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20/02/18

Il Castello di Rivoli si trasforma




La stagione primaverile si apre per il Castello di Rivoli con una ricca messe di eventi, due stupende mostre e un convegno di rilievo internazionale.

La prima delle due mostre è un interessante confronto sul concetto di trasformazione, che già dal titolo si rivela “Metamorfosi - Lasciate che tutto vi accada / Metamorphoses - Let Everything Happen to You” ideato da Chus Martínez appositamente per questi spazi, con alcuni degli artisti più interessanti del giovane panorama internazionale.

Parallelamente si inaugurerà la mostra “Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti” che presenta per la prima volta al Castello di Rivoli un selezionato nucleo di capolavori di Giorgio de Chirico provenienti dalla collezione di Francesco Federico Cerruti, che hanno al centro una visione torinese, fonte d’ispirazione per il grande pittore del secolo scorso. I dipinti saranno presentati in relazione con alcune tra le maggiori opere di arte contemporanea della collezione permanente del Museo, tra cui installazioni di Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto e Maurizio Cattelan.

A corredo di questa mostra si svolgerà il 6 Marzo 2018 un importante convegno dal titolo “Dalla casa al museo. Dal museo alla casa. Le grandi collezioni“ sul tema del grande collezionismo privato internazionale.


Per tutti i dettagli eccovi i CS













Dalla casa al museo. Dal museo alla casa. Le grandi collezioni - Convegno internazionale  Martedì 6 marzo 2018, ore 10 - 17
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Sala Conferenze

In previsione dell’apertura al pubblico nel 2019 della Collezione Cerruti, il Castello di Rivoli organizza il 6 marzo il convegno internazionale Dalla casa al museo. Dal museo alla casa. Le grandi collezioni, una giornata di approfondimento sul tema del rapporto di scambio casa - museo che vedrà il coinvolgimento di alcuni dei maggiori esperti a livello nazionale e internazionale di questo settore. L’obiettivo è quello di promuovere una riflessione sull’importanza del rapporto di reciprocità tra musei e collezioni private, sollecitata dalla straordinaria acquisizione della Collezione Cerruti da parte del Castello di Rivoli.

Parteciperanno al convegno alcuni tra i più importanti direttori e rappresentanti di istituzioni italiane ed estere che discuteranno del ruolo crescente del dialogo tra collezioni private e musei e dei suoi riflessi sul rapporto fondamentale tra arte contemporanea ed eredità del passato: The J. Paul Getty Trust di Los Angeles, Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, The Phillips Collection di Washington, Judd Foundation di New York, Sir John Soane’s Museum di Londra, Musée Jacquemart-André di Parigi, Sigmund Freud Museum di Vienna, Villa Borghese a Roma, Museo Poldi Pezzoli di Milano, Villa e Collezione Panza di Varese, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino.
I partecipanti al convegno parleranno delle loro esperienze e del rapporto virtuoso tra musei e collezioni private, nel segno di una vicinanza che risponde a quella tensione conoscitiva che è propria dell’arte.
Il convegno è l’esito dell’importante accordo siglato nel 2017 con la Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte, che ha conferito al primo museo italiano d’arte contemporanea la cura, lo studio, la valorizzazione e la gestione della straordinaria collezione raccolta dall’imprenditore Francesco Federico Cerruti, un collezionista di rara sensibilità scomparso nel 2015 all’età di 93 anni. Un progetto ambizioso che prevede la ristrutturazione e la messa in sicurezza della villa che lo stesso Cerruti aveva fatto costruire a Rivoli, a pochi passi dal Castello, per custodire le sue opere e che diventerà nel 2019 la sede della Collezione Cerruti, offrendo così allo sguardo della collettività un patrimonio artistico di rara bellezza.
Francesco Federico Cerruti ha raccolto, dal 1950 fino alla sua morte nel 2015, circa trecento opere scultoree e pittoriche che attraversano la storia dell’arte dal Medioevo a oggi, a cui si aggiungono quasi duecento libri rari e antichi, legatorie, fondi d’oro e oltre trecento mobili e arredi tra i quali spiccano tappeti e scrittoi di celebri ebanisti: una collezione privata di altissimo valore che rivela uno straordinario  percorso di affinamento della sensibilità e che annovera opere di Segno di Bonaventura, Bernardo Daddi, Pontormo, Ribera e Zubarán, Renoir, Modigliani, Kandinsky, Giacometti, Picasso, Klee, Severini, Boccioni, Balla e Magritte, fino a Bacon, Burri, Fontana, Warhol, De Dominicis e Paolini.
Il direttore del Castello di Rivoli, Carolyn Christov-Bakargiev, è assolutamente convinta che la Collezione Cerruti “diventerà forza trainante di creatività per il museo, per creare un dialogo unico tra arte passata e contemporanea.”

