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18/11/25

Push the Limits 2

 


Alla Fondazione Merz prosegue il progetto "Push the Limits", curato da Claudia Gioia e Beatrice Merz, che in questa seconda edizione riprende una frase di Mario Merz – “la cultura si sveste e fa apparire la guerra“. 

Per la rassegna sono state selezionate una ventina di opere che affrontano in modo variegato il tema, con approcci molto diversi sia formalmente che culturalmente, evidenziando la complessa cifra del fare artistico. 



CS

La Fondazione Merz presenta la seconda edizione di PUSH THE LIMITS, progetto espositivo a cura di Claudia Gioia e Beatrice Merz.

La mostra esplora la capacità dell’arte di rispondere alle questioni attuali e urgenti e di farsi portatrice di cambiamento, rifiutando la rassegnazione all’immobilità. Riunisce 20 artiste di generazioni e provenienze diverse che fanno del superamento e della trasformazione dei limiti imposti e supposti la propria grammatica artistica.

La mostra è aperta da lunedì 27 ottobre 2025 a domenica 1° febbraio 2026. Le artiste sono: Heba Y. Amin, Maja Bajević, Mirna Bamieh, Fiona Banner aka The Vanity Press, Rossella Biscotti, Monica Bonvicini, Latifa Echakhch, yasmine eid-sabbagh/Rozenn Quéré, Cécile B. Evans, Dominique Gonzalez-Foerster, Mona Hatoum, Emily Jacir, Jasleen Kaur, Katerina Kovaleva, Teresa Margolles, Helina Metaferia, Janis Rafa, Zineb Sedira, Nora Turato.

Nel rititolare la seconda edizione di PUSH THE LIMITS è stata aggiunta la frase di Mario Merz, “la cultura si sveste e fa apparire la guerra”. Il riferimento è al ruolo da sempre complesso della cultura in situazioni di conflitto e alla necessità che la cultura si svesta di un’immagine ovattata per evidenziare la sua natura combattiva. In questo modo si intende sottolineare anche la libertà e la responsabilità dell’arte e della cultura, così come l’obiettivo di forzare i limiti, proprio oggi in cui tutti i principi della convivenza e del diritto vengono continuamente stravolti, perché possano venire nuove parole per ricominciare a pensare in termini di giustizia e di relazioni internazionali, sociali e civili.

La mostra mette in campo azioni, immagini e voci capaci di riallineare mezzi e fini, con la consapevolezza che la relazionalità è, come ricordava Barbara Kruger nella prima edizione del progetto, qualità costitutiva dell’azione. In questa prospettiva — cara anche a Hannah Arendt, per la quale l’azione collettiva possiede un principio estetico — libertà e esecuzione coincidono nel dare forma a parole e forme nuove, in risposta alle crisi del presente.