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21/07/25

Assegnati i Praemium Imperiale 2025

Allievi alla scuola P.A.R.T.S. Bruxelles,  Maggio 2025  Foto: Shun Kambe ©️ The Japan Art Association

 La Japan Art Association ha annunciato i vincitori della trentaseiesima edizione del Praemium Imperiale: Peter Doig (Regno Unito) per la pittura, Marina Abramović (Serbia) per la scultura, Eduardo Souto de Moura (Portogallo) per l’architettura, András Schiff (Regno Unito, nato in Ungheria) per la musica, Anne Teresa De Keersmaeker (Belgio) per il teatro/cinema.

Gli artisti sono premiati per i risultati conseguiti, per l’influenza da essi esercitata sul mondo dell’arte a livello internazionale e per il contributo dato alla comunità mondiale con la loro attività.

Ciascuno dei vincitori riceverà un premio di 15 milioni di yen (circa 91.000 euro), un diploma e una medaglia. Quest’ultima sarà conferita dal Patrono onorario della Japan Art Association, il Principe Hitachi, durante la cerimonia di premiazione che si terrà a Tokyo il prossimo 22 ottobre.

Il Praemium Imperiale è il più importante premio d’arte esistente e viene assegnato in cinque discipline: pittura, scultura, architettura, musica, teatro/cinema.  Esso conferisce un riconoscimento internazionale in campo artistico pari a quello dei Premi Nobel.


I vincitori del 2025 andranno ad aggiungersi ai 180 artisti già insigniti del premio, tra i quali gli italiani Claudio Abbado, Gae Aulenti, Luciano Berio, Cecco Bonanotte, Enrico Castellani, Federico Fellini, Sophia Loren, Umberto Mastroianni, Mario Merz, Riccardo Muti, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Renzo Piano, Michelangelo Pistoletto, Maurizio Pollini, Arnaldo Pomodoro e Giuliano Vangi.


BORSA DI STUDIO DEL PRAEMIUM IMPERIALE PER GIOVANI ARTISTI
                                               
La Borsa di Studio del Praemium Imperiale 2025 per Giovani Artisti è stata assegnata al National Youth Theatre of Great Britain.

L’annuncio e il conferimento della Borsa hanno avuto luogo il 15 luglio a Londra, durante una conferenza stampa presieduta da Lord Patten of Barnes, Consigliere britannico del Praemium Imperiale. Il National Youth Theatre ha ricevuto un diploma e un contributo di 5 milioni di yen (circa 30.000 euro). 

La Borsa è stata istituita nel 1997 per sostenere e incoraggiare i giovani artisti, in linea con gli obiettivi delle attività della Japan Art Association. Sono eleggibili giovani promettenti artisti o organizzazioni che contribuiscano attivamente allo sviluppo di nuovi talenti. Gli artisti devono essere professionisti o in formazione. A rotazione ciascun Consigliere internazionale, consultandosi con il proprio comitato, seleziona il destinatario della Borsa di studio e lo comunica alla Japan Art Association, che lo approva.

Il premio è conferito contestualmente all’annuncio del Praemium Imperiale nel Paese del Consigliere cui spetta la segnalazione.

Tra i precedenti vincitori della Borsa di Studio del Praemium Imperiale per Giovani Artisti figurano organizzazioni del Vietnam, di Cuba, del Venezuela, del Benin, del Myanmar, della Malesia, del Libano e dell’Indonesia. Tra gli altri sono state premiate le italiane Scuola di Alta Formazione dell'Istituto Centrale per il Restauro, JuniOrchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra Giovanile Italiana e De Sono Associazione per la Musica.


LA JAPAN ART ASSOCIATION E IL PRAEMIUM IMPERIALE

La Japan Art Association è la più antica fondazione culturale del Giappone. Costituita nel 1887, organizza mostre d'arte e gestisce l’Ueno Royal Museum, situato nel Parco di Ueno a Tokyo.

La carica di Patrono onorario della Japan Art Association è sempre stata ricoperta da membri della Casa Imperiale: prima dal Principe Arisugawa e dal 1987 dal Principe Hitachi, fratello minore dell’Imperatore emerito Akihito.

Nel 1988, per celebrare il centenario della Japan Art Association, fu istituito il Praemium Imperiale. 

Il premio è dedicato al Principe Nobuhito Takamatsu (1905-1987), Patrono onorario dell’associazione per 58 anni, fino alla sua scomparsa. Fratello minore dell’Imperatore Hirohito, di cui non condivideva la politica militare, il Principe Takamatsu era profondamente convinto che il Giappone dovesse promuovere la pace nel mondo attraverso le arti. Questa sua convinzione è ancora oggi il motivo ispiratore del Praemium Imperiale.Costituito da un gruppo di cinque premi, il Praemium Imperiale rappresenta un riconoscimento tangibile al valore universale dell’arte, rendendo il dovuto onore alle personalità di maggior rilievo internazionale nei campi della pittura, della scultura, dell’architettura, della musica e del teatro/cinema. Ciascuno dei premiati nelle cinque categorie riceve un premio di 15 milioni di yen (circa 91.000 euro), un diploma e una medaglia.

Nei Paesi dei Consiglieri internazionali del Praemium Imperiale – Lamberto Dini (ex-primo ministro per l’Italia), Klaus-Dieter Lehmann (ex-presidente del Goethe-Institut per la Germania), Christopher Patten (ex-cancelliere dell'Università di Oxford per il Regno Unito), Jean-Pierre Raffarin (ex-primo ministro per la Francia) e Hillary Rodham Clinton (ex-segretario di Stato per gli Stati Uniti d’America) – appositi Comitati da loro presieduti propongono le candidature per i riconoscimenti annuali. La scelta finale viene fatta dai Comitati di selezione della Japan Art Association che per ogni categoria selezionano un vincitore, il quale riceve l’approvazione dal Consiglio di amministrazione dell'Associazione. 

I Consiglieri dimissionari François Pinault (presidente della Pinault Foundation of Contemporary Art) e David Rockefeller Jr. (imprenditore e filantropo) sostengono il Praemium Imperiale come Consiglieri onorari. 

La prima premiazione ebbe luogo nel 1989. La solenne cerimonia si tiene ogni anno alla presenza del Principe e della Principessa Hitachi e di tutti i vincitori. 

20/07/25

Franz West alla galleria Eva Presenhuber di Zurigo

 


A Zurigo la  Galerie Eva Presenhuber propone la mostra Franz West: Die frühen Werke / Early Works, con sculture e oggetti realizzati tra il 1973 e il 1992 dall'artista austriaco Franz West (1947-2012 a Vienna, Austria) provenienti da collezioni private, in particolare da quella del suo mentore di lunga data, l'ex gallerista e curatore Peter Pakesch (nato nel 1955 a Graz, Austria) e dalla Galerie Eva Presenhuber. La mostra è accompagnata da una nuova pubblicazione, fotografie di Friedl Kubelka e proiezioni di film di Andreas Reiter Raabe e Bernhard Riff in uno spazio adiacente. Sarà la dodicesima mostra in galleria dall'inizio della collaborazione tra West ed Eva Presenhuber . 



Nel vibrante e in continua evoluzione mondo dell'arte, dove il contemporaneo trionfa sul passato, gli artisti, con poche eccezioni, finiscono per essere ignorati dopo la loro morte. Stimolato dal nuovo, ciò che un tempo era così fresco svanisce gradualmente nell'oblio, in contrasto con la nozione di eternità – inevitabilmente, apparentemente in modo naturale, e in alcuni casi in modo assurdo e del tutto ingiustificato. È stato il caso di Franz West, a cui è stato conferito il Leone d'Oro alla carriera alla 54a Biennale di Venezia nel 2011, un anno prima della sua morte. Nel 2015, la sua opera unica e incomparabile è entrata in un dialogo emozionante e profondo con quella dell'artista americano Cy Twombly al Museum Brandhorst. 





