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05/12/14

Oltre i confini, uno sguardo lontano



Fra memoria e presente la nuova mostra del Filatoio di Caraglio propone otto giovani artisti italo-francesi che hanno perlustrato i versanti delle alpi cuneesi.

Questi suggestivi spazi, che ora in un’ottica europea sono patrimonio comune, conservano tracce di storie d’antiche distanze e conflitti.

L’evento si sviluppa in un percorso che guarda dalla storia dei contrasti con i fortini difensivi giungendo al nostro presente di svago domenicale con i colorati tavolini da pic-nic. In mezzo c’è lo sfruttamento, l’abbandono, la trasformazione, i ricordi turistici.

Ricordi di montagne che in questo progetto, condiviso con la regione del Gap, sono riscoperte nel valore del territorio e del suo potenziale di memoria.

Questa collettiva dopo l’esposizione al Castello di Montmaur, trova ora nel Filatoio, un’altra occasione di riflessione fra la ricca storia di questa industria ottocentesca con la nuova visione transfrontaliera di industria della cultura, potenziando il valore del confronto e della conoscenza.

Ma vediamo i diversi artisti con i loro progetti.


Franco Ariaudo indaga il fenomeno del turismo “da piazzola di sosta”. Luoghi privilegiati di questa forma di “loisir”, che unisce il pasto all’aperto con la ricerca del contatto con la natura, sono i bordi delle carreggiate stradali. Con il progetto Sauvage (pret-à-monter), Ariaudo affronta il tema del paesaggio analizzando un rituale collettivo di “addomesticazione” della natura, per disegnare un’insolita mappa del territorio a partire dall’esplorazione dei suoi margini.



Giorgio Cugno esplora il potenziale metaforico e narrativo dell’acqua, intesa quale elemento connettivo generatore di energia. Nella “cinematic installation” dal titolo Outflow, gli interni di due diverse centrali idroelettriche – la Centrale ENEL presso la diga del Chiotas e la Centrale EDF di Serre-Ponson, diventano un unico mondo narrativo. Due personaggi conducono lo spettatore in una dimensione enigmatica e fuori dal tempo dove ogni dettaglio acquisisce molteplici possibili significati.

Irene Dionisio presenta il cortometraggio Quel événement imprévisible, girato nel forte di Mont-Dauphin, imponente struttura difensiva, progettata nel seicento dal famoso architetto militare Vauban, che si erge nella “piana dei mille venti”. Mai toccata da conflitti bellici (fatta eccezione per la bomba lanciata per errore durante il secondo conflitto mondiale), è reinterpretata attraverso il tema dell’attesa e del rapporto tra uomo e architettura, tra passato militare e presente turistico.

Luca Giacosa utilizza la luce come metafora della presenza umana nel contesto alpino – luoghi un tempo densamente abitati e oggi spopolati in una serie di fotografie notturne, realizzate con l’esclusivo ricorso all’illuminazione artificiale proveniente dai centri abitati. Giacosa si spinge fino a dove la luce lo consente nella sua ricognizione, in quello spazio evanescente tra luce e ombra che in montagna segna il perimetro del territorio antropizzato.



Daniella Isamit Morales esplora l’idea del paesaggio primordiale delle zone transalpine, in un’installazione-giardino realizzata con esemplari di piante che gli studiosi presumono già esistenti in queste zone duecento milioni di anni fa, nel periodo geologico del Triassico. L’opera è un’installazione composta da varie specie di conifere, lycopodium, cycas e felci: Araucaria Heterophylla, Dicksonia Antartica, Cycas Revoluta, Zamia Skimeri, Encephalartos Arenarius, Selaginella, Isoetes, Equiseti, Lycopodium carinatum, Wollemia, Encephalartos.


Stephen Loye propone una versione in miniatura del paesaggio transfrontaliero realizzato con i materiali e gli oggetti (dai souvenir alle cartoline) raccolti o acquistati nell’arco di un viaggio lungo un percorso circolare tra Francia e Italia che inizia e finisce a Digne-les-Bains: 360 gradi in 360 ore (quindici giorni), senza fermarsi più di 24 ore nello stesso luogo. Il risultato è un paesaggio “affettivo” e completamente reinventato, nelle sue distanze e nelle sue proporzioni.



Il progetto pittorico di Matthieu Montchamp si concentra sulle architetture e sugli apparati militari che fino alla seconda guerra mondiale hanno modellato e modificato il paesaggio alpino. Belvédère des barbelés (belvedere dei fili spinati) combina gli esiti dell’osservazione diretta delle tracce di questo passato con riferimenti ai poco noti rapporti tra l’industria bellica e le avanguardie storiche, attraverso la ripresa dei pattern astratti utilizzati come motivi mimetici.



Interessato a una nozione di paesaggio definita dalle “strutture che individuano gli spazi” e dagli “attori che li qualificano”, Cosimo Veneziano esamina un’altra geografia transfrontaliera, una geografia identitaria, quella dell’Occitania, attraverso immagini e cartografie, individuate nell’ambito di una ricerca effettuata su periodici e pubblicazioni datati tra il 1970 e il 2000 riformulate attraverso il disegno, per dar vita a un personale archivio storico, “opaco” e di difficile consultazione.



Il progetto “Acteurs transculturels / Creatività giovanile: linguaggi a confronto” è promosso dalla Regione Piemonte in partnership con il Conseil Général des Alpes de Haute-Provence, il Conseil Général des Hautes-Alpes e l’Associazione Culturale Marcovaldo e realizzato con il sostegno dell’Unione Europea nell’ambito del Programma Alcotra 2007–2013 “Insieme oltre i confini”.