La
stagione primaverile si apre per il Castello di Rivoli con una ricca messe di
eventi, due stupende mostre e un convegno di rilievo internazionale.
La
prima delle due mostre è un interessante confronto sul concetto di trasformazione,
che già dal titolo si rivela “Metamorfosi
- Lasciate che tutto vi accada / Metamorphoses - Let Everything Happen to You”
ideato da Chus Martínez appositamente per questi spazi, con alcuni degli
artisti più interessanti del giovane panorama internazionale.
Parallelamente
si inaugurerà la mostra “Giorgio de
Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti” che presenta per la prima volta al Castello
di Rivoli un selezionato nucleo di capolavori di Giorgio de Chirico
provenienti dalla collezione di Francesco Federico Cerruti, che hanno al centro
una visione torinese, fonte d’ispirazione per il grande pittore del secolo
scorso. I dipinti saranno presentati in relazione con alcune tra le maggiori
opere di arte contemporanea della collezione permanente del Museo, tra cui
installazioni di Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto e Maurizio Cattelan.
A
corredo di questa mostra si svolgerà il 6 Marzo 2018 un importante convegno dal
titolo “Dalla casa al museo. Dal museo alla casa. Le grandi collezioni“
sul tema del grande collezionismo privato internazionale.
Per
tutti i dettagli eccovi i CS
Dalla casa al museo. Dal museo alla casa. Le grandi collezioni - Convegno internazionale Martedì 6
marzo 2018, ore 10 - 17
Castello di Rivoli Museo
d’Arte Contemporanea, Sala Conferenze
In
previsione dell’apertura al pubblico nel 2019 della Collezione Cerruti, il
Castello di Rivoli organizza il 6 marzo il convegno internazionale Dalla casa al museo. Dal museo alla casa. Le
grandi collezioni, una giornata di approfondimento sul tema del rapporto di
scambio casa - museo che vedrà il coinvolgimento di alcuni dei maggiori esperti
a livello nazionale e internazionale di questo settore. L’obiettivo è quello di
promuovere una riflessione sull’importanza del rapporto di reciprocità tra
musei e collezioni private, sollecitata dalla straordinaria acquisizione della
Collezione Cerruti da parte del Castello di Rivoli.
Parteciperanno
al convegno alcuni tra i più importanti direttori e rappresentanti di
istituzioni italiane ed estere che discuteranno del ruolo crescente del dialogo
tra collezioni private e musei e dei suoi riflessi sul rapporto fondamentale
tra arte contemporanea ed eredità del passato: The J. Paul Getty Trust di Los
Angeles, Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, The Phillips Collection di
Washington, Judd Foundation di New York, Sir John Soane’s Museum di Londra,
Musée Jacquemart-André di Parigi, Sigmund Freud Museum di Vienna, Villa
Borghese a Roma, Museo Poldi Pezzoli di Milano, Villa e Collezione Panza di
Varese, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino.
I
partecipanti al convegno parleranno delle loro esperienze e del rapporto
virtuoso tra musei e collezioni private, nel segno di una vicinanza che
risponde a quella tensione conoscitiva che è propria dell’arte.
Il
convegno è l’esito dell’importante accordo siglato nel 2017 con la Fondazione
Francesco Federico Cerruti per l’Arte, che ha conferito al primo museo italiano
d’arte contemporanea la cura, lo studio, la valorizzazione e la gestione della
straordinaria collezione raccolta dall’imprenditore Francesco Federico Cerruti,
un collezionista di rara sensibilità scomparso nel 2015 all’età di 93 anni. Un
progetto ambizioso che prevede la ristrutturazione e la messa in sicurezza
della villa che lo stesso Cerruti aveva fatto costruire a Rivoli, a pochi passi
dal Castello, per custodire le sue opere e che diventerà nel 2019 la sede della
Collezione Cerruti, offrendo così allo sguardo della collettività un patrimonio
artistico di rara bellezza.
