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28/07/23

Il lago sconosciuto di Bally

 
Mathias Bensimon, Le lac intérieur, 2023 Veduta della mostra Un Lac Inconnu, Fondazione Bally, Lugano, Svizzera, 2023 © Andrea Rossetti


La fondazione Bally propone, presso Villa Heleneum a Lugano, la mostra "Un Lac Inconnu , an Unknown Lake" che prende in prestito il titolo dalle parole di Marcel Proust quando cerca di descrivere, nel suo libro Le temps retrouvé (Il tempo ritrovato), la meticolosa esplorazione dell'animo umano e di ciò che ne è alla base: l'inconscio. La mostra è un invito alla forza evocativa della natura circostante, alla sua capacità di ispirare immaginazione e creare immagini persistenti, a penetrare acque dormienti e profonde, materne o agitate, a trasformare in membrane sottili i confini tra esterno e interno, a passeggiare nei nostri intimi giardini, nei nostri paesaggi immersi.

Petrit Halilaj & Álvaro Urbano, 27 marzo 2012 (Forsythias), 2020 Veduta della mostra Un Lac Inconnu, Fondazione Bally, Lugano, Svizzera, 2023 © Andrea Rossetti

Un Lac Inconnuè la ricerca di una vibrazione comune tra ciò che accade dentro e fuori, di questi giardini disegnati ad ombretto da Hélène Muheim, incisi da Willa Wasserman, o tessuti da Elise Peroi, in cui le gigantesche forsizie di Petrit Halilaj e Álvaro Urbano ci proteggono dalle tempeste emotive e dove possiamo imbatterci nelle figure metà umane e metà vegetali di Vito Acconci, i fiori alati di Wilfrid Almendra, e gli oggetti animati/animisti di Rebecca Corno. Un'esplorazione del subconscio, come nell'opera di Paul Maheke, delle crepe e delle immagini che ci abitano, voci che ci perseguitano come quelle della scultura di Tania Gheerbrant, della storia di Yannick Haenel o del coro di Adelaide Fériot, tanto meravigliose quanto inquietanti. Se l'affresco di Mathias Bensimon ci permette di avere una visione speculare del lago, La pittura di Oliver Beer o la scultura di Ligia Dias sono andate a cercare gli elementi che le compongono proprio in fondo all'acqua, mentre gli oggetti liquidi di Mel O'Callaghan fanno risuonare i respiri in profondità dentro di noi. Di fronte al lago, sotto il lago, siamo gli esploratori solitari dei resti del paesaggio e dei nostri ricordi, come le opere di Caroline Bachmann, Emilija Škarnulytė o Karim Forlin, creando un ponte, una breccia che ci permetta di entrare il più vicino possibile a un territorio, alla sua storia e ai suoi miti. In una sovrapposizione di frame narrativi e temporali, attraversiamo la Villa come se stessimo leggendo un diario.

Rebecca Horn, Belle du vent, 2003 Veduta della mostra Un Lac Inconnu, Fondazione Bally, Lugano, Svizzera, 2023 © Andrea Rossetti

 Riunendo più di venti artisti internazionali, sotto il lago, siamo gli esploratori solitari dei resti del paesaggio e delle nostre memorie, come le opere di Caroline Bachmann, Emilija Škarnulytė o Karim Forlin, creando un ponte, una breccia che ci permetta di entrare il più vicino possibile a un territorio, alla sua storia e ai suoi miti. In una sovrapposizione di frame narrativi e temporali, attraversiamo la Villa come se stessimo leggendo un diario. Riunendo più di venti artisti internazionali, sotto il lago, siamo gli esploratori solitari dei resti del paesaggio e delle nostre memorie, come le opere di Caroline Bachmann, Emilija Škarnulytė o Karim Forlin, creando un ponte, una breccia che ci permetta di entrare il più vicino possibile a un territorio, alla sua storia e ai suoi miti. In una sovrapposizione di frame narrativi e temporali, attraversiamo la Villa come se stessimo leggendo un diario. Riunendo più di venti artisti internazionali,Un Lac Inconnu propone una passeggiata poetica e filosofica tra paesaggi immersi ed emersi, un tentativo di dare forma all'acqua che scorre tra le dita eppure crea un solco, una proposta di connessione con se stessi e con il mondo.