L’ingresso al convegno è libero con biglietto del Museo, fino a esaurimento posti.

Nelle sale auliche al primo piano del Castello è allestita la mostra Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria, mentre nella Manica Lunga è possibile visitare la rassegna Metamorfosi - Lasciate che ogni cosa vi accada a cura di Chus Martínez.

Navetta Rivoli Express
In occasione del Convegno sarà attivo il servizio navetta Rivoli Express nei seguenti orari
Ore 09.15 - Piazza Carlina (angolo Via Maria Vittoria)
Ore 09.25 - Piazza XVIII Dicembre (direzione Corso San Martino)
Ore 18.00 - Partenza dal Castello di Rivoli per Torino
Il servizio navetta è gratuito fino a esaurimento posti



 
Giorgio de Chirico, Composizione metafisica (Muse metafisiche), 1918
Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte
Deposito a lungo termine Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino

Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti - A cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria
6 marzo – 27 maggio 2018

Nato a Volos, in Grecia nel 1888, e vissuto ad Atene, Monaco di Baviera, Milano, Firenze, Parigi, Ferrara, New York, Roma, dove morirà nel 1978, Giorgio de Chirico è tra i più importanti artisti del XX secolo. Dopo gli studi al Politecnico di Atene e all’Accademia di Belle Arti di Monaco, dove approfondisce la pittura simbolista di Arnold Böcklin e si avvicina al pensiero filosofico di Arthur Schopenhauer e di Friedrich Nietzsche, de Chirico arriva in Italia nel 1909. Nel 1911 è per un breve periodo a Torino, dove i pomeriggi dalle lunghe ombre e la griglia ordinata di strade, piazze e portici con i loro archi gli danno l’impressione, come scrisse, che “la città sia stata costruita per le dissertazioni filosofiche”.
Autore di un’arte nella quale l’intelletto domina sull’emozione e unisce con visionaria originalità la filosofia della Grecia mitologica con l’algida classicità del pensiero nordico, de Chirico è l’iniziatore della pittura metafisica, le cui immagini enigmatiche, attraverso una pittura caratterizzata da ombre nette e colori piatti, rimandano alla sospensione del tempo, all’immobilità, alla fragilità della coscienza, all’inesprimibile e allo smarrimento che sono grammatica dei sogni, cifra stilistica originale che è esito della profonda cultura filosofica, letteraria e figurativa dell’artista. Precursore del Surrealismo, a partire dagli anni Venti si impegna nel superamento degli stili. Emerge un interesse crescente del Pictor optimus per il tema della metamorfosi nel mondo antico, per quelle rifrazioni enigmatiche di senso che prima di sciogliersi nel nulla suggeriscono figure dell’esistere.

La mostra Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti presenta per la prima volta al Castello di Rivoli un selezionato nucleo di capolavori di Giorgio de Chirico provenienti dalla collezione di Francesco Federico Cerruti, offrendo così alla fruizione pubblica opere sino a ora celate nella Villa Cerruti di Rivoli, dimora voluta dall’imprenditore torinese negli anni sessanta ad uso esclusivo della propria collezione privata. Per ammissione dello stesso de Chirico, Torino, luogo che vide l’esplosione della pazzia di Nietzsche, è tra le città italiane che ispirarono i primi quadri metafisici con le loro atmosfere malinconiche. Includendo opere che spaziano dal 1916 al 1927, la mostra al Castello di Rivoli presenta otto importanti dipinti del maestro della Metafisica. Offrendo uno spaccato sull’inesauribile capacità metamorfica del genio di de Chirico, la mostra ne indaga la ricca eredità intellettuale presentando i suoi quadri in relazione con alcune tra le maggiori opere di arte contemporanea della collezione permanente del Museo, tra cui installazioni di Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto e Maurizio Cattelan.
Originale inventore di un pensiero nel quale le memorie personali hanno intrecciato un fecondo dialogo con i miti classici e la filosofia, nella sua continua ricerca, che incluse la libertà di citare se stesso e non fermarsi ad un unico stile, de Chirico abbracciò più metamorfosi artistiche per rispondere alle pretese di progresso della modernità, resistendone la razionalità e la fascinazione per la tecnologia.