Francesco
Federico Cerruti ha raccolto, dal 1950 fino alla sua morte nel 2015, circa
trecento opere scultoree e pittoriche che attraversano la storia dell’arte dal
Medioevo a oggi, a cui si aggiungono quasi duecento libri rari e antichi,
legatorie, fondi d’oro e oltre trecento mobili e arredi tra i quali spiccano
tappeti e scrittoi di celebri ebanisti: una collezione privata di altissimo
valore che rivela uno straordinario
percorso di affinamento della sensibilità e che annovera opere di Segno
di Bonaventura, Bernardo Daddi, Pontormo, Ribera e Zubarán, Renoir, Modigliani,
Kandinsky, Giacometti, Picasso, Klee, Severini, Boccioni, Balla e Magritte,
fino a Bacon, Burri, Fontana, Warhol, De Dominicis e Paolini.
Il
direttore del Castello di Rivoli, Carolyn Christov-Bakargiev, è assolutamente
convinta che la Collezione Cerruti “diventerà forza trainante di creatività per
il museo, per creare un dialogo unico tra arte passata e contemporanea.”
L’ingresso
al convegno è libero con biglietto del Museo, fino a esaurimento posti.
Nelle
sale auliche al primo piano del Castello è allestita la mostra Giorgio de Chirico. Capolavori dalla
Collezione di Francesco Federico Cerruti a cura di Carolyn Christov-Bakargiev
e Marcella Beccaria, mentre nella Manica Lunga è possibile visitare la rassegna
Metamorfosi - Lasciate che ogni cosa vi accada a cura di Chus Martínez.
Navetta Rivoli Express
In
occasione del Convegno sarà attivo il servizio navetta Rivoli Express nei seguenti orari
Ore
09.15 - Piazza Carlina (angolo Via Maria Vittoria)
Ore
09.25 - Piazza XVIII Dicembre (direzione Corso San Martino)
Ore
18.00 - Partenza dal Castello di Rivoli per Torino
Il
servizio navetta è gratuito fino a esaurimento posti
Giorgio
de Chirico, Composizione metafisica (Muse
metafisiche), 1918
Collezione
Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte
Deposito
a lungo termine Castello
di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Giorgio de Chirico. Capolavori dalla
Collezione di Francesco Federico Cerruti - A
cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria
6 marzo – 27 maggio 2018
Nato a Volos, in Grecia nel 1888, e vissuto ad
Atene, Monaco di Baviera, Milano, Firenze, Parigi, Ferrara, New York, Roma,
dove morirà nel 1978, Giorgio de Chirico è tra i più importanti artisti del XX
secolo. Dopo gli studi al Politecnico di Atene e all’Accademia di Belle Arti di
Monaco, dove approfondisce la pittura simbolista di Arnold Böcklin e si
avvicina al pensiero filosofico di Arthur Schopenhauer e di Friedrich
Nietzsche, de Chirico arriva in Italia nel 1909. Nel 1911 è per un breve
periodo a Torino, dove i pomeriggi dalle lunghe ombre e la griglia ordinata di
strade, piazze e portici con i loro archi gli danno l’impressione, come
scrisse, che “la città sia stata costruita per le dissertazioni filosofiche”.
Autore di un’arte nella quale l’intelletto domina
sull’emozione e unisce con visionaria originalità la filosofia della Grecia
mitologica con l’algida classicità del pensiero nordico, de Chirico è
l’iniziatore della pittura metafisica, le cui immagini enigmatiche, attraverso
una pittura caratterizzata da ombre nette e colori piatti, rimandano alla
sospensione del tempo, all’immobilità, alla fragilità della coscienza, all’inesprimibile
e allo smarrimento che sono grammatica dei sogni, cifra stilistica originale
che è esito della profonda cultura filosofica, letteraria e figurativa
dell’artista. Precursore del Surrealismo, a partire dagli anni Venti si impegna
nel superamento degli stili. Emerge un interesse crescente del Pictor optimus per il tema della
metamorfosi nel mondo antico, per quelle rifrazioni enigmatiche di senso che
prima di sciogliersi nel nulla suggeriscono figure dell’esistere.
