Le grandi finestre della galleria Stein sono bellissime” mi scrive Elisabetta, in effetti sono un elemento forte dello spazio, la soglia che separa il dentro e il fuori, sospesa tra due realtà. È sulla dimensione e sugli affacci di queste finestre che l’artista ha lavorato per la sua nuova mostra personale, mettendosi in relazione con lo spazio interno ma anche con quello esterno. Un grande arazzo di mosaico di vetro è germinato sulla parete di fronte al giardino, fatto di rottami di vetro che brillano come un acquarello di luce, un arazzo fatto di tante piccole tessere che, come pixel, formano il disegno di una forte ramificazione che ricorda una grande radice ma anche le connessioni che avvengono nel cervello attraverso le sinapsi o gli intrecci dei grandi alberi nel giardino.
“I fili delicati del mondo vegetale e i circuiti del corpo umano evocano relazioni, ricordando le intricate reti della comunicazione umana, quando si parla di circuiti o di reticoli, pensiamo ad esempio alla struttura complessa dei vasi linfatici delle foglie, al reticolato disegnato sull’epidermide umana, oppure ai tracciati delle metropolitane, o ancora alla complicatissima sagoma di una cellula nervosa: se osservati da vicino, questi elementi apparentemente lontani rivelano numerose assonanze.” Le parole di Elisabetta Di Maggio racchiudono con chiarezza il nucleo concettuale che da anni guida e spinge avanti la sua ricerca. Il suo lavoro è una riflessione metaforica sull’esistenza, un’indagine sulla nostra condizione di frammenti all’interno di un sistema più vasto, un tutto organico in continuo divenire. Nella dimensione del micro e del macrocosmo, la natura si rinnova incessantemente, seguendo leggi di straordinaria fecondità, e l’arte di Elisabetta si muove dentro questo flusso, esplorando la sottile trama che lega ordine e trasformazione, struttura e metamorfosi...