Particolare successo sta avendo la speciale mostra "Meraviglia senza tempo" in corso fino al 29 Gennaio alla Galleria Borghese di Roma.
Pare che Sebastiano del Piombo, forse già prima del Sacco di Roma del 1527, elaborò la tecnica della pittura a olio su pietra, conscio di stare resuscitando una pratica antica, citata da Plinio. Le terribili devastazioni dovute al saccheggio della città decretarono il successo della sua invenzione: pittore e committenti si illusero infatti che la pietra, al contrario delle fragili tele e tavole, avrebbe conferito immortalità alla pittura. Al pittore veneto dunque, e a questo terribile frangente, si fa risalire l’invenzione della pittura su pietra, che ha ispirato la mostra in corso in questa magnifica villa.
La mostra, pensata per attirare l’attenzione del pubblico su questa produzione di oggetti singolari, si inserisce in un percorso di ricerca iniziato nel 2021 con l’approfondimento del tema della Natura e del Paesaggio all’interno della collezione della Galleria.
È la collezione stessa, raccolta da Scipione Borghese nei primi tre decenni del Seicento, a presentare esempi di pittura su pietra di notevole interesse, mentre il contesto, la diversità di materiali impiegati nelle opere e la loro sintonia con le collezioni storiche non più esistenti di piante, animali e altre curiosità naturali, contribuisce a definire quel senso di meraviglia e di stupore che la accompagna da secoli.
Con oltre 60 opere provenienti da musei italiani e stranieri e da importanti collezioni private, Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento racconta, oltre all’ambizione all’eternità delle opere d’arte, del dibattito critico di un’epoca sensibile alla gara tra pittura e scultura, e anche di materiali primordiali, estratti dalle miniere, del loro percorso avventuroso fino alle botteghe degli artisti e fino al loro posto nelle collezioni, che diventano nuovi luoghi di questi dibattiti, in palazzi e ville sempre più ricchi di arredi, calamite per la produzione di beni di lusso.
Il percorso, articolato in otto sezioni, inizia con LA PIETRA DIPINTA E IL SUO INVENTORE, una necessaria premessa cinquecentesca che dimostra quanto l’uso di metalli e marmi come supporto alla pittura, la rendesse non solo capace di vincere il tempo, come la scultura, ma anche di rendere durevole la memoria di un personaggio: ce lo rivelano opere come il Ritratto di Filippo Strozzi (1550 c.) di Francesco Salviati, su marmo africano; quello di Cosimo de Medici (1560 c.) attribuito al Bronzino, su porfido rosso; o ancora il Ritratto di Papa Clemente VII con la barba (1531 c.) di Sebastiano del Piombo.
A partire dai primi decenni del Seicento, a seconda dei contesti geografici, la scelta dei materiali oscilla tra l’esigenza di garantire la conservazione delle opere e l’interesse per la capacità di questi materiali di evocare il soggetto stesso, di confrontarsi con l’Antico e con le altre arti, partecipando alla costruzione del significato dell’immagine.
Arricchiscono il percorso le statue con inserti policromi della Galleria, che generano un necessario confronto con i marmi colorati antichi, argomento che di certo non era estraneo alla concezione delle arti e dell’allestimento della collezione del cardinale e della sua corte, e che la mostra Meraviglia senza tempo mira a far comprendere nella sua unità. Una unità visiva ricca di variazioni e di sfumature.
La mostra, a cura di Francesca Cappelletti e Patrizia Cavazzini, è accompagnata da un catalogo edito da Officina libraria, con introduzione di Francesca Cappelletti e testi, tra gli altri, di Patrizia Cavazzini, Piers Baker-Bates, Elena Calvillo, Laura Valterio, Judy Mann e Francesco Freddolini. Arricchisce il senso della mostra la pubblicazione Alla ricerca dell’eternità. Dipingere sulla pietra e con la pietra a Roma. Itinerari, a cura di Francesca Cappelletti e Patrizia Cavazzini, edito da Officina libraria, che ripercorre luoghi significativi di Roma, spesso poco noti, specialmente chiese ma anche palazzi aristocratici, dove si conservano pale dipinte su pietra e in cui la ricchezza di marmi policromi e di mosaici crea virtuosi effetti coloristici. Dipingere sulla pietra e dipingere con la pietra, dunque. Un itinerario che conferma quanto queste pratiche fossero diffuse a Roma in quegli anni e che traferisce al lettore il significato e le ricerche della mostra, oltre la sua chiusura e oltre le mura della Galleria.