In linea con lo spirito che caratterizza la Collezione Cerruti e la sua eclettica visionarietà, che dai fondi oro medievali spazia all’arte contemporanea, Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti propone un inedito viaggio nel tempo che mette in relazione le opere di de Chirico con alcune tra le maggiori opere di arte contemporanea della collezione permanente del Museo. Nella cornice del Castello – a sua volta luogo nel quale il passato rinnova continuamente il suo incontro con il presente – la mostra si articola attraverso una serie di dialoghi tra i quadri di de Chirico e opere di artisti contemporanei. Afferma Carolyn Christov-Bakargiev: “In de Chirico la riscoperta della mitologia classica non avviene come nel Rinascimento per ricostruire una storia del passato, ma per uscire dalla Storia, quella stessa che proprio dal Rinascimento ci ha portato a quell’accelerazione mortifera e ingestibile che arriva alla nostra contemporaneità. De Chirico è nietzschiano, antimoderno e contro lo storicismo. Rinnovando il concetto di un tempo circolare, l’artista si rifà alla mitologia e alla pervasività del concetto di metamorfosi che la caratterizza”.

Presentato nelle sale auliche al primo piano della Residenza Sabauda, a partire dalla sala 15, il percorso include Composizione metafisica (Muse metafisiche) (1918) allestita in relazione con Casa di Lucrezio (1981) di Giulio Paolini, secondo un dialogo all’insegna dei temi del doppio e dell’enigma poetico, che continua nella sala 16 con Il trovatore (1922), per arrivare alla meraviglia della sospensione metafisica pura de Il saluto degli argonauti partenti (1920) nella sala 17. Nella sala 5 il tema dell’autoritratto è invece il nodo centrale che mette in relazione Autoritratto metafisico (1919) con l’imponente Architettura dello specchio (1990) di Michelangelo Pistoletto, mentre nella sala 6, Interno metafisico (con faro) (1918) si apre al contrasto con le architetture immaginifiche dipinte da Franz Ackermann. Nella sala 7, il percorso continua con la Composizione metafisica (1916) e le opere di Fabio Mauri, mentre nella sala 13, Interno metafisico (con dolci ferraresi) (1917) intrattiene una inaspettata relazione con le opere di Alighiero Boetti all’insegna dell’interesse da parte di entrambi gli artisti per dettagli concreti, tratti con apparente semplicità dalla vita quotidiana. A completare il percorso, nella sala 14, la mostra mette in relazione il lavoro di de Chirico Due cavalli (1927) con Novecento (1997) di Maurizio Cattelan, secondo un dialogo nel quale l’impeto dionisiaco del maestro della metafisica incontra la cinica e sconsolata visione dell’artista contemporaneo relativamente al secolo appena trascorso.
“Il percorso espositivo – scrive Marcella Beccaria – propone ai visitatori, in un vertiginoso gioco tematico di assonanze, contraddizioni ma anche sorprendenti corrispondenze, che gettano ulteriore luce sulla poetica di de Chirico e sulla sua inesauribile eredità culturale”.
Proponendo un approfondimento relativo alle poetiche di giovani artisti emergenti a livello internazionale, il tema della metamorfosi è anche alla base della mostra Metamorfosi – Lasciate che tutto vi accada, curata da Chus Martínez, ospitata in contemporanea al Castello di Rivoli.