La
mostra Giorgio de Chirico. Capolavori
dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti presenta per la prima volta al Castello di Rivoli un selezionato
nucleo di capolavori di Giorgio de Chirico provenienti dalla collezione di
Francesco Federico Cerruti, offrendo così alla fruizione pubblica opere sino a
ora celate nella Villa Cerruti di Rivoli, dimora voluta dall’imprenditore
torinese negli anni sessanta ad uso esclusivo della propria collezione privata.
Per ammissione dello stesso de Chirico, Torino, luogo che vide l’esplosione
della pazzia di Nietzsche, è tra le città italiane che ispirarono i primi
quadri metafisici con le loro atmosfere malinconiche. Includendo opere che
spaziano dal 1916 al 1927, la mostra al Castello di Rivoli presenta otto
importanti dipinti del maestro della Metafisica. Offrendo uno spaccato
sull’inesauribile capacità metamorfica del genio di de Chirico, la mostra ne
indaga la ricca eredità intellettuale presentando i suoi quadri in relazione
con alcune tra le maggiori opere di arte contemporanea della collezione
permanente del Museo, tra cui installazioni di Giulio Paolini, Michelangelo
Pistoletto e Maurizio Cattelan.
Originale
inventore di un pensiero nel quale le memorie personali hanno intrecciato un
fecondo dialogo con i miti classici e la filosofia, nella sua continua ricerca,
che incluse la libertà di citare se stesso e non fermarsi ad un unico stile, de
Chirico abbracciò più metamorfosi artistiche per rispondere alle pretese di
progresso della modernità, resistendone la razionalità e la fascinazione per la
tecnologia.
In
linea con lo spirito che caratterizza la Collezione Cerruti e la sua eclettica
visionarietà, che dai fondi oro medievali spazia all’arte contemporanea, Giorgio de Chirico. Capolavori dalla
Collezione di Francesco Federico Cerruti propone un inedito viaggio nel
tempo che mette in relazione le opere di de Chirico con alcune tra le maggiori
opere di arte contemporanea della collezione permanente del Museo. Nella
cornice del Castello – a sua volta luogo nel quale il passato rinnova continuamente
il suo incontro con il presente – la mostra si articola attraverso una serie di
dialoghi tra i quadri di de Chirico e opere di artisti contemporanei. Afferma Carolyn Christov-Bakargiev: “In de
Chirico la riscoperta della mitologia classica non avviene come nel
Rinascimento per ricostruire una storia del passato, ma per uscire dalla
Storia, quella stessa che proprio dal Rinascimento ci ha portato a
quell’accelerazione mortifera e ingestibile che arriva alla nostra
contemporaneità. De Chirico è nietzschiano, antimoderno e contro lo storicismo.
Rinnovando il concetto di un tempo circolare, l’artista si rifà alla mitologia
e alla pervasività del concetto di metamorfosi che la caratterizza”.
Presentato nelle sale auliche al primo piano della
Residenza Sabauda, a partire dalla sala 15, il percorso include Composizione metafisica (Muse metafisiche) (1918)
allestita in relazione con Casa di
Lucrezio (1981) di Giulio Paolini, secondo un dialogo all’insegna dei temi
del doppio e dell’enigma poetico, che continua nella sala 16 con Il trovatore (1922), per arrivare alla
meraviglia della sospensione metafisica pura de Il saluto degli argonauti partenti (1920) nella sala 17.