La stretta affinità artistica tra i due artisti, nonostante le loro differenze biografiche e geografiche, è stata messa in luce, così come la potente influenza che West ha esercitato sui suoi contemporanei proprio perché, per un atteggiamento difensivo interiore, non ha mai ceduto al mainstream, alla moda o all'eccessivamente convenzionale. Nonostante il suo successo internazionale, iniziato negli anni '80, e nonostante la celebrazione della sua arte con 200 opere curata da Christine Macel e Mark Godfrey al Centre Pompidou nel 2018 e alla Tate Modern nel 2019, a quanto pare non è stato sufficientemente evidenziato quanto fosse avanti rispetto al suo tempo, e in effetti al nostro. Ciò che il filosofo Ernst Bloch scrisse ne "Il principio speranza" sul passato, che ha un intrinseco surplus incompiuto, è forse il modo migliore per comprendere la ricca eredità artistica dell'austriaco in termini di visione, interpretazione e godimento.

19/07/25

Arpita Singh a Londra

Arpita Singh, Ricordando, Serpentine North © Foto: Jo Underhill

 Il titolo della mostra "Memorizzare" alla Serpentine Gallery di Londra propone il percorso di riflessioni dell'artista Arpita Singh,  che si concentrano sul suo stato emotivo e psicologico, attingendo all'arte popolare bengalese e alle storie indiane, intrecciate con esperienze di sconvolgimenti sociali e conflitti globali.

La mostra alla Serpentine North ripercorre le opere luminose di Singh dagli anni '60 agli anni più recenti, presentando i suoi grandi dipinti a olio così come i suoi acquerelli e disegni a inchiostro più intimi. Remembering presenta l'esplorazione dell'artista del Surrealismo, della figurazione, dell'astrazione e la sua ispirazione dai dipinti delle corti indiane. Dagli anni '90, Singh ha esplorato sempre più i temi della maternità, dell'invecchiamento delle forme femminili, della sensualità femminile, della vulnerabilità e della violenza, dimostrando l'impatto delle relazioni e degli eventi esterni sul paesaggio emotivo e psicologico dell'artista.


Arpita Singh, Ricordando, Serpentine North © Foto: Jo Underhill


Le sue opere sono ritratti intimi della vita domestica e interiore, ma sono altrettanto interessate alle esperienze delle donne che si muovono nel mondo esterno. Resistendo a ogni interpretazione univoca, Arpita Singh esplora una tensione onnipresente che nasce dall'intreccio di labirintici paesaggi urbani con osservazioni di inquietanti eventi storici e della vita quotidiana.

Remembering è curato da Tamsin Hong, curatrice delle mostre, e da Liz Stumpf, curatrice associata delle mostre.


Arpita Singh, Ricordando, Serpentine North © Foto: Jo Underhill




Informazioni su Arpita Singh

Arpita Singh nacque nel 1937 a Baranagar, allora Bengala Presidenziale, oggi Bengala Occidentale, e si trasferì a Nuova Delhi con la famiglia nel 1946, dove da allora vive e lavora. Singh è un'artista pioniera dell'India post-indipendenza e ha influenzato generazioni di artisti, pensatori e creativi. Dopo la laurea in Belle Arti al Politecnico di Delhi nel 1959, lavorò come designer tessile presso il Weaver's Service Centre, parte dell'Handloom Board of India. Singh espose regolarmente con le colleghe artiste Nilima Sheikh, Nalini Malani e Madhvi Parekh. 

Le opere di Singh sono state regolarmente esposte in India e a livello internazionale, tra cui la retrospettiva del 2019 " Submergence: In the Midst of Here and There" al Kiran Nadar Museum of Art di Nuova Delhi. L'artista è stata inclusa in mostre collettive presso il Barbican, Regno Unito (2024); il Guggenheim di Bilbao, Spagna (2022); il Centre Pompidou, Francia (2021); il M+ Museum, Hong Kong (2021-2023); il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Spagna (2013); il Peabody Essex Museum, Stati Uniti (2013); il Fukuoka Asian Art Museum, Giappone (2012); e la Royal Academy of Arts, Regno Unito (1982). Ha inoltre partecipato alla Biennale di Kochi-Muziris, India (2022); alla Biennale di Gwangju, Corea del Sud (2021); alla Triennale dell'Asia Society, Stati Uniti (2020-21); alla Biennale dell'Avana, Cuba (1986); e Triennale–India (1975, 1978). Nel 2014 le è stata assegnata una borsa di studio presso la Lalit Kala Akademi di Nuova Delhi, India, e ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Padma Bhushan (2011); il Parishad Samman del Sahitya Kala Parishad di Nuova Delhi (1991); e il Kalidas Samman di Bhopal (1991).

18/07/25

Gli arcobaleni di Ugo Rondinone


 Col titolo "L'arcobaleno è un ponte tra tutti e tutto" l'artista svizzero  Ugo Rondinone propone la sua recente mostra presso la sede centrale di Sadie Coles a Londra. 

"The Rainbow Body"  presenta una serie di sculture figurative inserite in un ambiente fluorescente. Pareti, pavimenti e soffitto della galleria sono stati rifiniti con tonalità arcobaleno che rispecchiano i colori delle sculture, generando una dinamica di attrazione e di tensione tra la singola figura e il paesaggio espositivo. La mostra include anche sculture in bronzo di candele che riaffermano il tema più ampio del tempo sospeso.

Combinando una radiosità trascendentale con un senso di introspezione, il corpo arcobaleno riprende alcune delle preoccupazioni centrali della pratica di Rondinone: l'interazione tra parte e tutto, ad esempio, o il legame tra l'attimo immediato e il tempo cosmico. Le figure policrome – distribuite sul pavimento della galleria principale – hanno origine dalla sua serie di nudi del 2010, un gruppo di quattordici calchi di danzatori seduti o accovacciati, ciascuno assemblato da sezioni di cera più piccole (nel gruppo originale, la cera trasparente era mescolata con terra proveniente da ciascuno dei sette continenti). Nudi a parte i copricapi, i danzatori sono colti in momenti di riposo, con gli occhi chiusi. Le giunture tra le parti del corpo sono lasciate visibili, in una consapevole sovversione del realismo dei calchi.

La serie dei nudi (arcobaleno) segna un'evoluzione delle sculture originali. Mentre i nudi precedenti erano legati alla terra nella loro composizione, la colorazione prismatica delle figure arcobaleno preannuncia uno stato di trasfigurazione: il corpo fisico che si dissolve nella luce. In questo, vi è un'allusione al fenomeno del "corpo arcobaleno" del Buddhismo e ai suoi antecedenti, il più alto livello di realizzazione spirituale, per cui gli elementi del corpo mortale si trasformano nelle luci dello spettro prima di svanire in pura luce.



Le tonalità dell'arcobaleno legano le figure in un sistema immersivo, fungendo da "ponte tra tutto e tutti", nelle parole di Rondinone, con la galleria piena di colori che assomiglia a un palcoscenico – un luogo di possibilità. Allo stesso tempo, ogni figura simboleggia l'interiorità, trasmettendo una presenza psicologica distinta. I danzatori sono, nelle parole di Rondinone, "passivi, semplicemente se stessi, senza alcuna attività o valutazione cosciente". Il tempo storico collassa nel momento presente, in un modo che risuona con la pratica più ampia dell'artista – che si tratti dei suoi dipinti iterativi di albe, dei suoi calchi a grandezza naturale di ulivi o del suo gruppo scultoreo di clown trompe-l'oeil (iniziato nel 2000) immaginati in vari stati di riposo e sonno.

La seconda galleria ospita una costellazione di sculture di candele, disposte sul pavimento come offerte votive. Come i danzatori (ognuno dei quali colto al culmine della giovinezza e della prestanza fisica), questi sono segni del tempo: oggetti semi-metamorfosati, resi statuari e immutabili. Parte della longeva serie di nature morte di Rondinone , oggetti mondani trasposti in bronzo, le candele esprimono un'oscillazione tra il quotidiano – che sembra quasi patetico nella loro modesta scala – e il trascendentale. Il loro medium bronzeo suggerisce inoltre uno spostamento di materiali tra i due gruppi di opere in mostra: il bronzo sarebbe un materiale più "classico" per le figure umane, la cera più probabile per le candele.