La Collezione Cerruti

La raccolta di Francesco Federico Cerruti, gelosamente custodita e nascosta in una villa vicino Torino, per anni solo vagheggiata in quanto accessibile solo a pochi e fidati “amici intenditori”, rappresenta un unicum nella storia del collezionismo privato italiano per vastità e importanza e fa dell’imprenditore torinese uno tra i più importanti collezionisti europei.
È l’esito di un lavoro di ricerca e raccolta di opere d’arte durato circa 70 anni, un percorso “straordinario” che riverbera la personalità schiva, silenziosa e austera di un uomo appassionato spinto dal desiderio di sottrarre al transitorio e all’effimero la bellezza immutabile della creazione artistica.
Nella villa di Rivoli, che sarà aperta al pubblico nel 2019, sono raccolte infatti opere rarissime conservate con la cura meticolosa del collezionista che, sottratte al piacere del nascondimento saranno visibili, offrendosi in una modulazione del bello che è storia dell’arte tout court dal Medioevo fino all’età contemporanea passando per il Surrealismo e le principali correnti del Novecento.
È un percorso di formazione, di affinamento della sensibilità, di ricerca del sublime che si avverte in tutte le opere della collezione - vasi, arredi, quadri, statue, libri e rari tappeti – che confermano un rapporto esclusivo e assoluto con l’arte; la cura degli accostamenti e la disposizione degli oggetti rivelano la geografia degli affetti e delle passioni del collezionista impegnato in un dialogo continuo e serrato con le opere d’arte e i loro creatori, tutto partecipa dello stesso respiro comune, teatro di presenze intrecciate le une alle altre che trascendono il valore della singola opera per restituire intatto il significato di una collezione intesa come totalità e iniziata da un Cerruti giovanissimo con l’acquisto di un disegno del 1918 di Kandinsky.

Di particolare interesse e straordinariamente conservati i Medievali fondi d’oro con cui Cerruti amava iniziare le rare visite al “suo museo”.  Altrettanto eccezionale il valore dei pittori sacri come Bernardo Daddi, Gentile da Fabriano, Sassetta - di cui si può ammirare Sant’Agostino nella camera padronale - e Neri di Bicci. Si passa quindi ai maestri rinascimentali: Dosso Dossi, Pontormo, “strappato” agli Uffizi e si continua con Tiepolo, Ribera, Sebastiano Ricci, Fra Galgario. Il percorso nella passione di Cerruti continua con le opere allegoriche di Batoni, non cedute al Getty Museum, per poi passare a quadri di Pellizza da Volpedo, Jawlensky, Balla e Boccioni, Casorati, Severini, Picasso, Magritte. Straordinari i 10 dipinti metafisici di de Chirico collocati nella sala da pranzo della villa. E altrettanto indimenticabili le opere di Modigliani, Bacon e Giacometti. Compaiono infine opere di Andy Warhol, Paolini, Burri e Manzoni. Terminiamo questo excursus ricordando l’ultimo acquisto, “Jeune Fille aux Roses” (1987) di Renoir. Molti gli autoritratti o i ritratti di uomini soli – tra cui si possono citare “Ritratto di un giovane uomo” (ca. 1400) di Frà Galgario, “Ritratto di un gentiluomo con libri” (1534-1535) di Pontormo, “Autoritratto Metafisico” (1919) di de Chirico, “Studio per Ritratto IX” (1957) di Francis Bacon, “Ritratto di Harry Melville” (ca. 1930) di Man Ray – che portano a immaginare quasi la ricerca di una proiezione di se stesso nell’arte.
Questo “inventario” ci fa capire l’importanza della collezione che raccoglie non solo opere pittoriche, ma anche arredi di assoluto pregio, e dimostra un interesse non solo per l’arte in senso stretto ma anche per il lavoro sapiente degli artigiani, primi raffinati interpreti di quello che oggi definiamo design. Fra tutti va citato un secrétaire in avorio di Piffetti, il più grande ebanista italiano del Settecento, e due divani disegnati dall’architetto Filippo Juvarra.
La collezione contempla inoltre un’ampia e pregiata raccolta di libri e incunaboli, rare edizioni e rilegature preziose. Di particolare interesse un libretto del Seicento con copertura smaltata e pietre incastonate, custodito nella camera da letto della villa, senza dimenticare il progetto editoriale più ambizioso del XVII secolo: l’Atlas Maior di Joan Blaeu in dodici volumi, perfettamente conservati; non solo libri, ma anche rilegature ed edizioni lussuose, come una copia di A la recherche du temps perdu, in un’elegante finitura Art Déco, che rimanda alla vita quotidiana di Cerruti, scandita dai ritmi della sua legatoria industriale.
La passione di Cerruti per l’arte, la sua innata e meticolosa capacità di selezionare e ricercare con pazienza capolavori, insieme alla sua vita austera e al silenzio intorno alla sua figura, hanno il merito di restituirci oggi una collezione che può guardare ad altri esempi significativi di mecenati e collezionisti del passato come Duncan Phillips, Isabella Stewart Gardner e Jean Paul Getty, solo per citare alcuni tra gli esempi più significativi.
Tutte le personalità che hanno dato vita a queste importanti e vaste collezioni, hanno raccolto il passato, grazie alla loro passione, per consegnarlo intatto al futuro. Sono riusciti a vivere e far vivere opere, preservandole da guerre, razzie e facili abusi. Noi ne raccogliamo un’importante eredità da rispettare e continuare a raccontare.