Nella sala 5 il tema dell’autoritratto è invece il nodo centrale che
mette in relazione Autoritratto
metafisico (1919) con l’imponente Architettura
dello specchio (1990) di Michelangelo Pistoletto, mentre nella sala 6,
Interno metafisico (con faro) (1918)
si apre al contrasto con le architetture immaginifiche dipinte da Franz
Ackermann. Nella sala 7, il percorso continua con la Composizione metafisica (1916) e le
opere di Fabio Mauri, mentre nella sala 13, Interno metafisico (con dolci ferraresi) (1917) intrattiene una
inaspettata relazione con le opere di Alighiero Boetti all’insegna
dell’interesse da parte di entrambi gli artisti per dettagli concreti, tratti
con apparente semplicità dalla vita quotidiana. A completare il percorso, nella
sala 14, la mostra mette in relazione il lavoro di de Chirico Due cavalli (1927) con Novecento (1997) di Maurizio Cattelan,
secondo un dialogo nel quale l’impeto dionisiaco del maestro della metafisica
incontra la cinica e sconsolata visione dell’artista contemporaneo
relativamente al secolo appena trascorso.
“Il percorso espositivo – scrive Marcella
Beccaria – propone ai visitatori, in un vertiginoso gioco tematico di
assonanze, contraddizioni ma anche sorprendenti corrispondenze, che gettano
ulteriore luce sulla poetica di de Chirico e sulla sua inesauribile eredità
culturale”.
Proponendo
un approfondimento relativo alle poetiche di giovani artisti emergenti a
livello internazionale, il tema della metamorfosi è anche alla base della
mostra Metamorfosi – Lasciate che tutto vi accada, curata da Chus
Martínez, ospitata in contemporanea al Castello di Rivoli.
La
Collezione Cerruti
La raccolta di Francesco
Federico Cerruti, gelosamente custodita e nascosta in una villa vicino Torino,
per anni solo vagheggiata in quanto accessibile solo a pochi e fidati “amici
intenditori”, rappresenta un unicum nella storia del collezionismo privato
italiano per vastità e importanza e fa dell’imprenditore torinese uno tra i più
importanti collezionisti europei.
È l’esito di un lavoro di
ricerca e raccolta di opere d’arte durato circa 70 anni, un percorso
“straordinario” che riverbera la personalità schiva, silenziosa e austera di un
uomo appassionato spinto dal desiderio di sottrarre al transitorio e
all’effimero la bellezza immutabile della creazione artistica.
Nella
villa di Rivoli, che sarà aperta al pubblico nel 2019, sono raccolte infatti
opere rarissime conservate con la cura meticolosa del collezionista che,
sottratte al piacere del nascondimento saranno visibili, offrendosi in una
modulazione del bello che è storia dell’arte tout court dal Medioevo fino
all’età contemporanea passando per il Surrealismo e le principali correnti del
Novecento.
È un percorso di formazione, di
affinamento della sensibilità, di ricerca del sublime che si avverte in tutte
le opere della collezione - vasi, arredi, quadri, statue, libri e
rari tappeti – che confermano un rapporto esclusivo e assoluto con l’arte; la
cura degli accostamenti e la disposizione degli oggetti rivelano la geografia
degli affetti e delle passioni del collezionista impegnato in un dialogo
continuo e serrato con le opere d’arte e i loro creatori, tutto partecipa dello
stesso respiro comune, teatro di presenze intrecciate le une alle altre che
trascendono il valore della singola opera per restituire intatto il significato
di una collezione intesa come totalità e iniziata da un Cerruti giovanissimo
con l’acquisto di un disegno del 1918 di Kandinsky.
Di
particolare interesse e straordinariamente conservati i Medievali fondi d’oro
con cui Cerruti amava iniziare le rare visite al “suo museo”. Altrettanto eccezionale il valore dei pittori
sacri come Bernardo Daddi, Gentile da Fabriano, Sassetta - di cui si può
ammirare Sant’Agostino nella camera padronale - e Neri di Bicci. Si
passa quindi ai maestri rinascimentali: Dosso Dossi, Pontormo,
“strappato” agli Uffizi e si continua con Tiepolo, Ribera, Sebastiano Ricci,
Fra Galgario. Il percorso nella passione di Cerruti continua con le opere
allegoriche di Batoni, non cedute al Getty Museum, per poi passare a
quadri di Pellizza da Volpedo, Jawlensky, Balla e Boccioni, Casorati, Severini, Picasso, Magritte.