Dando espressione emblematica al tema del tempo, un orologio in vetro colorato illumina la galleria da un lato. È stato liberato dalle lancette, come se il tempo si fosse disperso o condensato in un'unica singolarità. Evocando l'orologio primordiale del sole, la finestra simboleggia l'interconnessione tra natura e umanità, un concetto che ha guidato l'arte di Rondinone fin dai suoi albori.

Testo di  James Cahill



Ugo Rondinone è nato nel 1964 a Brunnen, in Svizzera. Ha studiato all'Universität für Angewandte Kunst di Vienna prima di trasferirsi a New York nel 1997, dove vive e lavora tuttora. Le sue opere sono state oggetto di mostre personali presso il Pilane Sculpture Park, Svezia (2025); la Galleria d'Arte Moderna, Milano (2025); Arte Abierto, Messico (2025); l'Aspen Art Museum, Colorado (2024); il Kunstmuseum Lucerna, Svizzera (2024); il Museum SAN, Corea del Sud (2024); lo Städel Museum, Francoforte (2023); Storm King, New York (2023); il Musée d'Art et d'Histoire, Ginevra (2023); la Scuola Grande San Giovanni Evangelista di Venezia, Venezia (2022); il Petit Palais, Parigi (2022); la Schirn Kunsthalle, Francoforte (2022); Museo Tamayo, Città del Messico (2022); Belvedere, Vienna (2021); Bass Museum of Art, Miami (2017); Contemporary Art Center Cincinnati (2017); Berkeley Art Museum (2017); Carré D'Art, Nîmes (2016); MACRO, Roma (2016); Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam (2016); Secession, Vienna (2015); Palais de Tokyo, Parigi (2015); Rockbund Art Museum, Shanghai (2014); Art Institute of Chicago (2013); 52ª Biennale di Venezia (2007); Whitechapel Gallery, Londra (2006); e Centre George Pompidou, Parigi (2003). Tra le prossime mostre, The Madoo Conservancy, New York (agosto 2025).

17/07/25

Klara Lidén alla Kunsthalle di Zurigo

 


La Kunsthalle di Zurigo presenta la prima mostra personale istituzionale in Svizzera dell'artista berlinese Klara Lidén (nata a Stoccolma nel 1979). " Over out und above" presenta nuove produzioni accanto a lavori precedenti, offrendo uno sguardo sui metodi di lavoro multistrato dell'artista e sulla sua esplorazione dei confini fisici, psicologici e sociali dello spazio pubblico e privato.

Il vocabolario artistico di Lidén spazia da interventi architettonici in contesti urbani e istituzionali ad atti performativi di resistenza che sfidano il tessuto collettivo e sociale dello spazio urbano. L'appropriazione materiale dell'ambiente circostante è un'altra componente centrale della pratica di Lidén, che ne mette in scena i materiali e gli elementi urbani nello spazio espositivo.

Al piano inferiore della Kunsthalle di Zurigo, una costellazione di sculture ricompone un paesaggio urbano. Square Moon, 2025, si erge sopra lo spazio espositivo come un lampione ed è posta in dialogo con light box da cui l'artista ha cancellato la segnaletica originale. Con Untitled (Holes) , 2025, Lidén continua a impiegare il suo principio del détournement : le opere consistono in carotaggi di perforazione, cilindri di cemento che sono sezioni di tessuto urbano profondo: gli strati sotterranei di strade, muri e fondamenta. Il loro titolo modesto riecheggia anche la strategia artistica di Lidén, una pratica di inversione, rimozione e distacco che percorre tutta la sua opera artistica.

Il fatto che lo spazio pubblico non sia solo materialmente codificato, ma anche intrinsecamente performativo, è reso evidente nell'opera di Lidén Gang Gang Gang , 2025. La scultura modulare è composta da passaggi temporanei, come quelli utilizzati per proteggere i pedoni in prossimità di cantieri edili. Strati di graffiti, sporcizia e altri segni d'uso sono visibili sui pannelli di legno, alcune delle quali l'artista ha trattato con vernice riflettente. Questa architettura trovata invita i visitatori a muoversi attraverso e intorno agli elementi e a notare non solo le loro caratteristiche altrimenti insignificanti o evidenti, ma anche a considerare come vengano impiegati quotidianamente come strumento nel contesto urbano.

Al piano superiore, il corpo come mezzo con capacità di esplorazione e soggetto di governo spaziale è evidenziato anche dalla presenza monolitica dei due cuboidi chiusi Ring (Nuts) e Ring (Zomb) , 2025. Realizzate con recinti di cantiere, le sculture di grandi dimensioni ricordano il vocabolario ridotto dell'arte minimalista. La loro collocazione all'ingresso della mostra e di fronte alle due finestre della sala pone ai visitatori questioni di accessibilità ed esclusione, creando al contempo spazi nascosti – nicchie e corridoi – per altre opere. La sua serie in corso Untitled (Trashcan) è una collezione di cestini per i rifiuti provenienti da varie città. Pur essendo spogliati della loro funzione originale, fungono ancora da ritratti dei rispettivi luoghi d'origine.

Infine, la presenza fisica dell'artista è al centro dell'attenzione nelle proiezioni di diapositive di grande formato. Le diapositive realizzate a mano – fotogrammi video stampati a getto d'inchiostro, trasferiti su acetato trasparente, tagliati a mano e montati – proiettate sulle pareti in varie dimensioni, mostrano Lidén mentre mette in atto nuove azioni performative realizzate per questa mostra. Le immagini in bianco e nero a grana grossa documentano i tentativi farseschi dell'artista di liberarsi da regole e convenzioni sociali. Che si tratti di attraversare una diga di Zurigo, di riparare la sua bicicletta a Berlino o di trasportare le sue opere per le strade, "la questione della riappropriazione dello spazio urbano privatizzato inizia sempre in qualche modo dal corpo, dai suoi modi di muoversi e dalle temporalità che coinvolge", afferma Lidén.
Rimosse dal loro habitat – appropriate, spostate e messe in mostra – le opere di Lidén diventano esse stesse corpi o attori con cui gli spettatori si confrontano. La loro esistenza, tuttavia, non riguarda mai solo lo spazio pubblico urbano. Piuttosto, possono essere comprese anche in relazione alle strutture e alle condizioni istituzionali. Dopotutto, lo spazio pubblico nasce sempre dove sono presenti dei corpi , che si tratti dello spazio urbano o del contesto istituzionale della Kunsthalle di Zurigo.

A cura di Fanny Hauser.




La mostra è promossa da Philaneo , un'organizzazione benefica che sostiene l'arte contemporanea. Philaneo si concentra sulla produzione di nuove opere, sul supporto alle mostre e sul collezionismo istituzionale. I progetti vengono selezionati in stretta collaborazione con artisti, curatori e istituzioni internazionali.

Un ringraziamento particolare alla Galerie Neu di Berlino, alla Sadie Coles HQ di Londra e alla Reena Spaulings Fine Art di New York, nonché all'Ambasciata svedese di Berna, alla Zeppelin Rental GmbH, alla Interbohr AG, a Britta Bökenkamp e a Bernd Lager.

All'inizio del 2026 la Kunsthalle di Zurigo e il KW Institute for Contemporary Art di Berlino pubblicheranno una monografia sull'opera di Klara Lidén.

16/07/25

Venezia Biennale Danza 2025 con Myth Makers


Domani prende avvio a Venezia il 19. Festival Internazionale di Danza Contemporanea, che durerà fino al 2 agosto, che si ispira agli artisti in quanto creatori di miti del loro tempo: MYTH MAKERS.