La mostra è realizzata con il sostegno della Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte e BIG – Broker Insurance Group



 Ingela Ihrman, The Passion Flower (La Passiflora), 2017
Performance, The Inner Ocean, Der TANK, Basel, 2017
Courtesy l’artista



Metamorfosi - Lasciate che tutto vi accada / Metamorphoses - Let Everything Happen to You a cura di Chus Martínez
6 marzo – 24 giugno 2018
E se potessimo essere un fiore?

Allestita nella Manica Lunga del Castello di Rivoli, la mostra Metamorfosi – Lasciate che tutto vi accada, a cura di Chus Martínez, esplora l’esperienza della metamorfosi nell’arte attraverso le opere di alcuni fra i più promettenti artisti internazionali.

Pensate espressamente per il Museo, le opere di Nicanor Aráoz (Buenos Aires, 1980), Ingela Ihrman (Strängnäs, Svezia, 1985), Eduardo Navarro (Buenos Aires, 1979), Reto Pulfer (Berna, 1981), Mathilde Rosier (Parigi, 1973), Lin May Saaed (Würzburg, Germania, 1973) e Ania Soliman (Varsavia, 1970) ricercano nell’esperienza metamorfica l’intero ventaglio del sentire, quella sottile percezione dell’indeterminato cha ha come sfondo l’enigma.

Ai sette progetti inediti si affiancano le opere I Have Left You The Mountain – a cura di Simon Battisti, Leah Whitman-Salkin e Åbäke, già esposto nel Padiglione Albania della Biennale di Architettura di Venezia del 2016 – e il video Army of Love di Alexa Karolinski e Ingo Niermann commissionato dalla IX Biennale di Berlino nel 2016.
Le opere degli artisti fatte di installazioni, sculture, azioni performative, dipinti e video invitano l’osservatore alla percezione di ciò che va al di là della parola umana e può esprimersi solo nella natura, nella sua tensione metamorfica che è principio del vivente, in quell’idioletto segreto che solo la creazione artistica può condividere. Metamorfosi che non è semplice cambiamento ma è passaggio, allontanamento da sé, movimento che coincide con il respiro della natura, che con la sua presenza intramata di suoni rinvia al transitorio e a cui l’arte può dare voce.
Per l’arte di oggi è importante distinguere la vecchia idea “moderna”, otto-novecentesca, di “cambiamento” dalla nozione contemporanea di “trasformazione”. “Questa trasformazione - afferma Carolyn Christov-Bakargiev, direttore del Castello di Rivoli - è basata sulla metabolizzazione: i lavori in mostra indagano in che modo siamo vitali e come creiamo noi stessi come forme dionisiache in movimento, superando ogni fissità inerte”.

Come sostiene la curatrice della mostra, “Metamorfosi rappresenta l’esercizio del pensare la vita con l’immaginazione e soprattutto senza gerarchie e vincoli. Gli artisti hanno cercato di restituire con il loro gesto libero, svincolato da stili o generi la segreta tessitura della natura, quelle tracce sottili che liberano il pensiero, lo invitano allo sconfinamento, all’aperto. Disegni, fiori, un’armata d’amore, una nuvola di tessuti magici, canzoni, voci, pane come perline, danzatori a testa in giù sulle tele, bassorilievi babilonesi in poliestere… Lavori che si sottraggono ai vincoli della forma, del margine, ma vogliono andare oltre la soglia. Metamorfosi mostra l’esposizione all’imprevedibile che è materia della vita stessa, della sua inesplicabile bellezza, della sua enigmatica energia che si rivela in una goccia di pioggia che bagna la foglia di un antico albero fossile”.