Straordinari i 10 dipinti metafisici di de Chirico collocati nella sala
da pranzo della villa. E altrettanto indimenticabili le opere di Modigliani,
Bacon e Giacometti. Compaiono infine opere di Andy Warhol, Paolini,
Burri e Manzoni.
Terminiamo questo excursus ricordando l’ultimo acquisto, “Jeune Fille aux
Roses” (1987) di Renoir. Molti gli autoritratti o i
ritratti di uomini soli – tra cui si possono citare “Ritratto di un giovane
uomo” (ca. 1400) di Frà Galgario,
“Ritratto di un gentiluomo con libri” (1534-1535) di Pontormo, “Autoritratto Metafisico” (1919) di de Chirico, “Studio per Ritratto IX” (1957) di Francis Bacon, “Ritratto di Harry Melville” (ca. 1930) di Man Ray – che portano a immaginare quasi
la ricerca di una proiezione di se stesso nell’arte.
Questo “inventario” ci fa capire
l’importanza della collezione che raccoglie non solo opere pittoriche, ma anche
arredi di assoluto pregio, e dimostra un interesse non solo per l’arte in senso
stretto ma anche per il lavoro sapiente degli artigiani, primi raffinati
interpreti di quello che oggi definiamo design. Fra tutti va citato un
secrétaire in avorio di Piffetti, il più grande ebanista italiano del
Settecento, e due divani disegnati dall’architetto Filippo Juvarra.
La collezione contempla inoltre
un’ampia e pregiata raccolta di libri e incunaboli, rare edizioni e rilegature
preziose. Di particolare interesse un libretto del Seicento con copertura
smaltata e pietre incastonate, custodito nella camera da letto della villa,
senza dimenticare il progetto editoriale più ambizioso del XVII secolo: l’Atlas
Maior di Joan Blaeu
in dodici volumi, perfettamente conservati; non solo libri, ma anche rilegature
ed edizioni lussuose, come una copia di A la recherche du temps perdu,
in un’elegante finitura Art Déco, che rimanda alla vita quotidiana di Cerruti,
scandita dai ritmi della sua legatoria industriale.
La passione di Cerruti per
l’arte, la sua innata e meticolosa capacità di selezionare e ricercare con
pazienza capolavori, insieme alla sua vita austera e al silenzio intorno alla
sua figura, hanno il merito di restituirci oggi una collezione che può guardare
ad altri esempi significativi di mecenati e collezionisti del passato come
Duncan Phillips, Isabella Stewart Gardner e Jean Paul Getty, solo per citare
alcuni tra gli esempi più significativi.
Tutte le personalità che
hanno dato vita a queste importanti e vaste collezioni, hanno raccolto il
passato, grazie alla loro passione, per consegnarlo intatto al futuro. Sono
riusciti a vivere e far vivere opere, preservandole da guerre, razzie e facili
abusi. Noi ne raccogliamo un’importante eredità da rispettare e continuare a
raccontare.
La mostra è realizzata con il sostegno
della Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte e BIG – Broker Insurance
Group
Performance, The Inner Ocean, Der TANK,
Basel, 2017
Courtesy l’artista
Metamorfosi - Lasciate che
tutto vi accada / Metamorphoses - Let Everything Happen to You a cura di Chus Martínez
6
marzo – 24 giugno 2018
E se potessimo
essere un fiore?
Allestita
nella Manica Lunga del Castello di Rivoli, la mostra Metamorfosi – Lasciate che tutto vi accada, a cura di Chus
Martínez, esplora l’esperienza della metamorfosi nell’arte attraverso le opere
di alcuni fra i più promettenti artisti internazionali.