Il Direttore Artistico del Settore Danza, Sir Wayne McGregor, presenta così questa edizione del Festival: “Anche oggi gli artisti sono creatori di miti. In una società segnata da rapidi avanzamenti tecnologici e sfide globali come il cambiamento climatico e le diseguaglianze sociali, emerge un urgente bisogno di miti capaci di entrare in risonanza con l’attuale esperienza umana. Queste nuove narrazioni possono favorire un senso di connessione, appartenenza e scopo, guidando gli individui e le comunità in tempi difficili”.

IL PROGRAMMA presenta due coreografie radicalmente innovative dell’artista statunitense Twyla Tharp, Leone d’Oro alla carriera di questa edizione, e il secondo capitolo di una provocatoria trilogia della drammaturga e interprete brasiliana Carolina Bianchi, Leone d’Argento; inoltre, gli spettacoli delle compagnie nazionali e internazionali di Tao Ye e Duan Ni (TAO Dance Theater), William Forsythe, Virginie Brunelle, Marcos Morau (La Veronal), Nuovo Balletto di Toscana, Bullyache, Chunky Move, KOR’SIA, Yoann Bourgeois Art Company, Akash Odedra Company, Tânia Carvahlo, oltre alla nuova installazione coreografica post-cinematografica di Wayne McGregor, On the Other Earth.

Indigo Lewin è stata fotografa in residenza della Biennale Danza dal 2021 al 2024, catturando i momenti intimi, prosaici e trasformativi del Festival. Al suo lavoro è stato dedicato un volume fotografico pubblicato da Edizioni La Biennale di Venezia. Per celebrare il suo archivio e salutarla, viene presentata – in collaborazione con l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) – una selezione delle sue splendide fotografie in una mostra allestita sulle pareti della futura sede dell’Archivio lungo la calle che costeggia le Corderie all’Arsenale.

Il Presidente della Biennale di Venezia Pietrangelo Buttafuoco ha dichiarato: “In quanto universale, il mito è psiche e azione nella forma essenziale, conflitto tra Apollineo e Dionisiaco, dunque umanità pura. E si innesta nella danza così come in tutti gli antichissimi rituali propiziatori, agli albori di ogni arte. Ecco perché affermare che gli artisti sono – anche inconsapevolmente – creatori di miti non solo è filologicamente corretto, ma è l’attitudine necessaria per divinare il futuro”.   

On the Other Earth è una nuova installazione coreografica post-cinematografica ispirata all’ultima creazione scenica dal vivo di Wayne McGregor, DEEPSTARIA, che rifrange, evolve e reinventa il DNA concettuale dell’opera in una nuova forma d’esperienza di straordinaria originalità. Sfruttando i paradigmi di interazione sviluppati dal pioniere della new media art Jeffrey Shaw, On the Other Earth si svolge all’interno del suo spazio installativo radicalmente immersivo nVis: il primo schermo cinematografico a LED stereoscopico a 360 gradi al mondo, di cui il pubblico può vivere le immagini panoramiche 3D da ventisei milioni di pixel all’interno di un’avvolgente architettura cilindrica di otto metri di larghezza e quattro metri di altezza.

In On the Other Earth, McGregor combina danza (di Company Wayne McGregor e Hong Kong Ballet), coreografia, visualizzazione digitale, sensori multimodali, intelligenza artificiale, interattività con il pubblico e suono spazializzato, ridefinendo, ancora una volta, il nostro modo di pensare al movimento, al corpo e alla performance.

Gruppi di venti persone sono invitati a esplorare le incredibili capacità di visualizzazione e comportamento interattivo di On the Other Earth come parte di un’interazione intima e di un incontro trascendente e suggestivo: ogni giorno dal 25 luglio al 2 agosto (tranne 28 luglio), alle ore 12 - 14 - 16 - 18, all’Arsenale - Sala d’Armi E.

 


15/07/25

25 anni, cosa ricorderemo ?


Sono già passati 25 anni di questo nuovo secolo, ripensando a quello precedente, a quanti momenti della storia dell'arte sono stati arricchiti, dal Cubismo al Futurismo, mi sto domandando quali artisti in questi nuovi 25 anni di un secolo sono veramente importanti per la storia futura dell'arte. 

Questo primo quarto di secolo che cosa ci ha rivelato al mondo dell'arte?

In generale la sensazione è alquanto lieve, poche cose, mi pare, se confrontata alla marea di opere, eventi e artisti che proprio cento anni fa popolavano il mondo dell'arte.

Sicuramente ora c'è molto mercato, gli artisti di successo guadagnano bene, ma sicuramente c'è poca innovazione e spesso una qualità molto bassa.

Ma tento un piccolo elenco di nomi che forse ci ricorderemo nel futuro: Julie Mehretu, Jenny Saville, Ólafur Elíasson, Tino Sehgal, El Anatsui, Kara Walker, Mark Bradford, Ai Weiwei, Banksy, Danh Vo e Doris Salcedo.

E voi a chi pensate, scrivetemi !



14/07/25

Alejandro G. Iñárritu quest'autunno alla Fondazione Prada di Milano



 L'autunno alla Fondazione Prada sarà concentrato sull'evento  “Sueño Perro: A Film Installation by Alejandro G. Iñárritu”, una mostra multisensoriale nata nell’intersezione tra cinema e arti visive e concepita dal regista messicano premio Oscar Alejandro G. Iñárritu. In occasione del venticinquesimo anniversario del suo leggendario film d’esordio Amores Perros (2000), “Sueño Perro” sarà rivelata per la prima volta alla Fondazione Prada a Milano dal 18 settembre 2025 al 26 febbraio 2026 (anteprima stampa mercoledì, 17 settembre) e successivamente in altre importanti istituzioni internazionali, tra le quali LagoAlgo a Città del Messico dal 5 ottobre 2025 al 4 gennaio 2026 e The Los Angeles County Museum of Art (LACMA) nella primavera del 2026. 

“Sueño Perro” segna la terza collaborazione tra Fondazione Prada e Iñárritu che ha ideato la rassegna cinematografica “Flesh, Mind and Spirit” a Seul (2009) e Milano (2016), e l’installazione sperimentale di realtà virtuale “CARNE y ARENA” a Milano (2017), inclusa nella selezione ufficiale del Festival di Cannes 2017 e premiata con un Oscar speciale dal Board of Governors of the Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Come sostiene Miuccia Prada, Presidente e Direttrice di Fondazione Prada, “con questo progetto vogliamo aprire nuove prospettive sul suo lavoro e su un film che, sin dagli esordi, ha unito la forza del realismo alla densità del simbolismo. A venticinque anni dalla sua uscita, Amores Perros continua a parlare al presente e a restituire, con potenza visiva ed emotiva, tutta la complessità del mondo in cui viviamo.” 

“Sueño Perro” rivela girati inediti che raccontano i temi universali di Amores Perros come l’amore, il tradimento e la violenza. Queste crude sequenze, all’epoca tagliate in fase di montaggio e conservate per un quarto di secolo negli archivi cinematografici dell’Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), catturano le intense e interconnesse realtà sociopolitiche di Città del Messico, ancora oggi estremamente attuali. Partendo dalla forza grezza e dalla poesia visiva di queste immagini dimenticate, Iñárritu riscopre il loro impatto attraverso un mosaico di pellicola e suono. Al centro dell’installazione c’è una profonda venerazione per la materialità del 35mm che con la sua grana, lo sfarfallio e il calore evoca un profondo senso di nostalgia. 

Come afferma Iñárritu, “Durante la fase di editing di Amores Perros oltre trecento chilometri di pellicola sono stati tagliati e lasciati sul pavimento della sala di montaggio. Queste immagini cariche di intensità che corrispondono a sedici milioni di fotogrammi sono rimaste sepolte negli archivi cinematografici dell’UNAM per venticinque anni. In occasione dell’anniversario del film ho sentito il dovere di riscoprire e riesplorare questi frammenti abbandonati, con la loro grana e i fantasmi di celluloide che contengono. Spogliata di ogni narrazione, questa installazione non è un omaggio, ma una resurrezione: un invito a percepire ciò che non è mai stato. È come incontrare un vecchio amico che non abbiamo mai visto prima”. 