Ad accompagnare la rassegna, il Castello di Rivoli pubblica un catalogo bilingue (inglese e italiano) che raccoglie saggi del curatore e immagini selezionate dagli artisti che invitano a una riflessione creativa sul tema della mostra.

Biografie artisti

Nicanor Aráoz (Buenos Aires, 1980) vive e lavora a Buenos Aires.
Aráoz produce oggetti, installazioni e sculture utilizzando come riferimento il fumetto, l’immaginario di internet e le mitologie romantiche tratte dall’arte gotica. Nelle sue opere, i metodi di matrice surrealista – come il montaggio di elementi dissimili e onirici – danno vita a opere dalle forme deliranti, che simili a incubi sembrano fondere le pulsioni del piacere e del dolore. Tra le sue mostre personali compaiono Glótica presso la galleria Barro Arte Contemporáneo (2015) e Librada alla Galería Alberto Sendrós, entrambe a Buenos Aires (2013). Tra le principali mostre collettive in cui ha preso parte vi sono L.E.A al Faena Arts Center (2012), Muestra Expansiva I “Reseteo, Dharma” al Centro Cultural San Martín (2012).

Ingela Ihrman (Strängnäs, 1985) vive e lavora a Malmö.
La pratica di Ihrman spazia dalla performance, all’installazione, alla scrittura. Costumi e messe in scena sono elementi ricorrenti nelle sue presentazioni in cui le creature sono colte in momenti vitali come nascere o fiorire. Il suo lavoro è caratterizzato da tecniche artigianali manuali e prende in prestito elementi del teatro amatoriale attingendo però anche alla scienza. Tra le recenti mostre svedesi Future Flourish al Tensta Konsthall di Stoccolma (2016) e Tropikerna i Gnesta all’Art Lab di Gnesta (2013). Ha partecipato all’undicesima edizione della Biennale di Gwangju (Corea del Sud), intitolata The Eight Climate (What Does Art Do?) (2016) e alla settima edizione del Survival K(n)it, un festival che si tiene presso il Latvian Centre for Contemporary Art di Riga (2015).

Eduardo Navarro (Buenos Aires, 1979) vive e lavora a Buenos Aires.
Le opere di Navarro comprendono azioni fisiche, congegni personalizzati, installazioni e sculture. Esse richiedono un certo dispiego di tempo e hanno un notevole impatto sullo spettatore in quanto implicano l’incontro diretto tra persone e natura. Il suo approccio comprende uno studio empirico degli organismi che decide di includere nei suoi lavori e integra la sua esperienza di conoscenza con il confronto diretto con diversi specialisti e studiosi. Navarro ha esposto i suoi lavori nella personale OCTOPIA al Museo Tamayo di Città del Messico (2016) e We who spin around you presso l’High Line Art di New York (2016). Ha partecipato alla mostra collettiva intitolata La Era Metabolica, curata da Chus Martínez, presso il Malba, Museo de Arte Latinoamericano di Buenos Aires (2015).

Reto Pulfer (Berna, 1981) vive e lavora a Berlino.
La sua opera indaga il cambiamento in tutte le sue espressioni. A partire dall’ambivalente nozione di “stato”, che racchiude al contempo il movimento e la stasi, Pulfer non solo mette in discussione i confini dei segni linguistici e il loro significato, ma riflette anche il modo in cui le sue opere sono percepite, in quanto generano e sviluppano situazioni impermanenti e instabili. Ha tenuto personali tra cui Capsicum Ofifusiani all’Hollybush Gardens di Londra (2017) e preso parte al Fórum Eugénio de Almeida a Évora in Portogallo (2016). È coinvolto nelle collettive Ursus Olfaciens al Bärenzwinger di Berlino (2017), Transhumance al Centre international d’art et du paysage, Île di Vassivière in Francia (2017) e in occasione di Manifesta 11 (2016) a Zurigo, all’interno del Manifesta Performance Program Cabaret der Künstler – Zunfthaus Voltaire.