Pensate
espressamente per il Museo, le opere di Nicanor
Aráoz (Buenos Aires, 1980), Ingela
Ihrman (Strängnäs, Svezia, 1985), Eduardo
Navarro (Buenos Aires, 1979), Reto
Pulfer (Berna, 1981), Mathilde Rosier
(Parigi, 1973), Lin May Saaed
(Würzburg, Germania, 1973) e Ania
Soliman (Varsavia, 1970) ricercano nell’esperienza metamorfica l’intero
ventaglio del sentire, quella sottile percezione dell’indeterminato cha ha come
sfondo l’enigma.
Ai
sette progetti inediti si affiancano le opere I Have Left You The Mountain – a cura di Simon Battisti, Leah
Whitman-Salkin e Åbäke, già
esposto nel Padiglione Albania della Biennale di Architettura di Venezia del
2016 – e il video Army of Love di Alexa Karolinski e Ingo Niermann commissionato dalla IX Biennale di Berlino nel 2016.
Le
opere degli artisti fatte di installazioni, sculture, azioni performative,
dipinti e video invitano l’osservatore alla percezione di ciò che va al di là
della parola umana e può esprimersi solo nella natura, nella sua tensione
metamorfica che è principio del vivente, in quell’idioletto segreto che solo la
creazione artistica può condividere. Metamorfosi che non è semplice cambiamento
ma è passaggio, allontanamento da sé, movimento che coincide con il respiro
della natura, che con la sua presenza intramata di suoni rinvia al transitorio
e a cui l’arte può dare voce.
Per
l’arte di oggi è importante distinguere la vecchia idea “moderna”,
otto-novecentesca, di “cambiamento” dalla nozione contemporanea di
“trasformazione”. “Questa trasformazione - afferma Carolyn Christov-Bakargiev,
direttore del Castello di Rivoli - è basata sulla metabolizzazione: i lavori in
mostra indagano in che modo siamo vitali e come creiamo noi stessi come forme
dionisiache in movimento, superando ogni fissità inerte”.
Come
sostiene la curatrice della mostra, “Metamorfosi rappresenta l’esercizio
del pensare la vita con l’immaginazione e soprattutto senza gerarchie e
vincoli. Gli artisti hanno cercato di restituire con il loro gesto libero,
svincolato da stili o generi la segreta tessitura della natura, quelle tracce
sottili che liberano il pensiero, lo invitano allo sconfinamento, all’aperto.
Disegni, fiori, un’armata d’amore, una nuvola di tessuti magici, canzoni, voci,
pane come perline, danzatori a testa in giù sulle tele, bassorilievi babilonesi
in poliestere… Lavori che si sottraggono ai vincoli della forma, del margine,
ma vogliono andare oltre la soglia. Metamorfosi mostra l’esposizione
all’imprevedibile che è materia della vita stessa, della sua inesplicabile
bellezza, della sua enigmatica energia che si rivela in una goccia di pioggia
che bagna la foglia di un antico albero fossile”.
Ad
accompagnare la rassegna, il Castello di Rivoli pubblica un catalogo bilingue
(inglese e italiano) che raccoglie saggi del curatore e immagini selezionate
dagli artisti che invitano a una riflessione creativa sul tema della mostra.
Biografie artisti
Nicanor
Aráoz (Buenos
Aires, 1980) vive e lavora a Buenos Aires.
Aráoz
produce oggetti, installazioni e sculture utilizzando come riferimento il
fumetto, l’immaginario di internet e le mitologie romantiche tratte dall’arte
gotica. Nelle sue opere, i metodi di matrice surrealista – come il montaggio di
elementi dissimili e onirici – danno vita a opere dalle forme deliranti, che
simili a incubi sembrano fondere le pulsioni del piacere e del dolore. Tra le
sue mostre personali compaiono Glótica
presso la galleria Barro Arte Contemporáneo (2015) e Librada alla Galería Alberto Sendrós, entrambe a Buenos Aires
(2013). Tra le principali mostre collettive in cui ha preso parte vi sono L.E.A al Faena Arts Center (2012), Muestra Expansiva I “Reseteo, Dharma” al
Centro Cultural San Martín (2012).
