissione di immagini e racconti, e come luogo di incontro con gli spiriti degli antenati - incontro che avviene attraverso la dimensione del sogno, un universo onirico in cui memorie personali e collettive si mescolano con misteriose visioni che alludono a un tempo futuro.
Realizzate in un’argilla dalla tonalità scura e dalla finitura cerata liscia, sottoposta a una doppia cottura, tali figure antropomorfe incarnano una potente iconografia in linea con la nuova figurazione contemporanea e sono, al tempo stesso, intrise di rimandi e sensibilità appartenenti alla cultura vernacolare panafricana e in particolare alla sapienza spirituale dell’Africa occidentale.
Le sculture sono per lo più autoritratti ingegnosamente combinati con figure che riprendono le forme delle sculture tradizionali provenienti dall’Africa sub sahariana: riproduzioni infedeli di statuette di legno trovate in mercatini urbani o reperite negli archivi dei musei etnografici. Esse sembrano intrecciare narrazione biografica e memoria collettiva di un trauma storico - quello ereditato dal violento saccheggio del patrimonio artistico durante le conquiste coloniali e il governo indiretto, ora oggetto di disputa nei musei europei.
In un momento in cui nuovi musei sorgono nel continente Africano, accompagnati da prominenti figure culturali e politiche che chiedono a gran voce la restituzione simbolica e materiale dei manufatti prigionieri nei musei etnografici europei, Rêve Lucide ci offre un potente corpus di opere che narrano storie di fragilità e resilienza, che lasciano intravedere un processo di guarigione collettiva e un’imminente riconciliazione con i valori ancestrali.
La mostra è accompagnata da un testo critico di Mariella Franzoni.