Mathilde Rosier (Parigi, 1973) vive e lavora in Borgogna.
Nei film, nelle performance, nelle installazioni e nei dipinti di Rosier, la danza e la musica hanno un ruolo fondamentale. Dopo aver dedicato gran parte della sua pratica artistica all’indagine su una possibile fusione tra regno animale ed essere umano, la sua ricerca più recente si è focalizzata sulla figura umana, soprattutto sulla rappresentazione del movimento. Tra le sue ultime mostre personali: In Revolution. Resolution of Some Hierarchic Orders, curata da Chus Martínez, presso il Der TANK Institut Kunst di Basilea (2016). Ha preso parte alla collettiva Inge Mahn - Ketty La Rocca - Mathilde Rosier - Natalie Czech presso la galleria Karin Guenther di Amburgo (2017) e alla quinta edizione del festival Volcano Extravaganza del Fiorucci Art Trust (2015).

Lin May Saeed (Würzburg, 1973) vive e lavora a Berlino e Düsseldorf.
La produzione di Saeed comprende sculture, disegni e testi. Il tema centrale della sua ricerca è il rapporto tra l’essere umano e gli animali nella storia del pianeta dal passato a oggi, a varie epoche storiche, dalle narrazioni preistoriche, al modernismo, al primitivismo. Ha esposto i suoi lavori in una mostra personale intitolata Djamil presso lo spazio Lulu a Città del Messico (2017) e nella galleria Nicolas Krupp di Basilea (2016). Ha partecipato ad alcune importanti manifestazioni collettive come la nona edizione del festival KölnSkulptur, intitolata La Fin de Babylone, curata da Chus Martínez, a Colonia e l’ultima edizione della Biennale di Berlino, The Present in Drag, (2016).

Ania Soliman (Varsavia, 1970) vive e lavora a Parigi e New York.
Soliman è un’artista interdisciplinare la cui opera è caratterizzata da un ricco background multiculturale. La sua pratica artistica si basa sulla ricerca e lavora con diversi tipi di disegno (il tracciato, il design, il diagramma, il segno espressivo), video, testi e installazioni. Il suo progetto più recente ha coinvolto oggetti trovati nelle collezioni di antropologia, e la struttura della collezione stessa era il tema dell’indagine. Ha esposto alla Whitney Biennial al Whitney Museum di New York (2010). Ha presentato personali tra cui Semiwild. Or limited desire al Museum der Kulturen di Basilea (2014), Explaining Dance to a Machine presso la Galerie Sfeir-Semler di Amburgo (2017). Ha preso parte alle mostre collettive 1000m2 of desire al Centre de Cultura Contemporània di Barcellona (2016) e Art-Music-Dance al Museum of Contemporary Art di Anversa (2016).

Alexa Karolinski (Berlino, 1984) vive e lavora a Los Angeles.
È una regista tedesco-canadese. Spazia dal mondo dell’arte a quello del cinema e dei video commerciali. I suoi lavori video sono stati esposti in diverse occasioni come il Berlin Festival, ma anche in istituzioni artistiche come il Museum of Art and Design di New York o il MoMA-PS1 in occasione della manifestazione Greater New York nel 2016. Collabora con istituzioni artistiche come il MOCA di Los Angeles.

Ingo Niermann (Bielefeld, 1969) vive e lavora a Basilea.
È uno scrittore e curatore editoriale alla Sternberg Press della serie di libri di speculazione Solution. Il suo racconto di debutto Der Effekt è stato pubblicato nel 2001. Basandosi sul suo scritto Solution 257: Complete Love (2016), Niermann ha iniziato Army of Love. Il suo libro più recente, co-editato con Joshua Simon è Solution 275-294: Communists Anonymous (2017).

I HAVE LEFT YOU THE MOUNTAIN è un progetto sonoro di ascolto collettivo dedicato all’idea di transizione e migrazione a cura di Simon Battisti, Leah Whitman-Salkin e Åbäke, presentato per la prima volta in occasione della 15a Mostra Internazionale di Architettura de La Biennale di Venezia, (2016), per il Padiglione Albania.
I Have Left You The Mountain è composta da dieci testi scritti da diversi pensatori contemporanei sull’architettura di rimozione e accompagnati da musica e canzoni interpretate dagli ultimi gruppi esistenti di iso-polifonia albanese, una forma d’arte protetta dall’UNESCO come “patrimonio culturale intangibile”. I contributi sono di Etel Adnan, Mourid Barghouti, Michel Butor, Claire Fontaine, Yona Friedman, Anri Sala, Micheal Taussig, Yanis Varoufakis e Finn Williams.