Un progetto sensibile e delicato, ma dal forte valore sociale è la mostra “Exposé-es” attualmente in corso al Palais de Tokyo a Parigi. Una mostra che nasce prendendo alla lettera il libro "What AIDS Has Done to Me" di Elisabeth Lebovici, riflesso alla comunità degli artisti, cosa ha fatto e fa l'epidemia di AIDS agli artisti; cosa è cambiato nelle coscienze, nella società, nel creazione. AIDS, non come soggetto, ma come cornice per riconsiderare un gran numero di pratiche artistiche esposte all'epidemia.
Viviamo oggi in compagnia di epidemie che colpiscono tutti noi, umani e non. Il libro di Elisabeth Lebovici, Cosa mi ha fatto l'AIDS. Arte e attivismo alla fine del XX secolo che ispira questa mostra, ha cercato di ricucire i frammenti soggettivi della storia dell'epidemia più letale del secolo scorso: fatti, opere, idee ed emozioni che legano il materiale all'immateriale. Si interroga su come le pulsazioni del desiderio, della mancanza, della rabbia, del dolore, della memoria e dell'archivio abbiano fatto la storia. Come hanno permesso di (ri)comporre genealogie interrotte, di federare comunità che hanno prodotto forme e strutture, che agiscono ancora oggi, a volte al di là del loro oggetto iniziale. Come hanno anticipato certe questioni di genere, classe e razza, nonché l'inconscio di quello che oggi si chiama validismo, cioè la costruzione di una norma sulla "buona salute".
Questa mostra prende questo libro, in un certo senso, alla lettera: cosa fa l'epidemia di AIDS agli artisti; cosa sta facendo oggi a una mostra. Cosa è cambiato nelle coscienze, nella società, nel creato. AIDS, non come soggetto, ma come cornice per riconsiderare un gran numero di pratiche artistiche esposte all'epidemia. La bellezza arriva come rimedio di fronte alle conseguenze politiche e sociali delle pandemie che si sovrappongono.
A differenza di una commemorazione, la mostra offusca le temporalità e porta un discorso al presente, chiedendo agli artisti di interrogarsi sulla loro storia da oggi e su ciò che è stato loro trasmesso dal secolo scorso. Oltrepassando il presunto confine tra attivismo e pratica artistica, e privilegiando al contrario gli effetti dell'arte (sensibile, catartica, terapeutica, informativa…), gli artisti di questa mostra incontrano modi di fare e di parlare, per includere i loro affetti e le loro affinità, che sono altrettante risorse per immaginare nuove articolazioni tra estetica ed emancipazione.