Ingela
Ihrman
(Strängnäs, 1985) vive e lavora a Malmö.
La
pratica di Ihrman spazia dalla performance, all’installazione, alla scrittura.
Costumi e messe in scena sono elementi ricorrenti nelle sue presentazioni in
cui le creature sono colte in momenti vitali come nascere o fiorire. Il suo
lavoro è caratterizzato da tecniche artigianali manuali e prende in prestito
elementi del teatro amatoriale attingendo però anche alla scienza. Tra le
recenti mostre svedesi Future Flourish
al Tensta Konsthall di Stoccolma (2016) e Tropikerna
i Gnesta all’Art Lab di Gnesta (2013). Ha partecipato all’undicesima
edizione della Biennale di Gwangju (Corea del Sud), intitolata The Eight Climate (What Does Art Do?)
(2016) e alla settima edizione del Survival
K(n)it, un festival che si tiene presso il Latvian Centre for Contemporary
Art di Riga (2015).
Eduardo Navarro (Buenos
Aires, 1979) vive e lavora a Buenos Aires.
Le
opere di Navarro comprendono azioni fisiche, congegni personalizzati,
installazioni e sculture. Esse richiedono un certo dispiego di tempo e hanno un
notevole impatto sullo spettatore in quanto implicano l’incontro diretto tra
persone e natura. Il suo approccio comprende uno studio empirico degli
organismi che decide di includere nei suoi lavori e integra la sua esperienza
di conoscenza con il confronto diretto con diversi specialisti e studiosi.
Navarro ha esposto i suoi lavori nella personale OCTOPIA al Museo Tamayo di Città del Messico (2016) e We who spin around you presso l’High
Line Art di New York (2016). Ha partecipato alla mostra collettiva intitolata La Era Metabolica, curata da Chus
Martínez, presso il Malba, Museo de Arte Latinoamericano di Buenos Aires
(2015).
Reto
Pulfer
(Berna, 1981) vive e lavora a Berlino.
La
sua opera indaga il cambiamento in tutte le sue espressioni. A partire
dall’ambivalente nozione di “stato”, che racchiude al contempo il movimento e
la stasi, Pulfer non solo mette in discussione i confini dei segni linguistici
e il loro significato, ma riflette anche il modo in cui le sue opere sono
percepite, in quanto generano e sviluppano situazioni impermanenti e instabili.
Ha tenuto personali tra cui Capsicum
Ofifusiani all’Hollybush Gardens di Londra (2017) e preso parte al Fórum Eugénio de Almeida a Évora in
Portogallo (2016). È coinvolto nelle collettive Ursus Olfaciens al Bärenzwinger di Berlino (2017), Transhumance al Centre international
d’art et du paysage, Île di Vassivière in Francia (2017) e in occasione di
Manifesta 11 (2016) a Zurigo, all’interno del Manifesta Performance Program Cabaret der Künstler – Zunfthaus Voltaire.
Mathilde
Rosier
(Parigi, 1973) vive e lavora in Borgogna.
Nei
film, nelle performance, nelle installazioni e nei dipinti di Rosier, la danza
e la musica hanno un ruolo fondamentale. Dopo aver dedicato gran parte della
sua pratica artistica all’indagine su una possibile fusione tra regno animale
ed essere umano, la sua ricerca più recente si è focalizzata sulla figura
umana, soprattutto sulla rappresentazione del movimento. Tra le sue ultime
mostre personali: In Revolution.
Resolution of Some Hierarchic Orders, curata da Chus Martínez, presso il
Der TANK Institut Kunst di Basilea (2016). Ha preso parte alla collettiva Inge Mahn - Ketty La Rocca - Mathilde Rosier
- Natalie Czech presso la galleria Karin Guenther di Amburgo (2017) e alla
quinta edizione del festival Volcano
Extravaganza del Fiorucci Art Trust (2015).
