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26/03/25

Da graffiti a opere d'arte ...

 
Keith Haring, Untitled, 1983. Centraal Museum Utrecht Collection Photo: Gert Jan van Rooij. Keith Haring artwork © Keith Haring Foundation


La primavera al Museion guarda all'aperto, soprattutto alle strade proponendo una mostra legata al rapporto tra graffiti e arte contemporanea. Si tratta della prima esposizione istituzionale in Italia a esplorare l’evoluzione dell’uso della pittura spray nell’arte, Graffiti indaga come il linguaggio visivo proprio della città e della strada abbia influenzato la pratica artistica in studio. La mostra propone una lettura della pratica dei graffiti soprattutto come una prospettiva unica per osservare e vivere il paesaggio urbano.

Riunendo opere transdisciplinari realizzate nell’arco di 70 anni, la mostra si concentra su un approccio che supera la storicizzazione del graffiti writing come pratica “outsider”. A partire dalle pitture a spray degli anni ’50 e ’60, che anticipano i graffiti, l’esposizione si sviluppa attraverso le opere di celebri writer degli anni ’80 fino ad arrivare ad artiste e artisti contemporanei che integrano i graffiti nelle loro pratiche eterogenee.

La bomboletta spray, lo strumento che caratterizza i graffiti contemporanei, fu brevettata negli Stati Uniti nel 1951. Dalla sua introduzione come prodotto di consumo negli anni ’50, fino alla fine degli anni ’60 – quando cominciò a diffondersi il graffiti writing, pratica oggi ampiamente riconosciuta – passarono quasi vent’anni, durante i quali anche artiste e artisti figurativi sperimentarono questo strumento. Una volta che la vernice spray divenne lo stile predominante per la realizzazione dei graffiti, il suo utilizzo in qualsiasi altro contesto venne inevitabilmente associato a questa pratica. Una semplice linea di vernice spray evoca infatti immediate associazioni con la ribellione e l’urbanità, che si tratti di un’intenzione consapevole o meno.

La mostra si sviluppa su 1.500 metri quadrati nei due piani più ampi di Museion, e presenta opere chiave dalla seconda metà del XX secolo fino ai giorni nostri, oltre a nuove opere site-specific.

Graffiti prende come punto di partenza le opere degli anni ‘50 e ‘60 di artisti e artiste come Hedda Sterne, David Smith, Martin Barré, Dan Christensen, Carol Rama e Charlotte Posenenske. In giustapposizione, si possono trovare opere di vernice spray su tela di graffiti writers fondamentali come Rammellzee, Futura 2000, Blade e Lee Quiñones. Una selezione di dipinti significativi degli anni ’80 e ’90 di Lady Pink & Jenny Holzer, Martin Wong & LA2 e Keith Haring – in cui si combinano graffiti e arte contemporanea – è seguita da esempi più recenti di dipinti spray di Heike-Karin Föll, Michael Krebber e Christopher Wool. I graffiti digitali di Georgie Nettell dialogano con il fotogramma di una pensilina dell’autobus di Patricia L. Boyd e i Patina Paintings di Karin Sander, tra molte altre opere. Questa parte della mostra comprende inoltre pezzi di graffiti writers contemporanei come Kunle Martins e WANTO, insieme a una nuova opera di N.O.Madski in dialogo con le sculture di KAYA.


Rammellzee, Future Futurism, 1984. Groninger Museum, loan from private collection Photo: Marten de Leeuw. Courtesy The Estate of Rammellzee

La mostra prosegue sotto forma di paesaggio urbano, occupato da diverse opere che incorporano realtà tipiche degli spazi cittadini. Queste includono film e fotografie di Charles Atlas e Manuel DeLanda, nonché numerose installazioni e sculture di grandi dimensioni come i cestini della spazzatura e le centraline elettriche readymade di Klara Lidén, o il New Media Express di Josephine Pryde, un trenino ricoperto di graffiti in miniatura. Altre tecniche di intervento sulle superfici urbane si ritrovano nella scultura di una serranda di R.I.P. Germain, in una nuova installazione a parete di Matias Faldbakken e in calchi di strada di Alix Vernet.

Questa mostra inaugura il nuovo progetto di ricerca a lungo termine di Museion, incentrato su forme di resistenza gentile e non violenta, e sull’arte come pratica sociale e urbana.

La mostra è co-curata dall’artista e archivista newyorkese Ned Vena (nato nel 1982 a Boston, USA). La sua pratica artistica, che comprende dipinti, sculture, installazioni e film, è stata profondamente influenzata dalla sua esperienza attiva come graffiti writer e dalla sua profonda ricerca sulla storia dei graffiti; dall’altro lato, i suoi accurati studi sulla storia della pittura hanno plasmato la sua comprensione di questa pratica urbana. Nella mostra si manifestano sia la sua passione personale che la sua conoscenza archivistica interdisciplinare.

Ned Vena afferma: “I graffiti mi hanno aperto la strada dell’arte e hanno al contempo definito il mio modo di vedere le cose, cose come l’arte, per esempio. Graffiti è una mostra che presenta opere che non sono necessariamente sui o provenienti dai graffiti, ma che, quando le guardo, mi ricordano la mia esperienza con i graffiti”.