Il pubblico attraverserà un labirinto semibuio, illuminato da proiettori analogici 35mm che diffonderanno un flusso continuo di frammenti di Amores Perros assemblati per la prima volta. Un paesaggio sonoro, concepito appositamente per l’installazione, sarà diffuso in tutto lo spazio creando un’atmosfera onirica. Ciak, graffi sulla pellicola e lampi di luce tra bobine interromperanno lo scorrere delle immagini, ricordando la ruvida fisicità del supporto. Nell’era dell’intelligenza artificiale e dell’iperdigitalizzazione, Iñárritu invita il pubblico a entrare in un luogo della memoria tattile, analogico e creato dall’essere umano, in cui il passato “lampeggia” senza farsi afferrare. 

L’installazione di Iñárritu sarà allestita al piano terra del Podium, il principale spazio espositivo della sede milanese di Fondazione Prada. Al primo piano dell’edificio prenderà forma un allestimento visivo e sonoro concepito appositamente per “Sueño Perro” dallo scrittore e giornalista messicano Juan Villoro. Questa parte della mostra dal titolo “Mexico 2000: The Moment that exploded” offrirà un secondo livello narrativo partendo da una diversa prospettiva. Una traccia audio e un’ampia raccolta di ritagli di giornale e fotografie documentaristiche di autori come Graciela Iturbide, Pedro Meyer, Paolo Gasparini ed Eugenio Metinides, selezionate da Pablo Ortiz Monasterio, trasporteranno il pubblico nel contesto culturale, sociale e politico della caotica e intensa Città del Messico all’inizio del nuovo millennio.

13/07/25

Fantastica, la 18a Quadriennale d’arte

 


54 artiste e artisti, viventi, di cui 16 under 35. Ben 45 le prime partecipazioni alla Quadriennale. 187 le opere su circa 2000 mq espositivi, con una percentuale significativa di produzioni site-specific. Questi i numeri di Fantastica, la 18a Quadriennale d’arte ─ la principale esposizione periodica dedicata all’arte italiana contemporanea ─ che si svolgerà a Palazzo Esposizioni Roma da ottobre 2025 a gennaio 2026, resi noti oggi dalla Fondazione La Quadriennale di Roma, partecipata da Ministero della Cultura - Direzione Generale Creatività Contemporanea, Regione Lazio, Roma Capitale, Camera di Commercio di Roma, che ha presentato la selezione degli artisti scelti dai curatori Luca Massimo Barbero, Francesco Bonami, Emanuela Mazzonis di Pralafera, Francesco Stocchi e Alessandra Troncone.
 
La 18a Quadriennale d’arte, promossa in collaborazione con la Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e organizzata in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo, ha cominciato così a svelare la sua natura nel corso di una conferenza stampa nella Sala Spadolini del Collegio Romano cui hanno preso parte: Alessandro Giuli, Ministro della Cultura, Angelo Piero Cappello, Direttore Generale Creatività Contemporanea - Ministero della Cultura, Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, Andrea Lombardinilo, Presidente Fondazione La Quadriennale di Roma, e Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo e Direttore Generale Gallerie d’Italia.

Fantastica, grazie a un grande progetto espositivo corale, racconterà la scena attuale dell’arte contemporanea italiana post Duemila, scandita in cinque diversi capitoli, esito dei punti di vista offerti dai cinque curatori scelti dal Consiglio di Amministrazione della Quadriennale di Roma e presenti oggi alla conferenza stampa. I filoni di indagine sviluppati dalle singole sezioni della mostra riguardano i meccanismi dell’autorappresentazione, con la scelta dell’esperienza o della forma da cui farci rappresentare; la figura dell’artista, con l’importanza di affermare e mantenere una propria identità solida e la rivendicazione della propria autonomia, anche nel relazionarsi con la committenza istituzionale; lo stato delle immagini, mai così pervasive ma forse mai così irrilevanti in sé se non approvate e condivise; il racconto del corpo ─ umano, animale, meccanico – in una incompiutezza che rivela potenzialità e apertura a nuovi ulteriori sviluppi.
 
In controcanto a Fantastica, Fondazione La Quadriennale di Roma presenta un ulteriore progetto espositivo di taglio storico, intitolato I giovani e i maestri: la Quadriennale del 1935, con la curatela di Walter Guadagnini e realizzato in collaborazione con l’Archivio Biblioteca della Quadriennale. La mostra rende omaggio a quella che è passata alla storia come la più importante rassegna di arte in Italia negli anni Trenta, con un successo che fu all’origine della trasformazione della Quadriennale da manifestazione periodica in ente: la II Quadriennale d’arte del 1935, di cui ricorre quest’anno il novantesimo anniversario.
 
L’allestimento di entrambe le mostre è firmato da Studio BRH+ di Marco Rainò e Barbara Brondi. I cataloghi sono editi da Marsilio Arte; l’identità visiva è firmata da Studio Leonardo Sonnoli.
 
Un progetto speciale, a cura di Christian Caliandro, si sviluppa in parallelo alla preparazione della 18a Quadriennale d’arte ed è dedicato alla percezione dell’arte contemporanea italiana all’estero.
La realizzazione della 18a Quadriennale d’arte ha potuto fare affidamento su un budget di 2,5 milioni di euro, di cui il 44% proviene da fondi propri dell’Istituzione, il 40% da un contributo ad hoc della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, il 16% dal sostegno di soggetti privati.
Intesa Sanpaolo conferma il suo ruolo di Main Partner della mostra, in coerenza con i programmi di sviluppo culturale del Gruppo, sia come sostenitore di numerose iniziative culturali sia come promotore di un proprio contenitore strategico, il Progetto Cultura che ha come fulcro le attività delle Gallerie d'Italia, le quattro sedi museali della Banca a Milano, Napoli, Torino e Vicenza.
Sponsor ufficiale della mostra è Enel.
Fondazione Roma è Partner culturale della mostra come mecenate impegnato a promuovere l’attività degli artisti contemporanei. In particolare, Fondazione Roma sostiene il Premio Quadriennale e il Premio Giovane Arte della rassegna.
TUTTI GLI ARTISTI DI FANTASTICA. 18a QUADRIENNALE D’ARTE
 
