A fine Marzo la sede napoletana della galleria Thomas Dane ospiterà la collettiva "A Matter of Life and Death" curata da Jenni Lomax
CS
Nel film di Powell e Pressburger del 1946, Scala al paradiso, il personaggio di David Niven – un pilota di caccia della Seconda Guerra Mondiale – si lancia dal suo bombardiere Lancaster in fiamme senza paracadute. Atterra su una spiaggia familiare, scoprendo però presto di non essere né vivo né morto, dovendo contrattare la vita in uno spazio tra il cielo e la terra.
Lucio Fontana è arrivato in Italia dall'Argentina da bambino, nel 1905, all'inizio di una sequenza di 25 anni di terremoti devastanti che hanno afflitto gran parte del paese. Molti ritengono che questi catastrofici eventi naturali abbiano avuto un peso non indifferente sulla qualità eruttiva delle prime sculture in argilla di Fontana – un materiale che amava per la sua malleabilità organica e le sue caratteristiche sensuali. L’artista creò opere in argilla che mantenevano il movimento e il gesto mentre generavano anche una sensazione di luce e spazio, riferendosi ad esse come “terremotata ma ferma”.
Come Fontana e il suo quasi contemporaneo Leoncillo Leonardi, gli artisti riuniti alla Thomas Dane Gallery di Napoli per la mostra A Matter of Life and Death, riconoscono l'esistenza di questo stato di incertezza tra l'esistere e il non esistere, spesso affrontandolo di petto.
Nel corso della loro carriera questi artisti – che abbracciano diverse generazioni – hanno realizzato sculture e installazioni in ceramica che si confrontano con la possibilità della catastrofe e incarnano la fisicità e l'energia della loro creazione. Sia che usino argilla cruda o cotta, le loro opere rivelano un senso di pericolo e ci trasmettono la consapevolezza della precarietà delle proprietà e dei processi dell'argilla. La terra, l'umidità, la temperatura e l'aria creano cambiamenti quando si scontrano, per accidente o per calcolo, provocando la trasformazione da uno stato all'altro, determinando uno spazio incalcolabile che contiene fragilità e forza insieme.
Phoebe Cummings sfrutta la delicatezza e la natura temporale dell'argilla cruda per realizzare intricate strutture che si deteriorano intenzionalmente nel tempo. Durante il periodo di residenza presso la galleria di Napoli, Cummings lavorerà direttamente sulla fabbrica dell'edificio con le proprietà naturali dell'argilla e dell'acqua. Per Keith Harrison, invece, il processo di cottura è un atto vivo e una componente vitale delle sue opere performative con l'argilla.
Masaomi Yasunaga usa gli ingredienti base dell'argilla – sabbia e ciottoli – con l'improbabilità di questi materiali che determinano la lenta disintegrazione delle sue opere. I pezzi informi e i frammenti di argilla cotta di Anya Gallaccio sono a volte sontuosi, altre volte grotteschi, resti di un atto deliberato e pubblico di creazione e distruzione. Qualsiasi danno causato dal processo volatile di creazione dell'opera di Andrew Lord viene riparato e riempito con una foglia d'oro, in un atto che riconosce sia una storia dell’argilla che la bellezza sfregiata della scultura stessa.
Phillip King spesso rilascia la tensione gonfia e sbilanciata delle sue sculture tagliando e rompendo l'interezza della forma. A dispetto di queste ferite i suoi "vasi" mantengono il loro equilibrio e assumono persino un senso di identità umana.
Altre opere in mostra rivelano una presenza audace e corporale. Le bottiglie di ceramica Witch Bottles di Serena Korda – parte di una serie chiamata The Hosts – attendono espressivamente un respiro che le trasformi in strumenti sonori, mentre la sua collana pendente di enormi perline di ceramica è stata fatta appositamente per Napoli “... per invogliare le sirene a cantare dal mare”. La coppia di strutture alte, da pavimento, di Lawson Oyekan dialogono sulle loro somiglianze e differenze. E, posto su un tavolo, il gruppo di vasi farfalle di Chiara Camoni mostra le ambiguità dell'antropomorfismo e la bellezza contraddittoria della natura. Le opere non smaltate di Camoni sono in contrasto con la lucida fluidità delle estrusioni di argilla di Lynda Benglis. Applicato con un colore pittorico, il lavoro di Benglis incarna il gesto e un movimento futuristico. Un gruppo di nuove opere di Magdalene A. N. Odundo sembra aspirare ed espirare; di forma simile a un vaso, sono plasmate dal contenimento del respiro e dalla sua forza vitale.
Jenni Lomax, novembre 2021
Artisti partecipanti:
Lynda Benglis (Lake Charles, USA, 1941)
Phoebe Cummings (Walsall, Regno Unito, 1981)
Chiara Camoni (Piacenza, Italia, 1974)
Lucio Fontana (Rosario, Argentina, 1899 – Varese, Italia, 1968)
Anya Gallaccio (Paisley, Regno Unito, 1963)
Keith Harrison (West Bromwich, Regno Unito, 1967)
Phillip King (Tunisi, Tunisia, 1934 – Londra, Regno Unito, 2021)
Serena Korda (Londra, Regno Unito, 1979)
Leoncillo Leonardi (Spoleto, Italia, 1915 – Roma, Italia, 1968)
Andrew Lord (Rochdale, Regno Unito, 1950)
Magdalene A. N. Odundo (Nairobi, Kenya, 1950)
Lawson Oyekan (Londra, Regno Unito, 1961)
Masaomi Yasunaga (Osaka, Giappone, 1982)
Jenni Lomax è una curatrice e scrittrice indipendente. È stata direttrice del Camden Art Centre di Londra, dal 1990 al 2017, dove ha realizzato un programma influente e lungimirante di mostre internazionali, residenze e progetti educativi. I suoi progetti più recenti comprendono: Alexandre da Cunha, Duplex, Brighton CCA, 2021; Through Which the Light Passes, Ragged School Museum, Londra, 2021; Alexandre da Cunha, Arena, Thomas Dane Gallery Napoli, 2020-21; Exercising Freedom: Encounters with Art, Artists and Communities, Whitechapel Gallery, 2020.
A Matter of Life and Death
29 Mar - 28 May 2022
Via Francesco Crispi, 69, Napoli