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15/10/24

Omaggio a Rebecca Horn




La Galerie Thomas Schulte presenta col titolo  "Il Concert of Sighs di Rebecca Horn" un doveroso omaggio a una delle artiste più interessanti del panorama internazionale. 

Gli spazi risuonano degli echi di sussurri attutiti, che emanano da trombe di rame arrotolate che sporgono dalle macerie. Accatastati sul pavimento ci sono pallet da costruzione, frammenti di muro e assi di legno, giacciono sparsi in pile sul pavimento da cui sottili tubi di rame si snodano come germogli di piante, terminando in bocche di tromba a forma di imbuto. L'artista ha utilizzato materiali da costruzione dalle rovine delle case veneziane per la sua installazione, originariamente creata per la Biennale di Venezia del 1997. Sussurri e sospiri filtrano attraverso le singole trombe a imbuto, come se offrissero un portavoce alla vita sotto le rovine, o come se le mura sgretolate di Venezia ci stessero raccontando la loro storia. Questi suoni delicati, ma ossessionanti, fanno venire i brividi, mentre le voci, udibili in diverse lingue, lamentano la loro sofferenza. Come spettatori, non sentiamo semplicemente il "concerto dei sospiri", lo sentiamo come un'esperienza fisica e viscerale. Quest'opera è un'ulteriore testimonianza della maestria di Horn nell'orchestrazione sensoriale: avvolge tutti i nostri sensi, dall'equilibrio al tatto, mentre i sospiri echeggianti filtrano attraverso la nostra pelle.



Avvicinandoci all'opera, ne percepiamo l'innata fragilità; temendo che da un momento all'altro un pezzo possa cadere, scivolare e schiacciare i tubi di rame da cui sgorgano i suoni. Attraverso il nostro senso dell'equilibrio, i nostri corpi risuonano con l'installazione di Rebecca Horn. Da un lato, intraprendiamo un viaggio a Venezia; dall'altro, ci confrontiamo con un senso più olistico di caos e distruzione.

Pertanto, è il suo intrinseco potere multisensoriale che rende il Concerto dei Sospiri così significativo. L'opera sfida il nostro senso dell'equilibrio, la solidità del terreno sotto i nostri piedi e, in effetti, il nostro senso di sicurezza esistenziale. Per Rebecca Horn, il corpo diventa una comunità sensoriale in cui il senso del tatto, non la vista, è il punto di partenza e la base di un'esperienza multisensoriale. L'artista comprende che il tatto abbraccia l'intero corpo e quindi interagisce con gli altri sensi. Non dobbiamo letteralmente toccare le sue opere per vederle incarnate. È una percezione attivata fisicamente ed emotivamente che coinvolge non solo il tocco della mano, ma l'intero repertorio della materialità del corpo e le sue esperienze somatosensoriali. Attinge anche alla nostra sensibilità alla profondità, spingendoci a considerare la posizione e le dinamiche dei nostri corpi nello spazio.

Come dimostrano recenti ricerche in neuroestetica, anche l'udito è una forma specializzata di percezione tattile che è limitata a un'area specifica del corpo. In questo modo, impariamo e assorbiamo informazioni attraverso ogni esperienza sensoriale, che va oltre le nostre forme cognitive o psicologiche di produzione di conoscenza. Quando ascoltiamo i sospiri, quando vediamo e sentiamo gli elementi delle fatiscenti case veneziane, acquisiamo una saggezza e un'esperienza incarnate che l'artista sta condividendo con noi. Uno che ci trasporta oltre il decadimento di Venezia, ma che ci confronta con il nostro mondo contemporaneo, indipendentemente dalla città in cui viviamo. Ciò è in contrasto con il personaggio di Marco Polo nel romanzo Le città invisibili di Italo Calvino, che, indipendentemente dalla città di cui parlava, raccontava sempre la storia di Venezia. Ciò che Rebecca Horn e Marco Polo hanno in comune, d'altra parte, è opportunamente affermato dal Gran Khan nello stesso romanzo di Calvino: "Ammetti ciò che stai contrabbandando: stati d'animo, stati di grazia, elegie!"



Accanto a Concert of Sighs, ci sono due opere, Raven's Choice e Schlupfloch, che, nello stile altrettanto caratteristico di Horn, introducono una leggerezza sensuale, un senso dell'umorismo e persino un tono erotico, che evocano immagini di capelli che solleticano la nostra pelle e ci spingono a chiederci: da dove provengono veramente i sospiri?

Rebecca Horn compone una polifonia di sensi, un'esperienza viscerale e fisica che inaugura i nuovi spazi della Galerie Thomas Schulte.