  1. Eleonora Agostini, Mirano (Ve) 1991. Vive e lavora a Londra (selezionata da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  2. Camilla Alberti, Milano 1994. Vive e lavora a Milano (selezionata da Alessandra Troncone)
  3. Friederich Andreoni, Pesaro 1995. Vive e lavora a Berlino (selezionato da Francesco Bonami)
  4. Micol Assaël, Roma 1979. Vive e lavora a Roma e in Grecia (selezionata da Francesco Stocchi)
  5. Jacopo Benassi, La Spezia 1970. Vive e lavora a La Spezia (selezionato da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  6. Luca Bertolo, Milano 1968. Vive e lavora a Serravezza (Lu) (selezionato da Francesco Stocchi)
  7. Paolo Bini, Battipaglia (Sa) 1984. Vive e lavora a Montecorvino Pugliano (Sa) (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  8. Lupo Borgonovo, Milano 1985. Vive e lavora a Milano (selezionato da Francesco Bonami)
  9. Andrea Camiolo, Leonforte (En) 1998. Vive e lavora a Torino (selezionato da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  10. Gianni Caravaggio, Rocca San Giovanni (Ch) 1968. Vive e lavora a Milano e Sindelfingen (Germania) (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  11. Roberto Cattivelli, Piacenza 1979. Vive e lavora a Piacenza (selezionato da Francesco Bonami)
  12. Giulia Cenci, Cortona (Ar) 1988. Vive e lavora in Toscana e ad Amsterdam (selezionata da Francesco Bonami)
  13. Diego Cibelli, Napoli 1987. Vive e lavora a Napoli (selezionato da Alessandra Troncone)
  14. Adelaide Cioni, Bologna 1976. Vive e lavora a Spoleto (selezionata da Francesco Stocchi)
  15. Siro Cugusi, Nuoro 1980. Vive e lavora in Sardegna e a New York (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  16. Cecilia De Nisco, Parma 1997. Vive e lavora a Vienna (selezionata da Francesco Bonami)
  17. Roberto de Pinto, Terlizzi (Ba) 1996. Vive e lavora a Milano (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  18. Antonio Della Guardia, Salerno 1990. Vive e lavora a Napoli (selezionato da Alessandra Troncone)
  19. Luca Gioacchino Di Bernardo, Napoli 1991. Vive e lavora a Napoli (selezionato da Francesco Bonami)
  20. Federica Di Pietrantonio, Roma 1996. Vive e lavora a Roma (selezionata da Alessandra Troncone)
  21. Donato Dozzy (Donato Scaramuzzi), Roma 1970. Vive e lavora a Roma (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  22. Chiara Enzo, Venezia 1989. Vive e lavora a Venezia (selezionata da Francesco Bonami)
  23. Matteo Fato, Pescara 1979. Vive e lavora a Pescara (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  24. Irene Fenara, Bologna 1990. Vive e lavora a Milano (selezionata da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  25. Linda Fregni Nagler, Stoccolma 1976. Vive e lavora a Milano (selezionata da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  26. Emiliano Furia, Romano di Lombardia (Bg) 1991. Vive e lavora a Milano (selezionato da Francesco Bonami)
  27. Valentina Furian, Venezia 1989. Vive e lavora a Bologna (selezionata da Alessandra Troncone)
  28. Martino Gamper, Merano (Bz) 1971. Vive e lavora a Londra (selezionato da Francesco Stocchi)
  29. Teresa Giannico, Bari 1985. Vive e lavora a Milano (selezionata da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  30. Emilio Gola, Milano, 1994. vive e lavora a Milano (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  31. Massimo Grimaldi, Taranto 1974. Vive e lavora a Milano (selezionato da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  32. Francesco Jodice, Napoli 1967. Vive e lavora a Milano (selezionato da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  33. Luisa Lambri, Como 1969. Vive e lavora a Milano (selezionata da Luca Massimo Barbero)
  34. Iva Lulashi, Tirana (Albania) 1988. Vive e lavora a Milano (selezionata da Alessandra Troncone)
  35. Luca Marignoni, Cles (Tn) 1989. Vive e lavora a Venezia e a Smarano di Predaia (Tn) (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  36. Valerio Nicolai, Gorizia 1988. Vive e lavora a Milano (selezionato da Francesco Stocchi)
  37. Lulù Nuti, Levallois-Perret (Francia) 1988. Vive e lavora a Roma (selezionata da Francesco Stocchi)
  38. Roberta Orio, Venezia 1966. Vive e lavora a Venezia (selezionata da Luca Massimo Barbero)
  39. Giovanni Ozzola, Firenze 1982. Vive e lavora a Tenerife (selezionato da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  40. Giulia Parlato, Palermo 1993. Vive e lavora a Roma (selezionata da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  41. Jem Perucchini, Tekeze (Etiopia) 1995. Vive e lavora a Milano (selezionato da Francesco Bonami)
  42. Roberto Pugliese, Napoli 1982. Vive e lavora a Napoli (selezionato da Alessandra Troncone)
  43. Agnes Questionmark, Roma 1995. Vive e lavora a New York e Roma (selezionata da Alessandra Troncone)
  44. Pietro Roccasalva, Modica 1970. Vive e lavora a Milano (selezionato da Francesco Stocchi)
  45. Runo B, Jiangsu (Cina) 1993. Vive e lavora a Venezia e Faenza (Ra) (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  46. Arcangelo Sassolino, Vicenza 1967. Vive e lavora a Vicenza (selezionato da Francesco Stocchi)
  47. Beatrice Scaccia, Frosinone 1978. Vive e lavora a New York (selezionata da Francesco Bonami)
  48. Alessandro Sciarroni, San Benedetto del Tronto 1976. Vive e lavora a Roma e San Benedetto del Tronto (selezionato da Francesco Stocchi)
  49. Marta Spagnoli, Verona 1994. Vive e lavora a Venezia (selezionata da Luca Massimo Barbero)
  50. Davide Tranchina, Bologna 1972. Vive e lavora a Bologna (selezionato da Emanuela Mazzonis di Pralafera)
  51. Emilio Vavarella, Monfalcone (Go) 1989. Vive e lavora negli Stati Uniti e in Italia (selezionato da Alessandra Troncone)
  52. Vedovamazzei, duo artistico nato a Milano nel 1991, composto da Maristella Scala (Napoli, 1964) e Simeone Crispino (Napoli, 1962). Gli artisti vivono e lavorano a Milano (selezionato da Luca Massimo Barbero)
  53. Lorenzo Vitturi, Venezia 1980. Vive e lavora a Venezia e Londra (selezionato da Francesco Bonami)
  54. Shafei Xia, Zhejiang (Cina) 1989. Vive e lavora a Bologna (selezionata da Francesco Bonami)

A distanza di novant’anni dalla Seconda Quadriennale d’arte nazionale (Palazzo delle Esposizioni, Roma, 5 febbraio - 31 luglio 1935), la Quadriennale di Roma, in occasione della 18a Quadriennale d’arte, ha deciso di renderle omaggio con una rievocazione per exempla. Riconosciuta come l’avvenimento espositivo più incisivo in Italia nel periodo tra le due guerre, la mostra riuscì a offrire un vasto panorama dell’arte italiana, con circa 1800 opere di 700 artisti.
Con la II Quadriennale furono i giovanissimi e i romani a fare la parte del leone con le personali di Mafai e Pirandello, l’affermazione di Cagli, Capogrossi, Cavalli e Ziveri. Grande risonanza sulla stampa nazionale ebbero pittori come Gisberto Ceracchini e Cagnaccio di San Pietro, rappresentanti, agli occhi della critica, di una rinnovata adesione ai valori primitivi dell’arte italiana. Un caso a sé stante, la retrospettiva dedicata a Scipione: quando venne inaugurata la mostra, l’artista era morto, appena ventinovenne, da nemmeno due anni. Il regolamento della Quadriennale non prevedeva omaggi postumi. Per Scipione, Cipriano Efisio Oppo, segretario generale dell’Istituzione e deus ex machina della mostra, decise di fare un’eccezione.
19 furono le mostre personali di quell’edizione e 15 gli artisti invitati con gruppi di opere. Grande consenso ebbero le sale di Severini, una vera e propria antologica con ben 36 opere, e di Marini, che vinsero il primo premio per la pittura e la scultura. Particolarmente avversata dalla critica fu, invece, la mostra di de Chirico, che espose 45 opere degli ultimi due anni. 5 sale vennero dedicate al futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, di cui una esclusivamente dedicata a Enrico Prampolini; di grande rilevanza la sala dedicata agli astrattisti, le cui ricerche questa edizione della Quadriennale documentò con un tempismo esemplare.
Il bilancio della mostra fu eccezionale per numero di visitatori, 350.000, un successo che porterà alla costituzione di un ente autonomo per l’organizzazione delle Quadriennali d’arte.
Il criterio della scansione per mostre personali e gruppi di opere ha guidato la selezione che la Quadriennale di Roma ─ attraverso il curatore Walter Guadagnini, coadiuvato dall’Archivio Biblioteca della Fondazione ─ propone all’attenzione del pubblico: 31 artisti per 37 opere, con una componente preponderante di pittura, ma con un non eludibile rilievo per la scultura attraverso capolavori assoluti.
L’allestimento della mostra, dello studio di progettazione torinese BRH+ di Barbara Brondi e Marco Rainò, e l’immagine coordinata dello studio grafico di Leonardo Sonnoli e Irene Bacchi, sono stati pensati per accogliere il pubblico in una sorta di macchina del tempo, ricreando le atmosfere, i colori, i documenti di quella straordinaria edizione. Ed è proprio la documentazione dell’Archivio Biblioteca della Quadriennale (con apporti anche dell’Archivio centrale dello Stato, dell’Archivio storico Capitolino, dell’Archivio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e di alcuni archivi privati di artisti) a dare continuità al racconto delle opere in mostra, attraverso l’esposizione ─ se non l’affiancamento ─ dei documenti prodotti dalle commissioni giudicanti, dei servizi fotografici, della rassegna stampa, dei carteggi tra gli artisti e gli organizzatori, in un dialogo puntuale e serratissimo.
 
