Translate

08/03/21

Art Vogue Italia

 


Questo mese Vogue Italia esce con un progetto speciale di 49 copertine d'artista, memori del numero speciale dell'anno scorso uscito in "bianco". 

CS

Quarantanove non è cinquanta. Sfiora la cifra tonda, ma si sottrae volontariamente alla conquista. Sta in questo numero, che ha tutto il fascino romantico e imperfetto del “non finito”, la potenza di un’operazione spontanea e densa di significato, voluta dalla curatrice romana Valentina Ciarallo per dar conto della resilienza creativa durante il primo lockdown. Il punto di partenza è stato il nostro White Issue – un’edizione speciale di Vogue Italia uscita nell’Aprile 2020 con una copertina completamente bianca, per la prima volta nella sua storia, come testimonianza simbolica durante la pandemia. Su di essa hanno lavorato 49 artisti italiani, separati da un arco anagrafico complessivo di 29 anni.

Nomi affermati come Mario Airò (nato nel 1961), Stefano Arienti (1961), Manfredi Beninati (1970), Flavio Favelli (1967) – ma anche artisti giovani come Giulia Andreani (1985), Guglielmo Castelli (1987) e Bea Bonafini (1990) – che da aprile a settembre 2020 hanno reinterpretato la nostra cover, cimentandosi in un’impresa corale e spontanea, nata “dal basso”, che raccontiamo oggi su queste pagine, in attesa di una mostra a venire. «Volevo dare una speranza nel dolore», spiega Ciarallo. «Perché la luce si nasconde sempre dietro le nuvole di una tempesta: basta saperla immaginare». Il progetto, dedicato al figlio diciassettenne appassionato di moda, è nato per caso. «Era l’inizio di aprile, sono andata in edicola per comprare Vogue Italia, una delle poche gioie in quel periodo difficile, e quando ho visto la copertina bianca, così simbolica eppure così aperta alla fantasia, sono rimasta folgorata. L’idea era già lì. Ho preso tutte le copie rimaste, una decina, e poi ho implorato gli amici e i parenti di acquistare quelle che trovavano nelle altre edicole della capitale. Quando ne ho accumulate un bel po’, ho iniziato a chiamare gli artisti proponendo di mandare loro la rivista affinché fornissero un’interpretazione originale della copertina». La prima a rispondere è stata Letizia Cariello: «Ha aderito all’iniziativa con entusiasmo e da lì ho cominciato a cre-erci anche io», continua Ciarallo. 

Man mano che si moltiplicavano le adesioni, seguite dalle opere vere e proprie («le hanno mandate per posta!»), un dato veniva a emergere con chiarezza: al di là degli specifici materiali o linguaggi utilizzati, Vogue Italia passava dall’essere prestigioso magazine cartaceo a supporto creativo – da contenuto a contenitore, insomma. C’è stato chi, come Vedovamazzei, lo ha reso scultura “blindata” da un lucchetto metallico, o lo ha replicato in ceramica come nel caso di Davide Monaldi. Chi lo ha ricamato con cura e pazienza, come hanno fatto Sissi (nell’opera Ritratto in fiore), Riccardo Beretta (Never Say Bullshit), Letizia Cariello (Saving time) e Alice Schivardi (A-Bee-C). Qualcuno l’ha traforato (Stefano Arienti) o inciso (Diego Miguel Mirabella, Corinna Gosmaro, Stanislao Di Giugno). Flavio Favelli, addirittura, l’ha trafitto con un proiettile. Mentre Donato Piccolo l’ha customizzato con un software di A.I. che proietta sulla copertina simboli luminosi. Senza dimenticare tutti gli artisti che l’hanno dipinto a olio, acrilico, smalto, vernice metallica, o disegnato a penna, matita, pennarello, inchiostro, e ancora decorato con collage, foglia d’oro, nastrini, tessuti, velluto, conchiglie fossili, erba, lana, led o tecnica mista. I temi spaziano almeno quanto le tecniche utilizzate, ma sembra emergere con forza un desiderio di cambiamento, una chiamata alla responsabilità personale che si traduce in ambientalismo, diritti civili, europeismo.

Numi tutelari, spesso, sono i grandi autori del Novecento: il Pasolini di Scritti corsari per Francesco Arena, Simone de Beauvoir e il suo femminismo combattivo per Giulia Andreani, Italo Calvino per Goldschmied & Chiari. E fa capolino anche la moda, laddove Simone Berti mette in copertina una zebra che calza Louboutin e Ludovica Gioscia crea una Giacchetta affettuosa per avvolgere il giornale, cambiandone la percezione. «Ogni opera è voce individuale ma anche tassello di un progetto che volge fiducioso verso altri mondi», conclude la curatrice, che ritrova l’ottimismo delle singole opere nella loro somma: «Il numero quarantanove lascia una porta aperta perché è una storia da raccontare, una storia per ricominciare, una storia per il domani. L’approdo non è ancora toccato». (federico chiara)

Le foto delle opere sono di Giorgio Benni

Di seguito un testo di Valentina Ciarallo sul progetto

L’immagine bianca voluta da Vogue Italia per la copertina di aprile 2020, in piena emergenza pandemica, è diventata punto d’inizio per un progetto legato a 49 artisti.
La cover esce bianca, silenziosa, muta.
L’assenza d’immagine esprime attraverso lo sconcerto la presenza di un evento antitetico a un contesto dedicato, per sua specifica natura, alla bellezza e alla gioia del vivere. Si interrompe una consuetudine affermatasi in Italia fin dal 1964, che ha nutrito l’immaginario visivo di migliaia di lettori.
Il mondo si ferma.

Quel vuoto, indizio di assoluto o simbolo di negazione, riesce a coinvolgere realtà artistiche fra le più incisive e significative del nostro tempo. Il bianco che rappresenta il principio della fase vitale, segnale di speranza e fiducia, diventa stimolo creativo per artisti capaci di aderire alla nostra contemporaneità. Torna a vibrare, potentemente visionario, reinterpretato attraverso personali letture. La superficie, come una tela, un foglio o uno spazio in grado di accogliere istanze innovative, diventa racconto collettivo animato da varietà e diversità di linguaggi. Segno della capacità di rimettersi in gioco, di ritrovare nuove aspirazioni, della reinvenzione di altri modi espressivi. Una storia da raccontare, una storia per ricominciare, una storia per il domani. L’approdo non è ancora toccato, ogni opera è voce individuale ma anche tassello di un progetto che volge fiducioso verso altri mondi.

Valentina Ciarallo, romana di nascita, è storica dell’arte e curatrice indipendente, specializzata in linguaggi del contemporaneo. Laureata all’Università ‘La Sapienza’ di Roma in lettere con indirizzo storico-artistico è docente presso IED Roma (Ultime tendenze delle arti visive) e tutor all’Istituto Marangoni di Firenze (Curatorial practice). Da oltre vent’anni cura progetti sperimentali sostenendo la giovane arte con mostre e performance in spazi istituzionali, musei e gallerie, focalizzate sull’integrazione tra arte classica e contemporanea.