Lin
May Saeed (Würzburg,
1973) vive e lavora a Berlino e Düsseldorf.
La
produzione di Saeed comprende sculture, disegni e testi. Il tema centrale della
sua ricerca è il rapporto tra l’essere umano e gli animali nella storia del
pianeta dal passato a oggi, a varie epoche storiche, dalle narrazioni
preistoriche, al modernismo, al primitivismo. Ha esposto i suoi lavori in una
mostra personale intitolata Djamil presso lo spazio Lulu a Città del Messico (2017) e nella galleria
Nicolas Krupp di Basilea (2016). Ha partecipato ad alcune importanti
manifestazioni collettive come la nona edizione del festival KölnSkulptur,
intitolata La Fin de Babylone, curata da Chus Martínez, a Colonia e
l’ultima edizione della Biennale di Berlino, The Present in Drag,
(2016).
Ania
Soliman
(Varsavia, 1970) vive e lavora a Parigi e New York.
Soliman
è un’artista interdisciplinare la cui opera è caratterizzata da un ricco
background multiculturale. La sua pratica artistica si basa sulla ricerca e
lavora con diversi tipi di disegno (il tracciato, il design, il diagramma, il
segno espressivo), video, testi e installazioni. Il suo progetto più recente ha
coinvolto oggetti trovati nelle collezioni di antropologia, e la struttura
della collezione stessa era il tema dell’indagine. Ha
esposto alla Whitney Biennial al Whitney Museum di New York (2010). Ha presentato personali tra
cui Semiwild. Or limited desire al
Museum der Kulturen di Basilea (2014), Explaining
Dance to a Machine presso la Galerie Sfeir-Semler di Amburgo (2017). Ha
preso parte alle mostre collettive 1000m2 of desire al Centre de Cultura
Contemporània di Barcellona (2016)
e Art-Music-Dance al
Museum of Contemporary Art di Anversa (2016).
Alexa Karolinski (Berlino, 1984) vive e
lavora a Los Angeles.
È
una regista tedesco-canadese. Spazia dal mondo dell’arte a quello del cinema e
dei video commerciali. I suoi lavori video sono stati esposti in diverse
occasioni come il Berlin Festival, ma anche in istituzioni artistiche come il
Museum of Art and Design di New York o il MoMA-PS1 in occasione della
manifestazione Greater New York nel
2016. Collabora con istituzioni artistiche come il MOCA di Los Angeles.
Ingo Niermann (Bielefeld, 1969) vive e
lavora a Basilea.
È
uno scrittore e curatore editoriale alla Sternberg Press della serie di libri
di speculazione Solution. Il suo
racconto di debutto Der Effekt è stato pubblicato nel 2001. Basandosi sul suo scritto Solution 257:
Complete Love (2016), Niermann ha iniziato Army of Love. Il suo libro più recente, co-editato con Joshua Simon
è Solution 275-294: Communists Anonymous (2017).
I HAVE LEFT YOU THE MOUNTAIN è un progetto sonoro di ascolto collettivo dedicato
all’idea di transizione e migrazione a cura di Simon Battisti, Leah
Whitman-Salkin e Åbäke, presentato per la prima volta in occasione della 15a
Mostra Internazionale di Architettura de La Biennale di Venezia, (2016), per il
Padiglione Albania.
I Have Left You The Mountain è composta da dieci testi
scritti da diversi pensatori contemporanei sull’architettura di rimozione e
accompagnati da musica e canzoni interpretate dagli ultimi gruppi esistenti di
iso-polifonia albanese, una forma d’arte protetta dall’UNESCO come “patrimonio
culturale intangibile”. I contributi sono di Etel Adnan, Mourid Barghouti, Michel Butor, Claire Fontaine, Yona
Friedman, Anri Sala, Micheal Taussig, Yanis Varoufakis e Finn
Williams.