Gli artisti in mostra
Luigi Bartolini, Mario Broglio, Corrado Cagli, Cagnaccio di San Pietro, Giuseppe Capogrossi, Emanuele Cavalli, Gisberto Ceracchini, Giovanni Colacicchi, Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Antonio Donghi, Pericle Fazzini, Leonor Fini, Carlo Levi, Osvaldo Licini, Mario Mafai, Marino Marini, Arturo Martini, Giorgio Morandi, Milena Pavlović Barilli, Fausto Pirandello, Enrico Prampolini, Regina, Giovanni Romagnoli, Scipione, Gino Severini, Mario Sironi, Luigi Trifoglio, Gianfilippo Usellini, Farpi Vignoli, Alberto Ziveri.

Informazioni
www.quadriennalediroma.org
Tel +39 06 9774531
Facebook: @Quadriennalediroma | Instagram: @Quadriennalediroma | Twitter: @la_Quadriennale
Hashtag ufficiale: #QuadriennaleArte2025

12/07/25

Fata Morgana

Man Ray, Groupe Surréaliste (Séance d’écriture automatique), 1924-1980 / 
Fotografia new print / Photograph, new print / Printed by Pierre Gassmann / 17 x 22 cm / Courtesy Gió Marconi Gallery / SIAE 2025

 Fondazione Nicola Trussardi e Palazzo Morando | Costume Moda Immagine sono lieti di annunciare Fata Morgana: memorie dall’invisibile, una mostra ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi per Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, con la curatela di Massimiliano Gioni, Daniel Birnbaum e Marta Papini.
 
La mostra è pensata dalla Fondazione Nicola Trussardi appositamente per gli spazi di Palazzo Morando, sede museale dedicata alla storia della città di Milano e residenza della Contessa Lydia Caprara Morando Attendolo Bolognini (Alessandria d'Egitto, 1876 – Vedano al Lambro, Monza Brianza, 1945), che tra Otto e Novecento raccolse una vasta biblioteca su temi occultistici, spiritici e alchemici, oggi custoditi all’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana.

È a partire dalla figura della Contessa e da questo luogo carico di suggestioni che prende forma l’idea di un progetto espositivo unico, dedicato a pratiche artistiche ispirate all’invisibile, all’automazione psichica e alla trance come modalità di creazione.
 
Fata Morgana è un personaggio mitologico appartenente al ciclo delle leggende di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, spesso associata a luoghi misteriosi come l'isola di Avalon, terra di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti: nell’immaginario collettivo è una maga potente – ora benevola, ora spietata, custode di segreti, illusioni e mondi intermedi, capace di potenti incantesimi, sortilegi e inganni – ma anche, nelle interpretazioni più recenti, una donna libera, indipendente e anticonformista che vive senza seguire le regole imposte dalla società.
 
La mostra trae ispirazione dal poema Fata Morgana, scritto da André Breton nel 1940, e intreccia storia, arte e misticismo in un viaggio attraverso visioni, estasi, apparizioni e immaginari alternativi per esplorare il rapporto tra arte, occulto e dimensioni interiori. Con dipinti, fotografie, documenti, disegni e oggetti rituali Fata Morgana: memorie dall’invisibile presenta le opere di medium, mistiche e mistici, visionarie e visionari, artiste e artisti che hanno aperto varchi tra il visibile e l’invisibile. La mostra indaga le contaminazioni tra arti visive e fenomeni paranormali, esoterismo, spiritismo, teosofia e pratiche simboliche, restituendo un panorama vibrante e frammentario di ricerche nate ai margini della storia ufficiale ma capaci di trasformare radicalmente le convenzioni dell’arte e della società.
 
Al centro della mostra ha un posto di rilievo un prezioso nucleo di opere di Hilma af Klint, leggendaria pittrice svedese che agli inizi del Novecento – guidata da presenze medianiche – sviluppò un linguaggio astratto del tutto originale, precorrendo pionieri dell’astrazione come Wassily Kandinsky e Piet Mondrian. Si tratta di una rara occasione per ammirare in Italia un corpus di 16 tele risalenti alla primissima fase di sperimentazione “automatica”: un’opportunità significativa, che si inserisce nel crescente interesse internazionale verso l’opera di af Klint, riscoperta dal grande pubblico a partire dal 2013 grazie alla Biennale di Venezia (curata da Massimiliano Gioni) e alla retrospettiva organizzata dal Moderna Museet di Stoccolma (allora diretto da Daniel Birnbaum, che è anche curatore del catalogo ragionato dell’artista), e che oggi è protagonista di un'importante mostra al MoMA di New York.
Accanto a quelle di Hilma af Klint verranno presentate opere e documenti di altre straordinarie figure storiche tra cui Georgiana Houghton, Emma Kunz, Linda Gazzera, Hélène Smith, Eusapia Palladino, Carol Rama, Man Ray, Pierre Klossowski, Victorien Sardou, Augustine Lesage, Annie Besant e Wilhelmine Assmann, che saranno poste in dialogo con artiste e artisti contemporanei che hanno interrogato gli stessi temi attraverso nuovi media e nuovi linguaggi come, tra gli altri, Judy Chicago, Kerstin Brätsch, Marianna Simnett, Andra Ursuţa, Diego Marcon e Chiara Fumai. 
In mostra anche alcuni preziosi testi provenienti dalla biblioteca della Contessa Morando, concessi in prestito dalla Biblioteca Trivulziana.
Chiara Fumai, The Book of Evil Spirits, 2015 / single channel video, col., spund, 26'24” / video still / Courtesy Archivio Chiara Fumai
Fata Morgana: memorie dall’invisibile non si propone di confermare l’esistenza del soprannaturale, ma di raccontare come, in diversi momenti storici, pratiche considerate eccentriche abbiano scardinato convenzioni artistiche e sociali, mettendo in discussione gerarchie di genere, autorità scientifiche e limiti del pensiero razionale. In un’epoca segnata da nuove forme di ossessione e nevrosi, disinformazione e fascinazione per il mistero, la mostra riflette anche sulle relazioni pericolose tra tecnologia, spiritualità e potere.
Attraverso una rete di narrazioni visive – dai diagrammi per “macchine influenzanti” nate in contesti psichiatrici ottocenteschi, alle fotografie spiritiche, alle testimonianze di sedute medianiche – Fata Morgana compone un atlante dell’invisibile, un mosaico di mondi interiori, utopie, derive mentali e alternative radicali alla razionalità dominante.
 
“Con Fata Morgana la Fondazione Nicola Trussardi rinnova la propria vocazione a esplorare territori artistici inattesi e a dare spazio a narrazioni alternative, portando l’arte contemporanea oltre i confini tradizionali – dichiara Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi –. Dopo progetti come La Grande Madre e La Terra Inquieta, ci confrontiamo oggi con il potere perturbante dell’invisibile: in un’epoca attraversata da nuove forme di spiritualità e di ricerca interiore, abbiamo scelto di indagare come ciò che sfugge alla vista continui a segnare profondamente la storia dell’arte e a interrogare il presente. Non è un caso che il poema Fata Morgana di André Breton sia stato scritto nel 1940: nei momenti più bui, il bisogno di immaginare un altrove e di riconnettersi a dimensioni invisibili si fa più urgente. Questo progetto nasce dall’incontro tra visioni radicali e sensibilità eccentriche, in un intreccio di arte, scienza e ignoto che interpreta pienamente la missione culturale della Fondazione.”
 
