Con il suo linguaggio visivo distintivo, Drühl si interroga sul modo in cui percepiamo e riproduciamo l'idea di natura. I suoi paesaggi, meticolosamente realizzati ma apertamente artificiali, ci ricordano che le nostre immagini della natura sono sempre più plasmate da schermi, algoritmi e memoria culturale piuttosto che dall'esperienza diretta. In un'epoca segnata dalla vulnerabilità ecologica e dai cambiamenti climatici, i suoi dipinti e le sue sculture offrono riflessioni silenziose sui paesaggi che ereditiamo, su quelli che consumiamo digitalmente e su quelli che potremmo perdere. Un filo conduttore che attraversa l'opera di Drühl è l'assenza di narrazione. I suoi paesaggi appaiono freddi e distanti. Le persone non compaiono mai, eppure la loro assenza riporta l'attenzione su di loro. Drühl lavora in serie, rivisitando singoli motivi nel tempo, alterandone sezioni, cambiando i colori o traducendoli in altri media, comprese le opere luminose al neon.
Al contrario, la serie in silicone attinge alla tradizione storico-artistica della pittura paesaggistica. Drühl trae ispirazione da artisti che spaziano dal XIX secolo a oggi, traducendo le loro visioni naturalistiche in distintivi contorni in silicone nel suo stile inconfondibile. Queste opere parlano del divario tra la natura come ideale e la natura come costrutto mediato, filtrato attraverso la cultura, la memoria e ora i flussi di dati dei nostri schermi.
I dipinti sono completati da nuove sculture raffiguranti catene montuose. La serie Dark si basa su montagne reali create utilizzando dati geografici. Drühl manipola l'asse Z in modo che le montagne assomiglino a quelle dei mondi fantascientifici e fantasy, pur mantenendo una base reale. Le loro superfici sono rivestite da una spessa pittura a olio nera, che le collega alla serie di dipinti neri di Drühl. L'artista concepisce le sue sculture come un'estensione della pittura nello spazio.
Come in entrambe le precedenti edizioni del museo, la mostra mette in risalto anche il lavoro teorico di Drühl. L'artista ha conseguito un dottorato in storia dell'arte e si è affermato come curatore ospite di 13 volumi del Kunstforum International e come autore di numerosi articoli di storia dell'arte. Drühl viene presentato anche come collezionista: le sue opere sono integrate da una selezione di circa 25 dipinti provenienti dalla sua collezione del XIX secolo, accuratamente curata, che comprende artisti da Eugen Bracht e Janus La Cour a Carl Spitzweg. Questa presentazione contrastante di opere dal 1855 al 2025 crea un ponte tra il XIX secolo e i giorni nostri.
I paesaggi di Sven Drühl non sono semplici raffigurazioni del mondo naturale; sono meditazioni su come lo ricordiamo, lo immaginiamo e lo riproduciamo. La sua opera intreccia il romantico e il digitale, il sublime e il sintetico, invitando gli spettatori a riconsiderare il significato della natura in un'epoca di rapidi cambiamenti tecnologici e di consapevolezza ambientale. L'artista apre uno spazio di contemplazione, dove bellezza, memoria e traccia della mano umana incontrano le infinite possibilità dell'artificiale.


