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04/03/10

Rebecca Horn


Una delle più affascinanti scultrici tedesche, nota soprattutto per le sue opere in cui il corpo ha spesso incredibili estensioni. Sono opere che rappresentano il prolungamenti di parti dei suoi arti. Fra le più famosa c’è Einhorn (Unicorno, il titolo è anche un gioco di parole sul nome dell'artista), un vestito dotato di un lungo corno che si proietta in alto partendo dalla testa usata per delle performance, e Pencil Mask (Maschera di matite), una protesi da porre sul volto con diverse matite che ne fuoriescono, usata come body extension per interventi creativi.

Ma anche stupende sono le diverse “macchine” automatiche che ripetono gesti o azioni, spesso legate all’amore, che creano inquietudine e attimi di poetica emozione.

La Horn ha vissuto il disagio di essere tedesca dopo la seconda guerra mondiale, malessere per cui si rifugiò nell’arte come luogo di protezione. Dopo una serie di vicissitudini, dovute alla morte dei suoi genitori e a problemi di salute, la portarono ad isolarsi e a lavorare su oggetti che creassero distanza fra lei e il mondo circostante. Iniziò a produrre prolungamenti, protesi, meccanismi automatici, sculture, comunicando in tal modo la sua solitudine nel corpo e nel vivere.

Trovo il suo lavoro bello e poetico, nonostante spesso usi materiale freddi come il metallo, recentemente ho visto a Venezia alla Bevilacqua la Masa un suo lavoro dedicato a Pessoa, un sistema freddo e algido che genera nel gesto, una serie di riflessi affascinanti e lirici.

Rebecca Horn ha realizzato anche alcuni brevi film, il più recente è Buster's Bedroom del 1991, in cui recitano anche Donald Sutherland e Géraldine Chaplin, che ho visto anche a Venezia, non so come mai ma mi è parso alquanto comico.