“Con Fata Morgana: memorie dall’invisibile Palazzo Morando si conferma non solo come un museo civico dedicato alla memoria storica della città, ma anche come un luogo capace di accogliere progetti espositivi visionari e sperimentali. Questa mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Nicola Trussardi e curata da un team di respiro internazionale, intreccia storia, arte e spiritualità, restituendo al pubblico un viaggio affascinante tra visibile e invisibile, tra immaginazione e ricerca interiore. È un esempio virtuoso di come la cultura possa aprire nuove prospettive, rileggendo il passato con occhi contemporanei e offrendo spazi di riflessione su temi oggi più che mai attuali, come l’identità, il mistero e la libertà espressiva", dichiara Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano.
 
Con una selezione di oltre cinquanta figure tra intellettuali, artiste e artisti storici e contemporanei, la Fondazione Nicola Trussardi, attraverso Fata Morgana: memorie dall’invisibile, invita a ripensare il ruolo del margine, dell’inspiegabile e del visionario nella creazione artistica, affidando il progetto a un team curatoriale di grande esperienza internazionale, che vanta per la prima volta in Italia ben due ex Direttori della Biennale di Venezia, e facendo di Palazzo Morando un portale per accedere a dimensioni altre, sospese tra passato e presente, tra immaginazione e realtà.
 
 
Fata Morgana: memorie dall’invisibile
con opere e documenti di (lista in aggiornamento):
Hilma af Klint, Kenneth Anger, Giulia Andreani, Wilhelmine Assmann, Annie Besant, Kerstin Brätsch, André Breton, Marguerite Burnat-Provins, Marian Spore Bush, Milly Canavero, Guglielmo Castelli, Judy Chicago, Fleury-Joseph Crépin, Maya Deren, Fernand Desmoulin, Germaine Dulac, Minnie Evans, Madame Favre, Olga Frobe Kapteyn, Chiara Fumai, Linda Gazzera, Madge Gill, Anna Haskel, Hector Hyppolite, Gertrude Honzatko-Mediz, Georgiana Houghton, Anna Howitt, Victor Hugo, Corita Kent, Pierre Klossowski, Emma Kunz, Augustin Lesage, Goska Macuga, Diego Marcon, James Tilly Matthews, Henry Michaux, Lee Miller, Jacob Mohr, Sister Gertrude Morgan, Louise Nevelson, Eusapia Palladino, Stanisłava Popielska, Carol Rama, Man Ray, Victorien Sardou, Marianna Simnett, Hélène Smith, Lily Stockman, Rosemarie Trockel, Comte de Tromelin, Andra Ursuța, Johanna Natalie Wintsch, Adolf Wölfli, Anna Zemánkovà, Unica Zürn.

#FataMorgana 
#FondazioneNicolaTrussardi
#PalazzoMorando

11/07/25

Euforia Tomaso Binga




A Napoli la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee – museo Madre presenta dal 18 aprile al 21 luglio la mostra Euforia Tomaso Binga, a cura di Eva Fabbris con Daria Kahn, exhibition design Rio Grande: è la sua più ampia retrospettiva museale e presenta i quaranta anni della sua pratica artistica attraverso più di centoventi opere tra poesie visive, installazioni, fotografie, collage, documenti, testimonianze di performance – molte delle quali mostrate per la prima volta o a decenni di distanza dalla loro prima esposizione – provenienti da musei e collezioni private.



Il titolo dell’esposizione è emerso durante le conversazioni tra l’artista e Eva Fabbris: Euforia – parola particolarmente amata da Binga perché contiene tutte le vocali, foneticamente universale ed estroversa – diventa “un titolo-manifesto – spiega la curatrice – un augurio, una necessità politica di resistenza” e contraddistingue tanto il suo approccio alla pratica verbo-visuale quanto al femminismo.



“Il lavoro di Binga sfida le convenzioni sociali e culturali – afferma Angela Tecce, presidente della Fondazione Donnaregina – esplorando temi legati al genere e alla critica del linguaggio. (…) Esempi emblematici del suo contributo sono gli alfabeti in cui il corpo dell’artista assume le forme delle lettere, una sintesi tra linguaggio verbale e visivo.”


10/07/25

OGR Torino pensa già all'autunno!


In piena estate qualcuno già pensa all'autunno, per organizzare un grande evento, si tratta delle OGR, che dal 31 ottobre 2025 al 10 maggio 2026,  porteranno, nei suoi ampi spazi, a Torino  WE FELT A STAR DYING dell’artista francese Laure Prouvost e la collettiva ELECTRIC DREAMS. Art & Technology Before the Internet, due mostre che intrecciano ricerca artistica e innovazione tecnologica, rafforzando la missione delle OGR di centro di produzione e sperimentazione interdisciplinare.

WE FELT A STAR DYING di Laure Prouvost, commissionata da LAS Art Foundation e co-commissionata da OGR Torino, ed ELECTRIC DREAMS. Art & Technology Before the Internet, organizzata da Tate Modern e OGR Torino, esplorano da prospettive differenti ma complementari il rapporto tra creatività e tecnologia. Insieme, i due progetti espositivi tracciano un arco temporale che va dalle sperimentazioni pionieristiche del secondo Novecento alle ricerche contemporanee sul calcolo quantistico e sull'intelligenza artificiale, evidenziando il valore internazionale della programmazione e delle prestigiose collaborazioni culturali e scientifiche delle OGR.

La mostra Laure Prouvost. WE FELT A STAR DYING, curata per LAS da Carly Whitefield e alle OGR da Samuele Piazza, presentata per la prima volta a febbraio 2025 negli spazi di Kraftwerk a Berlino, arriva nel Binario 1 delle ex officine in una nuova configurazione che dialoga con l’architettura e la sua storia. L’installazione, frutto della collaborazione tra l’artista, il filosofo Tobias Rees e lo scienziato Hartmut Neven, fondatore di Google Quantum AI, esplora il quantum computing attraverso un’esperienza multisensoriale tra immagini, suoni e profumi.

ELECTRIC DREAMS. Art & Technology Before the Internet, a cura di Val Ravaglia e Samuele Piazza, approda nel Binario 2. La mostra ripercorre oltre quarant’anni di sperimentazione artistica al crocevia tra arte visiva e tecnologia, prima della diffusione su larga scala di Internet, attraverso il lavoro di artisti che hanno esplorato la modernità tecnologica, appropriandosi di strumenti nati in ambiti militari o aziendali per ridefinire immaginari collettivi e stimolare il senso critico.

Con queste due mostre, la stagione autunnale delle OGR Torino apre a nuove indagini sulle connessioni tra arte contemporanea e tecnologia d’avanguardia, in un’ottica internazionale e multidisciplinare, che mette in dialogo artisti, scienziati e istituzioni per esplorare le trasformazioni culturali che definiscono il presente e modellano il futuro.


09/07/25

Monica Bonvicini studio berlinese



 Sul sito Youtube c'è un bel video, creato in collaborazione con il Deichtorhallen di Amburgo in occasione della mostra collettiva "HOW'S MY PAINTING?", su Monica Bonvicini che ci apre le porte del suo studio berlinese. L'artista condivide approfondimenti sulla sua pratica artistica di lunga data e discute l'evoluzione delle sue tematiche, il ruolo della materialità e del linguaggio nel suo lavoro, nonché il posto che la pittura occupa all'interno della sua opera multidisciplinare.



"HOW'S MY PAINTING?" al Deichtorhallen di Amburgo offre una presentazione completa della pittura in tutte le sue forme, dalle tradizionali opere su tavola agli approcci installativi, decostruttivi e concettuali. Presenta 200 opere di oltre 70 artisti della Collezione Falckenberg, tra cui Monica Bonvicini, John Baldessari, Philip Guston, Charlotte Posenenske, Kay Rosen e Ouattarra Watts. La mostra è visitabile fino al 7 settembre 2025.

Video di MONA Productions. Prodotto da Monica Salazar. Riprese e montaggio di Peter Cairns.