Ultimi giorni per vedere la mostra "More Than Enough" di Marcello Nitti alla galleria torinese Riccardo Costantini, un bel progetto di interpretazione contemporanea della pittura storica olandese.
Il titolo è un'espressione che indica che qualcosa è presente in quantità superiore a quanto necessario o desiderato. Traducibile in italiano sia come “più che sufficiente” che come “oltre l’abbastanza”, seppur con una leggera differenza di significato. La traduzione diretta è "più che sufficiente", che enfatizza il superamento delle necessità di base e suggerisce la presenza di una quantità abbondante o in grado più che adeguato. Mentre "oltre l'abbastanza" è un modo di dire che esprime non solo l’esistenza di una quantità sufficiente ma anche che questa quantità è ulteriormente estesa o supera ampiamente le aspettative.
Questa locuzione, dunque, sottolinea l'abbondanza o l'eccesso di ciò che è considerato adeguato o necessario in una determinata situazione. Si usa per indicare che qualcosa è dato a qualcuno più di quanto voglia o desideri, quando si compie più del dovuto. Un’azione di questo tipo può avere un senso positivo, di andare oltre, di dare di più, di tendere al meglio, ma può anche avere un senso negativo, come spingersi troppo in là, fino a invadere addirittura gli spazi altrui.
Inoltre, More Than Enough è anche una tendenza a fare sempre di più e a fare sempre meglio, fino a diventare quasi ossessionati che ciò che si fa non basti mai, entrando a volte in un loop in cui si insegue il risultato migliore possibile senza riuscire sempre a raggiungerlo. La ricerca ossessiva del “migliore possibile” può diventare un ciclo in cui le aspettative crescono costantemente, ma la gratificazione e la soddisfazione possono sfuggire. Verso la metà degli anni ‘70 l’economista Richard Easterlin teorizzò la non corrispondenza tra reddito e felicità, tra benessere economico e benessere personale. Secondo il paradosso di Easterlin la soddisfazione degli individui non si amplia con l’aumentare delle proprie risorse, ma cresce fino a un certo punto per poi ricominciare a diminuire.
Tale paradosso può essere spiegato con l’effetto treadmill (o rullo edonico), teorizzato da Brickman e Campbell nel 1971, secondo cui l’incessante ricerca del meglio porta a correre su un tapis roulant ipotetico in cui si rimane sempre fermi allo stesso punto. Il treadmill edonico suggerisce dunque che, nonostante la continua corsa verso il successo, le persone potrebbero non sperimentare un aumento del proprio benessere, senza raggiungere una soddisfazione duratura. In alcuni casi sarebbe forse meglio fermarsi un attimo prima, fermarsi alla soglia dell’abbastanza o del più che sufficiente senza per forza voler raggiungere l’oltre.
In What’s More Than Enough il primo sintomo di questo andare oltre il necessario è la tela che straborda al di là della superficie pittorica. Nelle opere di Marcello Nitti la tela in eccesso supera il rettangolo del lavoro pittorico e si articola in differenti forme che occupano ulteriormente lo spazio, configurandosi in lembi di tessuto che uniscono i volti ritratti, metafora di connessioni e rapporti tra persone. Nelle correlazioni tra i lavori in mostra e nelle metaforiche relazioni che così emergono si delinea una sorta di “lessico famigliare”, che non definisce però i personaggi e i legami esistenti in modo esatto ma lascia spazio a interpretazioni.
Ad una prima e distratta occhiata, le opere di Nitti possono sembrare lavori che richiamano fedelmente i ritratti fiamminghi, dipinti con attenzione al dettaglio, espressioni emotive e naturalezza. Ma nel momento in cui si sta per spostare lo sguardo o quando ci si sofferma un attimo in più sulla lettura dell’opera si apre un mondo di inserti geometrici ed elementi stranianti, inclusi nel vestiario, che caratterizzano le opere oltre alla tela in eccesso. L’elemento geometrico inatteso sfida le aspettative, questo dettaglio “fuori posto” induce a guardare l'opera con occhi nuovi e porta a un’osservazione più attenta. More Than Enough, dunque, non è soltanto il tessuto extra ma è anche tale intrecciarsi di forme e personaggi su un supporto pittorico caratterizzato a sua volta da molteplici stratificazioni e sovrapposizioni.
Come nel passato il ritratto fiammingo ha avuto spesso il ruolo di raccontare le vite e lo status sociale dei personaggi, di documentare i costumi dell’epoca, il vestire e talvolta gli aspetti psicologici, così i ritratti di Nitti dicono molto sui personaggi dipinti. Gli uomini e le donne ritratti sono caratterizzati da abiti austeri e a tratti rigidi, simbolo di modi di pensare altrettanto rigidi e conformi alle regole stabilite. Sono pronti a esprimere il proprio giudizio e applicare severi schemi mentali relativamente a quali sono le tipologie di rapporti possibili e non possibili, i comportamenti accettabili e quelli da evitare.
Non a caso una delle relazioni umane rappresentate è quella coniugale, tre lavori rappresentano infatti tre coppie raffiguranti tre diverse tipologie di relazione. Nel ritratto di gruppo, opera più grande della serie, è invece rappresentata una famiglia le cui relazioni non sono però chiare. Tutte situazioni soggette all’incasellamento in regole e all’essere definite come consone oppure no, in cui alcuni individui scavalcano il limite dell’individualità altrui per imporre il proprio pensiero. Ecco che qui il More Than Enough assume un significato negativo, un andare a invadere la vita e le scelte degli altri in modo fastidiosamente oltre al necessario.
Questa accezione si collega alla violazione dei confini individuali, riflettendo una mancanza di rispetto per la libertà e l’autonomia delle persone nelle loro relazioni. Si potrebbe quindi considerare l’importanza di comprendere quando sia opportuno spingersi oltre l’abbastanza e quando sia invece necessario fermarsi, per non superare il limite che porta ad azioni non opportune nei confronti dell’altro oppure ad attorcigliarsi su se stessi nella ricerca spasmodica del sempre meglio.
Virginia Fungo